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TRANSUMANZA AMARA
(voci controcorrente)(2)
Ancora una voce controcorrente, dopo
quella di Anna Arneodo (qui), nel dibattito aperto da su "Transumanza
Unesco: beffa o occasione?". Anna alleva pecore. Alberto
Delpero, l'autore di questo nuovo contributo, non ha pecore ma è
profondamente legato alla realtà ruralpina della propria terra. E',
soprattutto, un resistente della montagna, protagonista della battaglia
per mantenere a Pejo
quella che era l'ultima scuola pluriclasse del Trentino.
Alberto Delpero con Giusi Quarenghi,
autrice di racconti per l'infanzia e
poetessa, - originaria di Taleggio - in visita a Pejo prima della
chiusura della scuola
Nel
villaggio alpino, il più alto della val di Sole, è rimasto l'ultimo
caseificio turnario. Dichiarato "museo", è stato tollerato
("neutralizzato") come una eccezione un po folkloristica. Ma la scuola
di Dalpero, che ha anche tentato di sopravvivere come "parentale", era
un centro di iniziative culturali e pedagogiche avanzate (vedi qui). Come spesso accade le soluzioni
"arretrate" sono le più innovative, il che da fastidio a chi
vuole imporre, dai centri di comando (più o meno lontani), la propria
volontà sulle "periferie".
Alberto è tutt'ora insegnante di una pluriclasse, al passo del Tonale.
Trasferito nel 2017 a una scuola della val di Non per "incompatibilità"
con il dirigente scolastico della val di Sole, è tornato al Tonale per
sentenza della corte di appello di Trento del febbraio 2019. Dalpero è impegnato in
diverse iniziative culturali (organizzatore di cori e della Libera
Università di Pejo).
L'alta val di Sole
era terra di transumanza: attraverso il Tonale le pecore solandre
scendevano nella bassa bresciana. Quelle camune, in estate,
alpeggiavano da queste parti, oltre che in alta Valtellina. A Pejo le
pecore (e le capre) ci sono ancora (foto sopra).
A buon
patrimonio buon matrimonio
di Alberto Delpero
(04.02.20) L’UNESCO
è diventato una specie di Vittorio Emanuele II°. Ricorderete dai
libri di storia che il nostro Padre della Patria elargiva con
prodigalità riconoscimenti e decorazioni per garantirsi la stima del
suo popolo. Un
diploma di cavalierato e un sigaro toscano non si nega a nessuno
spiegava ai suoi ministri.
Tale
è la politica attuale dell’agenzia dell’ONU creata per tutelare
il patrimonio culturale (assieme agli ambienti naturali, alle scienze
e all’educazione – ambizione altina?). Partita da egida per i
monumenti che nel divenire storico dell’umanità hanno
rappresentato testimonianze di civiltà universali è arrivata ad
essere il cappello di manifestazioni che appartengono a singole
comunità o addirittura a sparuti gruppi di interesse. Specialmente
da quando (2001) si sono istituiti i certificati per i beni
immateriali la cosa è sfuggita un po’ di mano.
Ogni
popolo ha la sua cultura e nessuno l’ha meno di un altro
ha scritto un prete antipatico e reazionario (don Milani).
Sottoscriviamo. Perché il canto georgiano dovrebbe avere un pedigree
che lo classifica più importante per l’umanità rispetto alla
tradizione orale dogon(1)? E
perché la pizza napoletana è più densa
di valori alimentari e culinari per l’umanità rispetto allo
stoccafisso?
Lo
stesso vale per i paesaggi. Le Dolomiti valgono più del Cerro Torre
per l’umanità? Suvvia. Siamo di fronte a un mercato politico (le
nomine UNESCO sono governative) che mira a potenziare il proprio
bacino elettorale con patenti di autenticità e purezza culturale
rilasciate dall’autorevole agenzia ONU la quale, per inciso, ci
costa 12 milioni di euro all’anno solo per l’ordinario.
La
medaglia va ora alla transumanza. Proposta da Italia, Grecia e
Austria. Vale a dire paesi dove anche questa nomade forma di
allevamento si è meccanizzata e sempre più spesso i greggi
transumano stando fermi sui tir con la scritta Trasporto Animali
Vivi. Cioè non è più transumanza. Anche per conseguenza di
politiche agricole che hanno trasformato in colture intensive aree
storicamente interessate dal pascolo. Interrotta la continuità dei
tratturi, il gregge è obbligato a “saltare” da un’area pascolo
all’altra. Ma non è questo il problema, si può omaggiare anche un
valore storico. Il fatto è che l’onorificenza è una pura patacca
se non è seguita da azioni concrete dei governi, specialmente di
quelli che l’hanno promossa. Contestualmente alla premiazione si
deve assistere all’incentivazione di prodotti ovi-caprini che
(ri)portino il prezzo del latte a quote dignitose. Come? Obbligando
per legge le mense pubbliche (specie scolastiche ed ospedaliere) ad
inserire nei menù carni e formaggi di pecora e capra. Fatto questo
si prescrive l’obbligo per comuni e regioni di ricorrere al gregge
per gli interventi di recupero e cura del paesaggio come lo sfalcio
dei prati incolti.
I
pastori tengono i piedi per terra prima di respirare. Non se la sono
fatta raccontare. Più la predica è magniloquente più fiutano
l’inganno. La nostra Anna Arneodo ha colto nel segno: quella
riconosciuta dall’UNESCO è una transumanza virtuale; non sporca,
non puzza e, aggiungo io, non blocca le strade se il latte di pecora
viene pagato meno dell’acqua.
(1) I Dogon sono un popolo del Mali,
un popolo contadino orgoglioso (Ruralpini se ne è occupato con un
articolo nel maggio 2019 - vai a
vedere), sono ben noti agli antropologi per la loro complessa e
originale cosmogonia. torna al testo
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Montagne amare
Schiacciati tra lupi e registratori di cassa
"Ormai
è peggio di una dittatura, vogliono far chiudere tutte le piccole
aziende agricole di montagna". Così conclude questo nuovo intervento
Anna Arneodo. Il suo grido di dolore è circostanziato. In altre
occasioni ha indicato il lupo come uno degli "strumenti" con i quali si
vuole attuare la pulizia etnica della montagna. Ora indica nella
burocratizzazione, nelle tante voci di costo imposte per legge
(pesantissime per le piccole aziende), nell'adozione di modalità
informatiche (che penalizza la montagna mal connessa) altrettante "armi
di distruzione". leggi tutto
(21.12.19) Il dibattito tra montanari sul futuro della
montagna entra nel vivo. Rispondendo ad Andrea Aimar (val Maira, CN) ,
Carminati dalla valle Imagna bergamasca, mette l'accento sui
processi culturali oltre che su quelli socio-economici. Vero che
la montagna è colonizzata , che le normative la penalizzano, che è
priva di rappresentanza politica, ma il problema è anche
l'autocolonizzazione, l'esodo culturale che - altrettanto negativo
dello spopolamento demografico - rende i montanari estranei alla
montagna pur continuando a risiedervi, ma senza più legami concreti
e simbolici con il territorio, con la memoria della comunità
Tagliatemi
la luce e l'acqua. Sono un pastore, mi arrangio
(03.05.17) Esasperato dalla "tassa sulla televisione" (che non ha),
Giuseppe Ghibaudo (Pinoulin) di Roaschia, Cuneo ha preso carta e penna
e ha scritto ai giornali. Nell'italia delle pensioni d'oro e di
vitalizi scandalosi un pastore, che ha lavorato una vita, rinuncia alle
"comodità" della modernità.
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