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replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li rimborsano,
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soldi della regione che vi arrivano dopo un anno?
(30.06.15)
Animalismo, biocapitalismo, ecototalitarismo
Proseguiamo la riflessione sul
biocapitalismo e le ideologie ambientaliste allargando la riflessione
all'animalismo che in modo più esplicito e violento nega il valore
della vita umana. Esso si presenta come un perfetto strumento per
legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo in cui l'uomo diventa
una merce da fabbricare e la vita umana può essere rliminata senza
particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager)
(23.12.14)
Una brutta storia di business del cibo. Ma in vista tra Modena e
Bologna c'è anche di peggio
Il cibo come cultura (e con esso le città
e i luoghi della cultura come spazi antropologici) stanno uscendo
umiliati da una corsa della mercificazione spinta del 'cibo tipico'.
Essa, in vista di Expo, conosce una prevedibile accelerazione con
progetti che non fanno nulla per nascondere la loro ispirazione
arrogante e mercantilistica. Due di questi progetti hanno per
protagoniste due città a meno di quaranta chilimetri di distanza: le
"grasse e rosse" Bologna e Modena, uno ha una dimensione locale,
l'altro è più ambizioso.
(30.09.14)
Dalle Alpi alle Canarie storie simili: l'Europa, la burocrazia i
politici vogliono distruggere l'agricoltura famigliare
José Casatejada era un uomo che nella
vita non aveva bisogno di fare il piccolo contadino per vivere: formato
in Biologia, aveva un lavoro sicuro come tecnico di un parco nazionale.
Decise di allevare, quasi per diletto della capre autoctone, sull’Isola
di La Palma nelle Canarie.Poi, ametà degli anni ’80, si diede
all’allevamento bovino: latte, formaggio fresco e stagionato.Il latte
lo vendeva alla Centrale. Che però fu chiusa «sotto la pressione delle
grandi lobby».I produttori di La Palma allora decisero di autogestire,
assieme, il loro prodotto. Ma un’altra volta furono bloccati. «Dalla
legge e da chi la applica» Intervista di Laura Zanetti e Mario Cecconi.
(09.09.14)
Assalto finale al territorio lombardo. La Regione vuole altri 200
km di autostrade inutili
Mentre i cantieri della Teem e della
Pedemontana devastano quello che restava delle campagne milanesi e la
Brianza la Brebemi si palesa opera inutile e fallimentare mentre gli
agricoltori non stanno ricevendo i corrispettivi per gli espropri. Così
per dilapidare altre risorse e sfasciare altri territori la Regione
propone ancora 200 km di autostrade inutili. Ma utilissime per i
cavatori (si parla di decime di milioni di m3), per i cementieri, per
la mafia, per la politica (anche il PD sostiene la politica
autostradale del centro-destra). Cremona-Mantova, Broni-Mortara le
prossime vittime.
(22.04.14)
Un sindaco di montagna accusa
Dopo la vicenda della legge regionale
piemontese sulla montagna contestata dai piccoli comuni perché annulla
i finanziamenti a chi non si aggrega nelle Unioni (egemonizzate dai
grandi comuni vicini alla pianura) assume un preciso significato di
accusa alla classe politica la lettera inoltrata a Lido Riba,
presidente dell'Uncem e massimo fautore della legge stessa.
(27.03.14)
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dei comuni di montagna
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sulla montagna parte di un disegno neocentralista di cui si fanno
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(26.03.14)
Il valore culturale della gastronomia
Una
risoluzione del Parlamento europeo che
sembra scritta da Slow Food esalta il valore culturale del cibo, le
usanze locali, l'autenticità del gusto ecc. ecc. Facciamo valere queste
buone intenzioni. Anche se si tratta solo di inviti ed esortazioni a
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rappresentanza ed espugnare l'ultimo baluardo di autonomia e
democrazia: i comuni.
(08.01.14)Dalle
Terre Alte un no a questa Europa
"Abbiamo
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quella di Alte Terre, associazione di Cuneo. Ma non basta denunciare;
occorre un'azione politica unitaria. E per l'occasione delle
prossime europee si potrebbe ripetere il "miracolo del '79" che vide
l'unità di un largo fronte minoranze e di gruppi autonomisti.
|
politiche
Terrorismo
fiscale antirurale
In questi giorni agli intestatari
di fabbricati rurali, non censiti al catasto urbano, stanno
arrivando lettere minatorie da parte dell’agenzia delle entrate.
Parliamo
di una gabella iniqua che colpisce chi svolge attività agricole senza
essere "imprenditore agricolo" (come spesso capita ai contadini di
montagna) e minaccia la distruzione di una fetta significativa del
preziosa patrimonio di edilizia rurale storica.
di corrispondente
valtellinese
(30.07.17)
La
stravagante e feroce tassazione dei fabbricati rurali (bastano 9 mq per ricadere sotto la scure!) sta causando la
distruzione
di molte costruzioni storiche ad uso agricolo. In questo contributo
parliamo della baite, i baich
delle valli alpine, ma i burotributari non hanno escluso neanche i
trulli pugliesi e le altre costruzioni tipiche del belpaese (futuro
ex). Il tutto per fare cassa alla carlona, e gabellare i “servi
della gleba” con Imu e Tasi.
Entriamo
nel vivo con una lettera dalla Liguria pubblicata da: primocanale.it
che commenta:
Cosi
scrive un agricoltore di val d'Aveto, Fabrizio Bottari,
che ha scritto poche righe assai chiare su come sia concreto il
rischio di perdere molti edifici rurali
testimoni di attività passate, talvolta secolari in
cui emerge la necessità di un'inversione di rotta più celere
possibile. Primocanale.it pubblica lo sfogo
nella
speranza di un intervento del mondo politico per una chiarezza che
non può più attendere.
Il contadino scriveva:
Cari
amici, stamattina mentre rincalzavo nel mio campo di patate ho visto
passare un anziano del paese con un piede di porco e un martello in
mano. Mi ha detto che andava a tirare giù il tetto del suo casone
perché non ha i soldi per accatastarlo e ha paura che gli facciano
la multa; prima di rimettersi in cammino ha aggiunto che il suo
vicino lo ha già distrutto qualche giorno fa.
Mentre
i professionisti alimentano spesso i timori di sanzioni agli
inadempienti e i sindaci non muovono un dito nella speranza di
raccogliere qualche spicciolo in più di tasse, i vecchi ripercorrono
in silenzio i sentieri dell'alpeggio e distruggono quel che resta
ancora in piedi della loro memoria. Privati del tetto, in pochi anni
dei casoni resteranno soltanto i ruderi.
