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politiche
Terrorismo fiscale antirurale
In questi giorni agli intestatari di fabbricati rurali, non censiti al catasto urbano, stanno arrivando lettere minatorie da parte dell’agenzia delle entrate. Parliamo di una gabella iniqua che colpisce chi svolge attività agricole senza essere "imprenditore agricolo" (come spesso capita ai contadini di montagna) e minaccia la distruzione di una fetta significativa del preziosa patrimonio di edilizia rurale storica.

di corrispondente valtellinese

(30.07.17) La stravagante e feroce tassazione dei fabbricati rurali (bastano 9 mq per ricadere sotto la scure!) sta causando la distruzione di molte costruzioni storiche ad uso agricolo. In questo contributo parliamo della baite, i baich delle valli alpine, ma i burotributari non hanno escluso neanche i trulli pugliesi e le altre costruzioni tipiche del belpaese (futuro ex). Il tutto per fare cassa alla carlona, e gabellare i “servi della gleba” con Imu e Tasi.

Entriamo nel vivo con una lettera dalla Liguria pubblicata da: primocanale.it che commenta:

Cosi scrive un agricoltore di val d'Aveto, Fabrizio Bottari, che ha scritto poche righe assai chiare su come sia concreto il rischio di perdere molti edifici rurali testimoni di attività passate, talvolta secolari in cui emerge la necessità di un'inversione di rotta più celere possibile. Primocanale.it pubblica lo sfogo nella speranza di un intervento del mondo politico per una chiarezza che non può più attendere.


Il contadino scriveva:


Cari amici, stamattina mentre rincalzavo nel mio campo di patate ho visto passare un anziano del paese con un piede di porco e un martello in mano. Mi ha detto che andava a tirare giù il tetto del suo casone perché non ha i soldi per accatastarlo e ha paura che gli facciano la multa; prima di rimettersi in cammino ha aggiunto che il suo vicino lo ha già distrutto qualche giorno fa.
Mentre i professionisti alimentano spesso i timori di sanzioni agli inadempienti e i sindaci non muovono un dito nella speranza di raccogliere qualche spicciolo in più di tasse, i vecchi ripercorrono in silenzio i sentieri dell'alpeggio e distruggono quel che resta ancora in piedi della loro memoria. Privati del tetto, in pochi anni dei casoni resteranno soltanto i ruderi.

Molti, per evitare la gabella, sono costretti a distruggere o lasciare all’ abbandono costruzioni agricole di pregio storico e paesaggistico.



Per il fisco forse “casetta di mungitura d’alpeggio"

In questi giorni agli intestatari di fabbricati rurali, non censiti al catasto urbano, stanno arrivando lettere minatorie da parte dell’agenzia delle entrate che citano:

 ... risulta intestatario di fabbricati rurali o porzioni tuttora censiti nel catasto terreni invece che in quello edilizio urbano… vi informiamo che i tecnici dell’ agenzia hanno già avviato azioni di controllo delle caratteristiche degli immobili rurali … sanzioni per omessa dichiarazione : del fabbricato da € 1032 a 8264. – nel caso di ravvedimento operoso la sanzione è determinata in 1/6 del minimo (172 € ).

Il problema è che arriva la minaccia anche a molti ex contadini in pensione e a contadini con piccole attività montane con pochi capi allevati e modeste entrate, che non riescono ad essere imprenditori agricoli (non avendo i soldi per pagare i contributi agricoli), con in media 3 o 4 immobili rurali (i quali non hanno alcuna agevolazione). Non essendoci categorie apposite per gli immobili agricoli montani la rendita di un fabbricato rurale e quindi l’Imu è equivalente spesso ad un appartamento. Queste persone, con pensioni modeste, o redditi da incapienti, dovrebbero pagare qualche migliaio di euro di pratica catastale e imu e tasi ogni anno. molti non hanno la possibilità oggettiva di accatastare gli immobili e di pagare la gabella (non si può definire un tributo) e verrebbero vessati con  sanzioni salate, incivili e spropositate.



Chiesetta di san Paolo, val Belviso, Valtellina

Premesse culturali: contadini, baich (cascine) e cà (case, alcuni dicono masu) agricole delle Alpi
(
puoi saltare avanti al tema di Imu e Tasi se vuoi)

La grande varietà delle forme di colonizzazione pastorale alpina imprime (imprimeva) la sua caratteristica al paesaggio (dalla sezione Alpeggi di questo sito). Sono considerazioni che valgono per tutti i paesaggi rurali.


L'alpeggio non è l'unica forme di colonizzazione pastorale che organizza il paesaggio alpestre. Vi è anche il maggengo, a volte realtà “autonoma” a volte legato funzionalmente all'alpeggio come “tappa intermedia” primaverile ed autunnale della migrazione verticale alpina. Altrove, dove i villaggi sono a distanza di meno di un ora di cammino dai pascoli, non vi sono alpeggi ma strutture semplici (fontane, tettoie). Lo stesso alpeggio, però, è (o meglio era) caratterizzato da una varietà di forme varietà di forme che condizionano il paesaggi…. prevale oggi il tipo “unitario”, basato cioè su una gestione unica sia tecnica che economica e sulla presenza di strutture in grado di assicurare ricovero a numerosi animali, di lavorare centinaia di litri di latte al giorno, di conservare in condizioni idonee i prodotti caseari (Corti, 2004).
La distribuzione dei fabbricati d'alpeggio, la loro tipologia, il loro rapportarsi all'intorno entro il quale si inserivano raccontavano di una diversa forma di organizzazione dell'alpe e persino di quali fossero le produzioni casearie realizzate.  Spesso la maggior parte delle baite si sono trasformate in residenze secondarie mentre quelle delle famiglie (a volte ve ne è una sola) che hanno continuato l’attività zootecnica sono state ampliate e, con l’aggiunta di nuove edificazioni, hanno assunto i connotati degli alpeggi “unitari”. Il panorama delle forme dell’alpeggio e la conseguente varietà tipologica delle strutture insediative comprende anche forme intermedie tra “alpeggio” e “maggengo”. così in alta Valtellina (Testorelli, 2001) e in alta valle canonica (Toniolo, 1913; Agostini, 1950) e nella Tremezzina (Corti et al., 2007).


