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Lecco città di transumanza
3000 pecore
passano in città
Lecco sfida Madrid e Marsiglia.
Sabato 23 maggio, in mattinata, passeranno
dal centro di Lecco 3200 pecore dei pastori Galbusera, dinastia (alla
quinta generazione) di pastori brianzoli doc. Sono diretti ai pascoli
della Valsassina. E' la prima volta che i
tre
greggi dei Galbusera effettuano la transumanza insieme. Uno spettacolo
da non perdere. Ma sapevate che a Lecco c'è la Via delle Pecore e che
...
La transumanza a Marsiglia
di
Michele Corti
(21.05.20) Lecco città di transumanza.
Oggi è vista come un fatto curioso, una novità. Forse c'è più interesse
per il fiume che cammina belante di qualche tempo fa. Non pochi anni fa
le pecore erano considerate un residuo arcaico di un mondo che era
meglio archiviare, che "disturbava", che sporcava, che puzzava. Non è
un fatto locale ma epocale, globale, l'effetto della post-modernità o,
se si vuole, del rigetto di una modernità ormai estrema e dagli
sviluppi inquietanti. Non a caso l'Unesco il 19 novembre scorso ha
dichiarato - tra le troppe cose che inflazionano il riconoscimento un
tempo prestigioso - la transumanza "patrimonio immateriale
dell'umanità". In Italia non si è fatto molto per divulgare e celebrare
questo evento. Poi è venuto il virus. Ora a Lecco la super-transumanza
inedita è anche festa per il riconoscimento Unesco e per il superamento
della fase critica dell'epidemia.
Le pecore svolgono
anche il servizio di tosa-siepi. Scherzi a parte, oggi sono più
le
persone felici di questa irruzione di una dimensione diversa che quelle
che si lamentano per i piccoli inconvenienti del passaggio.
Così i pastori passavano senza farsi notare, di notte. Sono da decenni
che Franco Galbusera passa con le sue pecore. Oggi c'è non solo più
tolleranza ma anche simpatia e il passaggio delle pecore è tornato,
come da secoli, una festa. Con la gara a immortalare il gregge
nell'insolito paesaggio urbano. In questi giorni i greggi dei
Galbusera si sono avvicinati a Lecco pascolando nell'alta Brianza.
Domani si riuniranno a San Michele (il santuario di origine longobarda
alle pendici del monte Barro, di
fronte alla città). Sabato mattina passeranno il ponte
Azzone Visconti e da lì attraverseranno la città in direzione
Valsassina. La partenza da San Michele sarà alle 6. Attraversato il
ponte
il gregge percorrerà via Amendola, Largo Caleotto, via Tonale,
via Don Luigi
Monza, via Valsecchi, Montalbano, Ballabio. Quindi lo spettacolo,
considerata la lentezza del gregge, sarà in mattinata. Ideale.
Sarà
uno spettacolo grandioso. E' la prima volta che
tre greggi passano insieme. Negli anni scorsi, transitavano in
giorni diversi, al massimo mille pecore per volta.
Partecipare anche per un attimo fuggente a un evento chr trasmette il
senso di un ritmo che non si arresta, che continua ad essere cadenzato
con la crescita dell'erba, con una epidemia non ancora
archiviata, è oggi quanto mai terapeutico. Ma è anche occasione, al di
là delle sensazioni, della dimensione emozionale, per riflettere sulla
relazione tra la città e la montagna, tra il presente e il passato. Per
chiederci anche che futuro vogliamo.
Franco Galbusera,
famiglia di pastori brianzoli, oggi ha residenza a Pasturo
Lecco città di transumanza?
