(02.01.15) Se il TTIP non viene bloccato l'Europa è destinata ad essere azzerata e inglobata in un impero atlantico. In nome della libertà di commercio alle corporation verrà affidato il compito di scriversi da sole le leggi gradite. Zero democrazia. E l'incubo del cibo unico spazzatura
Trans-Atlantic Trade and
Investment Partnership:
L'Europa americanizzata
di Michele Corti
Chi contesta la nuova Mecca di un immenso mercato unico sulle due sponde dell'Atlantico è liquidato come "fondamentalista anti-americano". Se ci si informa sul TTIP vengono i brividi davvero perché sembra una distopia frutto della fantasia di uno scrittore (tipo Huxley, Orwell). Con il TTIP ci si potrebbe svegliare un giorno in un'Europa dove le corporation, non i parlamenti eletti, scrivono le leggi e se qualche stato o regione insiste - per avventura - a stabilire norme che a loro non piacciono li trascinerebbe di fronte ad un arbitro internazionale costringendolo a pagare cara (in termini di soldoni) l'impudenza
I funzionari delle lobby (compresi quelli che paghiamo come "rappresentanti del popolo" sono indignati per le critiche che fioccano in tutta Europa contro il TTIP. Ma quale trattato segreto, dicono. Di fatto larga parte dei contenuti dei negoziati TTIP non sono noti se non attraverso fughe di notizie ed illazioni. È stato lo stesso mediatore europeo Emily O'Reilly ad intervenire in più occasioni lamentando la scarsa trasparenzadei negoziati aprendo una indagine. La signora O'Reilly in novembre, a seguito dell'annuncio della pubblicazione delle direttive che guidanoi negoziati ha dichiarato:
Sono lieta che la Commissione abbia considerato le preoccupazioni dei cittadini, organizzazioni della società civile, parlamentari europei e del mio ufficio in merito alla necessità di aumentare la trasparenza delTTIP. I negoziati hanno attirato un interesse pubblico senza precedenti in considerazione dell'impatto potenziale che l'argomento avrà sulla vita dei cittadini. Non vedo l'ora di ricevere ulteriori dettagli sucome la Commissione intende rafforzare la trasparenza TTIP .
I risultati della pubblica consultazione aperta dal mediatore in tema di trasparenza del TTIP saranno resi noti questo mese.
A settembre la Commissione europea (guidata da un indagato per aver favorito le multinazionali quando era a capo di un paradiso fiscale chiamato Lussemburgo) decise di bloccare una consultazione pubblica europea sul TTIP. La coalizione STP-TTIP che raccoglie centinaia di organizzazioni sociali europee ha risposto non solo presentando un ricorso alla Corte di giustizia europea. Intanto le firme sono arrivate a 1,3 milioni (http://ttip2014.eu/eci.html) e la campagna anti TTIP continua in tutti i paesi europei.
L'abbraccio mortale
Quello che è stato divulgato del TTIP è motivo di grande preoccupazione. Ci vogliono convincere della grande occasione di un Mercato Unico translatlantico. Credono che i cittadini europei abbiano l'anello al naso, che non si ricordino che la crisi (in cui siamo ancora immersi) è frutto delle magnifiche sorti della globalizzazione. Il mondo connesso e reso un villaggio ha consentito alla speculazione di assestare colpi micidiali, di distruggere e trasferire ricchezze in tempi supersonici, di rendere i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Ma a parte queste amare verità dall'altra parte dell'Atlantico con c'è un'altra Europa o un qualsiasi paese con il quale regolare 'normalmente' interessi e contrasti. No. C'è quella che rimane l'unica potenza imperiale del momento. Quando i maître à penser cercano di convincere gli irriducibili antiamericani che l'Amerika non è più la super potenza incontrastata, che deve fare i conti con i Brics (uno sport oggi molto praticato a sinistra). Viene proprio da ridere. Se gli Usa dimostrano meno attivismo in qualche scacchiere non è perché sono indeboliti ma perché non hanno neppure bisogno di sporcarsi le mani. La supremazia informatica e militare, agroalimentare, monetaria degli Usa è schiacciante. Di là dell'Atlantico ci sono gli Usa e di qui un'Europa politicamente, militarmente, spiritualmente debole. Nella Fortezza atlantica il ruolo dell'Europa è quello del soccombente.
