JBS: lo scandalo globale che
coinvolge l'agroalimentare Valtellinese
di Michele Corti
(13.12.17) La
Rigamonti JBS è l'azienda leader della bresaola Valtellina, prodotto
tipico IGP e vanto dell'agroalimentare sondriese. A giugno il Sole24
ore aveva accostato i guai della JBS alla bresaola
suscitando le ire del Consorzio di tutela (vicepresidente il manager della Rigamonti-JBS, Palladi). Ma, dal momento che la
storica e principale azienda produttrice della bresaola
industriale (oltre 30% di quota di mercato) è di proprietà della multinazionale brasiliana, e che quest'ultima è coinvolta
in una serie - senza precedenti nel mondo del business - di attività criminali, c'è poco da risentirsi.
L'oceano
di fango dello scandalo JBS non può non schizzare sulla Valtellina.
Piaccia o meno.
+ + +
(in fondo all'articolo un aggiornamento importante)
La
JBS diventa padrona della Rigamonti nel 2015, dopo una serie di
passaggi di mano che avevano già visto la cessione dell'azienda ai
brasiliani della Bertin da
parte del "re della bresaola" (il comm. Emilio Rigamonti).
Le acquisizioni di aziende di bresaola mettevano in mano ai carioca l'ultimo anello mancante
di una filiera già quasi completamente brasiliana (allevamento,
macellazione, prima lavorazione). Va anche ricordato che la JBS non era nuova al mondo della bresaola in quanto, per anni, ha avuto una quota del 50% del gruppo Cremonini (il maggiore italiano nelle carni) che produce bresaola con il marchio "Montana". Il motivo è semplice: la bresaola industriale si fa con carne congelata di zebù sudamericano.
La
fortuna della Rigamonti, sulla cui
scia si misero poi altre aziende, consistette nell'intuire
che un prodotto a basso costo (le cosce congelate di zebù allevato in
brasile) potevano prestarsi a realizzare la bresaola. Il gusto del
prodotto artigianale è ben diverso ma, alla massa dei consumatori che
non lo conoscevano, la "nuova bresaola" venne presentata come un
prodotto allettante, "moderno", in sintonia con le preferenze per la
carne magra. Il gioco funzionò. Il business crebbe.
In
assenza di possibilità di confronto con la ben più succulenta e
aromatica bresaola artigianale il consumatore di massa accolse con
favore un prodotto "dietetico" ma al tempo stesso "tipico" e che "sa di
montagna". Il suggello all'operazione è stato conferito dall'Unione
Europea che, ha inserito la bresaola della Valtellina tra i
prodotti IGP (Indicazione di origine protetta).
Italia primo importatore di carne brasilera....
Nel
2016 il Brasile ha esportato in Italia 30 mila tonnellate di
carne. Francia, Polonia, Olanda e Germania forniscono i banchi
del fresco dei supermercati, il Brasile... la Valtellina per produrre
un prodotto gratificato dal marchio europeo Igp, incensato come una
delle eccellenze dell'agroalimentare lombardo e considerato tra i fiori
all’occhiello del Made in Italy.
Meriti
che andrebbero riconsiderati alla luce di considerazioni etiche tenendo
conto del ruolo che ha avuto e che ha la produzione di carne sulla
distruzione della foresta pluviale amazzonica (ma anche di foreste
tropicali e subtropicali) e quindi delle alterazioni del clima, ma
anche nell'esproprio di comunità rurali e di forme di sfruttamento dei
lavoratori che arrivano allo schiavismo, senza considerare gli effetti
sociali e politici della corruzione legata al ruolo delle
multinazionali che controllano i business del legno, della carne, della
soia (purtroppo non c'è solo la JBS).