Molti,
per evitare la gabella, sono costretti a distruggere o lasciare all’
abbandono costruzioni agricole di pregio storico e paesaggistico.
Per il fisco
forse “casetta
di mungitura d’alpeggio"
In questi giorni agli
intestatari
di fabbricati rurali, non censiti al catasto urbano, stanno
arrivando lettere minatorie da parte dell’agenzia delle entrate
che citano:
...
risulta intestatario di fabbricati rurali o
porzioni tuttora censiti nel catasto terreni invece che in quello
edilizio
urbano… vi informiamo che i tecnici dell’ agenzia hanno
già avviato azioni di controllo delle caratteristiche degli
immobili rurali … sanzioni per omessa dichiarazione : del
fabbricato da € 1032 a 8264. – nel caso di ravvedimento operoso la
sanzione è determinata in 1/6 del minimo (172 € ).
Il
problema è
che arriva la minaccia anche a molti ex contadini in pensione e a
contadini con piccole attività montane con pochi capi allevati e
modeste entrate, che non riescono ad essere imprenditori
agricoli (non avendo i soldi per pagare i contributi agricoli), con in
media 3 o 4 immobili rurali (i quali non hanno alcuna
agevolazione). Non essendoci categorie apposite per gli immobili
agricoli montani la rendita di un fabbricato rurale e quindi l’Imu è
equivalente spesso ad un appartamento. Queste persone, con pensioni
modeste, o redditi da incapienti, dovrebbero pagare qualche migliaio
di euro di pratica catastale e imu e tasi ogni anno. molti non hanno
la possibilità oggettiva di accatastare gli immobili e di pagare
la gabella (non si può definire un tributo) e verrebbero vessati
con sanzioni salate, incivili e spropositate.
Chiesetta
di san Paolo, val Belviso, Valtellina
Premesse culturali: contadini, baich
(cascine) e cà (case, alcuni dicono masu)
agricole delle Alpi
(puoi saltare avanti al tema di Imu e Tasi se vuoi)
La
grande varietà delle forme di colonizzazione pastorale alpina imprime
(imprimeva) la sua
caratteristica al paesaggio (dalla sezione Alpeggi di
questo sito). Sono considerazioni che valgono per tutti i paesaggi
rurali.
L'alpeggio
non è l'unica forme di colonizzazione pastorale che organizza il
paesaggio alpestre. Vi è anche il maggengo, a volte realtà
“autonoma” a volte legato funzionalmente all'alpeggio come “tappa
intermedia” primaverile ed autunnale della migrazione verticale
alpina. Altrove, dove i villaggi sono a distanza di meno di un ora di
cammino dai pascoli, non vi sono alpeggi ma strutture semplici
(fontane, tettoie). Lo
stesso alpeggio, però, è (o meglio era) caratterizzato da una
varietà di forme varietà di forme che
condizionano
il paesaggi….
prevale oggi il tipo “unitario”, basato cioè su una gestione
unica sia tecnica che economica e sulla presenza di strutture in
grado di assicurare ricovero a numerosi animali, di lavorare
centinaia di litri di latte al giorno, di conservare in condizioni
idonee i prodotti caseari (Corti, 2004).
La
distribuzione dei fabbricati d'alpeggio, la loro tipologia, il loro
rapportarsi all'intorno entro il quale si inserivano raccontavano di
una diversa forma di organizzazione dell'alpe e persino di quali
fossero le produzioni casearie realizzate. Spesso la
maggior parte delle baite si sono trasformate in residenze secondarie
mentre quelle delle famiglie (a volte ve ne è una sola) che hanno
continuato l’attività zootecnica sono state ampliate e, con
l’aggiunta di nuove edificazioni, hanno assunto i connotati degli
alpeggi “unitari”. Il
panorama delle forme dell’alpeggio e la conseguente varietà
tipologica delle strutture insediative comprende anche forme
intermedie tra “alpeggio” e “maggengo”. così in alta Valtellina
(Testorelli, 2001) e in alta valle canonica (Toniolo,
1913; Agostini, 1950) e nella Tremezzina (Corti et al., 2007).
Alpe
Cardoné, Valdidentro (alta valtellina) quasi a 2000 m di quota la
tipica struttura del "maggengo", ovvero il fienile con al
livello inferiore una piccolissima stalla
Quando
il "costruito": è un segno leggero e provvisorio
Sempre dalla fonte precedente apprendiamo come l'architettura rurale
d'alpeggio (ma anche più in generale) presentasse una grande varietà di
forme intermedie tra "fabbricati" e "strutture temporanee" o comunque
"leggere". Questa varietà, questa capillarità, ha lasciato in
eredità una molteplicità di strutture che solo una sadica volontà
vessatoria burotributaria può classificare come "fabbricati rurali sui
quali far cadere la mannaia dell'imposizione fiscale.
Il
modello dell'alpe “unitaria”, “classico” con due-tre stazioni
d’alpeggio (oggi spesso una sola) provviste di strutture per il
ricovero del personale e la lavorazione del latte in passato non era
così diffuso.
un chiaro esempio di modello diverso di organizzazione pastorale –
pur nel contesto di una gestione tecnica ed economica “unitaria”
– è fornito dalle valli del Bitto (bassa Valtellina) e da alcuni
alpeggi dell’alta val Brembana (Bg) e val Varrone (Lc). Qui ancor
oggi troviamo la presenza, oltre ad una “casera”, che ha la
funzione di stagionatura del formaggio bitto e della la maschèrpa, i calèc’
e/o piccole baite, utilizzati per la caseificazione (Società agraria
di Lombardia, 1904; Nangeroni, 1940; Saibene 1959; Fanchi, 1967;
Ravelli, 1979). Il calèc’
rappresenta una forma primitiva di capanna casearia: realizzato in
muriccia a secco (tranne i più recenti che impiegano legante) è una
struttura senza copertura permanente (per la copertura, in caso di
pioggia, si utilizza un telone impermeabile sorretto da pertiche). In
passato (meno di un secolo fa – Società agraria di Lombardia,
1904; Bianchini, 1985) i calèc’ erano
coperti da tavole di legno (un sistema che trova riscontro
negli articoli dello statuto del comune di Tirano del XVI secolo –
Marconi, 1990). Va precisato che il modello “bitto” ripropone
quella che era una realtà un tempo generalizzata. Le cassine
d’alpeggio
erano strutture (in pietrame a secco) soggette ad essere
frequentemente e periodicamente “rifatte”.