Il potere non solo di fatto ma anche di nome alle corporation, alle lobby, alle tecnocrazie
Attualmente le multinazionali hanno già un enorme potere politico e nessuno pensa di vivere in una democrazia e che sarà il TTIP a cambiare radicalmente le cose. Siamo consapevoli di vivere in un “libero mercato” dove a decidere cosa debba essere “libero” e cosa no assogettato a logiche monipolistiche e totalitarie è la convenienza delle corporation. Se venisse adottato il TTIP, come discusso e analizzato da una ormai nutrita letteratura scientifica (e non sulla base di chiacchere da bar e da blog) si verrebbe a determinare un salto di qualità che conferirebbe un potere governamentale delle corporation e alle lobby su basi giurifiche talmente forti da superare (unito alla 'normale' capacità di pressione) qualsiasi potestà normativa degli organismi politici elettivi (dal comune al parlamento). Il TTIP si propone di abbattere le “barriere non tariffarie” ovvero il complesso di regole che bilancia il “diritto all'arricchimento”, il sacro diritto degli investitori alla remunerazione del loro capitale con finalità di tutela ambientale, sociale, sanitaria, di tutti quei valori e beni pubblici che il mercato non è in grado con i suoi automatismi dirispettare esponendo la società a gravi pericoli.
Se, come moltipaventano, nel TTIP sarà inserita la possibilità per gli interessi economici che si sentolo “lesi” da una norma di rivolgersi ad un arbitrato internazionale, ovvero ad un sistema ISDS (Investor-state dispute settlement), il TTIP diventerebbe un regalo immenso alle multinazionali. Esse qualora volessero contestare una regolamentazione statale o comunitaria troppo stringente potrebbero rigolgersi all'arbitrato dotandosi così di un potente mezzo per il contrasto di politiche e leggi democraticamente adottate ma divergenti dalle loro strategie e sottraendosi ai tribunali. I contenziosi tra gli stati del Sud America e le multinazionali dovrebbero insegnare qualcosa. Più di recente l'appello ad un arbitrato internazionale (sulla base del Natfa che ha creato un “mercato unico” tra Canada, Usa e Messico) ha contestato la moratoria contro lo shell gas decisa dall stato dell'Ontario. Sulla base del principio che “si danneggiano gli interessi degli investitori”. Appare chiaro che, con questa logica, stati, autorità municipali, regionali non possano che arrendersi. Perché? Perchè si tratta di procedimenti segreti, costosi, senza appello. Fatti su misura per le multinazionali. Perché uno stato può essere chiamato a pagare per compensare l'interesse leso (succede nella maggior parte dei casi). Con questo meccanismo minaccioso uno stato (un ente con potestà legislativa in generale) può essere portato a modificare la propria legislazione, a non introdurre leggi sgradite alle corporation. Un vero e proprio potere legislativo consegnato loro.
Ulteriore spostamento sancito dalla costituzione giuridica del potere governamentale dalle istituzioni rappresentative alle tecnocrazie e alle lobby si determinerebbe a seguito della verifica preventiva da parte delle parti contraenti del trattato e dei portatori di interessi di ogni legge e regolament che potrebbe influenzare negativamente gli scambi. Così proposte della Commisisone o dei Governi europei verrebbero esaminate e discusse prima dalle lobby e dalle tecnocrazie che dai parlamenti. Abbastanza per dire che il commercio o meglio gli interessi delle multinazionali diventano fondamento del diritto sostituendosi anche sul piano formale alla “volontà generale”. Diventando soggetti del potere legislativo come camdidamente ammesso dalla US Chamber of Commerce e da Business Europe (la Confindustria europea) “Interest groups would sit together at a table with regulators, in order to write laws together” [I gruppi di interesse siederebbero allo stesso tavolo dei regolatori al fine di stendere insieme le leggi] [1]. Il tutto senza cambiare le Costituzioni. Oplà.
I campi interessati al trattato
L'effetto generale sull'economia e l'occupazione in Europa in conseguenza dell'introduzione del TTIP dipenderà dalla difficoltà di alcuni settori a confrontarsi con una concorrenza americana favorita da un più basso livello di protezione del lavoro. Il TIPP innescherebbe una corsa al ribasso di salari e tutele con espulsione dal mercato del lavoro di lavoratori soprattutto in Francia e Germania. Nel complesso calerebbe occupazione e Pil specie nell'Europa del Nord. Questo secondo un recente studio di una università americana (2) . Il colpo che riceverebbe l'economia tedesca spiega forse lo scarso entusiasmo della Germania , un certo atteggiamento ambivalente di Junkers (amicissimo dlele multinazionali ma voluto alla guida della Commissione dalla Merkel). L'impatto maggiore al Nord Europa rispetto che al Sud è da mettere in relazione ad una competizione più diretta tra gli apparati produttivi di questi paesei e quelli Usa (mentre la minore concentrazione italiana tende a lasciarla un po' fuori). Le conseguenze per i cittadini europei non sono solo da considerare sul piano dell'occupazione. Tutti indistintamente i cittadini europei si vederebbero esposti ai rischi di un mercato del farmaco (e più in generale dei prodotti chimici) in cui “la merce cattiva scaccia quella buona”. Prodotti a minor costo americani (anche perché sottoposti a controlli meno severi prenderebbero il posto di quelli europei.