Alpe Cardoné, Valdidentro (alta valtellina) quasi a 2000 m di quota la tipica struttura del "maggengo", ovvero il fienile con al livello inferiore una piccolissima stalla

 
Quando il "costruito": è un segno leggero e provvisorio

Sempre dalla fonte precedente apprendiamo come l'architettura rurale d'alpeggio (ma anche più in generale) presentasse una grande varietà di forme intermedie tra "fabbricati" e "strutture temporanee" o comunque "leggere". Questa varietà, questa capillarità,  ha lasciato in eredità una molteplicità di strutture che solo una sadica volontà vessatoria burotributaria può classificare come "fabbricati rurali sui quali far cadere la mannaia dell'imposizione fiscale.

 Il modello dell'alpe “unitaria”, “classico” con due-tre stazioni d’alpeggio (oggi spesso una sola) provviste di strutture per il ricovero del personale e la lavorazione del latte in passato non era così diffuso. un chiaro esempio di modello diverso di organizzazione pastorale – pur nel contesto di una gestione tecnica ed economica “unitaria” – è fornito dalle valli del Bitto (bassa Valtellina) e da alcuni alpeggi dell’alta val Brembana (Bg) e val Varrone (Lc). Qui ancor oggi troviamo la presenza, oltre ad una “casera”, che ha la funzione di stagionatura del formaggio bitto e della la maschèrpa, i calèc’ e/o piccole baite, utilizzati per la caseificazione (Società agraria di Lombardia, 1904; Nangeroni, 1940; Saibene 1959; Fanchi, 1967; Ravelli, 1979). Il calèc’ rappresenta una forma primitiva di capanna casearia: realizzato in muriccia a secco (tranne i più recenti che impiegano legante) è una struttura senza copertura permanente (per la copertura, in caso di pioggia, si utilizza un telone impermeabile sorretto da pertiche). In passato (meno di un secolo fa – Società agraria di Lombardia, 1904; Bianchini, 1985) i calèc’ erano coperti da tavole di legno (un sistema che trova riscontro negli articoli dello statuto del comune di Tirano del XVI secolo – Marconi, 1990). Va precisato che il modello “bitto” ripropone quella che era una realtà un tempo generalizzata. Le cassine d’alpeggio erano strutture (in pietrame a secco) soggette ad essere frequentemente e periodicamente “rifatte”.


Un
calec'
di un alpeggio in Valgerola (foto storica)


Le mudate [stazioni d'alpeggio]  (altrove denominate cort), erano spesso costituite da un bàrech (recinto in muriccia a secco) e da piccole capanne anch’esse costruite in pietra a secco. queste capanne (di cui esistono ancora degli esempi allo stato ruderale) erano a volte così piccole che non era possibile entrarvi in piedi ed erano coperte da un’unica grande lastra scistosa (in tempi recenti in alcuni casi sostituita da una gettata di calcestruzzo).


L'Alpe Lendine nella valle del Drogo (alta valle Spluga)


Nel “modello dell'alpe “unitaria”, ovvero “classico” vi sono due-tre stazioni d’alpeggio. Ciascuna con propri fabbricati. Oggi, per il fisco, tutti questi fabbricati, anche se utilizzati ciascuno circa un mese all’anno (ma, più spesso, in gran parte, abbandonati) sono  "magazzini" con rendita sui quali pagare l’Imu tutto l’ anno.  Un tributo andrebbe rapportato al reddito e al periodo di utilizzo, ma Il fisco non fa alcuno sforzo per capire i limiti della funzione delle tante variegate tipologie di "fabbricato" rurale (spesso a stento riconducibili ad una vera e propria struttura edilizia). La burocrazia è ottusa (o fa finta di esserlo).
 

Paesaggio, libertà (e oppressione). La lezione di Salsa

La tassazione dei fabbricati rurali quale causa potente del degrado del paesaggio e dello stesso abbandono della montagna è stata chiaramente denunciata dall'antropologo, già presidente del Cai, Annibale Salsa. Abbiamo pertanto riportato i resoconti di alcuni interventi in tema di Salsa che traccia il contesto storico in cui si inserisce questa iniqua gabella, inquadrandolo in un processo secolare di perdità di libertà e di autonomia della montagna, a favpre di uno stato sempre più oppressivo e invasivo.

All' Università della montagna di Edolo: il prof. Salsa lanciava nel 2014 l’idea di “aiuti per evitare lo spopolamento” (Gazzetta delle valli, 24/10/2014). Di seguito un estratto del resoconto della sua conferenza per gli aspetti che qui ci interessano.