Bresaola e pizzoccheri: la tipicità industriale premiata da un sistema autoreferenziale
Il
business della bresaola (arrivata a 18 mila tonnellate annue di prodotto) cresce ormai da anni,
inarrestabile, e i produttori artigianali (o comunque più piccoli) che
usano carni comunitarie bovine, preferiscono far buon viso. Finché la
bresaola "tira" meglio restare legati al carro
degli industriali, non sollevare eccezioni e distinguo, non disturbare
i "manovratori" (aziende più grosse, camera di commercio, distretto
agroalimentare, e altre istituzioni). Il Consorzio raggruppa 14 ditte
che producono il 70% delle 18 mila tonellate di bresaola. Per lungo
tempo fu capeggiato dal "re della bresaola", il sciur cumenda Emilio Rigamonti, oggi esso è presieduto da Franco Moro è Claudio Palladi che dirige la Rigamonti-JBS.
I Moro sono noti per la Moro pasta, società della Valchiavenna, leader
del pizzocchero industriale "valtellinese", che nel 2014 ha ottenuto
una discutibile IGP (vedi su ruralpini: "La farsa del pizzocchero IGP". Franco Moro detiene
il marchio della bresaola Del Zoppo (la famiglia controlla
Moro pasta controllata da un fondo di investimenti).
Fuori
ci sono piccoli operatori artigianali che preferiscono stare coperti e
allineati per non perdere le briciole (fuori dalla IGP non ci sono
altri riconoscimenti pubblici e quindi le misure a favore del "prodotto
tipico" vanno solo agli industriali). Gli artigiani fuori dalla IGP che
usano carne km 0 (o comunque comunitaria) preferiscono non correre i
rischi di mettersi contro l'establishment politico, burocratico,
bancario. Al massimo mugugnano ("sarebbe bello differenziarsi"). Ma la
cupola rintuzza ogni velleità perché dietro ogni pur timido dissenso
essa teme un'altra ribellione come quella del bitto. La scusa è
"non vogliamo altre guerre fratricide". Ma così vince lo status quo
industriale. Una
politica di cui qualcuno si pentirà perché la facciata di cartapesta
del "prodotto tipico di montagna" non può nascondere in eterno la
realtà .
Scandali
gravissimi a ripetizione
Ma torniamo alla JBS. La
bolla, o meglio il verminaio JBS, deflagra nella primavera di quest'anno ma in estate (dopo
l'articolo "incriminato" per "lesa bresaola" del Sole 24 ore) si aggiungono
altri gravissimi capitoli. La JBS,
è bene ricordarlo, è la più grossa
multinazionale della carne del mondo e tra le cinque
dell'agroalimentare globale. Ha 70 mila fornitori (40 mila in
Amazzonia) e 54
miliardi di dollari di fatturato. Ha molte società ad essa collegate ed
è controllata dalla famiglia Batista, macellai che hanno fatto strada.
Contro di essa sono sinora state
formulate le accuse di:
- deforestazione illegale in Amazzonia
- controlli taroccati sulla qualità della carne
- schiavismo
- corruzione di 1900 politici
- frode nell'ottenimento di finanziamenti bancari
- insider trading in operazioni borsistiche
JBS colpevole di distruggere la foresta
amazzonica
Iniziamo
dalla deforestazione. L'industria delle carni è la prima responsabile
della deforestazione in Sud America. Tra il 2010 e il 2015 si sono
persi ogni anno quasi un milione di ettari di foresta. Tra il 1990 e il
2015 la produzione di carne è stata responsabile per l'80% della
deforestazione. Si stima che meno dell'1% della produzione di carne
sudametricana risponda a criteri di sostenibilità. Va quindi precisato
che, al di là delle pratiche illegali, la quasi totalità della carne
importata dal Sudamerica è prodotta non rispettando l'ambiente.
Una volta disboscato il terreno viene utilizzato a pascolo per
l'allevamento estensivo del bestiame. Dopo un periodo di diversi
annigli stessi terreni vengono adibiti alla coltivazione di soia. Questa soia, nella maggior parte dei casi OGM finisce nei mangimi utilizzati anche per i nostri formaggi dop.