Un obiettivo ulteriore del TTIP è l’armonizzazione della regolamentazione USA-UE in materia di proprietà intellettuale. L’impatto che avrebbe tale componente del Trattato, del tutto analoga ai contenuti del precedente Trattato USA-UE noto come ACTA - Anti Counterfeiting Trade Agreement – che venne respinto dal Parlamento Europeo nel 2012, è quello di limitare in modo rilevante il libero accesso alla conoscenza sul web e di dare un potere enorme nella gestione dei dati personali alle grandi multinazionali del settore.
Appalti e servizi pubblici con il TTIP (sulla scorta del CETA, il parallelo trattato con il Canada) dovrebbero adeguarsi al massimo livello di liberalizzazione. Vorrà dire che se un servizio o un'opera sono offerti a costi più bassi da una società canadese (o Usa) lo stato europeo dovrà affidarli ad essa aprendo la logica dei servizi e degli appalti alla competizione globale. Presentate le cose in questi termini parrebbe che tutto il male provenga dall'altra sponda dell'Atlantico desiderosa di colonizzare l'economia europea in forza di una struttura economica che può contare su maggiori dimensioni e una “competitività” che deriva da un grado più basso di protezione sociale e ambientale, da una più feroce esternalizzazione di costi. In realtà non è proprio così perché alcune delle più potenti corporation sono europee e perché nel cruciale ambito finanziario sono le banche europee a spingere per poter abbattere le norme restrittive “post-Lehman” introdotte dall'amministrazione Obama e poter riguadagnare terreno nei mercati finanziari americani.
Sul cibo i gioca gran parte del controllo del potere mondiale
La partita principale, quella veramente strategica, che si gioca intorno al TTIP è quella che riguarda i settori agro-alimentare e quelli collegati della chimica, delle sementi, del biotech. L' “armonizzazione” degli standard per i prodotti e la rimozione delle “barriere non tariffarie” diventa preoccupante quando si passa a considerare gli alimenti per l'uomo e il bestiame e le materie prime agricole. Gli standard per gli alimenti sono attualmente molto dissimili tra Europa e Usa. La struttura delle filiere nei due sistemi è radicalmente diversa. La politica Usa del cibo è basata su costi estremamente contenuti della materia prima. L'agricoltura si regge sui sussidi. Essa “regala” alle filiere materie prime a costo quasi zero e sopravvive grazie agli aiuti. L'aiuto è in realtà alle filiere industriali che hanno potuto crescere assumendo dimensioni enormi. Cereali, carne, latticini sono controllati da pochissimi gruppi (3-4 per settore, a volte gli stessi in più settori) che controllano un mercato monopolistico di semilavorati. Il punto di forza delle filiere Usa non sta tanto nella fase di produzione alimentare vera e propria quanto nel livello intermedio dei sistemi di logistica (trasporto e magazzino) pensati per un enorme mercato nazionale dove merciare lo stesso prodotto standardizzato. Nonostante l'elevata quota di valore aggiunto assorbita dal packaging e dall'advertising (per creare una differenziazione apparente di prodotti basati sulle stesse poche materie prime di scarsa qualità) il prezzo finale del prodotto al consumatore è basso. Una circostanza che favorisce cattive abitudini di consumo e l'abbruttimento (e il controllo psicopolitico con le leve del junk food e della pubblicità) di ampi strati sociali a basso livello socioeconomico .
Ben diversa, nonostante tutto, la situazione europea dove la materia prima (interna) ha un costo superiore e la fase di trasformazione alimentare vera e propria assume più importanza garantendo un prodotto di qualità maggiore (rispetto al junk food Usa, si intende). Il prodotto europeo anche quando agli occhi del consumatore italiano appare “di massa” è pensato per un mercato definito, per lo più nazionale, al massimo europeo. La politica sin qui seguita dalla UE ha puntato a proteggere il mercato interno dalla penetrazione di cibo di massa di scarsa qualità delle imprese globali ed è stata meno interessata a sostenere l'esportazione (per quanto impoerante) di cibo di qualità. Il sostegno al settore agroalimentare, oltre che a motiviti di stabilità politico-sociale, risponde ad un sistema sanitario pubblico che deve farsi carico dei maggiori costi determinati da una cattiva alimentazione.
