Condividi
razze autoctone
Il
ritorno delle capre nel Lagorai
di Laura
Zanetti
(03.10.19) In un convegno organizzato una quindicina
di anni fa dal Dipartimento di Agricoltura della Provincia di Trento,
l’economista Pietro Nervi sosteneva che il Trentino, per ritornare
grande, deve tornare ad essere piccolo. Deve ritornare alle sue piccole
economie identitarie che hanno forgiato valli e montagne. Con aziende
non “sul territorio“, ma “del territorio”, in quanto ogni risorsa si
trasforma in prodotto autenticamente locale. In ambito zootecnico, sono tanti gli
imprenditori che tra non poche difficoltà, hanno fatto proprio il
pensiero di Nervi. Convinti, e a ragione, che siano le piccole aziende
il modello vincente per il Trentino e non quello fallimentare importato
dalla pianura padana, antitetico alla cultura della montagna stessa. Tra queste esperienze un’attenzione
particolare merita l’Associazione Allevatori Capra Pezzata Mochena di
Bedollo, sull’altopiano di Pinè.
Ruralpini ha incontrato Ezio Quaresima,
che in qualità di presidente ci racconta genesi e progetti futuri di
questa interessante associazione.
EQ:
La nostra associazione
nasce ufficialmente nel 2009, anche se avevamo già iniziato nel 2004,
dopo la tesi di laurea di Bruno Grisenti e la supervisione del
compianto Massimo Pirola e Adriano Moltrer. Si, tutto ha avuto inizio
nel 2004 a Roveda, in Val del Fersina, con l’individuazione di tre
capre pezzate mochene, di proprietà della contadina Rosina Paoli.
Assieme ad Adriano Moltrer di Fierozzo abbiamo recuperato i tre animali
e portati a Bedollo dove avevamo il maschio della medesima razza, per
poterli fecondare.
Siamo partiti un po’ alla volta: dal 2004
al 2009 avevamo già una ventina di capi che abbiamo suddivisi tra
persone che avevano la passione per il loro allevamento.
Nel 2009 abbiamo così deciso di mettere insieme un gregge comune e per
tenere la razza in purezza l’abbiamo dato in gestione a un pastore per
il periodo che che va da aprile ad ottobre, con un contributo
provinciale che è terminato nel 2017.
Nel 2009 eravamo nove allevatori, ora siamo una ventina con una
consistenza di 7 becchi 200 capi, di cui l’associazione, quest’anno, ne
ha gestiti circa 160 con produzione giornaliera di circa 120 litri di
latte di media, per una produzione stimata di circa 180 q.li. Tutto
il latte viene lavorato dalla Azienda agricola Le Mandre di Bedollo di
Marco Casagranda, che ce lo paga 0,80 centesimi al litro.
LZ: 15 anni per recuperare la razza, costruire il gregge,
lavorarne il latte...
EQ: sì, è stato un lavoro complesso, ma ne è
valsa la pena. Nel 2018 abbiamo registrato il marchio di produzione del
formaggio, rigorosamente caprino, presso la Camera di Commercio di
Trento denominato “Casat de Caora de Bedol”.
LZ: il gregge è
stato determinante per la salute del vostro territorio?
EQ: Certamente. Il comune di Bedollo e il
Servizio Forestale della Provincia di Trento sta portando avanti un
progetto di riqualifica del territorio con le sue altre tre frazioni (
Regnana-Piazze-Brusago), con due ettari per frazione, al momento.
LZ: ettari che
sono utilizzati come pascolo ruotato per il gregge quindi?
EQ:
sì, con il compendio di
terreni a bosco ceduo di privati dove le nostre capre possono trovare
nutrimento in cambio di una razionale pulizia del sottobosco e del
bosco stesso. Mettere d’accordo tutti i censiti non è stata cosa
facile. Ma anche questo problema è stato poi risolto.
