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Week end finale del Festival con eventi tra storia e attualità
Due incontri su temi di attualità
ecologica ed economica e due libri di carattere storico (pubblicati
quest'anno) nel week end finale del Festival del pastoralismo di
Bergamo. A testimonianza di un interesse in crescita e della volontà
del Festival - come indicano gli eventi di queste settimane - di unire
sempre più piano della cultura e dell'azione propositiva
Si chiude il pascolo autunnale delle capre che
tornano a valle e chiude, con il prossimo week-end, anche il Festival
(foto Jessica Bettoni, Valcamonica)
(13.11.19) Quando, nel 2014, il Festival
del pastoralismo di Bergamo ha preso avvio non
avrebbero scommesso in molti sulla sua continuità, giudicandolo
argomento troppo di nicchia e, al più come un vezzo modaiolo un po'
folkloristico. Oggi, alla sesta edizione possiamo dire con sicurezza
che gli scettici si sbagliavano.
La transumanza (compresa quella alpina) è attualmente candidata a
divenire "patrimonio dell'umanità" e, da pochi giorni, i formaggi delle
Cheese valleys orobiche - collegati all'esperienza della transumanza
bovina dei bergamini - hanno consentito a Bergamo di fregiarsi del
riconoscimento Unesco di Città creativa per la gastronomia (ne abbiamo
parlato al festival sabato 9 novembre). Un riconoscimento che premia
iniziative come "Forme" progetto nato
all'insegna di "Bergamo capitale dei formaggi", che
- dal 2015 - si organizza a Bergamo (una settimana prima del Festival
del pastoralismo) un importante evento di promozione casearia che ha lanciato i formaggi
"Principi delle Orobie" le eccellenze casearie all'insegna
dell'artigianalità e della tradizione. Una realtà dinamica che ha visto
l'aggregazione, intorno all'originario nucleo val Brembana-valle del
Bitto, di altre valli bergamasche e della Valsassina e ai "Principi"
originari (Branzi FTB, Storico ribelle- ex bitto storico, Agrì di
Valtorta, Formai de Mut, Stracchino all'antica delle valli orobiche
bergamasche, Strachitunt) aggiungersi i formaggi di capra orobica
(prodotti sia in Valsassina che in Valtellina che in val Brembana) e
gli stracchini artigianali della Valsassina.
Il Festival del pastoralismo con le sue attività culturali ha
contribuito a rafforzare l'immagine di queste produzioni divulgando con
le mostre, le conferenze, le "transumanze", la storia che ne sta alle
origini, spiegando come motivi ambientali, storici, culturali,
geopolitici, geografici abbiano contribuito ad affinare una particolare
competenza casearia e una non comune varietà di produzioni. Come dietro
ci sia uno straordinario patrimonio di conoscenze tradizionali, quelle
che l'Unesco vuole tutelare in modo dinamico riconoscendone gli aspetti
aperti all'innovazione e alla cratività
Sin dalle prime edizioni, il Festival ha puntato a fare delle cultura e
della storia non solo un blasone utile per la promozione (l'heritage
marketing di corto respiro) ma un fattore intrinseco ai processi
sociali ed economici, in una fase storica in cui spesso dalla
tradizione scaturiscono le innovazioni più interessanti e, dalla
comprensione di processi e relazioni di lungo periodo, intuizioni,
soluzioni, incentivi a superare le difficoltà della contingenza
attuale, a ripensarsi, a smettere di autocommiserarsi. Così preme al
Festival ribaltare l'immagine del pastore, del malghese, dei casari (e
più in generale delle attività tradizionali) quali "residuali" e
"marginali", dimostrare come queste figure abbiano svolto ruoli
dinamici e non subalterni nei contesti del passato, tutt'altro che
chiusi alle relazioni con città e pianura. Spunti per ripensare nelle
condizioni attuali nuove relazioni con gli altri ambiti territoriali,
superando l'immagine della montagna "in ritardo", "naturalmente
svantaggiata".