La JBS
è stata messa sotto accusa dall'agenzia
brasiliana per la protezione dell'ambiente per aver acquistato, a
partire dal 2013 e fino al 2016, la multinazionale avrebbe acquistato
49,438 capi "illegali", per la metà provenienti da aree di recente
deforestazione e
per il rimanente "riciclati" attraverso diversi passaggi finalizzati a
nasconderne l'origine. Dal 2009 la JBS dispone dello stesso
sistema di monitoraggio satellitare del disboscamento del
governo e risulta difficile per essa sostenere di non conoscere la
provenienza illegale del bestiame. Questo
scandalo, emerso nel marzo 2017, riguarda una superficie di oltre 500
kmq (la provincia di Lecco, è estesa su 800 kmq, tanto per dare
un'idea). Chissà cosa avranno da dire i sepolcri
imbiancati che, anche dalle
parti di Sondrio, si stracciano le vesti per il riscaldamento climatico
(salvo poi avallare le logiche agroindustriali)?
Corruzione su scala industriale
Sempre
a marzo Joesley e Wesley Batista confessano
di aver corrotto 1893
politici brasiliani versando 185 milioni di dollari di bustarelle. Lo
fanno per evitare la galera, ma non confessano tutto e approfittano
dello scandalo per ricadere nell'insider trading. Per questi due motivi
finiranno poi in galera. Poi salterà fuori, sempre a settembre, che le
bustarelle erano solo la punta dell'iceberg di finanziamenti miliardari
alla politica con meccanismi di sovrafatturazione e giri in paradisi
fiscali.Un vero e proprio sistema criminale.
Ispezioni delle carni con gli occhi chiusi
Non
è finita. Ancora a marzo emerge un vasto scandalo di corruzione a vari
livelli per indurre i responsabili dell'ispezione sanitaria delle carni
a
"chiudere gli occhi" su partite avariate. Usa, Cina, Europa fermano le
importazioni. La JBS utilizzava additivi e acidificanti per migliorare
l'aspetto, il gusto e l'odore delle carni avariate e mescolava carni
fresche a carni avariate. Chi doveva controllare non vedeva perché era
stato comprato. La Rigamonti JBS
ha dichiarato di non essere coinvolta nelle forniture di partite
avariate in quanto, a sua detta, opera con autonomia nei rapporti di
fornitura. Il problema non è relativo ai rischi igienico-sanitari della
carne utilizzata della bresaola Rigamonti-JBS
ma all'appartenenza stessa della ditta a una multinazionale che
calpesta le leggi, corrompe le autorità pubbliche e ogni principioetico.
Finanziamenti "agevolati"
A
maggio esplode lo scandalo dei finanziamenti di favore da parte della
BNDES
(la banca brasiliana per lo sviluppo). Le accusa risalgono al 2007
quando la JBS iniziò una politica aggressiva di acquisizioni che l'ha
portata a fagogitare società grosse e piccole in Sud America, Usa,
Europa, Australia. Il caso venuto a galla riguarda l'operazione di
acquisizione del grosso gruppo Swift & Company nel 2007. Le azioni
della JBS vennero sopravvalutate causando alla banca una perdita di
69,7 milioni di dollari. Ma la BNDES sotto i governi di sinistra ha continuato a pompare miliardi di dollari alla JBS
consetendogli di proseguire con la sua politica di acquisizioni che, a
un certo puinto, ha cominciato a dirigersi anche fuori
dell'agroalimentare coinvolgendo marchi di abbigliamento e altri generi.
Schiavismo
A
giugno viene a galla come nello stato di Parà (lo stesso della
deforestazione) i lavoratori delle fazende della JBS iano costretti a
vivere in condizioni disumane e degradanti tali da configurarsi in une
proprio schiavismo (qui ne parla il Guardian). La JBS
si è difesa sostenendo che i suoi fornitori sono esclusi dalla "lista
nera" che include le aziende coinvolte in pratiche schiavistiche.
Insider
trading
A
luglio la commissione brasiliana di controllo sui movimenti borsistici mette mette
sotto accusa la JBS e parecchie società controllate per insider trading ovvero abuso di informazioni non
di dominio pubblico per effettuare operazioni sul mercato finanziario
traendo illecito vantaggio dalla loro conoscenza anticipata.
