Ruralpini resistenza rurale
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Lupo


  "Non ci facciamo prendere
in giro da WolfAlps"
(allevatori e questionari)
Gli allevatori ossolani del Comitato di salvaguardia non le mandano a dire a WolfAlps.  Si rifiutano di rispondere all'ennesimo questionario, di collaborare con chi vorrebbe che smettessero la loro attività (in Ossola i sistemi di alpeggio sono incompatibili, nelle condizioni attuali, con una massiccia presenza del lupo). Con chi, oltretutto, vorrebbe passare come super partes, finge di voler aiutare gli allevatori nel mentre nasconde loro anche la presenza dei lupi e poi pretende anche di essere riverito, un po' come un boia che esiga la collaborazione delle sue vittime. C'è una grande dignità e consapevolezza in questi piccoli allevatori: Davide contro Golia, ma non si rinuncia a lottare. La bandiera rurale-contadina-montanara della capra contro quella ambientalista-urbana del lupo. Oppongono alla macchina da guerra di WolfAlps i loro poveri mezzi, tra un'uscita al pascolo, una foraggiata alle capre e la preparazione di un formaggio, bloccati dal lockdown (che favorisce le grandi organizzaizoni abituate al lavoro in remoto e tecnologicamente attrezzate). A loro tutta la nostra ammirazione, agli arroganti signorotti feudali di WolfAlps, tutto il nostro disprezzo.

Un'immagine simbolo del conflitto sociale, politico,  culturale che oppone i difensori della ruralità, della montagna, dell'autonomia dei territori e delle comunità di montagna ai centri di potere che, ieri come oggi, utilizzato pretesti "ambientali" per soggiogare le "periferie". E' una guerra impari perché le regole del gioco le detta chi ha il potere (la burocrazia, gli ambientalisti urbani e i poteri forti dietro di loro), ma l'Ossola non vuole dichiarsi sconfitta il partenza. E lotta. A testa alta. Gli umuli contro i potentes, le spontanee parole di sincerità e indignazione contro il politically correct del potere.

(07/04/2021) Arriva dall'Ossola
la risposta degli allevatori a WolfAlps. Pare di assistere a una storia che ritorna da lontano: la ribellione dei piccoli contadini contro le prepotenze dei signori feudali, quelli che oltre a sfruttare i "villici" pretendevano anche gli omaggi, i segni di sottomissione (ma che in compenso li difendevano con la propria spada). I nuovi signori feudali sono peggiori.
ventolando la stendardo del lupo, si nascondono dietro l'etichetta di un "innocente" progetto Life "per l'ambiente". Sono un'organizzazione ombra ramificata in vari settori degli apparati pubblici, a Roma come a Bruxelles. Il pubblico vede solo la punta dell'iceberg, personaggi furbi e spregiudicati, con grande autoconsiderazione, molto attenti all'interesse personale e della loro cerchia lupista, ma - questo è il punto - non certo
all'altezza delle milionate che si trovano a gestire e sicuramente privi della caratura di strateghi di un progetto politico come WolfAlps . Un progetto di grande impatto che sta esautorando le istituzioni elettive (in fase di profonda crisi), che ridicolizza la Regione Piemonte , che ridicolizza i partner (compresi i Parchi che impegnano risorse ma non hanno voce in capitolo e si vedono comandati a bacchetta dai responsabili di WolfAlps seza potyer dire la loro). In progetto che bypassa le istituzioni  territoriali e si fa bedde della democrazia imponendo de facto - senza che vi siano cambiamenti legislativi e istituzionali -  un più stretto controllo del territorio, una governance opaca di lobby e tecnoburocrazie.



Ossola indomita

Non è un caso che la ribellione contadina scoppi in Ossola, la valle "piemontese" solo per fortunate manovre diplomatiche settecentesche, comunque restata lontana dai Savoia e da Torino, la valle della repubblica partigiana (dove, a differenza di altri posti, la resistenza è stata una cosa seria), la valle delle mai morte pulsioni autonomistiche, del diffuso piccolo allevamento che resiste caparbiamente e attira anche nuove forze.



Un allevamento basato in buona misura sulle capre, animali utilissimi per l'autosussistenza contadina ma che - pur molto socievoli, docili, non amano la sottomissione e vengono per questo considerati "ribelli". Non a caso i poteri esterni, le burocrazie, le polizie forestali hanno sempre odiato la capra e i suoi allevatori. Una volta le opponevano l'esigenza di tutelare i boschi (distrutti non dalle capre ma da un'industria che, ancora a fine settecento, poteva contare solo sull'energia della carbonella), oggi il lupo. Ma è sempre il finto ambientalismo dei poteri forti, che schiacciano i deboli che cercano di sopravvivere e di mantere una certa indipendenza e capacità di gestire le risorse del proprio territorio.


Vittoria Roboni, allevatrice di capre e
presidente dell'Ente aree proterre dell'Ossola


Si potrebbe aggiungere che l'Ossola è la valle dove il presidente dell' "Ente aree protette" sta dalla parte degli allevatori e non di WolfAlps, la provincia esclusivamente montana dove anche il presidente sta con gli allevatori, anche lui contro WolfAlps.