Un calec'
di un alpeggio in Valgerola (foto storica)
Le
mudate [stazioni d'alpeggio]
(altrove denominate cort),
erano spesso costituite da un bàrech
(recinto
in muriccia a secco) e da piccole capanne anch’esse costruite in
pietra a secco. queste capanne (di cui esistono ancora degli esempi
allo stato ruderale) erano a volte così piccole che non era
possibile entrarvi in piedi ed erano coperte da un’unica grande
lastra scistosa (in tempi recenti in alcuni casi sostituita da una
gettata di calcestruzzo).
L'Alpe Lendine nella valle del Drogo (alta valle Spluga)
Nel “modello dell'alpe “unitaria”, ovvero “classico” vi sono due-tre
stazioni
d’alpeggio. Ciascuna con propri fabbricati. Oggi, per il fisco, tutti
questi fabbricati, anche se utilizzati ciascuno circa un mese all’anno
(ma, più spesso, in gran parte, abbandonati) sono "magazzini" con
rendita sui quali
pagare l’Imu tutto l’ anno. Un tributo andrebbe rapportato al
reddito e al periodo di utilizzo, ma Il fisco non fa alcuno sforzo per
capire i limiti della funzione delle tante variegate tipologie di
"fabbricato" rurale (spesso a stento riconducibili ad una vera e
propria struttura edilizia). La burocrazia è ottusa (o fa finta di
esserlo).
Paesaggio, libertà (e
oppressione). La lezione di Salsa
La tassazione dei fabbricati rurali quale causa potente del degrado del
paesaggio e dello stesso abbandono della montagna è stata chiaramente
denunciata dall'antropologo, già presidente del Cai, Annibale Salsa.
Abbiamo pertanto riportato i resoconti di alcuni interventi in tema di
Salsa che traccia il contesto storico in cui si inserisce questa iniqua
gabella, inquadrandolo in un processo secolare di perdità di libertà e
di autonomia della montagna, a favpre di uno stato sempre più
oppressivo e invasivo.
All' Università della
montagna di Edolo: il prof. Salsa lanciava nel 2014 l’idea di “aiuti
per
evitare lo spopolamento” (Gazzetta
delle valli, 24/10/2014). Di seguito un estratto del resoconto
della sua conferenza per gli aspetti che qui ci interessano.
Annibale
Salsa ... ha
relazionato sul tema: "La società e l’economia alpina in una
fase di transizione epocale fra abbandoni e ritorni: è possibile un
nuovo rinascimento".
Durante
il suo intervento ha ripercorso l’ultimo millennio e sottolineato
come oggi: “Ci
sia un deficit di manutenzione del territorio”. In passato
quell’attività veniva svolta da alpeggiatori e contadini, che oggi
sono quasi scomparsi anche nelle vallate alpine. In quest’ottica:
“L’attività dei
contadini riduce i costi e migliora la difesa del territorio”.
Fin dal medioevo,
quando, secondo quanto ricostruito dall’antropologo, è iniziata
una politica di difesa del territorio. “All’epoca – ha
ricordato il professor Salsa – c’era stata la conquista della
libertà di dissodamento della terra ... i luoghi vennero presi in
consegna da proprietari o affittuari e coltivati".
Nelle
conclusioni del seminario il professor Salsa ha ricordato che: "se si
vuol evitare lo spopolamento totale della montagna e mantenere
l’attività in quota occorre lanciare politiche di sviluppo con
agevolazioni fiscali per favorire certe attività”.
“Ciò – ha concluso – non significa fare dell’assistenzialismo,
ma legare eventuali aiuti fiscali a determinati piani, progetti,
programmi di interventi o attività lavorativa nei campi e
boschi”.
Lo stato, invece, oggi vessa/ tassa e incentiva l’abbandono della
montagna e il degrado paesaggistico con il crollo dei tipici
fabbricati alpestri.
Proseguiamo con un'altro intervento di Salsa. Da: “Agricoltura
e paesaggio di montagna,
convegno dedicato a: “Agricoltura e paesaggio
nell’arco alpino”, 15
maggio 2012, Centro
congressi Piné 1000 (fonte).
Di
grande interesse l’intervento dell’antropologo Annibale Salsa che
ha cominciato dicendo che “il paesaggio è frutto di un lento
processo di adattamento delle comunità umane insediate sul
territorio. Ambiente, paesaggio, territorio: è una triade sulla
quale bisogna fare chiarezza. Le due grandi rivoluzioni antropiche
nel corso della preistoria e della protostoria, hanno riguardato la
pastorizia (addomesticamento degli animali) ed è qui che avviene una
profonda trasformazione dell’ambiente naturale (che era
profondamente selvaggio). Il ‘pascolamento’ determina una
profonda trasformazione attraverso tecniche e processi di forma anche
arcaica (debbio – bruciare i residui colturali o della
vegetazione). quando possiamo parlare di paesaggio alpino? avviene in
maniera sistematica soprattutto nell’età medievale, per il grande
processo di addomesticamento delle terre alte (la parte più alta,
sopra al bosco) soprattutto nel basso medioevo. Cos’è il
paesaggio? È una costruzione sociale e culturale, parlare di
paesaggio naturale è una contraddizione in termini, un ossimoro.
l’uomo è un animale culturale e a differenza degli altri animali
si adatta ai territori plasmandoli secondo una visione del mondo. La
realtà trentina è connotata da una profonda identificazione
identitaria.
Noi – ha continuato Annibale Salsa – manipoliamo dei
concetti che sono attuali, ma sono il retaggio di un portato e di un
precipitato storico. il paesaggio ha due connotazioni particolari:
nasce alla fine del Cinquecento e quello italiano è diverso dalla
concezione anglosassone germanica e inglese. Nella visione latina
prevale la componente antropica, nelle altre due visioni prevale la
componente naturale. e quindi la storia della vita dell’uomo nelle Alpi
è la lotta dell’uomo contro l’inselvatichimento. Il
territorio è un ambito antropologico, segnato dalla presenza
dell’uomo.