Vorrei inoltre aggiungere che è stata
determinante la collaborazione con la dottoressa Giovanna Minghetti
della Fondazione Mach. Giovanna Minghetti ci ha aiutato nell’
organizzare le analisi di routine tramite la Federazione Allevatori e
con il supporto dei Servizi veterinari, nella persona del veterinario
Giovanni Monsorno. E non ultimo, ci siamo avvalsi della consulenza del
dottor Zanatta, esperto di razze caprine della Lombardia. Questo
specialista ci ha dato una grossa mano nel fare conoscere ai nostri
allevatori tutto ciò che riguarda l’animale capra a partire dalla sua
morfologia. Ed è a tutt’oggi il giudice della Mostra che si terrà a
metà ottobre.
LZ: il pascolo
estivo è ora al termine?
EQ: la seconda domenica di ottobre ogni
allevatore si riporta a casa le proprie capre. Ognuno di loro ha una
piccola stalla. Considera che la nostra associazione accoglie capi
anche di altre valli. Le capre ora sono tutte gravide in quanto
i becchi sono stati
immessi circa a metà di agosto.
LZ: dopo il pascolo
estivo come vengono alimentate le vostre capre?
EQ: essenzialmente con fieno, erba di primo
taglio e secondo taglio dopo il parto. E con una corretta integrazione
come per altro viene anche durante il pascolamento estivo.
LZ: finiti i
contributi provinciali, come vi siete organizzati per sostenere le
spese della gestione del gregge e dell’associazione?
EQ: considera che le spese per i due caprai
ammontano a 15.000 euro all’anno. Diciamo che l’entrata principale è la
vendita del latte. Poi altri aiuti arrivano dalla Desmalgada , dalla
nostra Mostra del 13 ottobre, dalla gestione dei campi di Tennis e
dalla collaborazione con l’Apt di Pine’ e Cembra e gli alberghi del
luogo che con noi hanno promosso per gli ospiti “ Ho una capra per
amica” ( vedi sito)
LZ: quando è
prevista la data del parto?
EQ: di norma a febbraio. Ogni capra
pluripara partorisce mediamente due piccoli, a volte tre. La
percentuale di femmina da rimonta è variabile anno per anno.
LZ: Ezio, c’è una
certificazione che quantifichi il numero di questa razza in Trentino?
EQ: i capi certificati in Trentino e
registrati presso l’Assonapa di Teramo sono 400. In primavera, ad
aprile, viene fatta la punteggiatura per valutare gli standards
relativi alla razza.
LZ: 15 anni tutti
in salita. Cos’è che guida questa passione?
EQ: l’entusiasmo degli allevatori innanzitutto. Sì, possiamo
ritenerci soddisfatti anche se il percorso è stato ed è complesso. La
capra, come saprai è animale difficile da gestire, ma i nostri due
caprai, Massimo e il figlio Sebastian, stanno dimostrando grande
professionalità e portando a buon fine questa stagione estiva 2019.
Massimo e Sebastian
Verbitz: dal Friuli al Trentino
L’associazione Allevatori Capra Pezzata Mochena, non poteva trovar di
meglio.
La professione del capraio non è per tutti. Occorre esperienza,
conoscere alla perfezione l’etologia della capra, ad esempio. Sapere,
come avverte Massimo Verbitz: che come si dice in Carnia cjare ie cusine dal diaul (la
capra è cugina del diavolo). E tra tutti gli animali domestici, è
quello con il carattere più difficile. Occorre soprattutto amare
questo di animale. E Massimo Verbitz come pastore, ha un
curriculum lavorativo davvero invidiabile, unito ad un caleidoscopico
sapere sul mondo caprino quanto, se non più, di quello di un
accademico.Che caparbiamente vuol trasmettere al figlio Sebastian.
La giornata del capraio ha inizio alle 4 e trenta del mattino. Il
cielo è ancora buio sopra Bedollo. Una ventina di minuti per
arrivare all’aia ( il recinto).