La stessa logica "pan-orobica", la logica di massiccio che ha spinto
all'aggregazione i "Principi delle orobie" rappresenta il superamento
della periferizzazione e marginalizzazione delle valli. Le relazioni al
di là dei versanti ripristinano quelle opportunità che le valli
potevano cogliere prima che la motorizzazione e le nuove
arterie stradali dei fondovalle allentassero i contatti che esistevano
da sempre tra loro.
Così come una nuova considerazione delle relazioni
tra le valli può ridurre lo svantaggio della montagna, così anche una
visione che non isola le attività pastorali e zootecniche dalla
complessiva realtà economica è quanto mai utile a superare pregiudizi
molto negativi. Commercio, industria, allevamento, legname, ferro,
lana, formaggi non hanno storicamente rappresentato, almeno nelle
orobie, compartimenti stagni ma realtà fortemente legate tra loro in
circuiti economici e famigliari. Gromo in alta val Seriana è stata la
Toledo delle Orobie (per via delle spade), un centro industriale di
prim'ordine ma anche una capitale dei bergamini, così come Gandino,
centro dell'industria della lana ma anche di bergamini-commercianti di
formaggi (e di lana) che fecero fortuna a Verona. Così come
l'immagini delle valli "isolate" (legata alla moderna viabilità) anche
quella del settore agricolo come "cenerentola", in un suo guscio è
falsa, ovvero è vera solo in relazione ad alcuni sviluppi moderni, in
modo relativo e - cosa che ci interessa - reversibile. Con la
rivoluzione delle comunicazioni, con la crisi dell'industrialismo, i
paradigmi della modernità industriale vengono meno. Si
riaprono spazi per produzioni agroartigianali grazie al fatto che i
valori ecologici e culturali, di cui la montagna è ricca,
tornano a diventare risorse (mentre prima erano svalutate).
Gromo
Il Festival del pastoralismo non si è limitato a
diffondere queste considerazioni ma vuole anche mettere in pratica
alcune idee. Il ritorno all'antico non è nostalgia se si determinano
condizioni ecologiche, sociali, economiche e culturali che, come in una
ruota che torna su sé stessa, certe soluzioni del passato ridiventano
praticabili. La modernità ha emarginato la capra e la pecora, le ha
confinate in ambiti ultramarginali. Ma oggi la "domanda" di superfici
da pascolo da parte dei bovini è crollata, la contrazione del sistema
agropastorale intensivo, legato alla produzione di latte bovino e
basato sulla produzione di foraggio limitata alle superfici
suscettibili di raccolta meccanizzata, lascia all'abbandono enormi
superfici. I boschi si espandono in modo disordinato, prolifera la
fauna selvatica. Ecco allora che si determinano situazioni che
favoriscono forme di allevamento necessariamente più estensive.
Pecore delle Langhe trasferite dalla provincia di
Cuneo in val Seriana in occasione della Giornata della pecora da latte
Dove il prato è troppo ripido, dove il falciatore stava a fatica
in piedi e dove i bovini, dato il loro peso, si muovono a fatica e
danneggiano la cotenna erbosa, lì può pascolare un ovino. Ma quale
ovino? I grandi greggi di pecore da carne che necessitano di grandi
estensioni e che si muovono bene in pianura o sui pascoli al di sopra
del limite dei boschi? Negli ambiti della media e bassa montagna,
caratterizzati da un abbandono "a macchia di leopardo", le capre, le
pecore da carne di piccoli greggi stanziali, le pecore da latte possono
trovare "nicchie" a loro adatte in
relazione alle esigenze di custodia, alle caratteristiche dei
pascoli. Come la capra da latte anche la pecora da latte, attraverso la
trasformazione e la vendita di prodotti pregiati, crea piccoli "presidi
territoriali" garantendo una redditività che giustifica l'impegno di
unità lavorative a tempo pieno. La gestione al pascolo, se si dispone
di superfici adatte, può però essere più facile nel caso della pecora
dal momento che la capra preferisce variare di più l'alimentazione
prediligendo essenze arbustive ed esplorando ampie superfici il che
implica un pascolo guidato dal pastore (altrimenti l'ingestione è
modesta e c'è il rischio di sconfinamenti e di possibili danni).
