Ruralpini  resistenza rurale

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 Urbanizzazione e delocalizzazione come
suicidio assistito




La più grave emergenza sanitaria da un secolo mette in evidenza un rischio sistematico elevatissimo da patologie emergenti dalla fulminea trasmissione. L'urbanizzazione crea le condizioni ecologiche favorevoli al "salto di specie" da animali "serbatoio" all'uomo, la delocalizzazione e il turismo demenziale moltiplicando i contatti per via aerea  determinano condizioni favorevoli all'esportazione delle patologie. Non c'è nulla di casuale. Succederà ancora.





di Michele Corti



(19.03.20) Dietro l'insorgenza della pandemia ci sono fattori ecosociali. Il dito è puntato contro tanti fattori anche perché in questo tragico frangente nessuno si trattiene dal "tirare l'acqua al proprio mulino", ovvero a indicare come causa della tragedia i fenomeni che si desiderano contrastare. Ovviamente i gretini incolpano il riscaldamento globale, i verdi di scuola più ortodossa la forestazione.  Se si esamina un po' di letteratura scientifica sulle nuove patologie infettive emergenti, in particolare i virus,  si  può constatare che pur con tanti fattori in gioco, quello che viene individuato come principale è l'urbanizzazione. Le città sono sempre state luoghi di scatenamento di epidemie (vedi colera) ma oggi l'urbanizzazione comporta qualcosa di nuovo: la gran parte degli umani si concentrano in aree ristrette ma queste aree sono immense se confrontate alle vecchie città, quelle cinte da mura (facilmente isolabili). le megalopoli sono inframmezzate a lacerti di natura degradata. Il che è peggio di una situazione in cui città e campagna erano abbastanza ben delimitate e dove la campagna conservata una ricca biodiversità, spesso più elevata di ambienti "wilderness". Oggi non si può spesso neppure parlare di campagna ma, dove l'agricoltura è più intensiva e industrializzata, di lande a monocoltura, senza corridoi ecologici, irrorate di pesticidi, senza alberi, senza siepi, senza insetti, senza vita. Che ospitano poche specie opportuniste.



I chirotteri ospitano numerosi virus grazie a  un particolare meccanismo immunitario. Però  rappresentano un serbatoio. Piano a gioire per la loro presenza.


L'urbanizzazione tra XX e XXI secolo avviene con la modalita dell' "urban sprawling", lo sviluppo "tentacolare", la crescita di conurbazioni. Chi vive nella conurbazione milanese, protesa verso varese, lecco, bergamo, brescia, con le sue penetrazioni (golfi urbani) che risalgono le valli (seriana, trompia, sabbia) forse non si rende conto che nel mondo c'è anche di peggio, ovvero aree più vaste e con maggior densità umana che nella loro crescita velocissima e recente (noi abbiamo iniziato negli anni '50-'60 del secolo scorso a "cementificare") hanno "intrappolato" nei "pori" di questi informi territori, né urbani né rurali,  preesistenti ecosistemi  che avevano ancora forte naturalità, portanto alcune specie  ad adattarsi al nuovo ambiente, a crescere di numero e a poter potenzialmente interagire e scambiare patogeni e/o parassiti veicoli di patogeni. Alcuni animali sinantropi sono vecchie conoscenze (come i ratti e certi uccelli, che restano pericolosi).

Non tutta l'urbanizzazione è potenzialmente pericolosa allo stesso modo C'è anche una diversa "qualità" della pianificazione/caos della crescita urbana, un ben diverso livello di accesso a presidi sanitari, informazione, medicinali, cibo adeguato e comportamenti appropriati a ridurre i rischi sanitari ma è indubbio che la crescita delle megalopoli è in sé pericolosa. Ma in un mondo esaltato come interconnesso come una rete neurale basta che la scintilla della pandemia scocchi in un punto e... zac.