L’odore caprino è penetrante, tra belati di 200 capre e 7 becchi.
Il cielo rischiara e Massimo mi fa notare il pelo dell’animale : il pelo lucido è sinonimo di salute della
bestia.
Via quindi con la pulizia delle mammelle con il pre-dipping
(detergente- disinfettante) e carta. Il
problema - dice Massimo - è
la carica batterica che potrebbe trasferirsi dal capezzolo al latte,
quindi occorre pulirlo con molta cura per la mungitura meccanica.
Si parla di tutto. Della dirigibilità del latte di capra: superiore a qualsiasi latte alimentare,
del problema dell’asimmetria ancora presente nelle mammelle della razza
mochena, ma è sufficente non
allevare le figlie con mammelle asimmetriche. Della
malformazione dei capezzoli soprannumerari: in questo caso, prima dello sviluppo della
mammella al primo parto, occorre legare questi strettamente con un filo
di seta. Così in seguito alla necrosi degli stessi, si eliminano,
badando bene di non allevare riproduttori di queste capre, visto che
tutto ciò è geneticamente trasmissibile.
Massimo prosegue: Per ottenere un
buon tasso di gemellarità, il segreto sta nel portare le capre al
calore con la miglior alimentazione possibile, la quale conferisce una
più copiosa ovulazione e quindi il risultato sarà sicuramente
soddisfacente, di pari passo con il benesser animale.
Inevitabilmente il discorso si sposta su lupi e orsi: per il momento qui non c’è stato nessun
attacco ne alcuna predazione. Considera che ho portato qui i miei due
cani da pastore della Sila, gli unici che pur essendo mansueti con
l’uomo, quindi compatibili con il turismo trentino, sappiano affrontare
adeguatamente i predatori. La provincia di Trento dovrebbe dimostrare
un po’ più di apertura rispetto a ciò che ha fatto fino ad ora, dando
cioè un aiuto solo a chi si è omologato ai cani che la stessa impone.
La Francia ad esempio spende 80% del bilancio per la prevenzione e il
20% in risarcimenti.
Si fa ritorno a Bedollo, al caseificio de
Le Mandre, per la pesa e la seconda filtratura del latte.
Sono le 8.30.
Rientriamo all’aia.
Si parte per
il pascolo, accompagnati da 4 cani: Buio e Mora, i due silani che a
distanza vigilano sul gregge, accompagnandoci separatamente a distanza
variabile dal gregge. Massimo mi spiega che ogni tanto sembrano
sparire, ma che invece sono sempre presenti, senza farsi troppo vedere.
Mentre i due
cani pastori del Lagorai, Cico e Selva, formidabili conduttori, ognuno
agli ordini del proprio padrone, Cico con Massimo, Selva con Sebastian,
ci aiutano alla conduzione del gregge. Sebastian, appassionatissimo
cinofilo e pure educatore patentato ENCI, segue personalmente la
gestione dei 4 cani.
Dopo un
tragitto in discesa lungo una via asfaltata, il gregge, sotto la guida
dei due caprai, si scompone tuffandosi nel bosco ceduo ricco anche di
acacie che Massimo mi spiega essere leguminose come l’erba medica e
quindi altrettanto nutrienti. Poi sambuco, frassino, noccioli, larici.
E un’infinità di erbe e fiori estivi.
C’è un piccolo
torrente che solca il sottobosco e si trasforma in orrido. E qui
l’accudimento del gregge si fa problematico. Padre e figlio discutono animatamente, a
mezzo walkie-talkie, sulle condizioni del pascolo e su dove dirigere
gli animali che, incontenibili, si arrampicano sulle latifoglie più
appetibili, corrono a destra e manca per accaparrarsi la foglia più
tenera.
Il
pascolamento caprino è un’esperienza di grossa concentrazione e fatica.