Annibale Salsa ... ha relazionato sul tema: "La società e l’economia alpina in una fase di transizione epocale fra abbandoni e ritorni: è possibile un nuovo rinascimento". 
Durante il suo intervento ha ripercorso l’ultimo millennio e sottolineato come oggi: “Ci sia un deficit di manutenzione del territorio”. In passato quell’attività veniva svolta da alpeggiatori e contadini, che oggi sono quasi scomparsi anche nelle vallate alpine. In quest’ottica:  “L’attività dei contadini riduce i costi e migliora la difesa del territorio”.  Fin dal medioevo, quando, secondo quanto ricostruito dall’antropologo, è iniziata una politica di difesa del territorio. “All’epoca – ha ricordato il professor Salsa – c’era stata la conquista della libertà di dissodamento della terra ... i luoghi vennero presi in consegna da proprietari o affittuari  e coltivati".
Nelle conclusioni del seminario il professor Salsa ha ricordato che: "se si vuol evitare lo spopolamento totale della montagna e mantenere l’attività in quota occorre lanciare politiche di sviluppo con agevolazioni fiscali per favorire certe attività”. “Ciò – ha concluso – non significa fare dell’assistenzialismo, ma legare eventuali aiuti fiscali a determinati piani, progetti, programmi di interventi o attività lavorativa nei campi e boschi”. 


Lo stato, invece, oggi vessa/ tassa e incentiva l’abbandono della montagna e il degrado paesaggistico con il crollo dei tipici fabbricati alpestri.

Proseguiamo con un'altro intervento di Salsa. Da: “Agricoltura e paesaggio di montagna,  convegno dedicato a: “Agricoltura e paesaggio nell’arco alpino”,  15 maggio 2012, Centro congressi Piné 1000 (fonte).


Di grande interesse l’intervento dell’antropologo Annibale Salsa che ha cominciato dicendo che “il paesaggio è frutto di un lento processo di adattamento delle comunità umane insediate sul territorio. Ambiente, paesaggio, territorio: è una triade sulla quale bisogna fare chiarezza. Le due grandi rivoluzioni antropiche nel corso della preistoria e della protostoria, hanno riguardato la pastorizia (addomesticamento degli animali) ed è qui che avviene una profonda trasformazione dell’ambiente naturale (che era profondamente selvaggio). Il ‘pascolamento’ determina una profonda trasformazione attraverso tecniche e processi di forma anche arcaica (debbio – bruciare i residui colturali o della vegetazione). quando possiamo parlare di paesaggio alpino? avviene in maniera sistematica soprattutto nell’età medievale, per il grande processo di addomesticamento delle terre alte (la parte più alta, sopra al bosco) soprattutto nel basso medioevo. Cos’è il paesaggio? È una costruzione sociale e culturale, parlare di paesaggio naturale è una contraddizione in termini, un ossimoro. l’uomo è un animale culturale e a differenza degli altri animali si adatta ai territori plasmandoli secondo una visione del mondo. La realtà trentina è connotata da una profonda identificazione identitaria.
Noi – ha continuato Annibale Salsa – manipoliamo dei concetti che sono attuali, ma sono il retaggio di un portato e di un precipitato storico. il paesaggio ha due connotazioni particolari: nasce alla fine del Cinquecento e quello italiano è diverso dalla concezione anglosassone germanica e inglese. Nella visione latina prevale la componente antropica, nelle altre due visioni prevale la componente naturale. e quindi la storia della vita dell’uomo nelle Alpi è la lotta dell’uomo contro l’inselvatichimento. Il territorio è un ambito antropologico, segnato dalla presenza dell’uomo.
Il paesaggio è il frutto delle rivoluzioni dei nuovi insediamenti medievali che cambiano la visione delle ‘terre alte’ nelle Alpi e ciò avviene quando l’uomo comincia a trasformare i territori in prati, campi e boschi. Questo mette in moto una trasformazione di civiltà giuridica e politica e vanno a crearsi dei paesaggi che ancora oggi possiamo individuare, riconoscere, identificare. La presenza dell’uomo è una presenza trasformazionale. È giusto parlare di governo, di gestione del paesaggio, perché l’uomo modifica il paesaggio. in epoca recente, soprattutto in Italia (che ha devastato il paesaggio) è nata l’emergenza paesaggio. L’economia alpina si regge su un equilibrio fra spazi aperti e spazi chiusi. Il problema dell’emergenzialismo ambientale va letto in chiave storica. Noi ci innamoriamo spesso delle ideologie e perdiamo di vista il relativismo storico.
Non c’è paesaggio culturale senza spazio aperto. L’ideologia della wilderness è una ideologia e filosofia d'oltre-atlantico, e quegli ambienti sono profondamente diversi dagli ambienti alpini. Noi dobbiamo imparare a leggere la realtà nel suo dinamismo trasformazionale. la visione iperambientalista – ha continuato l’antropologo – che ha dominato l’immediato dopoguerra, ha cominciato ad essere cambiata qualche decennio fa. Le leggi naturali sono attraversate dall’entropia e la natura fa il suo mestiere. la saggezza e l’intelligenza dei pianificatori, dei politici è trovare un equilibrio fra spazi aperti e spazi chiusi. e questo è una buona pratica.
 L’idea che si fa strada con la nuova concezione del paesaggio è quello di una tutela attiva. la nuova idea di paesaggio da una parte lascia l’estetismo sogettivista e recupera l’importanza dell’ambiente in chiave eco-dinamica. Dobbiamo avere una chiara visione che la crescita qualitativa è di fondamentale importanza, il paesaggio trentino non ha le stesse caratteristiche di quello di un altro territori. gli agricoltori di montagna sono a mio parere gli unici che possono salvare le Alpi. Quando l’agricoltura scimiotta l’industria, perde e, in un certo periodo – anche in Trentino – si è verificato. nella visione dell’agricoltore c’è il legame con il territorio che il pastore non ha. Il pastore e la pastorizia sono un’altra cosa.
L’autonomia fa parte della tradizione alpina. Dall’epoca dei grandi dissodamenti medievali legato al diritto comune medievale, i contadini avevano una prerogativa: erano uomini liberi. C’era una pratica contrattuale per cui la terra selvaggia doveva essere costruita secondi gli stilemi di quella comunità: così le Alpi sono diventate quello che sono, solo dopo gli stati centralizzati (età napoleonica) hanno puntato di più sugli aspetti forestali. la realtà trentina è una realtà di eccellenza nel panorama nazionale. Qui le montagne non sono abbandonate. il trentino recepisce una tradizione dove la foresta ha un peso maggiore, in Alto Adige è diverso: appartiene di più alla tradizione tirolese dove il bosco è privato. la strada imboccata da questa realtà provinciale è giusta. Voglio richiamare la convenzione delle Alpi con il suo protocollo dell’agricoltura (solo il 5 maggio scorso è stata ratificato dall’Italia). Che cosa dice? Obiettivi: riconoscere le molteplici funzioni dell’agricoltura di montagna quindi anche al mantenimento degli insediamenti alpini. quali sono le misure del protocollo? produzione di qualità (inutile far concorrenza alla pianura padana), turismo, agricoltura in funzione del turismo (in Alto Adige lo hanno capito da tempo).
 I pericoli oggi sono due: eccesso di urbanizzazione (caso della Lombardia è emblematico) e dall’altra l’inselvatichimento che va governato. e qui bisogna assolutamente riflettere. L’interesse per la montagna, però, sta aumentando con giovani famiglie che tornano a vivere in montagna. Sono nuovi bisogni e, per dirla con Bauman, questo riflette il bisogno di comunità. È un aspetto molto importante e dietro c’è anche un profilo psicologico e di benessere psico-fisico provocato dallo spaesamento. A questo ritorno si deve accompagnare, però, ‘la mano politica’ perché la montagna ha bisogno di realismo non di una visione romantica. I ritorni spontanei sono destinati al fallimento perchè la vita in montagna è dura. La montagna, nel bene e nel male, è quella che si presta di più a visioni retoriche”.
E ancora: "Gli agricoltori di montagna sono a mio parere gli unici che possono salvare le Alpi”… “Voglio richiamare la Convenzione delle Alpi con il suo protocollo dell’agricoltura (solo il 5 maggio scorso è stata ratificato dall’Italia). Che cosa dice? obiettivi: riconoscere le molteplici funzioni dell’agricoltura di montagna quindi anche al mantenimento degli insediamenti alpini.”