Abbattere le barriere non tariffarie significa spalancare le porte a un prodotto americano di massa che può far breccia grazie al prezzo scardinando il sistema agricolo europeo. Con tutte le conseguenze per la salute oltre che in termini di perdita di occupazione. Il vantaggio per i grandi gruppi agroindustriali Usa di espandere il loro mercato in Europa è evidente, meno evidente quello per l'Europa che non può certo contro-invadere il mercato Usa dal momento che i propri prodotti sono destinati ad un mercato di fascia medio-alta. Una resa politica si direbbe, un Atlantismo economico e alimentare masochistico.
Cosa potrebbero spacciare in Europa i gruppi agroindustriali americani?
Carne di pollo. Negli Usa è trattata con disinfettanti a base di cloro. L'importazione è bloccata in Europa dal 1997. Nel 2008 la decisione di togliere l'embargo è stata confermata. Come per l'uso degli antibiotici la scelta Usa rispecchia una filosofia “low cost” poco attenta alla salute e all'ambiente. Laddove la UE applica misure igieniche rigorose lungo tutta la catena alimentare, e quindi non ha bisogno di intervenire con un trattamento di decontaminazione finale con la varechina, gli americani preferiscono risparmiare su controlli e misure di igiene ambientale. Inutile aggiungere che l'abuso di dinfettanti a base di cloro determina rischio di rersistenza nei patogeni e contaminazione ambientale.
Antibiotici
e Probiotici. Negli Usa l'80% degli antibiotici viene utilizzato
nell'industria zootecnica. L'Unione Europea, consapevole dei rischi
di resistenza agli antibiotici) ha messo al bando i probiotici
(antibiotici “celettivi” somministrati ad animali sani per
produrre di più). L'uso degli antibiotici anche per “prevenzione”
comporta la loro somministrazione ad animali sani moltiplicando le
occasioni di induzione di fenomeni di resistenza. Purtroppo molti
pericolosi patogeni hanno sviluppato per via dell'abuso clinico (in
medicina umana e veterinaria) e dell'abuso zootecnico ceppi
resistenti ai normali antibiotici. L'organizzazione mondiale della
sanità nel suo rapporto del 2001 sul monitoraggio della resistenza
microbica agli antibiotici scrive: “la resistenza agli antibiotici
non rappresenta una minaccia futura , è già present, si sta
verificando in tutto il mondo e sta mettendo a rischio la possibilità
di trattare comuni infezioni nelle comunità e negli ospedali. Senza
un'azione urgente e coordinata il mondo sta per entrare in un'era
post-amtibiotica nella quale anche comuni infezioni o pisccole ferite
che sono state curate con successo per decenni, potranno ancora
risultare letali (2) . Il TTIP va in senso contrario alla faticosa
assunzione di una strategia di riduzione dell'uso degli antibiotici
in zootecnia costituendo una gravissima minaccia per la salute.
Ormoni.
Negli Usa è legale l'utilizzo di ormoni per aumentare le
performances degli animali (carne e latte). Per “spingere” la
produzione delle mucche si usa l'ormone della crescita ricombinante
(rBGH) Il latte
delle mucche trattate con rBGH contiene livelli elevati di IGF-1
(fattori di
crescita insulino-simili o somatomedine),
un gruppo di ormoni peptidici dalle proprietà anaboliche.
L’American Cancer Society, anche se sono necessari approfondimenti,
ha indicato un legame tra IGF-1 e lo sviluppo di alcune forme
tumorali. Per
incrementare la produzione di carne si utilizzano vari ormoni
steroidei anabolizzanti (naturali o sintetici). Questi ormoni sono
potenti interferenti endocrini in grado di indurre effetti tossici su
base ormonale anche a dosi molto piccole.
Le consenguenze consistono in alterazione della fertilità e dei
caratteri sessuali secondari, disturbi cardiaci. Un'ulteriore
categoria di ormoni utilizzati nella produzione di carne sono i
beta-agonisti (clenbuterolo, ractopamina, salbutamolo).
Vietati in Europa e molti altri paesi.
Ogm.
Enormi sono le problematiche sollevate dal TTIP in materia di Ogm.
L'industria granaria Usa preme per una sollecita approvazione delle
nuove sementi Ogm con più caratteristiche modificate. La Ue si
“intestardisce” a voler valutare ciascuna modifica genetica
mentre l'industria biotech Usa vorrebbe che l'approvazione avvenisse
in blocco... e in fretta.