Il paesaggio è il frutto delle rivoluzioni dei nuovi
insediamenti medievali che cambiano la visione delle ‘terre alte’
nelle Alpi e ciò avviene quando l’uomo comincia a trasformare i
territori in prati, campi e boschi. Questo mette in moto una
trasformazione di civiltà giuridica e politica e vanno a crearsi dei
paesaggi che ancora oggi possiamo individuare, riconoscere,
identificare. La presenza dell’uomo è una presenza
trasformazionale. È giusto parlare di governo, di gestione del
paesaggio, perché l’uomo modifica il paesaggio. in epoca recente,
soprattutto in Italia (che ha devastato il paesaggio) è nata
l’emergenza paesaggio. L’economia alpina si regge su un
equilibrio fra spazi aperti e spazi chiusi. Il problema
dell’emergenzialismo ambientale va letto in chiave storica. Noi ci
innamoriamo spesso delle ideologie e perdiamo di vista il relativismo
storico.
Non c’è paesaggio culturale senza spazio aperto. L’ideologia della
wilderness è una ideologia e filosofia
d'oltre-atlantico, e quegli ambienti sono profondamente diversi dagli
ambienti alpini. Noi dobbiamo imparare a leggere la realtà nel suo
dinamismo trasformazionale. la visione iperambientalista – ha
continuato l’antropologo – che ha dominato l’immediato
dopoguerra, ha cominciato ad essere cambiata qualche decennio fa. Le
leggi naturali sono attraversate dall’entropia e la natura fa il
suo mestiere. la saggezza e l’intelligenza dei pianificatori, dei
politici è trovare un equilibrio fra spazi aperti e spazi chiusi. e
questo è una buona pratica.
L’idea che si fa strada con la nuova
concezione del paesaggio è quello di una tutela attiva. la nuova
idea di paesaggio da una parte lascia l’estetismo sogettivista e
recupera l’importanza dell’ambiente in chiave eco-dinamica. Dobbiamo
avere una chiara visione che la crescita qualitativa è di
fondamentale importanza, il paesaggio trentino non ha le stesse
caratteristiche di quello di un altro territori. gli
agricoltori di montagna sono a mio parere gli unici che possono
salvare le Alpi. Quando l’agricoltura scimiotta l’industria, perde e,
in un certo
periodo – anche in Trentino – si è verificato. nella visione
dell’agricoltore c’è il legame con il territorio che il pastore
non ha. Il pastore e la pastorizia sono un’altra cosa.
L’autonomia
fa parte della tradizione alpina. Dall’epoca
dei grandi dissodamenti medievali legato al diritto comune medievale,
i contadini avevano una prerogativa: erano uomini liberi. C’era una
pratica contrattuale per cui la terra selvaggia doveva essere
costruita secondi gli stilemi di quella comunità: così le Alpi sono
diventate quello che sono,
solo
dopo gli stati centralizzati (età napoleonica) hanno puntato di più
sugli aspetti forestali. la realtà trentina è una realtà di
eccellenza nel panorama nazionale. Qui
le montagne non sono abbandonate. il trentino recepisce una
tradizione dove la foresta ha un peso maggiore, in Alto Adige è
diverso: appartiene di più alla tradizione tirolese dove il bosco è
privato. la strada imboccata da questa realtà provinciale è giusta.
Voglio
richiamare la convenzione delle Alpi con il suo protocollo
dell’agricoltura (solo il 5 maggio scorso è stata ratificato
dall’Italia). Che cosa dice? Obiettivi: riconoscere le molteplici
funzioni dell’agricoltura di montagna quindi anche al mantenimento
degli insediamenti alpini. quali sono le misure del protocollo?
produzione di qualità (inutile far concorrenza alla pianura padana),
turismo, agricoltura in funzione del turismo (in Alto Adige lo hanno
capito da tempo).
I pericoli oggi sono due: eccesso di urbanizzazione
(caso della Lombardia è emblematico) e dall’altra
l’inselvatichimento che va governato. e qui
bisogna assolutamente riflettere. L’interesse per la montagna,
però, sta aumentando con giovani famiglie che tornano a vivere in
montagna. Sono nuovi bisogni e, per dirla con Bauman, questo riflette
il bisogno di comunità. È un aspetto molto importante e dietro
c’è anche un profilo psicologico e di benessere psico-fisico
provocato dallo spaesamento. A questo ritorno si deve accompagnare,
però, ‘la mano politica’ perché la montagna ha bisogno di
realismo non di una visione romantica. I ritorni spontanei sono
destinati al fallimento perchè la vita in montagna è dura. La
montagna, nel bene e nel male, è quella che si presta di più a
visioni retoriche”.
E ancora: "Gli
agricoltori di montagna sono a mio parere gli unici che possono
salvare le Alpi”…
“Voglio richiamare la Convenzione delle Alpi con il suo protocollo
dell’agricoltura (solo il 5 maggio scorso è stata ratificato
dall’Italia). Che cosa dice? obiettivi: riconoscere le molteplici
funzioni dell’agricoltura di montagna quindi anche al mantenimento
degli insediamenti alpini.”
Quindi
il sistema tassativo vessatorio è contrario alla Convenzione delle
Alpi- ratificata dall’ Italia (vuole uscirne? o essere
buttata fuori? L’ importante è sempre e comuque far cassa.
Interessante anche un ulteriore intervento di Salsa. Da: “ Ai
contadini delle Alpi venne dato il privilegio della libertà. E oggi?"
Fonte: Magazine
Vita, 18
luglio 2016
Scarpe
grosse, rude, di vedute ristrette: il montanaro secondo i luoghi
comuni. "ma questo è un falso! era esattamente il contrario",
sbotta Annibale Salsa,
antropologo, esperto di cultura alpina, già presidente del Cai, oggi
alla scuola del paesaggio della provincia di Trento. "Nel
medio evo i coloni delle terre alte, cioè i contadini delle Alpi,
avevano meritato la condizione di uomini liberi, mentre quelli di
pianura non lo erano. questa scelta fece delle Alpi uno spazio
elitario, i cui eredi oggi sono le autonomie dei contadini
sudtirolesi o dei cantoni svizzeri, la forma stessa di democrazia
diretta della Svizzera. Ora del nuovo trend di popolamento delle
montagna parlano tutti, non è più qualcosa di sporadico, ma c’è
bisogno di politiche economiche finalizzate a ridurre gli ostacoli
che i nuovi imprenditori della montagna si trovano di fronte. Il
trend altrimenti rischia di erodersi. L’insediamento massiccio e
capillare che si è verificato sulle Alpi nel basso medioevo è stato
possibile perché la politica lo aveva favorito con concessioni
fiscali e autonomie e soprattutto con la condizione di uomo libero.
oggi serve una negoziazione, come allora".