Quindi il sistema tassativo vessatorio è contrario alla Convenzione delle Alpi- ratificata dall’ Italia (vuole uscirne? o essere buttata fuori? L’ importante è sempre e comuque far cassa. Interessante anche un ulteriore intervento di Salsa. Da: “ Ai contadini delle Alpi venne dato il privilegio della libertà. E oggi?" Fonte: Magazine Vita, 18 luglio 2016


Scarpe grosse, rude, di vedute ristrette: il montanaro secondo i luoghi comuni. "ma questo è un falso! era esattamente il contrario", sbotta Annibale Salsa, antropologo, esperto di cultura alpina, già presidente del Cai, oggi alla scuola del paesaggio della provincia di Trento. "Nel medio evo i coloni delle terre alte, cioè i contadini delle Alpi, avevano meritato la condizione di uomini liberi, mentre quelli di pianura non lo erano. questa scelta fece delle Alpi uno spazio elitario, i cui eredi oggi sono le autonomie dei contadini sudtirolesi o dei cantoni svizzeri, la forma stessa di democrazia diretta della Svizzera. Ora del nuovo trend di popolamento delle montagna parlano tutti, non è più qualcosa di sporadico, ma c’è bisogno di politiche economiche finalizzate a ridurre gli ostacoli che i nuovi imprenditori della montagna si trovano di fronte. Il trend altrimenti rischia di erodersi. L’insediamento massiccio e capillare che si è verificato sulle Alpi nel basso medioevo è stato possibile perché la politica lo aveva favorito con concessioni fiscali e autonomie e soprattutto con la condizione di uomo libero. oggi serve una negoziazione, come allora".



Tipico fabbricato a block-bau in val Zebrù (alta Valtellina)


Tipico fabbricato a block-bau in val Zebrù (alta Valtellina)




Fabbricato abbandonato a ca 1400 m di quota


Casette d'alpeggio in Valposchiavo


Incisioni rupestri- Capo di ponte- Bedolina, antica mappa catastale

Ora con l’Imu e Tasi sugli immobili rurali torniamo peggio che nel medioevo, dalle concessioni fiscali si torna alle requisizioni fiscali.


Crot in Valtellina


L’ attuale invenzione tassativa

Fabbricati rurali: considerazioni preliminari

I fabbricati rurali  per la posizione decentrata, mancanza di strade di accesso, struttura, ecc., non sono generalmente utilizzabili ad altro usoche per l'uso agricolo;


1. La norma catastale considera unità immobiliare urbana: "un fabbricato o porzione di fabbricato che nello stato in cui si trova è di per se’ stesso utile e atto a produrre un reddito proprio”.

2. Con la legge istitutiva del catasto  il reddito del fabbricato era incluso nel reddito del terreno, cioè il fabbricato era considerato (giustamente) un bene strumentale inscindibile dal fondo agricolo, e di fatto in molti casi di zone agricole lontane dall’abitato è così. Ma oggi l’attività agricola è, in molte zone di montagna, in stato di abbandono in quanto la resa è molto bassa; quindi il fabbricato, se non utilizzabile per altri scopi, non ha di fatto alcun reddito, Ma i tassatori non se ne vogliono fare una ragione: va comunque accatastato come magazzino e soggetto all’Imu e Tasi come le seconde case. Una tassazione insensata e improponibile in un paese civile e democratico. Alle costruzioni rurali al catasto terreni, è bene ricordarlo, non era attribuita alcuna rendita autonoma in quanto inclusa nel reddito del terreno cui servono.