Riprenderemo subito a parlare delle pecore che attraverseranno Lecco
dopodomani. Prima, però, qualche piccola considerazione storica per
capire perché Lecco non è solo la città della transumanza delle foto
sui social ma lo è anche in ben altri termini. Se Bergamo è la
capitale indiscussa della transumanza del Nord Italia, anche Lecco e
Brescia, città pedemontane, sono a pieno titolo città di
transumanza (come in Piemonte Biella, Saluzzo, Mondovì). Il fatto
che sembri strano è dovuto solo a una percezione
distorta. Ferro e formaggio, ferro e transumanza sono stati un
binomio indissolubile. Però ci si ricorda solo del ferro. Eppure
minatori e pastori usavano gli stessi alpeggi. Padroni dei pascoli e
delle miniere erano spesso gli stessi personaggi (i Manzoni tanto per
non far nomi). Per secoli ferro e transumanza si sono date il cambio:
quando era in crisi una delle due attività la valle si spostava
sull'altra (notiamo che in passato la Valsassina iniziava a Lecco e
finiva a Bellano perché "valle" era un concetto etnostorico, non di
pedante idrografia). Lecco
è stata la capitale del formaggio. Ma non lo sanno neppure i lecchesi
(il formaggio è anche un fatto silenzioso - lavorano i microbi - tutto
all'opposto dei vulcanici altiforni che hanno alimentato le mitologie
del Novecento, in versioni di "destra" e di "sinistra").
La sede attuale della provincia è la
Villa Locatelli, dinastia di formaggiai valsassinesi con origini nella
transumanza. Il senatore Umberto Locatelli, morto nel 1958, titolare
della ditta, fu personaggio importante in città, donò importanti opere
pubbliche, fu pres. del Cai e dell'Ana, realizzò rifugi. I Locatelli
erano anche
allevatori (a Ballabio, al prato della Chiesa) e contruibuirono come
pochi al progresso
zootecnico. Anche sponsorizzando la Fiera di Lecco, che anche nel
dopoguerra vedeva larga presenza di animali.
Il Caleotto,
complesso industriale che ha segnato la storia sociale di Lecco
Se la Locatelli divenne la più grande ditta casearia dopo la Galbani
(sempre di qui e sempre con quelle origini), fino agli anni '30 non
poche e non poco importanti erano le ditte casearie cittadine. Il
gorgonzola arrivava a fiumi alla stazione di Lecco (il 20% del volume
del formaggio italiano passava di qui), ma il grosso saliva in
Valsassina nelle famose casere. Pochi sanno, però, che vi erano altre
ditte importanti di gorgonzola a Lecco: la Corti a Castello (con grossi
magazzini-casere
a Balisio), la Milani in via Belvedere (con magazzino-casera con tanto
di ghiacciaia, con macchina del ghiaccio made in Lecco). Nel
1927 Filippo Tommaso Marinetti gratificò i lecchesi che, al
contrario
di altri, non avevano fischiato una sua opera teatrale: Lecchesi,
geniali amici del ferro veloce e del formaggio fortificante. Parole
futuriste che esaltavano il formaggio. Una cultura della modernità ben
diversa da quella di tempi a noi più vicini.
Lecco negli anni '30
dell'Ottocento (si nota il tracciato nella nuova strada del lago di
Como e dello Spluga, per quei tempi una vera autostrada). Pallino rosso
Osteria del Vincanino (oggi via Vincanino), pallino giallo Via delle
Pecore, pallino blu l'area di sosta dei bergamini lungo il Gerenzone.
La transumanza tra la Valsassina e la Brianza è fatto che anticipa i
tempi storici, ma ben documentata è la transumanza moderna, a partire
dal tardo medioevo, tra la Valsassina e la bassa pianura lombarda. La
transumanza dei bergamini, con le vacche da latte, è continuata sino
agli
anni '60. Ma subito dopo la guerra le vacche arrivavano già in treno,
sbarcando, con indescrivibile confusione (e "imboasciamento") alla
stazione, poi, dal 1953,
hanno continuato per un po' in camion. Prima dell'espansione urbana vi
erano possibilità di sosta nei prati nei pressi del borgo lungo il
Gerenzone (viale Turati).