Tipico fabbricato a block-bau in val Zebrù (alta
Valtellina)
Tipico fabbricato a block-bau
in val Zebrù (alta Valtellina)
Fabbricato abbandonato a ca 1400 m di quota
Casette d'alpeggio in Valposchiavo
Incisioni rupestri- Capo di ponte- Bedolina, antica
mappa catastale
Ora con l’Imu e Tasi sugli immobili rurali
torniamo peggio che nel medioevo, dalle concessioni fiscali si torna
alle
requisizioni fiscali.
Crot in
Valtellina
L’
attuale invenzione tassativa
Fabbricati
rurali: considerazioni
preliminari
I
fabbricati rurali per la posizione decentrata, mancanza
di strade di accesso, struttura, ecc., non sono generalmente
utilizzabili ad altro
usoche per l'uso agricolo;
1. La
norma catastale considera unità immobiliare urbana: "un
fabbricato o porzione di fabbricato che nello stato in cui si trova è
di per se’ stesso utile e atto a produrre un reddito proprio”.
2. Con la
legge istitutiva del catasto il reddito del fabbricato era
incluso nel reddito del terreno, cioè il fabbricato era
considerato (giustamente) un bene strumentale inscindibile dal fondo
agricolo, e di fatto in molti casi di zone agricole lontane
dall’abitato è così. Ma oggi l’attività agricola è, in molte zone di
montagna, in stato
di abbandono in quanto la resa è molto bassa; quindi il fabbricato, se
non
utilizzabile per altri scopi, non ha di fatto alcun reddito, Ma i
tassatori non se ne vogliono fare una ragione: va
comunque accatastato come magazzino e soggetto all’Imu e Tasi come le
seconde case. Una
tassazione insensata e improponibile in un paese civile e
democratico. Alle costruzioni rurali al catasto terreni, è bene
ricordarlo, non era
attribuita alcuna rendita autonoma in quanto inclusa nel reddito del
terreno cui servono.
3. Dal momento che l'attività agricola è cessata, perché non
remunerativa, non si
comprende perché questi fabbricati (spesso frazionati tra più
proprietari) siano da accatastare al catasto urbano con
costi di circa 600/800 euro (tranne quelli degli imprenditori
agricoli, peraltro molto pochi in montagna). Non si comprende, a
maggior ragione, perché si debba sborsare per essi delle esose
tasse: Imu = 0,76% e Tasi = 0,1% del valore catastale sugli immobili se
sono in stato di
abbandono e in attesa di essere, eventualmente, riutilizzati per scopi
agricoli, quindi nuovamente come bene strumentale, qualora la
coltivazione del fondo tornasse ad essere economicamente conveniente.
Come
può pretendee lo stato che, per un'attività fallita, in attesa
che il fondo sia soggetto nuovamente a coltivazione, quando si potrà
farlo, il cittadino paghi le tasse
e sostenga le rilevanti spese di accatastamento, su beni strumentali
inutilizzati? Molti intestatari di questi immobili, tra l’altro,
sono pensionati, con pensioni basse molti da 500 €/mese, e se hanno le
proprie
cascine in località turistica dovrebbero pagare 1500 €. Vi sono
anche persone, con basso reddito, che arrotondano con attività
agricole e non gravano sui servizi sociali. Questo stato
incivile, siccome non hanno i soldi per pagare l’Imu, vuole pignorargli
la
cascina e ridurli in rovina? Se non possono essere
imprenditori agricoli è perché il reddito è talmente basso da non
consentire il pagamento dei contributi agricoli (circa 2000/3000€).
quindi
la pretesa di far pagare l’Imu su questi immobili è fuori luogo e
incivile.
4.
L’imposizione dell’Imu sugli immobili rurali è vessatoria e ingiusta.
Dall’Imu sono esenti solo gli immobili dell’imprenditore agricolo
(pochissimi in montagna) mentre quelli di altri
soggetti, pur non essendo utilizzabili per altri scopi in quanto in
località lontane dall’abitato, non servite da strada, luce, fornitura
elettrica,
devono essere accatastati al catasto urbano alla cat.
c/2 - magazzini (non esiste una categoria apposita) e pagare l’Imu
equivalente agli immobili costruiti per uso magazzino/autorimessa nei
centri abitati. Le stalle sonoaddirittura nella stessa categoria
delle autorimesse. Questo comporta che il patrimonio edilizio rurale,
con costruzioni in pietra e legno tipiche dei luoghi, spesso
secolari e di grande pregio testimoniaale ed estetico, vengano lasciate
crollare per non pagare questa imposta.
5. La legge 24/12/2003 n° 378 “Disposizioni per la
tutela e la
valorizzazione dell’ architettura rurale” (G.U. n 13 del
17/01/2004) all’ art. 1 cita: “la presente legge ha lo scopo di
valorizzare le tipologie di architettura rurale, quali insediamenti
agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio
nazionale, realizzati tra il XIII e il XIX sec. e che costituiscono
testimonianza dell’economia rurale tradizionale”. Ora
invece sono arrivati i requisitori che non tengono conto della
realtà agricola e che, dal 2011, hanno aumentato del 250% l'Imu.
C'è un precedente storico: con il catasto Lombardo-Veneto molte
costruzioni di pregio furono lasciate andare in
rovina per non pagare tasse, ma non credo che arrivassero a
derubare, come avviene oggi, i
contadini di montagna (che con il loro esiguo guadagno non
possono spesso pagare nemmeno la mutua
per essere “imprenditori agricoli”). Sempre a proposito di precedenti
storici si ricorda che , in Puglia, all’ epoca borbonica le costruzioni
rurali venivano realizzate in modo tale che
togliendo una pietra, quando arrivavano i gabellatori, esse crollavan.
L'espediente era utilizzato per non pagare dazi. Poi venivano
ricostruite.
Nuovi vassalli e nuovi
feudatari
Con Imu e Tasi il
proprietario di immobili agricoli è diventato vassallo del
comune, nuovo feudatario, con la differenza che il feudatario
praticava la mezzadria, la “tassa” era proporzionata al raccolto,
e se il contadino non produceva nulla la tassa era nulla e, per di
più, il
feudatario gli dava da vivere fino al nuovo raccolto, ora si pretende
la gabella su beni improduttivi e i comuni ipotecheranno e
metteranno all asta i beni del contadino povero che non può
pagare la gabella.