3. Dal momento che l'attività agricola è cessata, perché non remunerativa, non si comprende perché questi fabbricati (spesso frazionati tra più proprietari) siano da accatastare al catasto urbano con costi di circa 600/800 euro (tranne quelli degli imprenditori agricoli, peraltro molto pochi in montagna). Non si comprende, a maggior ragione, perché  si debba sborsare per essi delle esose tasse: Imu = 0,76% e Tasi = 0,1% del valore catastale sugli immobili se sono in stato di abbandono e in attesa di essere, eventualmente, riutilizzati per scopi agricoli, quindi nuovamente come bene strumentale, qualora la coltivazione del fondo tornasse ad essere economicamente conveniente.

Come può pretendee  lo stato che, per un'attività fallita, in attesa che il fondo sia soggetto nuovamente a coltivazione, quando si potrà farlo, il cittadino paghi le tasse e sostenga le rilevanti spese di accatastamento, su beni strumentali inutilizzati? Molti intestatari di questi immobili, tra l’altro, sono pensionati, con pensioni basse molti da 500 €/mese, e se hanno le proprie cascine in località turistica dovrebbero pagare 1500 €.  Vi sono anche persone, con basso reddito, che arrotondano con attività agricole e non gravano sui servizi sociali.  Questo stato incivile, siccome non hanno i soldi per pagare l’Imu, vuole pignorargli la cascina e ridurli in rovina? Se  non possono essere imprenditori agricoli è perché il reddito è talmente basso da non consentire il pagamento dei contributi agricoli (circa 2000/3000€). quindi la pretesa di far pagare l’Imu su questi immobili è fuori luogo e incivile.

4. L’imposizione dell’Imu sugli immobili rurali è vessatoria e ingiusta. Dall’Imu sono esenti solo gli immobili dell’imprenditore agricolo (pochissimi in montagna) mentre quelli di altri soggetti, pur non essendo utilizzabili per altri scopi in quanto in località lontane dall’abitato, non servite da strada, luce, fornitura elettrica, devono essere accatastati al catasto urbano alla cat. c/2 - magazzini (non esiste una categoria apposita) e pagare l’Imu equivalente agli immobili costruiti per uso magazzino/autorimessa nei centri abitati. Le stalle sonoaddirittura nella stessa categoria delle autorimesse. Questo comporta che il patrimonio edilizio rurale, con costruzioni in pietra e legno tipiche dei luoghi, spesso secolari e di grande pregio testimoniaale ed estetico, vengano lasciate crollare per non pagare questa imposta.


5. La legge 24/12/2003 n° 378 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’ architettura rurale” (G.U. n 13 del 17/01/2004) all’ art. 1 cita: “la presente legge ha lo scopo di valorizzare le tipologie di architettura rurale, quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio nazionale, realizzati tra il XIII e il XIX sec. e che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale”. Ora invece sono arrivati i requisitori che non tengono conto della realtà agricola e che, dal 2011, hanno aumentato del 250% l'Imu.  C'è un precedente storico: con il catasto Lombardo-Veneto  molte costruzioni di pregio furono lasciate andare in rovina per non pagare tasse, ma  non credo che arrivassero a derubare, come avviene oggi, i contadini di montagna (che con il loro esiguo guadagno non possono spesso pagare  nemmeno la mutua per essere “imprenditori agricoli”). Sempre a proposito di precedenti storici si ricorda che , in Puglia, all’ epoca borbonica le costruzioni rurali venivano realizzate in modo tale che togliendo una pietra, quando arrivavano i gabellatori, esse crollavan. L'espediente era utilizzato per non pagare dazi. Poi venivano ricostruite.

Nuovi vassalli e nuovi feudatari

Con Imu e Tasi il proprietario di immobili agricoli è diventato vassallo del comune, nuovo feudatario, con la differenza che il feudatario praticava la mezzadria, la “tassa” era proporzionata al raccolto, e se il contadino non produceva nulla la tassa era nulla e, per di più,  il feudatario gli dava da vivere fino al nuovo raccolto, ora si pretende la gabella su beni improduttivi e i comuni ipotecheranno e metteranno all asta i beni del contadino povero che non può pagare la gabella.
Si tratta di una normativa fiscale democratica? L'art.53 della costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, Pertanto caro ministro in Italia, repubblica democratica, la tassa deve essere proporzionale al reddito, se il reddito è zero tassa/gabella zero.

In Svevia, nel XVII sec., quando un servo non era in grado di versare i tributi dovuti per causa di morte del capofamiglia, per esempio, generalmente il proprietario terriero si mostrava estremamente conciliante, ed accettava pagamenti rateali, oppure rinunciava al tributo, oppure ancora accettava, al posto del tributo, un atto simbolico (per esempio un pellegrinaggio). sig. ministro stabilisca per legge che i comuni nel caso di mancato pagamento, se non si accontentano dell’ atto simbolico; sia almeno pagata la gabella con lavori socialmente utili.
Una delle prime zone d'Europa che stabilì ufficialmente la liberazione dei servi della gleba dai loro doveri fu Bologna per tutti i territori ad essa sottomessi. con il 3 giugno 1257 , omissis. Bologna liberò, previo riscatto, 5855 servi sottomessi … omissis….. in ricordo di quegli eventi B ologna mise nel suo stemma la parola libertas. La servitù della gleba si trasformò in altri istituti agrari come la colonia parziaria e la mezzadria.
È incivile e improponibile, in una repubblica che si definisce democratica, che si tassino in questo modo i fabbricati rurali, destinati e destinabili unicamente all’ attivita’ agricola, anche di poveri/incapienti.

