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Orsi e lupi


Nella montagna veneta
cresce la rabbia contro i lupi



Mentre si registrano fatti gravi di predazione, la regione Veneto continua a scrivere (inutilmente) al ministro ambiental-animalista Costa e gli allevatori di Bassano si appellano a Salvini. Intanto c'è chi abbandona le malghe dopo pochi giorni per non dover subire gli attacchi e ci sono aziende che chiudono o sono costrette a cambiare tipo di allevamento.
A dimostrazione della totale incapacità e impotenza delle istituzioni, la regione Veneto affida un progetto finalizzato alla "convivenza", molto contestato dagli allevatori, ai soliti lupologi onniscenti (ma senza conoscenza del territorio).

Unica nota positiva, la regione non aderisce a Wolf Alps II (le volpi a guardia del pollaio), mentre un consigliere regionale leghista mette a disposizione un penalista per la difesa degli allevatori dai soprusi delle amministrazioni pubbliche in tema di lupo .

   

di Michele Corti
 



(24.06.19) Primavera e inizio estate caldissimi in Veneto sul fronte del lupo. Di ieri la notizia di un attacco in una malga tra Asiago e Pasubio che ha provocato la fuga disperata di una mandria e reso necessario il recupero di alcune manze che erano rimaste bloccate in un canalone.



 In Lessinia, dove il problema lupo risale al 2012, dopo un'annata 2018 di diminuzione degli attacchi c'è stata una primavera da incubo. Nella sola Lessinia veronese le perdite erano state 99 nel 2018, 50  nel 2017. Quest'anno siano già a 50 vittime, la maggior parte concentrate nel mese di maggio. Si teme che, di questo passo, si esauriranno le stesse risorse per i (sempre parziali) indennizzi.  Numerose sono le ipotesi della recrudescenza dell'attività predatoria: il capobranco sta diventando anziano (quindi preferisce prede domestiche o non può impedire l'attivismo dei giovani maschi potenziali capibranco); in alternativa si ritiene che la neve tardiva abbia costretto i predatori a scendere a quote più basse. In realtà sappiamo tutto del branco storico della Lessinia centrale, si sa che Giulietta, sempre gravida, è nella tana. Sappiamo quanti cuccioli ha sfornato nella carriera, forse qualcuno ha contato il numero di accoppiamenti. Queste conoscenze del branco non impediscono di ridurre le predazioni. Anche perché, chi studia i lupi, tifa per loro e contro gli allevatori (visti come un pericolo potenziale per i loro protetti). Qualche anno fa (c'era ancora il CFS) i forestali collocarono una fototrappola a 100 m da una stalla, senza dire nulla della presenza del lupo agli allevatori, che subirono regolarmente perdite.  Avevano fatto il loro dovere come sostiene il generale Costa: "io tutelo il lupo non le doppiette" (ma ai cacciatori possono essere tranquillamente aggiunti gli allevatori).
A giugno le predazioni sono diminuite perché le vitelle e le manzette, più vulnerabili, sono state tolte dai pascoli. Ma c'è chi ha continuato a essere colpito.







