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Politica

Intoccabile ambientalismo?
 Forse non più


Una "transizione energetica" ed ecologica che pone seri problemi di costi economici e sociali pensata per penalizzare i più poveri. Il sostegno ambientalista che va solo a soluzioni "ecologiche" gradite al business. Nessun impegno a incalzare le istituzioni e a scontrarsi con i grandi interessi economici su temi realmente ecologici. C'è poi l'irritante animal-ambientalismo di stato di Costa, esagerato e plateale, con la farsa dell'orso Papillon. Il WWF che sfascia impunemente le spiagge (con Jovanotti). Tutto ciò sta facendo aprire a molti gli occhi. E così si sta rompendo il tabù dell'ambientalismo buono, puro e santo che nessuno, tranne i fautori impavidi dell'energia nucleare e degli ogm, osava criticare. Così qualcuno, oltre i "soliti matti", inizia ad avanzare dubbi sul WWF e sugli scienziati dell'Ispra.




di Michele Corti


(21.07.19) Fino a poco fa erano considerati degli eccentrici (a dir poco) quelli che osavano denunciare - da posizione di ecologia integrale - l'imbroglio ecologico, ovvero il ruolo di sempre più importante puntello ideologico fornito dall'ambientalismo a quel capitalismo terminale che sta portando a livelli senza precedenti lo sfruttamento dell'uomo e della natura non umana. Ma la storia, ancorché non essersi fermata con la pretesa vittoria definitiva del liberalismo e del capitalismoi globael, corre in fretta. Solo pochi giorni fa (vai a vedere) riflettevamo sul ruolo sempre più "di governo" assunto dall'ambientalismo. L'entrata dei verdi nella maggioranza europeista (quella dell'egemonia germanica e dell'ordoliberismo che ha vampirizzato la Grecia), lo smaccato sostegno a Greta da parte dell'establishment, l'autoproclamazione del sindaco Sala a capo del nuovo partito liberal-ambientalista, sono segnali univoci. Il sistema dell'aristocrazia finanziaria euromondialista non può più contare sulle sinistre tradizionali per ottenere consenso, pace sociale, passività. Serve un nuovo inganno, l'imbroglio ecologico, con i corollari del catastrofismo climatico, delle truffe sull'energia rinnovabile (o presunta tale), della necessità di colpevolizzare i cittadini-consumatori per comportamenti che vengono loro imposti da un sistema incapace di "conversione ecologica". Quelli che vengono contabbandate come "misure ecologiche" sono solo dei palliativi adottati, attraverso al leva fiscale e del mercato, solo se i costi sono scaricati sui lavoratori, gli utenti, i consumatori.

Non si vede una svolta ecologica (ma pseudo soluzioni ecologiche vengono fatte pagare care al popolo)

I trasporti aerei sono in continua crescita, persino i voli "domestici" crescono al ritmo di percentuali a due cifre all'anno nei paesi più popolosi. E poi si parla di emergenza climatica.



In realtà il capitalismo globale si regge sulla crescita illimitata, che difficilmente può essere compatibile con una riduzione dei consumi energetici e delle emissioni climalteranti.  La crescita dei sistemi di trasporto è conseguenza della spinta inarrestabile alla mobilità di merci e persone che rappresenta il cuore del globalismo economico ma anche ideologico.  I processi di delocalizzazione e la crisi dei sistemi agricoli e manifatturieri, che non reggono alla concorrenza globale dei paesi con bassi livelli di protezione sociale e ambientale, spingono le merci a una circolazione sempre più intensa sul piano sempre più liscio e levigato del mercato globale senza più confini e barriere. La spinta che induce le multitudini all'instabilità e alle migrazioni, fa sì che esse non siano più unidirezionali e permanenti, ma multidirezionali e tendenzialmente temporanee. Mentre gli africani arrivano in Italia, per poi spostarsi ancora altrove, gli italiani emigrano verso paesi con stipendi più alti e tassazione più bassa, in un gioco senza fine, perché la pressione di questi spostamenti continui e incrociati non può che avere come esito l'abbassamento delle condizioni salariali e dei diritti sociali.
Fin dalle scuole superiori i ragazzi vengono incitati a entrare nella logica Erasmus che prepara il futuro laureato a sentirsi gratificato ed emancipato perché fa il lavapiatti a Londra. Intanto prende l'aereo e le emissioni vanno su in barba a tutti gli osanna alla povera Greta, un pappagallino usa e getta. 
I "moderni" sistemi di distribuzione accentuano la movimentazione delle merci, offrendo prodotti provenienti da lontani paesi con l'illusione di un prezzo inferiore che spesso nasconde caratteristiche di minore qualità o idoneità all'uso (ancora condizionato da fattori e usi locali)  rispetto al prodotto disponibile a km zero (offerto nei canali tradizionali a prezzo analogo o poco superiore). L'accentuazione del cammino delle merci e la tendenza agli acquisti online con le consegne a domicilio comporta maggior uso di materiale per il confezionamento e l'imballo (si pensi alla quantità di carta e di plastica che avvolge libri e oggetti fragili). Gli ingenui si aspetterebbero che le cose si invertissero. Nei grandi sistemi commerciali no.