La carne di queste bestie, con tutto quello che c'è
dietro in termini ambientali e sociali (anche al di là delle violazioni
di legge) diventerà bresaola tipica, eccellenza valtellinese. Tutto
bene?
Arrestati restano in galera
A
Settembre i fratelli Batista vengono arrestati: Joesley per reticenza
nella sua veste di collaboratore di giustizia" (corruttore "pentito"),
Wesley
per aver sfruttato lo scandalo e le sue conseguenze finazniarie
attraverso nuove pratiche di insider trading. Sono tutt'ora in galera.
Nello scandalo è coinvolto il presidente del brasile Michel Temer incastrato
dai Batista che avevano registrato una conversazione in cui il
presidente autorizzava il pagamento di una mazzetta per comprare il
silenzio di unsuo ex alleato politico in carcere per tangenti, l'ex presidente del parlamento Eduardo Cunha. Ma
Temer, il cui mandato scade a gennaio 2019, si è salvato
dall'impeachment (anche grazie all'emergere di altri filoni di
corruzione) e la posizione dei Batista è peggiorata.
Un vaso di pandora che continua ad eruttare fango, tanto è vero che pochi giorni fa, nell'ambito dei processi sulla corruzione JBS sarebbe emerso che persino il massimo magistrato anti-corruzione brasiliano Sergio Moro (ironia
della sorte un nome che ci riporta alla bresaola valtellinese) sarebbe
stato corrotto da alcuni politici destinatari di mazzette milionarie
della JBS e stranemente sfuggiti a condanne.
Wesley
Batista
La
moralità del business
Ci
si poteva attendere un tracollo della JBS
dopo questa raffica di
scandali dalle proporzioni inaudite, con 3,2 miliardi di multe inflitte
in Brasile, con i boss in galera. Invece
niente, o quasi. Il titolo ha perso parecchio ma si è in buona misura
ripreso. Gli azionisti di minoranza si sono agitati, qualche
cliente ha disertato (ma non certo i gorssi tipo McDonald e Walmart).
Sceso da 11,30 $ a 5,8 è oggi a 8.60. E dalle parti della Rigamonti-JBS
festeggiano un anno di ulteriore crescita del fatturato. Di certo i
media italiani e locali hanno parlato pochissimo di uno scandalo dalle
dimensioni inaudite (che getta una luce negativa sul capitalismo
rampante dei "paesi emergenti"e sul capitalismo neoliberista globale in
generale).
Cosa
concludere? Che il business premia la spregiudicatezza e l'aggressività
espansiva della JBS e non sta a guardare tanto per il sottile.
Deforestazione illegale dell'Amazzonia, schiavismo, corruzione su scala
industriale? Quisquiglie per una società neoliberale che è assorbita
dal mercato e per la quale la sensibilità sociale ed ambientale sono
solo una commedia ipocrita.
Quello
che più lascia perplessi, però, è l'inossidabile sostegno
pubblico che la Rigamonti JBS
riceve in quanto azienda leader di un
"prodotto tipico". Per politici e burocrati la "certificazione di
qualità" istituzionale, rappresentata dalla IGP, conta più dell'etica.
Le istituzioni, la Camera di commercio, il Distretto agroalimentare, la
Regione Lombardia, attraverso gli oliati meccanismi di sostegno alle
produzioni "di eccellenza", continueranno a fornire sostegno pubblico
alla JBS. Si sono affannati a dichiarare che gli scandali
brasiliani non hanno coinvolto direttamente la bresaola. E noi vogliamo
crederci.
Ma resta il fatto che la Rigamonti è JBS
e che fiducia
si dovrebbe avere in questa multinazionale che ha commesso reati di
ogni
tipo su questioni gravissime e la cui reputazione è totalmente
distrutta? Tutto come se nulla fosse allora? Tutto va bene madama la
marchesa? Con quale
faccia di bronzo si può contininiare a parlare della bresaola
brasiliana JBS (1/3
del mercato) come
"eccellenza valtellinese"? Come si fa a non vedere il fango, il tanzo
di marcio (non ci riferiamo alla carne ma a tutto il rtesto) che c'è
dietro?