Massimo mi fa notare quanto sia frugale
l’alimentazione dei caprini, mai, comunque,se paragonata a quella degli
ovini: la pecora sarda, ad esempio,
fa latte anche mangiando paglia. Ma
oltre al pascolo la capra ha bisogno di un’aggiunta alimentare
stabilita in 200 gr, per ogni mungitura, di orzo intero e erba medica
pelettata. Chiaramente questa quantità dipende dalla qualità del
pascolo. Più il tipo di pascolo è buono, più riduciamo l’integrazione.
Una capra non sta bene. Massimo la lega ad un albero. La verrà a prendere con il furgone.Finito il pascolamento tra un correre e
rincorrere le capre più anarchiche e indisciplinate, si rientra al
recinto, riprendendo in salita la strada asfaltata tra la curiosità di
alcuni turisti che seguono il gregge divertiti.
Li aspetta poi il pasto, un necessario breve riposo; poi via per altre
cinque ore: due per la seconda mungitura, tre per il pascolo.
Infine la consegna serale del latte all’azienda di Bedollo.
Fare i caprai è una bella
esperienza - ammettono Massimo e Sebastian - ma, come vedi, il tempo non basta mai.
Interviste raccolte ad agosto e settembre 2019
Laura Zanetti per Ruralpini
|
|
Ruralpini
sul Lagorai
Lagorai
terra di pascoli e pastori resistenti
(con l'incubo di orso e lupi)
(11.09.19) Laura Zanetti è andata a sentire il polso della situazione
nelle malghe del Lagorai, la catena montuosa tra val di Fiemme e
Valsugana. Qui l'orso M49 - già catturato nel Trentino occidentale e
incredibilmente "evaso" dal recinto del Casteller presso Trento - ma
anche i lupi, anch'essi arrivati di fresco, promettono di mettere in
ginocchio, anche in questo splendido angolo di autentica montagna
trentina, il fragile sistema pastorale.
Il
Calendario del Lagorai su ruralpini.it
Il Calendario del
Lagorai (2002-2016) riassume con i suoi temi, le sue immagini, le
parole di accompagnamento di poeti e studiosi, la tensione che ha
animato la Libera associazione malghesi e pastori del lagorai e che
anima, in generale, tutti i ruralpini. Offriamo ai lettori una scelta
di fotografie e i testi di quasi tutti i 14 calendari pubblicati dal
2002. Anche come incentivo a imitare, in modo creativo, questa
iniziativa di forte spessore culturale, politico e morale. Qui quello
del 2008
Lagorai
ruralpino in un mitico calendario
(04.08.19)
Inizia su ruralpini.it la pubblicazione di testi e foto
dei Calendari
del Lagorai, pubblicati tra il 2002 e il 2016, bella testimonianza di
resistenza rurale e di mobilitazione culturale a favore della ruralità
alpina e dei suoi valori. Un'esperienza da conoscere e da imitare
Il formaggio di malga
di Ferlinghetti
(04.05.18) Una "pezza" di formaggio dal
Lagorai alla California
Giù
le mani dal Lagorai
(21.10.18)
Ancora una volta minacciati dalla valorizzazione turistica
Dalle
Ande
al Lagorai
(28.09.17) Gli alpeggi sono ormai chiusi. Ogni
stagione potrebbe raccontare infinite storie. Questa parla di
un'esperienza che riguarda chi viene a lavorare sui nostri
alpeggi da lontano (in questo caso da montagne molto lontane). È la
storia di una calda esperienza umana che ha coinvolto la piccola
comunità di lavoro della malga Cagnon de sora.
Siglinde
scappa e torna a casa
(23.07.17) Una mucca "in fuga" per due giorni: scappa
dall'alpeggio
dov'era stata appena trasportata e marcia verso casa, verso il maso di
Salorno (Bz) dove "abita" e dove era rimasto il suo vitellino. Con la
mammella gonfia, i capezzoli sanguinanti per le punture degli insetti
dei boschi di bassa quota. Ma è finita nel migliore dei modi e la sua
storia diventa l'apologo di una zootecnia di montagna che sa resistere
alle logiche disumanizzanti dell'agroindustria
L'oasi
dei casari
(24.11.15) Laura Zanetti ripercorre la storia recente delle malghe del
Lagorai.