Si tratta di una normativa fiscale democratica? L'art.53 della
costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario
è informato a criteri di progressività”, Pertanto caro ministro in
Italia, repubblica democratica, la tassa deve essere proporzionale al
reddito, se il reddito è zero tassa/gabella zero.
In Svevia, nel XVII sec., quando un servo non era in grado di
versare i tributi dovuti per causa di morte del capofamiglia, per
esempio, generalmente il proprietario terriero si mostrava
estremamente conciliante, ed accettava pagamenti rateali, oppure
rinunciava al tributo, oppure ancora accettava, al posto del tributo,
un atto simbolico (per esempio un pellegrinaggio).
sig. ministro stabilisca per legge che i comuni nel caso di mancato
pagamento, se non si accontentano dell’ atto simbolico; sia almeno
pagata la gabella con lavori socialmente utili.
Una delle prime zone
d'Europa che stabilì ufficialmente la liberazione dei servi della
gleba dai loro doveri fu Bologna per tutti i territori ad essa
sottomessi. con il 3 giugno 1257 , omissis. Bologna liberò, previo
riscatto, 5855 servi sottomessi … omissis….. in ricordo di quegli
eventi B ologna mise nel suo stemma la parola libertas. La
servitù della gleba si trasformò in altri istituti agrari come la colonia
parziaria e la mezzadria.
È incivile e improponibile, in una repubblica che si definisce
democratica, che si tassino
in questo modo i fabbricati rurali, destinati e destinabili
unicamente all’ attivita’ agricola, anche di
poveri/incapienti.
Questa
gabella provoca ulteriore abbandono della montagna, con danni all’
ambiente e al paesaggio.
Riporto
esempi costo Imu fabbricati rurali sulla base di una sup. media di un
fienile (cat.
c/2) pari a mq 50 e di una stalla (cat. c/6), pari a mq 50 .
Es.1:
paesino a 700 mt in Valcamonica: fienile
(cat. c/2) mq 50 x 1,1 euro/mq , stalla (cat. c/6) mq 50 x 1,5 =
rendita
130,00 : Imu + Tasi
= € 209 .
Es.2:
Edolo(Bs)
fienile
(cat. c/2) mq 50 x 1,80 euro/mq + stalla(cat. c/6) mq 50 x 2,35 =
rendita € 207,00 : imu + tasi con aliquota base = euro 402 però il
comune onesto ha deliberato per i fabbricati ex rurali un'aliquota
ridotta dello 0,46 % e tasi 0%; pertantoImu
+ Tasi sono pari a 160 €.
Es.3:
località turistica (rifugi di montagna, baite e
abitazioni rurali = cat. a e a11): l’ Imu è il 4,6 %°, ma i fienili
(cat
c/2) e le stalle (c/6) il 10,6%°). Fienile (cat. c/2) mq 50 x 3,4 €/mq
+ stalla (cat. c/6) mq 50 x 7,28 =
rendita 534,00: Imu
+ tasi = 1022 €
.
È
assurdo che un fabbricato rurale in zona agricola, e non oggetto di
cambio d’ uso, paghi 1022 € di Imu + Tasi. Gli immobili rurali
nei comuni turistici, se questa gabella insensata non verrà abolita,
verranno lasciati crollare scoperchiandoli.
È ridicolo e assurdo che i fabbricati rurali paghino l’Imu come gli
immobili urbani con i quali non sono rapportabili.
Il reddito dei contadini di montagna dipende da prezzi
che sono sostanzialmente uguali in località diverse mentre il catasto
urbano premia e penalizza l'imponibile in base a circostanze cd
tutt'altra natura. Non si vede perchè i fabbricati rurali non
abbiano pertanto una
propria categoria catastale equa che tenga conto di tali circostanze e
una base imponibile omogenea, sempre che vi sossero i presupposti
ragionevoli per applicare una tassa
di natura patrimoniale, presupposti che proprio non riesco a
intravedere. Si
consideri anche che molti cittadini/contribuenti hanno ereditato
immobili da nonni e genitori coltivatori diretti, immobili
utilizzabili solo nell’ambito dell’attività agricola e privi
di reddito, spesso non vendibili, in quanto non hanno un valore di
mercato perché in zone periferiche montane in cui non sono
attuabili altri usi.
I proprietari di tali immobili, spesso giovani in
cerca di occupazione, senza lavoro/incapienti, dovrebbero pagare
migliaia di euro di Imu. Dove dovrebbero trovare i fondi? Lo vorrei
proprio sapere.
Per fortuna alcuni comuni si limitano a chiedere di
svolgere lavori socialmente utili, ma ci saranno anche comuni poco
seri e il contribuente si vedrà tutto ipotecato e messo all’asta (beni
all’asta vengono venduti al 20/30 del valore di perizia). Le
attuali norme stabiliscono l’esenzione solo per gli
imprenditori agricoli e non per gli immobili di fatto agricoli che in
montagna sono oltre il 90%.
Un
cittadino che vuole mantenere le tradizioni e il territorio
conservando gli antichi immobili rurali deve essere lasciato in pace
non gabellato; sono i comuni che devono risparmiare, spesso questi
comuni gabellatori non fanno economia in aiole fiorite, addobbi
natalizi, pavimentazione di strade e parcheggi in porfido, ecc. Cose
velleitarie, non necessarie.
Cosa
dovrebbero fare i comuni?
Lo
stato dovrebbe cambiare la normativa catastalein
quanto è palese che i fabbricati rurali agricoli (non di
imprenditore agricolo) quando si stabilì che andavano
accatastati al Nceu avrebbero dovuto essere ricompresi in una categoria
apposita
agricola ad es. fienile/deposito prodotti agricoli e stalla
(bovini, ovini, caprini, ecc.), con una tariffa d’estimo rapportata
alla zona omogenea agricola che poteva essere distinta in
pianura, collina, montagna. Invece, con le categorie attuali, le
costruzioni rurali agricole sono equiparate agli immobili
residenziali, con i quali nulla hanno a che vedere: il fienile è
considerato un
magazzino e la stalla (siccome la categoria catastale è ferma all’epoca
delle diligenze con i cavalli) ha la rendita di un autorimessa. Così il
bait
(cascina) a Pontedilegno (località turistica "pregiata") ha la rendita
del 250%
maggiore di Edolo (che pure è nella stessa valle ed è un'importate
località di 4500 abitanti). Ma il fieno e il latte hanno gli
stessi perzzi, e
quindi l’Imu raggiunge a Pontedilegno costi esorbitanti e costringe
all’abbandono degli immobili nelle zone agricole decentrate (sono
lasciarli
crollare).