È il caso di Manuel Garonzi, allevatore di soli 23 anni, con stalla a Velo che stava alpeggiando da 20 giorni a Malga Gabbiola. Mesto il carico del rientro (sopra le foto) con le 10 manze superstiti delle 15 che aveva caricato. Gli animali tornano in stalla quando potrebbero stare al pascolo, l'allevatore deve sopportare costi in più per la loro alimentazione e perderà i contributi. Non solo ma dovrà pagare delle penali. Vi sono poi le spese veterinarie (gli animali non sono stati uccisi ma solo feriti a morsi e i veterinari li hanno dovuti sopprimere). L'uso di un cannone a gas per spari a salve (usato modificando orari e intensità per non assuefare i lupi) non è servito da deterrente. Sono altri gli spari che possono incutere il timore ai lupi.
Come tutta risposta delle lettere inviate alle istituzioni, il giovane allevatore ha ricevuto una risposta da Zaia. Il presidente della regione Veneto nella missiva assicura i Garonzi che lui scrive ogni settimana una lettera al ministro Costa. Che non si degna di rispondere. E cosa potrebbe rispondere? Che lui sta con i lupi come ha avuto la sfrontatezza di dichiarare di recente a Bolzano? Il problema non è Costa, che si comporta da ambiental-animalista militante, già da quando era in divisa del CFS,  ma chi lo lascia fare, chi scambia la divisione di competenze nel governo come licenza del ministro dei lupi di uccidere le aziende zootecniche, con Centinaio che sta a guardare e Salvini, al quale hanno scritto gli allevatori di Bassano (consapevoli che la partita è tutta politica), che considera Costa solo come un tassello di una partita a scacchi ()e che semmai chiede la testa di Costa per la Tav e le trivelle). Intanto, sul tema caldo degli orsi e lupi, Costa sta tenendo in scacco e ridicolizzando i presidenti del Trentino e del Veneto.  Quanto può permetterselo la Lega?



In Veneto, in ogni caso, la regione ci mette del suo. Se, da una parte, ha evitato di entrare nel progetto Wolf Alp II (dopo un solenne pronunciamento del consiglio regionale), d'altra parte ha messo in atto un progetto di "convivenza" (quindi ideologicamente orientato a favore del lupo) affidato ai soliti lupologi. Autore il prof. Marco Apollonio, dell'università di Sassari, che ha studiato il lupo in Abruzzo, coadiuvato da Duccio Berzi, tecnico della provincia di Firenze, esperto in recinzioni anti-lupo, e da Renato Semenzato, biologo vicino a Legambiente. Oltre alla solita ricetta delle reti e dei cani, questa equipe lupologica ha escogitato una nuova tecnica: la radiocollarazione dei lupi al fine di segnalare con segnalatori acustici e ottici la loro presenza agli allevatori in tempo utile (secondo loro) per porre in sicurezza il bestiame. Progetto da 180 mila euro (30 mila vengono dall'Università di Sassari), quantomeno più economico di Wolf Alps (che spende molto in propaganda).


Cattura e radiocollaraggio di un lupo nel parco dei Sibillini. Il radiocollaraggio è uno degli sport preferiti della lupologia

Per ora, ancor prima di testare la tecnologia, s
ono andati a vuoto i tentativi di cattura  perché la morfologia del territorio della montagna veneta e la densità dei lupi sono molto diverse da quelle dove i nostri hanno sperimentato le loro tecniche di cattura. Non è escluso che i tentativi di cattura, disturbando e destrutturando qualche branco, possano determinare maggiori rischi di predazione.
Naturalmente i lupologi assoldati dalla regione Veneto propongono poi la solita ricetta dei recinti e dei cani. Ma la disponibilità degli allevatori veneti da questo punto di vista è quasi nulla. In Lessinia queste ricette, foriere di amabile convivenza, sono state rigettate (i pochi cani distribuiti sono stati restituiti). Qualcuno si era venduto ai lupisti nella Lessinia veneta, accettando i cani offerti, ma ha già traslocato verso altre zone del Trentino.