Questa gabella provoca ulteriore abbandono della montagna, con danni all’ ambiente e al paesaggio.

Riporto esempi costo Imu fabbricati rurali sulla base di una sup. media di un fienile (cat. c/2) pari a mq 50 e di una  stalla (cat. c/6), pari a  mq 50 .

Es.1: paesino a 700 mt in Valcamonica: fienile (cat. c/2) mq 50 x 1,1 euro/mq , stalla (cat. c/6) mq 50 x 1,5 = rendita 130,00 : Imu + Tasi = € 209 .

Es.2: Edolo(Bs) fienile (cat. c/2) mq 50 x 1,80 euro/mq + stalla(cat. c/6) mq 50 x 2,35 = rendita € 207,00 : imu + tasi con aliquota base = euro 402 però il comune onesto ha deliberato per i fabbricati ex rurali un'aliquota ridotta dello 0,46 % e tasi 0%; pertantoImu + Tasi sono pari a 160 €.

Es.3: località turistica (rifugi di montagna, baite e abitazioni rurali = cat. a e a11): l’ Imu è il 4,6 %°, ma i fienili (cat c/2) e le stalle (c/6) il 10,6%°). Fienile (cat. c/2) mq 50 x 3,4 €/mq + stalla (cat. c/6) mq 50 x 7,28 = rendita 534,00: Imu + tasi = 1022 € .

È assurdo che un fabbricato rurale in zona agricola, e non oggetto di cambio d’ uso, paghi 1022 € di Imu + Tasi. Gli immobili rurali nei comuni turistici, se questa gabella insensata non verrà abolita, verranno lasciati crollare scoperchiandoli. È ridicolo e assurdo che i fabbricati rurali paghino l’Imu come gli immobili urbani con i quali non sono rapportabili.

Il reddito dei contadini di montagna dipende da prezzi che sono sostanzialmente uguali in località diverse mentre il catasto urbano premia e penalizza l'imponibile in base a circostanze cd tutt'altra natura. Non si vede perchè i fabbricati rurali non abbiano  pertanto una propria categoria catastale equa che tenga conto di tali circostanze e una base imponibile omogenea, sempre che vi sossero i presupposti ragionevoli per applicare una tassa di natura patrimoniale, presupposti che proprio non riesco a intravedere.  Si consideri anche che molti cittadini/contribuenti hanno ereditato immobili da nonni e genitori coltivatori diretti, immobili utilizzabili solo nell’ambito dell’attività agricola e privi di reddito, spesso non vendibili, in quanto non hanno un valore di mercato perché in zone periferiche montane in cui non sono attuabili altri usi.
I proprietari di tali immobili, spesso giovani in cerca di occupazione, senza lavoro/incapienti, dovrebbero pagare migliaia di euro di Imu. Dove dovrebbero trovare i fondi? Lo vorrei proprio sapere.
Per fortuna alcuni comuni si limitano a chiedere di svolgere lavori socialmente utili, ma ci saranno anche comuni poco seri e il contribuente si vedrà tutto ipotecato e messo all’asta (beni all’asta vengono venduti al 20/30 del valore di perizia).  Le attuali norme stabiliscono l’esenzione solo per gli imprenditori agricoli e non per gli immobili di fatto agricoli che in montagna sono oltre il 90%.

Un cittadino che vuole mantenere le tradizioni e il territorio conservando gli antichi immobili rurali deve essere lasciato in pace non gabellato; sono i comuni che devono risparmiare, spesso questi comuni gabellatori non fanno economia in aiole fiorite, addobbi natalizi, pavimentazione di strade e parcheggi in porfido, ecc. Cose velleitarie, non necessarie.


Cosa dovrebbero fare i comuni?

Lo stato dovrebbe cambiare la normativa catastalein quanto è palese che i fabbricati rurali agricoli (non di imprenditore agricolo) quando si stabilì che andavano accatastati al Nceu avrebbero dovuto essere ricompresi in una categoria apposita agricola ad es. fienile/deposito prodotti agricoli e stalla (bovini, ovini, caprini, ecc.), con una tariffa d’estimo rapportata alla zona omogenea agricola che poteva essere distinta in pianura, collina, montagna.  Invece, con le categorie attuali, le costruzioni rurali agricole sono equiparate agli immobili residenziali, con i quali nulla hanno a che vedere: il fienile è considerato un magazzino e la stalla (siccome la categoria catastale è ferma all’epoca delle diligenze con i cavalli) ha la rendita di un autorimessa. Così il bait (cascina) a Pontedilegno (località turistica "pregiata") ha la rendita del 250% maggiore di Edolo (che pure è nella stessa valle ed è un'importate località di 4500 abitanti). Ma  il fieno e il latte hanno gli stessi perzzi, e quindi l’Imu raggiunge a Pontedilegno costi esorbitanti e costringe all’abbandono degli immobili nelle zone agricole decentrate (sono lasciarli crollare).

A mio parere vanno esentati da Imu e Tasi i fabbricati di destinati, e destinabili, unicamente all’agricoltura, stabilendone le caratteristiche. In montagna  sono pochissimi gli “imprenditori agricoli” ma - come già osservato - ci sono molti che, nel loro piccolo, si occupano di mantenere qualche attività agricola che non comporta grandi fatturati ma che è  importante anche per la manutenzione del territorio e la conservazione del paesaggio. Crea beni pubblici.
Pertanto,iIn attesa di una normativa seria in merito, auspichiamo che i comuni, come ha fatto quello di Edolo, riducano al minimo l’aliquota portandola allo 0,46% (l’aliquota base dello 0,76% può essere aumentata o diminuita dello 0,3%). Sarebbe da azzerare ma, nell'immediato, una riduzione è meglio di niente.

