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Le ultime testimonianze di vita ruralpina
in val Grande
di
Franco Ponteri
e Michele Corti
(28.08.18) La
Val Grande in comune di Vezza d'Oglio (alta Valcamonica) rappresentava un grande
comprensorio di maggenghi con prati-pascoli estesi su 1,5 km2 . Da
primavera all'autunno era pieno di vita perché molte famiglie di
Vezza d'Oglio e delle frazioni salivano a popolare i maggenghi. Poi la
crisi dell'agricoltura di montagna e il Parco hanno spento la pulsante
vita agropastorale e banalizzato il paesaggio. Ma alcuni i contadini
hanno a lungo continuato a utilizzare i loro maggenghi
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La
val Grande è lunga circa 20 km, sviluppandosi tra 1000 e 3200 m di
altitudine. I maggenghi, tra 1350 e 1700 m, erano numerosissimi.
Il
loro addensamento rendeva possibile lavorare il latte in piccoli
caseifici turnari che restavano in attività dalla primavera
all'autunno. Alla densità delle stalle-fienile corrispondeva una grande
ricchezza toponomastica e la densità della rete della viabilità,
come testimonia la mappa 1:25.000 dell'Ist. geografico militare
(rilievi anni '30).
Igm 1:25.000
Come
è noto i maggenghi, costituiti da prati-pascoli e da piccole stalle con
fienile, ed eventualmente locali per la lavorazione del latte e per il
ricovero delle persone, hanno subito un drastico abbandono con la fine
della "civiltà contadina" (anni '60-'70). Mentre la maggior parte delle
microaziende chiudevano, i residui allevatori erano costretti ad
ingrandirsi e le stalle dei maggenghi - capaci al massimo di una decina
di capi - non risultavano più funzionali. Gli investimenti nelle nuove
stalle dei paesi di fon dovalle, più ampie, dotate di sistemi per la mungitura meccanica e per
l'asporto delle deiezioni, spingevano a mantenervi tutto l'anno, o
quasi, il bestiame.
L'alpeggio, però, ha continuato, sia pure con
qualche cambiamento (e con l'abbandono dei pascoli più scomodi), ad
essere praticato. Esso ha potuto adattarsi al cambiamento della
struttura zootecnica. In passato i capi alpeggiati appartenevano
a decine di piccoli allevatori, in tempi recenti essi
appartengono a 1-2 allevatori "imprenditoriali" e a pochi piccoli
che praticano l'allevamento come attività integrativa. Ma la gestione
non è sostanzialmente cambiata; anche in passato un numero ridotto di
addetti era in grado di gestire mandrie numerose su ampie superfici.
Anche in passato esistevano già strutture per la lavorazione del latte
dimensionate sulla produzione di diversi quintali al giorno.
I
maggenghi non si sono invece adattati
alla nuova realtà: non solo perché, come già indicato, le stalle erano
troppo piccole, ma anche perché la produzione di fieno (il
pascolo era praticato sul ricaccio) non era facilmente
meccanizzabile trattandosi di superfici piccole, in pendenza. Molto ha
giocato la presenza di una viabilità di collegamento con i paesei
sottostanti. Dove essa era assicurasolo da sentieri e
mulattiere l'abbandono è stato rapido e completo, dove - invece - la presenza di
strade percorribili da mezzi meccanici rendeva possibile spostamenti
rapidi tra maggenghi e paesi e un sia pure limitato utilizzo di
macchine agricole, il maggengo ha "tenuto" maggiormente, salvo poi
subire la trasformazione in seconde case e discutibili
riedificazioni.
ortofoto 2012
Un
destino, quest'ultimo, che la val Grande non ha conosciuto in quanto
inserita nel parco nazionale dello Stelvio. In compenso, come in tutti
i parchi, i vincoli imposti hanno impedito l'adattamento delle
strutture agricole tradizionali a nuove esigenze e si è assecondata in
ogni modo la riconquista dei pascoli da parte del bosco. Il risultato è
evidente confrontado le ortofoto del 1975 e quelle del 2012 (foto sopra
e sotto). L'economia
agropastorale è stata azzerata: prima il bosco rappresnentava un
sottile nastro di vegetazione riparia ai lati del torrente, oggi il
pascolo è limitato a fazzoletti immersi nella copertura forestale.