Quei greggi inarrestabili
La transumanza ovina non si è mai interrotta. Chissà a cosa si deve la
dedica alle Pecore dell'omoniva vietta (molto tortuosa e pedonale)
sull'antica via che scendeva la valle del Gerenzone in sponda destra
(opposta a Castello, per intenderci). Va detto che le vacche sono meno
agili e più ingombranti e che i bergamini, dalla metà dell'Ottocento,
erano dotati del carro a due ruote, con una copertura in tela bianca
sortretta da céntine come i carri del Far west americano). Così il
bergamino scendeva (e saliva) lungo la strada principale; il pastore
del passato, con piccoli greggi, prendeva stradine più campestri.
Sono cambiate proprio molte cose:
i greggi oggi sono di mille pecore. Se la
transumanza bovina si è intrecciata con la grande storia, con le
dinastie industriali dell'agroialimentare, quella ovina, mantenendosi
sotto traccia, è sempiterna. In mezzo alle grandi trasformazioni del
territorio non solo riesce a trovare spazi, ma ne conquista di nuovi.
Con la cessazione delle piccole attività agricole in montagna ma anche
in collina, le pecore assumono un ruolo preziosissimo di manutenzione e
cura dello spazio non più coltivato. Vale per i campi, le terrazze (i
ronchi brianzoli), ma anche per i pascoli e gli alpeggi. Erano tanti un
tempo i bergamini che si contendevano gli alpeggi, ora tra le poche
aziende zootecniche rimaste in Valsassina non tutte alpeggiano. E se
non ci fossero i veri pastori i pascoli finirebbero agli speculatori
che - attraverso truffe più o meno legalizzate - riecono a incassare
fortissimi contributi per pascolare poco e male (talvolta per nulla).
Ben vengano quindi i pastori come i Galbusera.
I
Galbusera hanno tre greggi. Andrea, il figlio di Franco - quarta
generazione di pastori - nato a Colle Brianza, da tempo ha
una propria azienda (a Garbagnate). Pascolano separatamente, ognuno ha
le sue zone tra la bassa e l'alta Brianza. Poi a maggio, come si
è sempre fatto, si sale in Valsassina. Un gregge pascola i piani
d'Erna e la conca di Morterone, il bellissimo paesino dietro il
Resegone, che un tempo era abitato da moltissime famiglie di
transumanti (con le vacche da latte, bergamini). Oggi i prati
sono diminuiti moltissimo, il paesaggio si è trasformato e perderebbe
del tutto le sue caratteristiche e il suo fascino se il bosco avanzasse
ulteriormente. Un altro gregge pascola la zona delle Grigne. Non
mancavano le pecone sulle Grigne ma utilizzavano solo i pascoli più
alti e sassosi.
Pascolo a Morterone
Ora anche i pascoli disseminati di cascine delle quote più basse
sarebbero incolti se non vi fossero i greggi transumanti. Il terzo
gregge utilizza i pascoli della Culmine di San Pietro e di Artavaggio
ai confini con la val Taleggio. Poi scende in val Brembana e risale
sino in alta valle nella zona del laghi Gemelli. E' un grande
comprensorio pascolivo nelle Orobie occidentali tra Lecco e Bergamo che
questi greggi mantengono. Considerato l'impegno organizzativo per gli
spostamenti a piedi e con i mezzi e i benefici ambientali e
paesaggistici apportati, i contributi - in casi come questi -
rappresentano un giusto corrispettivo per dei servizi resi.
Sul
pastoralismo in Brianza segnaliamo il video documentario del Museo
Etnografico dell'Alta Brianza La
pecora è d'oro
Sui bergamini della Valsassina e le ditte
lecchesi e valsassinesi che hanno fatto la storia dell'industria
casearia italiana segnaliamo il seguente libro di Bellavite: Arte
casearia e Zootecnia. Tradizioni da leggenda in Valsassina
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