Il
calendario dei Ribelli del Lagorai: la tradizione aperta al mondo
(09.11.11)
È
uscita la 9a edizione del calendario della Libera
associazione malghesi e pastori del Lagorai. "Latte, caglio e fuoco" è
il titolo del calendario: ma anche un grido di guerra (con armi
pacifiche)
Si
inasprisce la polemica sul Parco del Lagorai
(03.10.10)
L'arch.
Ferrari pubblica su l'Adige una sprezzante lettera di risposta a Laura
Zanetti (vedi sotto la notizia del 28.09). Una lettera in cui non esita
ad irridere alle posizioni 'nostalghiche' del passato in nome dello
'sviluppo' e dei posti di lavoro creati dal Parco. Ma
i Parchi non sono una novità. Potevano essere utili in una fase
storica ormai . Oggi l'ambiente e l'economia locale si possono tutelare
e valorizzare con altri strumenti che non i Parchi sono diventati
spesso centri di potere e di spesa pubblica. Pubblichiamo un commento,
la lettera di Ferrari e la replica di Laura
Giù le
mani dal Lagorai (TN) Il
Parco non serve, anzi è un'insidia
(28.09.10) Al termine di una stagione d'alpeggio difficile,
a malghe ormai chiuse, si torna a parlare del futuro di queste
montagne. Il Lagorai è considerato da alcuni un patrimonio
originale di paesaggi culturali e di 'civiltà della malga' da altri una
banale 'area selvaggia'. Laura Zanetti, battagliera presidente
dell'Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai affronta di petto
la questione del Parco ripercorrendo la storia dei vari tentativi di
speculazioni sventate. "Poteva avere una sua ragione 30-40 anni fa"
sostiene Laura che aggiunge: " il Progetto-
Parco, ora come ora, più che una tutela, rappresenta una ulteriore
insidia".
Lagorai significa
malghe. No al Parco
(26.07.10) Amamont
(l'associazione transfrontaliera degli amici degli alpeggi e della
montagna) è andata nel Lagorai. Nella malga più autentica della regione
più autentica del Trentino. Da Oswald Tonner, malghese-simbolo
dell'ecologia contadina contrapposta alle ideologie della wilderness.
Un'occasione per sostenere la biodiversità dei pascoli e dei formaggi,
per dire no alle 'bustine' di fermenti selezionati più o meno
'autoctoni', al degrado delle malghe storiche ridotte a pascoli di
manze, ai progetti di trasformare le malghe abbandonate in 'palestre'
per i giochi di sopravvivenza nella wilderness.
La Libera
associazione malghesi e pastori del Lagorai raddoppia
(22.06.10)
Con l'avvio dell'attività di caseificazione dell'Antica Latteria
sociale di Strigno al
formaggio Originale malghe del Lagorai si affianca la produzione
'invernale' dell'Originale Casólo Valsugana. Che rappresenta una
opportunità di riscatto anche per le piccole aziende di una valle
'figlia di un dio minore', penalizzata dall'inquinamento industriale e
da scelte agricole sbagliate
Originale
Lagorai: autentico formaggio di malga trentino
(06.03.10) Il 1°
marzo si è tenuto a Trento un incontro-degustazione che ha avuto per
protagonista il formaggio 'Originale Malghe del Lagorai': un formaggio
di malga, fatto in malga. All'incontro promosso dalla Strada del
vino e dei sapori del Trentino hanno
partecipato alcuni esponenti della ristorazione di qualità della
provincia. L'Originale Malghe del Lagorai, controcorrente rispetto
alla realtà zoocasearia trentina, sta
ottenendo apprezzamenti significativi trovando i canali giusti di
valorizzazione
contatti:redazione@ruralpini.it
|
|