Quanto alle recinzioni basti dire che i lupi sono riusciti a colpire nell'unica malga, quella dei legambientini, protetta (si fa per dire) da recinzioni fisse alte 2,5 m con tanto di sbalzo regolamentare. Cosa serviranno mai recinzioni mobili di 1,4-1,8 m (che in pendenza e su terreno accidentato si riducono inevitabilmente) quando fanno cilecca reti da lager? In Lessinia, a differenza che altrove i comuni e la Coldiretti hanno attuato un progetto Pro life che non assicura convivenza ma si prefigge di monitorare i lupi e segnalarne le mosse (utilizzando fototrappole e altri dati). A differenza di altri interventi non è affidato a un lupologo ma a un veterinario esperto in fauna selvatica e caccia (dottor Scungio) con la finalità di tutelare gli allevatori. Gli amici del lupo, invece, quando monitorano i loro protetti, lo fanno per controllare che nessuno torca loro un pelo. La differenza è sostanziale.
Si racconta, in Lessinia, di una fototrappola dei forestali collocata a 100 m da una stalla. Loro sapevano che c'era il lupo ma si guardavano bene dall'avvisare l'allevatore che, puntualmente, subì la predazione. I danni in un paese civile avrebbero dovuto pagarli di tasca loro quei forestali che, più che guardie forestali, agivano da guardie lupofile. Putroppo i comportamenti delle autorità sono marcati spesso da faziosità lupofila e anti-allevatoriale.
Gli allevatori della Lessinia contestano, in particolare, la polizia provinciale. Essa cerca sistematicamente di attribuire ai cani una parte delle predazioni. Ciò in assenza di randagismo e anche in presenza di verbali, redatti da veterinari, che attestano la responsabilità dei lupi (va precisato che la competenza degli agenti della polizia provinciale deriva solo da corsi Wolf Alps).
Purtroppo la faziosità di alcune autorità (forestali, polizia provinciale, ecc.) non si limita a questo. Stefano Valdegamberi, coraggioso consigliere regionale veronese (recentemente oggetto di attacchi della lobby LGTB per aver difeso il congresso delle famiglie), ha apertamente sostenuto che gli allevatori non denunciano le predazioni perché intimiditi da  pubblici ufficiali, ideologicamente schierati, che minacciano i classici "controlli puntigliosi" in azienda (benessere animale, sicurezza, igiene, fatture). Nella "democratica" Italia i sudditi vengono messi in riga così. Lo sanno tutti ma nessuno fa nulla perché la burocrazia si autotutela e la politica è di solito ignava e dipende dal favore della stessa tecnoburocrazia.


Stefano Valdegamberi

Fanno di tutto nelle stanze del potere tecnoburocratico e lobbystico pur di ridimensionare i danni del lupo e comprimere l'allarme sociale, tutto pur di anestetizzare le vittime e facilitare l'ulteriore espansione del loro beniamino, vero totem di stato. Valdigamberi riferisce di allevatori che rinunciano a postare sui social le foto dei loro animali sbranati per paura di essere "schedati" dalla mafia del lupo (dentro le istituzioni) e subire ritorsioni. Questo, però, va detto senza infingimenti è anche la conseguenza di un atteggiamento conigliesco molto diffuso tra gli allevatori che hanno paura della loro ombra. La controparte sa che basta pochissimo a indurre la paura in molti della categoria. E se ne approfittano. I pochi coraggiosi sono bastonati senza pietà.
Agli allevatori il coraggioso politico veronese (che si comporta controcorrente anche rispetto al suo partito) mette a disposizione gratuitamente un penalista per denunciare i pubblici ufficiali autori di indebite pressioni, minacce e ritorsioni.
Iniziativa lodevole ma che non può sostituire l'auto-organizzazione degli allevatori e dei pastori. In assenza di organizzazione il singolo è esposto alle pressioni e alla rassegnazione. In assenza di una rete di coordinamento inter-provinciale e inter-regionale dei comitati e associazioni locali a difesa dai predatori, il potente partito del lupo è in grado di gestire e manipolare a suo piacimento l'informazione, di orientare le istituzioni a suo piacimento, di neutralizzare la politica. Obiettivo: riconoscere che vi sono aree in cui la presenza del lupo è incompatibile con l'assetto socioeconomico e le caratteristiche del territorio.


Articoli ruralpini sul tema


Sugli alpeggi non servono le pseudo "reti anti lupo"
(16.05.19) Sono un mezzo a buon mercato (per la lobby lupista) per poter dire "vi abbiamo dato la soluzione per proteggervi, se non sapete usarla è colpa vostra". Comodissimo per i politici che non hanno il coraggio di affrontare politicamente il problema lupo. Il tema della "difesa dei predatori" è quindi politico e in questo senso va interpretato il giusto rifiuto degli allevatori di montagna veneti e del südtirol ad accettare cani da guardiania e reti. Invece in Lombardia l'Ersaf continua a rifilare reti alte 1,4 m
 