Se non si interviene, specialmente in certi comuni, privi di sensibilità, i fabbricati rurali ancora esistenti verranno lasciati crollare o demoliti per evitare la gabella, con grave perdita del patrimonio storico architettonico ma anche mancata coltivazione dei pochi terreni ancora coltivati e conseguente abbandono anche della manutenzione del territorio (e aumento del dissesto idrogeologico).  I nostri amministratori locali dovrebbero fare un giro nella limitrofa Valposchiavo (Svizzera) e cnstatare la marcata differenza tra un paesaggio con i prati falciati e le attività agricole tutelate e vitali e lo stato di abbandono, causato da leggi insensate, delle nostre zone in Lombardia.

La gabella (Imu, Tasi) va abolita subito per i fabbricati rurali utilizzabili solamente per le attività agricole di cittadini con reddito inferiore ai 6000/8000 euro. Il governo di una repubblica che si proclama democratica non può continuare a chiedere pagamenti di patrimoniali a cittadini incapienti e senza i mezzi minimi di sussistenza che non hanno i fondi per pagare; si tratta di una pretesa irragionevole e vessatoria da sottoporre alla Corte europea per i diritti dell’ uomo.  Chi opera in questo modo non è degno di uno stato democratico, che va governato con: “la diligenza del buon padre di famiglia" e va allontanato dalla istituzioni pubbliche. L’ applicazione di una patrimoniale sugli immobili dei poveri (incapienti) e strumentali ad attività in crisi è, in definitiva, una forma di pizzo di stato .

Legittimità  e incostituzionalità dell’Imu

Che l’Imu sia chiaramente in tributo incostituzionale lo dice chiaramente anche l’on. Giulio Tremonti che cita (vedasi la fonte):


L’Imu contrasta con l’ art. 3, 53 e 47 della costituzione, colpisce in modo erratico e casuale senza considerare il loro valore e la situazione personale dei soggetti passivi ... Si prescinde dal fatto che chi li possieda sia ricco o povero, occupato o disoccupato … Un tributo di tipo immobiliare può essere imposto solo nella misura in cui il soggetto passivo possa disporre di risorse, diverse rispetto al cespite tassato o da questo ritraibili in misura sufficiente per pagare il tributo, dopo aver soddisfatto le necessità individuali e familiari ...
È evidente, infatti, che non sarebbe concretamente attuabile la vendita frazionata dell’ immobile tassato per far fronte al prelievo…. con effetti perversi di dissociazione dell’Imu dai principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza tra i cittadini. È così che, a parità di presupposto di imposta – ad esempio, uno stesso tipo di casa – ci sarà chi la può conservare, perché ha altri redditi sufficienti redditi per pagare l’Imu. Ci sarà invece chi sarà costretto a venderla - la sua casa - perché privo di altri redditi con cui pagare l’Imu…
L’ art. 47 dice: “ La repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme … favorisce l’ accesso del risparmio popolare alla proprieta’ dell’ abitazione”. L’ art. 53 dice: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività".

In merito ai fabbricati rurali agricoli, alla illegittimità propria dell’ Imu per tutte le costruzioni - ottimamente dimostrata dal prof. Giulio Tremonti - si aggiunge l’illegittimità della tassazione patrimoniale su tali immobili che la precedentelegislazione che dichiarava bene strumentale all’ attività agricola, inscindibile dal fondo col quale forma un tutt’uno, essendone parte integrante, tanto è vero che il reddito era compreso nel reddito dominicale.
Il nuovo catasto edilizio urbano (Nceu), venne istituito con legge n° 1249 del 11/8/1939, modificata dal d. lgs. n° 514 del 8/4/1948. l’ art. 4 della legge precisava che sono da ritenere immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili…. diversi dai fabbricati rurali; l’ art. 5 definisce unità immobiliare urbana (da accatastare al Nceu) : “ogni parte di immobile, intero immobile o complesso di immobili che, allo stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. Con l’ art. 38 del regolamento vennero esclusi dall’ accertamento :

a) “i fabbricati rurali già censiti al catasto dei terreni”; b) “ i fabbricati di proprietà della Santa sede”. La legge stabiliva chiaramente che per essere uiu (unità immobiliare urbana) l’ immobile doveva avere il requisito di utilizzazione autonoma, secondo l’ uso locale, e l’ esistenza di un concreto reddito proprio.

Finchè le normative erano ancora aderenti alla realtà, i fabbricati rurali venivano considerate opifici (immobili con le caratteristiche di cui all’art. 10 della legge 11/8/1939, n° 1249), e gli opifici connessi ai fondi rustici erano esclusi dall’ imposta sui fabbricati in quanto parte integrante dei fondi il cui reddito era già incluso nel reddito dominicale dei fondi stessi, e già assoggettato all’imposta sui terreni. Lo stesso vale per altre costruzioni agricole (art. 39 testo unico imposte dirette). Secondo l’art 29 del d.p.r. 29/09/1973 n° 597, per esempio, un allevamento era considerato attività agricola se almeno ¼ dell’ alimentazione degli animali era prodotta dall’ azienda.
Con il d.l. (decreto legge) 30/12/1993 n° 557 convertito con modificazioni dalla legge 26/2/1994 n° 133 (G.U. 28/2/94 n° 48)(che per racimolare imposte ha stravolto senza criterio logico la previgente normativa), ha stabilito l’ inventariazione al Nceu anche delle costruzioni rurali e ha modificato (in modo irrazionale) i requisiti perché gli immobili siano considerati rurali, all’ art. 9 comma 3. Praticamente, secondo il d.l., sono da considerarsi rurali solo i fabbricati utilizzati dagli imprenditori agricoli, che, nelle zone di montagna sono meno del 10 %. Così tutti quelli dei piccoli agricoltori diventano per legge unità immobiliari produttive di reddito da accatastare al Nceu. Ma questi immobili “strumentali” all’attività agricola di fatto non hanno, e non possono avere (salvo pochi casi), un reddito proprio una volta che sono scorporati dal terreno, come era stato giustamente previsto dalle norme quando non venivano fatte solo per “fare cassa”. Pertanto la normativa del 1993 è in contrasto evidente con le norme catastali e le leggi precedenti.
L’ obbligo di inventariazione al Nceu e la tassazione Imu, hanno accentuato l’ abbandono delle attività agricole e la mancata manutenzione ai fabbricati rurali con conseguente crollo per non pagare la esosa gabella.