A mio
parere vanno esentati da Imu e Tasi i fabbricati di destinati, e
destinabili,
unicamente all’agricoltura, stabilendone le caratteristiche. In
montagna sono
pochissimi gli “imprenditori agricoli” ma - come già osservato - ci
sono molti che, nel
loro piccolo, si occupano di mantenere qualche attività agricola che
non comporta grandi fatturati ma che è
importante anche per la manutenzione del territorio e la
conservazione del paesaggio. Crea beni pubblici.
Pertanto,iIn attesa di una normativa seria in merito, auspichiamo che i
comuni, come ha fatto quello
di Edolo, riducano al minimo l’aliquota portandola allo 0,46%
(l’aliquota base dello 0,76% può essere aumentata o diminuita dello
0,3%). Sarebbe da azzerare ma, nell'immediato, una riduzione è meglio
di niente.
Se
non si interviene, specialmente in certi comuni, privi di
sensibilità, i fabbricati rurali ancora esistenti verranno lasciati
crollare o
demoliti per evitare la gabella, con grave perdita del patrimonio
storico
architettonico ma anche mancata coltivazione dei pochi terreni ancora
coltivati e conseguente abbandono anche della manutenzione del
territorio (e
aumento del dissesto idrogeologico). I nostri amministratori
locali
dovrebbero fare un giro nella limitrofa Valposchiavo (Svizzera) e
cnstatare la
marcata differenza tra un paesaggio con i prati falciati e le attività
agricole tutelate e vitali e lo stato di abbandono, causato da leggi
insensate, delle nostre
zone in Lombardia.
La
gabella (Imu, Tasi) va abolita
subito per i fabbricati rurali utilizzabili solamente per le attività
agricole di cittadini con reddito inferiore ai
6000/8000 euro. Il governo di una repubblica che si proclama
democratica non può continuare a
chiedere pagamenti di patrimoniali a cittadini incapienti e senza i
mezzi minimi di sussistenza che non hanno i fondi per pagare; si tratta
di una pretesa irragionevole e vessatoria da sottoporre alla Corte
europea per i
diritti dell’ uomo. Chi opera in questo modo non è degno di uno
stato democratico, che va governato con: “la diligenza del buon padre
di famiglia" e va allontanato dalla istituzioni pubbliche. L’
applicazione di una patrimoniale sugli immobili dei poveri
(incapienti) e strumentali ad attività in crisi è, in definitiva, una
forma di
pizzo di stato .
Legittimità
e incostituzionalità dell’Imu
Che
l’Imu sia chiaramente in tributo incostituzionale
lo dice chiaramente anche l’on. Giulio Tremonti che cita (vedasi
la fonte):
L’Imu
contrasta con l’
art. 3, 53 e 47 della costituzione, colpisce in modo erratico e
casuale senza considerare il loro valore e la situazione personale
dei soggetti passivi ... Si
prescinde dal fatto che chi li possieda sia ricco o povero, occupato
o disoccupato … Un tributo di tipo immobiliare può essere
imposto solo nella misura in cui il soggetto passivo possa disporre
di risorse, diverse rispetto al cespite tassato o da questo
ritraibili in misura sufficiente per pagare il tributo, dopo aver
soddisfatto le necessità individuali e familiari ...
È evidente, infatti, che non sarebbe concretamente attuabile la
vendita frazionata dell’ immobile tassato per far fronte al
prelievo…. con
effetti perversi di dissociazione dell’Imu dai principi
costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza tra i
cittadini. È così che, a parità di presupposto di imposta –
ad esempio, uno stesso tipo di casa – ci sarà chi la può
conservare, perché ha altri redditi sufficienti redditi per pagare
l’Imu. Ci sarà invece chi sarà costretto a venderla - la sua
casa - perché privo di altri redditi con cui pagare l’Imu…
L’
art. 47 dice: “ La
repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme …
favorisce l’ accesso del risparmio popolare alla proprieta’
dell’ abitazione”. L’
art. 53 dice: “tutti
sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a
criteri di progressività".
In merito ai
fabbricati
rurali agricoli, alla illegittimità propria dell’ Imu per tutte le
costruzioni - ottimamente dimostrata dal prof. Giulio Tremonti - si
aggiunge l’illegittimità della tassazione patrimoniale su tali
immobili che la precedentelegislazione che dichiarava bene
strumentale all’ attività agricola, inscindibile dal fondo col
quale forma un tutt’uno, essendone parte integrante, tanto è vero
che il reddito era compreso nel reddito dominicale.
Il
nuovo catasto edilizio urbano (Nceu), venne istituito con legge n°
1249 del 11/8/1939, modificata dal d. lgs. n° 514 del 8/4/1948. l’
art. 4 della legge precisava che sono da ritenere immobili urbani i
fabbricati e le costruzioni stabili…. diversi dai fabbricati
rurali; l’ art. 5 definisce unità immobiliare urbana (da
accatastare al Nceu) : “ogni parte di immobile, intero immobile o
complesso di immobili che, allo stato in cui si trova, è di per se
stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. Con l’ art.
38 del regolamento vennero esclusi dall’ accertamento :
a) “i fabbricati
rurali già censiti al catasto dei terreni”; b) “ i fabbricati
di proprietà della Santa sede”. La legge stabiliva chiaramente che
per essere uiu (unità immobiliare urbana) l’ immobile doveva
avere il requisito di utilizzazione autonoma, secondo l’ uso
locale, e l’ esistenza di un concreto reddito proprio.
Finchè le normative
erano ancora aderenti alla realtà, i fabbricati rurali venivano
considerate opifici (immobili con le caratteristiche di cui all’art.
10 della legge 11/8/1939, n° 1249), e gli opifici connessi ai fondi
rustici erano esclusi dall’ imposta sui fabbricati in quanto parte
integrante dei fondi il cui reddito era già incluso nel reddito
dominicale dei fondi stessi, e già assoggettato all’imposta sui
terreni. Lo stesso vale per altre costruzioni agricole (art. 39 testo
unico imposte dirette). Secondo l’art 29 del d.p.r. 29/09/1973 n°
597, per esempio, un allevamento era considerato attività agricola
se almeno ¼ dell’ alimentazione degli animali era prodotta dall’
azienda.