ortofoto 1975
I
contadini di Vezza, sempre meno numerosi e sempre più anziani hanno
continuato ad utilizzare i propri maggenghi. Essi, in tutto l'arco
alpino, a differenza degli alpeggi, che sono spesso di proprietà di
enti (comune, patriziati, regole), sono sempre privati. Privata è la
cascina, privato è il terreno su cui insiste il fabbricato e alcune
porzioni di prato-pascolo. Ma queste risorse erano gestite in modo
coordinato con i pascoli comunali delle quote superiori a loro volta
distinti in pascoli da bovini e da ovicaprini. Il complesso sistema
garantiva un equilibrio tra risorse, patrimonio zootecnico, popolazione
che ha retto per secoli. Oggi ci si può chiedere se, sia
pure in forme nuove (associazioni tra proprietari, allevatori,
pastori) il non trascurabile patrimonio di pascoli dei maggenghi della
val Grande (un tempo superiore a 150 ha) non avrebbe potuto essere
utilizzato per mantenere un adeguato numero di capi di bestiame. La
quantità di fieno un tempo ricavata è stimabile in oltre 3 mila q.li di
fieno
Esemplificazione di
trasformazione del paesaggio (da una recente ricerca dell'Università di
Trento)
Si
obietterà che i costi di sfalcio, raccolta, trasporto del fieno dei
maggenghi sono oggi insostenibili. Ma in Svizzera, in condizioni
analoghe di altitudine e pendenza lo sfalcio avviene oggi regolarmente.
Anche grazie a macchine specializzate il cui costo è compensato da
generosi pagamenti per i sevizi ambientali. Generosi ma non
ingiustificati. Una recente
ricerca dell'Università di Trento indica in ben 800 €/ha il valore
di un ha di prato pascolo di montagna, beninteso integrato dagli
elementi del paesaggio tradizionale (baite ecc.). Si tratta di
esternalità positive che, attraverso il turismo, si concretizzano in
valori economici reali. Di certo la qualità del paesaggio della val
Grande ha sofferto: oggi è più monotono e cupo, più silenzioso, c'è un agriturismo ma è poco più di un bar.
Le pratiche contadine in val Grande
sono proseguite, per inerzia, decenni dopo la "grande trasformazione"
degli anni '60-'70. Ma i protagonisti sono divenuti sempre meno
numerosi e sempre più anziani, personaggi legati a un modo di vivere
per loro irrinunciabile che hanno continuato a praticare l'agricoltura come integrazione dei
redditi pensionistici , incapaci di lasciare all'abbandono le
risorse che hanno consentito la sopravvivenza dei vecchi, incapaci
di vivere senza i loro animali, senza il sapore del proprio burro, del proprio
formaggio.
Due
di questi personaggi (Savina e
Martino) sono i protagonisti del fotoracconto realizzato una decina di
anni fa da Francesco Ponteri di Vezza d'Oglio, protagonista in anni
recenti di iniziative sul tema della cultura rurale locale (Ecomuseo
alta Valle dell'Oglio, Transumanza di Vezza d'Oglio). La
microazienda della coppia di anziani contadini era
costituita da piccoli prati a monte dell'abitato di Tu (frazione a
monte di Vezza a 1200 m che oggi conta 25 abitanti) e dal
maggengo di Scudeler a 1650
m. Da
qualche anno non hanno più bestie (i bovini) perché i famigliari hanno
ritenuto che l'attività fosse troppo faticosa per gli anziani. Savina
ha pianto per molto tempo e si consola con galline, conigli e il
maiale, alzandosi sempre alle cinque.
Al tempo del racconto la coppia allevava tre vacche e due vitelli. A
differenza del passato, quando le famiglie si trasferivano in tutto o
in parte sui maggenghi, Savina e Martino, durante il periodo
estivo, si spostavano due volte al giorno da casa al munc' in fuoristrada in soli 10
minuti (restava da fare un piccolo tratto a piedi). A differenza del
passato sul munc' non si faceva più
fieno ma solo pascolo. Esattamente come un tempo, invece, il latte era
ancora sottoposto dai nostri anziani contadini a una spannatura
estrema, al fine di produrre più burro (ben smerciabile) possibile.
Il
latte di sei mungiture (al netto di quello utilizzato per
l'alimentazione del vitello) viene lavorato:
6 x 24 l/giorno = 144 l che davano: kg. 5,3 di burro e kg. 5 circa di
formaggio (peso a stagionatura di un anno).
Nelle foto che seguono (tutte di Franco Ponteri) la
documentazione di questa realtà "residuale', che - sino a pochi anni -
fa perpetuava un modo di vivere e di produrre che rispecchia strutture
di utilizzo del territorio di lunga durata.
I prati di casa a Tu
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