Questo è solo un aspetto del contenzioso Ue-Usa che verrebbe
“appianato” dal TTIP con buona pace di chi in Europa (e sono
interi stati, o regioni) mantiene una linea di resistenza.
SOA. Sottoprodotti di origine animale. Dopo la vacca pazza (ma ricordiamo anche la peste suina e l'afta epizootica) la UE ha adottato misure restrittive sull'utilizzo dei SOA per la preparazione di mangimi e di pet food. L'industria Usa della carne e dei mangimi intende far togliere queste misure di precauzione che a loro dire hanno ridotto drasticamente l'export verso la UE. Le epidemie sopra ricordate hanno causato enormi danni ai produttori ma anche rischi per la salute umana.
Benessere animale. Negli Usa la fortissima e verticalmente integratissima industria zootecnica (carni e latte) ha sinora impedito l'adozione di norme sul benessere animale analoghe a quelle europee. Quindi uno degli obiettivi della politica di “abbattimento delle restrizioni non tariffarie” riguarda una revisione al ribasso delle norme Ue per equipararle a quelle più lassiste in vigore oltre Atlantico.
Carni congelate, carni a basso costo. L'industria delle carni Usa empre più orientata all'export considerato che i consumi interni non possono più crescere chiede l'abolizione di ogni diritto di importazione su carni di suino e pollo. Per dare una idea della concentrazione dell'industria della carne suina basti pensare che la maggior parte dei suini da macello sono commercializzati da unità produttive che ne commercializzano più di mezzo milione all'anno. Un grado di concentrazione che in Europa è impossibile.
Al di là di singole richieste l'industria Usa del mass food vuole che l'Europa rinunci al principio di precauzione nei confronti delle nuove tecnologie. La capacità di sfornare nuove “trovate” tecnologiche del sistema americano è senz'altro superiore a quella del sistema europeo in forza di investimenti elevati in sviluppo & ricerca. Non si tratta, però, di innovazioni che promuovono il benessere, la salute la tutela dell'ambiente ma che sono finalizzate a strategie di ulteriore concentrazione e aumento di profitto. Sarebbe quindi disastroso se l'Europa cedesse . Il punto è che la competitività dell'industria agroalimentare Usa è una competitività drogata che scarica sui produttori agricoli, sulla salute dei consumatori e sull'ambiente i suoi costi . Per l'Europa seguire gli Usa su questa china equivarrebbe a un disastro sociale e ambientale.
Chi decide?
Abbiamo visto che ai cittadini europei è stato impedito di indire una consultazione “i sudditi non devono immischiarsi in trattative internazionali in corso”. L'Europa sa così svelare il suo vero volto. Vi sono temi indisponibili alla discussione democratica sia da parte dei cittadini che dei parlamenti. Attraverso i trattati internazionali e il commercio – sui quali i sudditi della Ue non devono mettere becco – vengono modificate le loro vite, i loro sistemi economici e sociali senza che nessuno sia interpellato. Quando deciso da comuni, regioni, stati diventa carta straccia. Se fosse per la Commissione europea sul TTIP gli stati potrebbero no essere interpellati. Essa la interpreta come un trattato che riguarda la sola Ue. Una interpretazione “imperiale” che, per fortuna, trova ostile la Germania che interpreta il TTIP un trattato “misto” che coinvolge anche gli stati. In questo caso si direbbe per fortuna che c'è la Germania a ricordare alla Ue (commissione, Bce) che, sulla carta, essa è un club al quale stati in illo tempore sovrani (con tutte le limitazioni del caso) aderirono volontariamente. Non dovrebbe essere (come invece parrebbe molto spesso) la Padrona degli stati e dei sudditi.
Un sussulto salutare?
Il TTIP nella sua brutalità ha prodotto una reazione in Europa. Quando ancora in Italia quasi nessuno sapeva cosa fosse nelle piazze europee e a Bruxelles si sono organizzate manifestazioni di inedità vivacità. Da noi c'è voluto Report dare la sveglia. E per darci la misura di che tipo di personaggio è stato messo a fare l'imbonitore per conto della Troika. Per l'imbonitore il TTIP è una meravigliosa occasione, una “rivoluzione culturale”. Il ragazzo è OK.
Renzi: “Il Ttip ha l’appoggio totale e incondizionato del governo Italiano”
Note
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Eberhardt, P., “Weniger Demokratie wagen? Geheimniskrämerei und Konzernlobbyismus prägen die transatlantischen Handelsgespräche” [Risking a reduction in democracy? Secretiveness and big business lobbying characterise the transatlantic trade discussions], in Martin Häusling (ed.), TTIP: No We Can’t, Wiesbaden, 2013, p. 17.
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