Il presidente della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Arturo Lincio. E' sindaco di Trasquera, un paese dalle forti tradizioni di allevamento caprino


L'ultima occasione di contestazione contro i "signori del lupo" è stata fornita dall'arrivo dell'ennesimo questionario, una formalità mediante la quale WolfAlps deve dimostrare ai suoi finanziatori di "ascoltare" gli stakeholders, i portatori di interessi. Una farsa, considerando le domande impostate a manipolazione grossolana (pensano che i "villici" abbiano l'anello al naso).


Gesine Otten, una delle coraggiose animatrici del Comitato, dal 2002 impegnata a suscitare la reazione degli allevatori, della gente ossolana contro il piano lupista di sottomissione.

Vogliono verificare se, nel tempo, grazie alla massiccia propaganda (che assorbe una bella fetta delle milionate incassate) il villico si stia "addomesticando", abbia imparato la lezioncina sul lupo. Sia diventato politically correct. Se si rassegni e pieghi la testa al padrone.
Ma lasciamo che parlino gli allevatori.


Il Comunicato


Mentre gli allevatori, in vista della prossima stagione di alpeggio, sono seriamente preoccupati per i propri animali, considerato l’aumento del numero dei lupi (riconosciuto anche dal progetto Life Wolfalps), quest’ultimo rilancia ancora una volta una “campagna demoscopica”, attraverso questionari vecchi di otto anni e indirizzati a vari strati della popolazione. Gli allevatori intendono rifiutarsi di partecipare, per la terza volta, a un sondaggio che non sa rispecchiare minimamente le problematiche che la presenza dei lupi ha creato nelle valli della provincia. Già in passato il progetto europeo ha dimostrato di non sapere sfruttare i risultati di questi sondaggi per supportare in modo efficace chi si deve confrontare quasi giornalmente con la presenza di lupi sul territorio. Mancano , fra l’altro, alcune domande che, allo stato attuale della problematica a livello nazionale, potrebbe essere veramente utile, ovvero:

1- "Sei d'accordo che serve cominciare a gestire i lupi con un contenimento numerico della specie?". Al contrario chiedono se si è d'accordo con la caccia al lupo. Questa formulazione del quesito induce facilmente la gente a pensare a battute di caccia indiscriminata (ecco come è facile influenzare le risposte!).

2- "Sapevi che in Svezia è stata inserita una zona dove non sono ammessi i lupi per salvare le renne e la cultura del popolo Sami? Saresti d'accordo che anche in Italia vengano previsti territori non adatti al ripopolamento dei lupi per salvaguardare l'alpicultura tipica della montagna?”

3- "Sapevi che a livello internazionale, condiviso anche da Life Wolfalps, esiste lo studio: MANAGEMENT OF BOLD WOLVES Policy support Statement of the Large Carnivore Initiative for Europe, dove si prevede che lupi che si avvicinano a più di 30 metri dall'essere umano sono da considerare 'esemplari problematici' e deve essere assolutamente perseguita una politica di gestione degli stessi".

4 - "Sei d'accordo che anche in Italia venga attivata una 'gestione attiva' per ridurre il rischio che i lupi perdano il timore degli esseri umani con le relative conseguenze"

Nell’insieme il questionario non affronta i problemi reali e neppure le modalità per ottenere un quadro veritiero e realistico della situazione, ma funzionale solamente a una visione positiva dei lupi e a minimizzare i problemi (che è poi lo scopo di tutto il milionario progetto).Lo stesso si può dire per le modalità utilizzate per attuare il monitoraggio recentemente reso pubblico e per i risultati raggiunti. Essi, pubblicati solamente ad un anno di distanza, riguardano infatti più che altro genealogie di lupi ma non mettono in evidenza in alcun modo ciò che serve agli allevatori e alla popolazione: quali branchi o singoli lupi siano stati responsabili di attacchi ad animali domestici, quali siano gli individui “confidenti” e che penetrano spavaldamente nei paesi abitati.Il progetto ha già dimostrato non essere in grado di aiutare gli allevatori della nostra provincia montana; le problematiche indotte dalla crescente presenza dei lupi rimangono le stesse e non si sono proposte di soluzioni valide ed applicabili per salvaguardare il nostro tipico sistema di allevamento.Non vi è altro da fare, come gli allevatori sostengono da tempo, che cambiare la normativa sulla protezione totale dei lupi e sulla possibilità dell'autodifesa del bestiame e degli esseri umani.Nessuno può più seriamente sostenere che i lupi siano a rischio di estinzione visto che sono stati cancellati dalla Lista Rossa IUCN. Sarebbe ora di adeguarsi ai tempi. È ora che la specie venga contenuta e che nei confronti degli esemplari e dei branchi che predano ripetutamente il bestiame e che entrano nei paesi vengano messe in atto azioni tali da esercitare un’efficace
deterrenza.


Il Comitato Salvaguardia Allevatori VCO, 6 aprile 2021



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