Circa un secolo fa, solo il 20% della popolazione mondiale viveva nelle città; nei paesi meno sviluppati la percentuale era solo del 5%. Circa la metà della popolazione mondiale oggi vive attualmente in centri urbani. I due continenti abitati, che attualmente sono i meno urbanizzati, sono l'Asia e l'Africa, con rispettivamente il 48 e il 40% della popolazione che vive nelle città ma si prevede che queste percentuali aumenteranno drasticamente entro il 2050 al 64 e il 56% rispettivamente. La mappa sotto riportata (Unicef) mette in evidenza come non ci saranno paesi con meno del 25% della popolazione urbana mentre nelle americhe e in Europa saranno pochi (e piccoli) i paesi  al di sotto del 75% di popolazione urbanizzata. Il 90% della crescita della popolazione umana avverrà nelle aree urbane. A meno che ....









<25
25-50
50-75
>75

Percentuale di popolazione urbanizzata in ciascun paese (Unicef, 2012)






Ci si chiede: ma si arriverà a questa situazione o ci penseranno le pandemie a ridurre la popolazione mondiale e a costringere gli stati ad adottare politiche di freno e inversione di tendenza? Il costo di uno sviluppo abbandonato alle selvagge forze trainanti del turbocapitalismo specupaltivo potrebbe essere rappresentato da una ecatombe e alla regressione forme di economia chiuse.

Va anche considerato che il rischio biologico legato all'alterazione ecologica è moltiplicato da una mobilità attraverso il vettore aereo a di poco senza senso, moltiplicata dell'industria turistica e da dalla struttura economica fragile e reticolare creata dalla delocalizzazione. Il turismo nel 2030, ma a questo punto vengono dei dubbi che la previsione di avveri i turisti saranno 1,8  miliardi  (erano comunque già 1 miliardo nel 2013). Si prende l'aereo per andare in spiaggia, per visitare luoghi esotici (ma dove sono più mai?) quando non si conoscono le ricchezze della varietà culturale e la sedimentazione storica di opere d'arte, monumenti, paesaggi, gastronomia, non si dice europea ma della propria regione, spesso della propria provincia. Quanto alla struttura produttiva essa genera una mobilità esasperata. La ricerca di bassi costi della manodopera, di situazioni con normative sociali e ambientali "morbide", dal peso crescente delle multinazionali nel gioco economico, di fattori competitivi locali frammenta in modo impensabile le catene produttive. Poi qualcuno deve muoversi perché non sempre basta lavorare "in remoto".  Così una dipendente di una sede cinese di una ditta di componenti per auto di Monaco di Baviara, venuta a tenere un corso, ha portato il virus. E qualcuno da Monaco è venuto in Italia.





Ma veniamo ai meccanismi biologici, meccanismi legati alla distruzione degli habitat, in primo luogo alla trasformazione di estese aree, fino a poco tempo fa "naturali" in "urban sprawling". Il problema delle patologie infettive emergenti si chiama zoonosi, ovvero malattie che dagli animali passano all'uomo. Non più le classiche zoonosi dagli animali domestici, che abbiamo imparato a controllare, ma forme nuove, che un tempo non passavano dall'animale selvatico ai domestici e all'uomo ma che ora lo fanno. Si tratta di forme che dipendono dall'esistenza di "serbatoi", ovvero di specie animali dove non provocano evidenti patologie. Senza i "serbatoi" i patogeni non potrebbero vivere. Vale in particolar modo per i virus (i batteri possono anche sopravvivere nel terreno e in altre matrici anche in forme quiescenti).

Il 70% delle nuove minaccie di zoonosi viene oggi da animali selvatici. Sotto la pressione delle modificazioni ambientali i potenziali "ospiti" (che per l'ospite il patogeno possa essere letale non è un problema, basta passare a un altro esemplare della specie).

Uomo e animali selvatici oggi si interfacciano più frequentemente con specie selvatiche. L'ambientalismo urbano insiste sul fatto che gli umani sono troppi e distruggono gli habitat, non entrano nel merito dei modelli di urbanizzazione e di globalizzazione perché oggi l'ambientalismo ha sostituito le forze di sinistra, ormai "smascherate", quale supporto ideologico al capitalismo. Quanto sei utile Greta! (l'abbiamo spiegato qui).