L’ art. 5 della legge n° 1249 del 11/8/1939 mi sembra sia ancora in vigore pertanto molti immobili rurali agricoli, non avendo reddito, non sono da considerare u.i.u. (unità immobiliare urbana) e quindi da accatastare al Nceu. Lo stato deve modificare la normativa vigente , congeniando norme razionali atte a contrastare l’ abbandono delle campagne e della montagna e la distruzione del patrimonio immobiliare rurale,da tutelare come prevede la legge 24/12/2003 n° 378 e la legge 1497/39.

Il d.l. 30/12/1993 n° 557, ha stravolto la normativa preesistente e causato gravi danni all’ agricoltura; con l’ Imu l’ imposizione fiscale, con aumenti rispetto all’Ici intorno al 250 %, la tassazione è diventata insostenibile ; ci vuole una normativa sensata, che ripristini la legalità, stabilendo per gli immobili agricoli categorie catastali rapportate alla realtà (tali immobili non hanno nulla a che rapportarsi con gli immobili urbani) per avere una tassazione equa e sostenibile, per fermare la rovina delle piccole attività agricole e l’impoverimento delle persone che da tali attività traggono da vivere che, rovinate, finiscono a carico del sistema previdenziale o della Caritas.

Va posta fine alla devastazione sociale e ambientale causata da norme insensate. In Svizzera, con leggi serie, la piccola agricoltura di montagna tutela l’ambiente ed è ancora mezzo di sostentamento per molte famiglie. L’attuale Imu sui fabbricati rurali è illegittima e incostituzionale, un'appropriazione indebita, al di fuori della legalità.


Conclusioni

Ci sono delle ingiustizie palesi nell’attuale normativa Imu, da modificare, perché sono indecorose e offensive della dignità delle persone e indegne di uno stato democratico. Si chiede in  particolare di condonarla ai poveri /incapienti con reddito annuo inferiore ai 6.000/8000 euro, i quali devono rinunciare al minimo necessario, per foraggiare comuni che spesso sperperano risorse in opere velleitarie inutili.

Questo balzello insensato, oltre a danneggiare tutta l’economia mette i poveri nelle condizioni di essere dipendenti dalla volontà del comune (spesso gestito come azienda familiare, sperperando con appalti inutili a soci occulti gli introiti della gabella, specie al sud, dove spesso l’amministrazione è collusa con altre "associazioni"). Palese il grande margine di discrezionalità nel decidere se condonare il tributo tramite lavori socialmente utili oppure requisire l’immobile. Si preveda almeno, per legge, che il tributo, i poveri/incapienti, lo paghino con lavori socialmente utili, oppure che il comune requisisca la proprietà della sola quota di immobile corrispondente all’importo del tributo che il contribuente si trova nell’ impossibilità di pagare, non avendo soldi.
Fienili e locali agricoli per lo più abbandonati non comportano spese specifiche per i comuni, che possono anche fare a meno della gabella applicata ai poveri e agli immobili agricoli, senza necessità di compensazioni con altre entrate.
I fabbricati rurali, utilizzabili per uso esclusivamente agricolo, devono essere esentati da Imu, Tasi e altre tasse, per evitarne l' abbandono, il crollo e la conseguente perdita del patrimonio architettonico/paesaggistico/storico rurale. In montagna sono pochissimi gli “imprenditori agricoli”; ma ci sono molti che, nel loro piccolo, si occupano di mantenere qualche attività agricola, importante anche per la manutenzione del territorio sotto l' aspetto idrogeologico. Se c' e' un contadino sul posto interviene immediatamente a spegnere subito gli incendi e il mantenimento delle costruzioni è importante anche per la conservazione del paesaggio e del panorama. Con l’abbandono dei fabbricati rurali si abbandonano anche i prati attigui (che in certi casi fanno da barriera tagliafuoco) che, non più coltivati, diventano boschi.

Chiedere pagamenti di patrimoniali ai cittadini incapienti e senza i mezzi minimi di sussistenza se non hanno i fondi per pagare è una pretesa irragionevole da sottoporre alla Corte europea per i diritti dell’ uomo. L’ applicazione di una patrimoniale sugli immobili dei poveri (incapienti), strumentali ad attività agricole cessate che non producono un reddito sufficiente neppure per mangiare, non è degna di uno stato democratico, che va governato con “la diligenza del buon padre di famiglia”. I fabbricati rurali agricoli sono poi un patrimonio da salvaguardare.

Questa gabella va rivista in funzione del buon senso, altrimenti i gabellatori vanno indagati per danno ambientale, ai sensi delle norme sulla protezione delle bellezze naturali, la legge 1497/39, che tutela i “complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, ma anche per tentata estorsione.






 

 

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