Con il d.l. (decreto legge)
30/12/1993 n° 557 convertito con modificazioni dalla legge
26/2/1994 n° 133 (G.U. 28/2/94 n° 48)(che per racimolare imposte ha
stravolto senza criterio logico la previgente normativa), ha
stabilito l’ inventariazione al Nceu anche delle costruzioni rurali
e ha modificato (in modo irrazionale) i requisiti perché gli
immobili siano considerati rurali, all’ art. 9 comma 3. Praticamente,
secondo il d.l., sono da considerarsi rurali solo i
fabbricati utilizzati dagli imprenditori agricoli, che, nelle zone di
montagna sono meno del 10 %. Così tutti quelli dei piccoli
agricoltori diventano per legge unità immobiliari produttive di
reddito da accatastare al Nceu. Ma questi immobili “strumentali”
all’attività agricola di fatto non hanno, e non possono avere
(salvo pochi casi), un reddito proprio una volta che sono scorporati
dal terreno, come era stato giustamente previsto dalle norme quando
non venivano fatte solo per “fare cassa”. Pertanto la normativa
del 1993 è in contrasto evidente con le norme catastali e le leggi
precedenti.
L’ obbligo di inventariazione
al Nceu e la tassazione Imu, hanno accentuato l’ abbandono delle
attività agricole e la mancata manutenzione ai fabbricati rurali con
conseguente crollo per non pagare la esosa gabella.
L’ art. 5 della legge
n° 1249 del 11/8/1939 mi sembra sia ancora in vigore pertanto molti
immobili rurali agricoli, non avendo reddito, non sono da considerare
u.i.u. (unità immobiliare urbana) e quindi da accatastare al Nceu. Lo
stato deve modificare la
normativa vigente , congeniando norme razionali atte a contrastare l’
abbandono delle campagne e della montagna e la distruzione del
patrimonio immobiliare rurale,da tutelare come prevede la legge
24/12/2003 n° 378 e la legge 1497/39.
Il
d.l. 30/12/1993 n° 557, ha stravolto la normativa preesistente e
causato gravi danni all’ agricoltura; con l’ Imu l’ imposizione
fiscale, con aumenti rispetto all’Ici intorno al 250 %, la
tassazione è diventata insostenibile ; ci vuole una normativa
sensata, che ripristini la legalità, stabilendo per gli immobili
agricoli categorie catastali rapportate alla realtà (tali immobili
non hanno nulla a che rapportarsi con gli immobili urbani) per avere
una tassazione equa e sostenibile, per fermare la rovina delle
piccole attività agricole e l’impoverimento delle persone che da
tali attività traggono da vivere che, rovinate, finiscono a carico
del sistema previdenziale o della Caritas.
Va posta fine alla
devastazione sociale e ambientale causata da norme insensate. In
Svizzera, con leggi serie, la piccola agricoltura di montagna tutela
l’ambiente ed è ancora mezzo di sostentamento per molte famiglie.
L’attuale Imu sui fabbricati rurali è illegittima e
incostituzionale, un'appropriazione indebita, al di fuori della
legalità.
Conclusioni
Ci sono delle ingiustizie palesi
nell’attuale normativa Imu, da modificare, perché sono indecorose
e offensive della dignità delle persone e indegne di uno stato
democratico. Si chiede in particolare di condonarla ai poveri
/incapienti con reddito annuo inferiore ai 6.000/8000 euro, i quali
devono rinunciare al minimo necessario, per foraggiare comuni che
spesso sperperano risorse in opere velleitarie inutili.
Questo balzello
insensato, oltre a danneggiare tutta l’economia mette i poveri
nelle condizioni di essere dipendenti dalla volontà del comune
(spesso gestito come azienda familiare, sperperando con appalti
inutili a soci occulti gli introiti della gabella, specie al sud,
dove spesso l’amministrazione è collusa con altre "associazioni").
Palese il grande margine di discrezionalità nel decidere se condonare
il tributo tramite lavori
socialmente utili oppure requisire l’immobile. Si preveda almeno,
per legge, che il tributo, i poveri/incapienti, lo paghino con lavori
socialmente utili, oppure che il comune requisisca la proprietà
della sola quota di immobile corrispondente all’importo del tributo
che il contribuente si trova nell’ impossibilità di pagare, non
avendo soldi.
Fienili e locali agricoli per
lo più abbandonati non comportano spese specifiche per i comuni,
che possono anche fare a meno della gabella applicata ai poveri e
agli immobili agricoli, senza necessità di compensazioni con altre
entrate.
I fabbricati rurali, utilizzabili
per uso esclusivamente agricolo, devono essere esentati da Imu, Tasi
e altre tasse, per evitarne l' abbandono, il crollo e la conseguente
perdita del patrimonio architettonico/paesaggistico/storico rurale.
In montagna sono pochissimi gli “imprenditori agricoli”; ma ci
sono molti che, nel loro piccolo, si occupano di mantenere qualche
attività agricola, importante anche per la manutenzione del
territorio sotto l' aspetto idrogeologico. Se c' e' un contadino sul
posto interviene immediatamente a spegnere subito gli incendi e il
mantenimento delle costruzioni è importante anche per la
conservazione del paesaggio e del panorama. Con l’abbandono dei
fabbricati rurali si abbandonano anche i prati attigui (che in certi
casi fanno da barriera tagliafuoco) che, non più coltivati,
diventano boschi.
Chiedere pagamenti di
patrimoniali ai cittadini incapienti e senza i mezzi minimi di
sussistenza se non hanno i fondi per pagare è una pretesa
irragionevole da sottoporre alla Corte europea per i diritti dell’
uomo. L’ applicazione di una patrimoniale sugli immobili dei poveri
(incapienti), strumentali ad attività agricole cessate che non
producono un reddito sufficiente neppure per mangiare, non è degna
di uno stato democratico, che va governato con “la diligenza del
buon padre di famiglia”. I fabbricati rurali agricoli sono poi un
patrimonio da salvaguardare.
Questa gabella va
rivista in funzione del buon senso, altrimenti i gabellatori vanno
indagati per danno ambientale, ai sensi delle norme sulla protezione
delle bellezze naturali, la legge 1497/39, che tutela i “complessi
di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente
valore estetico e tradizionale, ma anche per tentata estorsione.
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