Il motivo delle maggiori interazioni uomo-selvatici è legato alla moltiplicazione dell'effetto "bordo" (dimensione lineare) tra spazi urbanizzati e spazi di residua, impoverita, naturalità al contorno dei "pori verde pallido" interni alle  conurbazioni. Ma anche a squilibri ambientali di più ampia portata. L'abbandono delle aree interne è talmente grave in Italia, per esempio, che gli ungulati, un po' per mancanza di risorse trofiche (legate alle fasce ecotonali, ai prati-pascoli), un po' per l'eccesso di lupi, si spingono verso le zone più abitate. I lupi li seguono e li spostano sempre più verso le aree semi-urbanizzate. 


Le specie selvatiche che diventano sinantrope, ovvero si adattano a vivere in ambienti urbani o peri-urbani degradati (in forza di adattamenti etologici e delle disponibilità di risorse che trovano disponibili) sono poche. Esse si moltiplicano, non hanno antagonisti e diventano serbatoio di patogeni che trasmettono ai domestici e all'uomo.  In passato gli ospiti dei patogeni erano rappresentati da una pluralità di specie selvatiche; così c'era un effetto "diluizione". I contadini sanno benissimo cosa significhi: i parassiti e i patogeni delle piante coltivate quando hanno molte alternative (piante spontanee ai bodi ma anche altre coltivazioni) non sono mai virulenti come nelle monocolture che devono essere "spruzzate".  Nell'ambiente impoverito il patogeno deve modificarsi e adattarsi a ciò che passa il convento: animali domestici e uomo (peraltro abbondanti e concentrati, una pacchia). La Sars e l'influenza aviare sono storie di "cambio" di specie target.




I serbatoi delle zoonosi non solo più solo ratti e piccioni (vettori di gravissime patologie come leptospirosi e, nel caso dei piccioni ,con zecche allegate, il morbo di Lime) ma anche volpi, cinghiali, lupi e i chirotteri (questi ultimi serbatoi di coronavirus in genere).

Il guaio è che i patogeni da essi veicolati, spinti a fare il "salto di specie"  sono per l'appunto "nuovi" e l'uomo è poco attrezzato nel difendersi perché non c'è stato antefatto coevolutivo. Sono faccende di tempi lunghi  poco compatibili con la velocità frenetica dell'economia globalizzata a propulsore finanziario speculativo. Di qui la facilità del contagio. La densità abitativa e la mobilità esasperate, i viaggi inutili intorno al globo fanno il resto.




Abbiamo voluto occuparci di pandemia perché, come dovrebbe essere emerso da queste considerazioni schematiche, non è solo materia di virologi ed epidemiologi. Il problema è di natura sociale, è nell'interazione tra organizzazione sociale ed economica ed ecologia (di cui l'agricoltura e l'allevamento sono un termine chiave). Alla base è un problema etico. Alla base dell'esasperata globalizzazione e delocalizzazione c'è un meccanismo impazzito che è mosso dal profitto più elevato possibile qui e ora. Non ci sono più scorte, non si pensa a cosa succederebbe se un paese si blocca. Con la componentistica dell'automotive spalmata sul pianeta, ma anche per oggetti molto più semplici di un auto, si rischia il blocco. Basti pensare all'idiozia di non produrre mascherine. Cosa serve? Le prendiamo dove costano meno quante ne vogliamo. Si è visto.  Un meccanismo che è diventato talmente forte da travolgere ogni fattore di controllo e di mitigazione, indebolendo corpi sociali e stati, impotenti rispetto al mercatismo, all'economia speculativa. O ci sarà un grande mutamento sociale, una rivolta contro la globalizzazione, contro l'egemonia dell'economia sulla società e della finanza sull'economia, contro le ideologie ancillari del politically correct e del "non avere paura", "nessun luogo è lontano" e simili utili idiozie,  di crisi coronavirus ne dovremo subire altre. Ma quante possiamo reggere?








































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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