Tutto questo
mentre politica e burocrazia mettono in croce i piccoli produttori
artigiani con delle vere e proprie angherie (c'è un caso sconcertane in
Valtellina sul quale vogliamo prossimamente togliere il velo).
Fortunatamente
il consumatore può decidere liberamente (sempre che sappia far valere
uno spirito critico indipendente) se, per lui, lo standard etico della JBS sia
accettabile o meno e comportarsi di conseguenza quando fa la spesa.
Aggiornamento: Quei profumi di erbe alpine che coprono il marcio brasiliano
Poco credibili, perché arrivano fuori tempo massimo, le operazioni
messe in atto per tamponare gli effetti dello scandalo JBS. Vero che il
consumatore di massa che compra la bresaola nella grande distribuzione
di zebù e scandali brasiliani non sa nulla, ma c'è ormai una fascia di
"opinione informata" (e influente) che ha alzato le antenne. Così la
Rigamonti corre ai ripari ed ecco l'annuncio pochi giorni fa di un accordo tra la ditta della JBS, la Fondazione Fojanini
(controllata dalla provincia) e la Coldiretti (vedi l'articolo su Valtellina News casualmente lo stesso giorno dell'uscita di questo articolo).
Il contenuto: "conciare" la bresaola con erbe alpine. Si vede che si
vuole con i "profumi" delle erbe coprire il marcio (giudiziario e
morale) che promana la JBS e, coltivando qualche fazzolettino di
terreno (il grosso delle aromatiche è importato) far crede che di
valtellinese, oltre all'aria, c'è un pelo d'altro. Una mossa che si
commenta da sola e segue gli annunci (annunci e basta per ora) circa il
graduale abbandono della carne di zebù a favore dell'uso di materia
prima "nostrana".
A
luglio, quando gli scandali JBS erano già venuti a galla sulla stampa
nazionale, sempre al la Rigamonti JBS e quella che (solo a chi
pensa male, per carità) potrebbe apparire come la sua stampella (la
Coldiretti) lanciavano un non meglio precisato progetto di
"italianizzazione" della carne da destinare a bresaola Rigamonti - JBS.
Credere che una ditta al 100% brasiliana utilizzi carne italiana ha lo
stesso fondamento che credere a Babbo Natale. In ogni caso come
riferito da La Repubblica (vedi l'articolo) l'uomo della JBS, Claudio Palladi, metteva le mani avanti smorzando gli entusiasmi (lasciamo giudicare al lettoree quanto possano essere sinceri) di Alberto Marsetti
presidente della coltiretti sondriese. Palladi faceva capire che la
"italianizzazione" può avvenire in un fùturo lontano (un po' come la
venuta del messia), che per avere la quantità di cosce necessarie
servono 6 milioni di bovini (al posto di altrettanti milioni di zebuini
che pascolano in Brasile). Ma nell'articolo si parla di "carne italiana
al 100%" e un obiettivo di 500 mila capi da macellare all'anno per
questo scopo. Nell'intervista il manager JBS si lasciava sfuggire
l'industrial-pensiero, quello che afferma che l'agroalimentare è solo
industriale, che i nostalgici dei sapori tradizionali sono poveri
illusi.
"La bresaola della Valtellina è nata con l’industria negli anni ’80 e si
è sviluppata subito con la carne estera. Dove sono, in Italia, i
territori dove un bovino può avere a disposizione un ettaro di
pascolo?".
Chissà
cosa ne pensano in Valchiavenna dove la bresaola è nata, un numero
imprecisato di secoli fa? E i cittadini della provincia di Sondrio cosa
pensano dell'istituzione che li rappresenta e che si presta a coprire
il discredito di una società privata di proprietà di quei galantuomini
dei brasiliani Batista?
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