Rifritto il Piano lupo: una barzelletta che non fa ridere 
(23.04.19) Siamo nel 2019. Dal 2015 è scaduto il Piano lupo nazionale ma, causa cambi di governo e le barricate della demagogia animal-ambientalista, siamo all'ennesima "nuova versione". Gli abbattimenti, previsti con il conta gocce nella precedente versione, sono spariti senza giustificazione, sostituiti da fumose misure di "prevenzione mirata" che piacciono al partito del lupo.  Piano o non piano, gli allevatori lasciati soli da una politica vile, continuano tutti i giorni a stare in trincea, costretti a difendersi come possono.

Presenza del lupo in Italia e in Toscana. Storia ed evoluzione
(05.03.19) Ruralpini presenta, a partire da questo contributo, che proviene dalla Toscana, unapanoramica di interventi che fanno il punto della situazione dalla parte di chi non accetta le fonti "ufficiali", i dati degli esperti che hanno nascosto (e nascondono) la reale diffusione del lupo, che hanno fatto emergere solo da poco un grave problema di ibridazione e di presenza di lupi esotici. Il tutto a danno degli allevatori e dei pastori, della vivibilità della montagna e delle aree interne.


Cani da difesa greggi: sfruttando l'emergenza lupi si smerciano soggetti non idonei
(02.03.19) Parecchi cani venduti come "addestrati e selezionati" sono stati "addestrati" in forza della presenza in allevamento (canino) di quattro pecorelle da compagnia. Si comprende bene come la "soluzione" cani sia in realtà una trappola perfetta per i pastori. Utile a dividere i pastori tra loro e a esibire come "buoni selvaggi" (da contrapporre ai "cattivi"), i pastori che accettano di fare da testimonial della felice convivenza con il lupo (in cambio della fornitura a gratis di crocchette per cani della Almo Nature)

Le regioni alpine invocano il controllo del lupo. Svolta politica vera o propaganda?
(02.02.19) In un clima politico segnato dall'attesa del risultato delle elezioni per il parlamento europeo, le regioni del Nord, pur senza manifestare una precisa strategia, hanno sottolineato una volontà comune di arrivare a un controllo del lupo. Non è il massimo, ma segna pur sempre una svolta rispetto alla situazione di due anni fa quando, a seguito dei cedimenti alle pressioni animaliste, tutte le regioni italiane, tranne Toscana e Bolzano, si erano genuflesse al tabù: "il lupo non si tocca" .

"Lupi? No grazie. Qui non è il Serengheti"
(21.01.19) Troppi lupi in Europa e si incrina il fronte conservazionista. Clamorose dichiarazioni del direttore del maggior parco nazionale olandese: "Qui non voglio lupi, voglio potergli sparare". "Non sono tornati da soli"

Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18) Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo   sulle Alpi

A quando anche in Italia un Wolfsdebatte? 
(14.12.18) L'altro ieri il ministro dell'agricoltura Centinaio, davanti agli allevatori trentini, si è rimangiato le precedenti posizioni lupiste. Lupi, rewilding, ecotasse, "rinnovabili", sono gli aspetti della stessa biopolitica, le nuove forme della lotta di classe (oggi elite vs popolo) e del conflitto città-campagna incarnato dai gilet jaunes.

I nodi vengono al pettine: lupi sparati anche in Veneto
(29.09.18) Oggi in Italia, in alcune situazioni , sparare ai lupi è legittima difesa, una forma di resistenza sociale di fronte a istituzioni - europee e statali - che non hanno il coraggio di gestire una popolazione lupina in continua espansione

La lobby lupista censura le notizie "scomode" 

(04.07.18) Negli ultimigiorni notizie importanti provenienti dalla Polonia e dalla Francia, imbarazzanti per il partito del lupo, sono state  ignorate dai media italiani. E c'è il precedente della morte di Celia Hollyworth la donna inglese sbranata dai lupi in Grecia. Quando un giornale nazionale ne parlò... 





contatti:  redazione@ruralpini.it

 

 

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