Pecore delle Langhe trasferite dalla provincia di
Cuneo in val Seriana in occasione della Giornata della pecora da latte
Il Festival del pastoralismo
per incoraggiare a valutare anche la possibilità dell'allevamento di
pecore da latte nel territorio montano e collinare bergamasco e
orobico, non solo ha promosso una "Giornata della pecora da latte" il 2
novembre presso la sede del Parco dei colli di Bergamo, ma supporta
anche il progetto Pan-prat con l'introduzione di due razze di pecore da
latte (Delle Langhe e Frabosana) in alta val Seriana.
Vi sono anche altri fronti sui quali il Festival è impegnato,
confermando il suo non voler limitarsi a rappresentare una
manifestazione ma un soggetto propositivo, attivo tutto l'anno, non
solo riproponendo mostre e temi del Festival di Bergamo in altre sedi
ma promuovendo e partecipando a progetti. Sabato 16 verrà presentato il
progetto "Natura Vagante", finanziato dalla Fondazione Cariplo che
intende valorizzare in chiave ecologica (ripristini ambientali,
apertura e mantenimento di corridoi ecologici) il pascolo vagante dei
greggi bergamasco-camuni transumanti nell'ambito dei parchi fluviali
del Brembo e dell'Adda. Il Festival partecipa al progetto con attività
culturali e di divulgazione che non sono "accessorie" ma fondamentali,
in un territorio antropizzato, per coinvolgere - non solo sul piano
informativo - i cittadini.
Altro terreno su cui il Festival è impegnato è
quello della valorizzazione della lana. Un tema che ha grandi
implicazioni ecologiche ma anche culturali. Valorizzare le lane
"nostrane" significa rievocare un pezzo di storia e avere a
disposizione della materia per la realizzazione dell'abbigliamento
tradizionale dei pastori, un abbigliamento che può anche essere
proposto a chi vuole fare attività all'aperto e non vestirsi di fibre
sintetiche ma di un materiale naturale e biodegradabile. Da anni c'è il
problema del lavaggio della lana dopo la chiusura dello storico
Lanificio Ariete di Gandino. Un problema grosso per i pastori di tutto
il Nord Italia che non sanno dove portare la lana. La lana che rimane
grezza non ha alcun valore e non viene ritirata da nessuno se non è
destinata al lavaggio. Così si accumula e dopo alcuni mesi diventa
"rifiuto speciale". Le varie esperienze di valorizzazione delle lane
autoctone dalla Val d'Aosta al Piemonte alla Brianza al Trentino al
Veneto rischiano di interrompersi se non si trovano soluzioni
(economiche, logistiche, di impatto ambientale) al problema lavaggio.
Così il festival, insieme al comune di Gandino, si è fatto promotore di
un incontro per un confronto tra tutti gli interessati alla ricerca di
soluzioni.
Storia e cultura restano fondamentali per dare
valore a un mondo, quello del pastoralismo, della transumanza, degli
artigiani del latte, della filiera della lana considerato
"residuale". Così non è un caso che quest'anni si presentino ben tre
nuovi libri sul tema pastoralismo e pransumanze. Il primo, che
rappresenta anche la prima pubblicazione delle Edizioni
Festivalpastoralismo ("Transumanza tra storia e presente" è stato
presentato Sabato 16. Venerdì 15 sarà la volta di "Pastorizia
sulle Alpe", un altro libro edito nel 2019.
L'ultimo evento in programma riguarda
un personaggio (Giuseppe Facchinetti) che dimostra come lo stereotipo
del "povero pecoraio" sia del tutto inadeguato nell'interpretare la
transumanza bergamasco-camuna. Facchinetti, che divenne grande
commerciante di pecore aveva venti pastori-garzoni alle sue
dipendenze, operava a Milano e raggiunto l’apice del successo, a 50
anni, decise di pubblicare a proprie spese La slacadùra di tacolér, ovvero il
dizionario della parlata pastorale che diffuse in tutto il bresciano e
bergamasco, donandolo a centinaia di pastori perché non si
dimenticassero del loro gergo e restassero vicini alle proprie radici.
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