Molto si discute sulla transizione dai propulsori a combustione interna degli autoveicoli a quelli elettrici. In un mercato maturo , con tassi di profitto depressi, una nuova tecnologia che spinga a sostituire i veicoli in circolazione con quelli elettrici, più costosi, potrebbe - se si realizzano determinate premesse - dare impulso al settore, non senza determinare un'ulteriore concentrazione dell'industria. Ma senza forti incentivi l'auto elettrica il mercato non la vuole. Essa, però, rappresenterebbe un reale fattore di riduzione delle emissioni globali? Nessuno nega il vantaggio dei veicoli elettrici nel ridurre le emissioni di polveri sottili nei grandi centri urbani inquinati ma, quanto ai gas serra globali, i veicoli equipaggiati con motori diesel più efficienti (Euro 6), nel corso del ciclo di vita (costruzione, uso dell'auto, smaltimento) emettono meno di in  veicolo elettrico.  In realtà non conta solo il modello dell'auto (e di batteria montata) ma il mix di fonti energetiche utilizzate per produrre l'energia elettrica immessa in rete. Così in Francia un modello elettrico può emettere nel ciclo di vita 100 g di  CO2 equivalente mentre in Germania  il doppio. Come mai?  La  Germania ha abbandonato il nucleare e sta ancora usando il carbone. I tedeschi sono tanto virtuosi e danno lezioni e bacchettate agli altri ma abbandoneranno il carbone solo nel 2038 (i verdi sono d'accordo). Quanto al nucleare francese a fronte della riduzione delle emissione vi sono i problemi enormi di centrali vecchie (di 50 anni) da smantellare, una grande centrale di nuova generazione (Flammanville) iniziata nel 2007 e prevista operativa per il 2012 che, forse, entrerà in esercizio nel 2024 con costi lievitati da 3,5 a 11-15 miliardi di euro. Intanto le vecchie centrali, che provocano la radioattività della Loira anche se non si dice, continuano a funzionare.



Gli ambientalisti sono pronti allora a spingere per le energie rinnovabili. Ma è tutto oro quello che luccica? L'esperienza degli anni passati ha insegnato che il boom del fotovoltaico (e di altre forme di "rinnovabili") era legato a regimi di incentivazione fortemente distorsivi e onerosi in termini di bolletta energetica. Hanno pagato i poveri per far guadagnare i ricchi (spregiudicate società che sapevano "muoversi" sul terreno dei percorsi autorizzativi e dei rapporti con la politica locale). Non solo, ma
il boom drogato dei pannelli fotovoltaici  ha premiato l'importazione dalla Cina e umiliato la tecnologia e la ricerca tecnologica italiane e va considerato che la maggior parte di quelli installati sono ancora di vecchia generazione, con costi energetici ed emissivi di smaltimento molto elevati (tanto da compromettere nel ciclo di vita l'effettivo ruolo di riduzione delle emissioni climalteranti).  Nel 2018, in Italia, monostante la crescita dei consumi energetici, la produzione di solare e di eolico, per la prima volta è arretrata e nel complesso le "rinnovabili" che sono cresciute solo grazie all'idroelettrico (un anno di buone precipitazioni rispetto alle "magre" degli ultimi tempi). Una conferma che le rinnovabili - così come sono state concepite - non sono economicamente sostenibili.


Nel 2018, dopo alcuni anni di flessione, l'idroelettrico ha fatto registrare una buona produzione
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 Non parliamo poi delle speculazioni in materia di eolico e biomasse che hanno condotto alla realizzazione di impianti con forti impatti ambientali, rispetto ai quali è stata la legge stessa a imporre di chiudere gli occhi e di legalizzare gli scempi. Quanto poi all'utilizzo dei rifiuti (urbani e industriali) per produrre energia siamo a livello di ecocrimine: lauti guadagni per qualcuno a prezzo di emissioni tossiche in atmosfera che si potrebbero evitare e vengono consapevolmente causate per fini speculativi. Le "rinnovabili", in definitiva, hanno presentato, specie in Italia, molti lati oscuri. Ma rinnovabili  pulite ed economiche sono dietro l'angolo?  Nemmeno a parlarne.  Tutte le alternative di cui si discetta sono  basate su tecnologie poco mature  e comporterebbero costi elevati dell'energia. La decarbonizzazione è quindi lontana e non si sta neppure ottenendo risultati sul fronte del disaccoppiamento dei consumi energetici dal PIL. La ripresa del PIL ha comportato l'aumento dei consumi energetici mentre premessa di ogni strategia di "transizione" dovrebbe essere un aumento meno che proporzionale di essi.

Gli ambientalisti  preferiscono fare i consulenti delle grandi imprese capitalistiche, entrare dei loro cda e vendere indulgenze ecologiche

Considerando le difficoltà sui fronti delle energie rinnovabili, la risorsa su cui puntare dovrebbe essere il risparmio energetico e la riduzione dei consumi. Si continua purtroppo a far credere che il benessere dipenda dal PIL e dai consumi energetici ma non si pensa all'energia e alla materia sprecata, alle merci programmate per durare pochissimo e diventare problema di smaltimento. Non si pensa che la buona salute riduce il PIL (meno operazioni chirurgiche, ricoveri, farmaci) e che al capitalismo conviene guadagnare sulla vendita di prodotti chimici, sulla produzione inquinante di energia e poi su quella dei farmaci (i chemioterapici oncologici sono costosi). Non si pensa mai abbastanza che una cattiva gestione dei rifiuti crea PIL, premiando, oltretutto, soggetti malavitosi e creando inquinamento. Non si pensa abbastanza che finchè il rifiuto rappresenterà un business lucroso per pochi attori (che si spartiscono un mercato fortemente condizionato dalla politica), il rifiuto non calerà mai.
L'energia da rifiuti non è una risorsa perché per produrre quei rifiuti, raccoglierli, trasportarli si è utilizzata energia. Il trucco consiste nell'imputare al consumo del prodotto, prima di diventare energia, il costo energetico. Così il rifiuto figura, a torto, energia "a gratis". Ma è una finzione, un gioco di prestigio contabile. Se poi pensiamo che la merce è pensata per diventare presto rifiuto progettandone dei componenti perché si logorino in fretta o perché diventi "fuori moda" la finzione cade definitivamente.  Hanno trasformato rifiuti veri e propri in biomasse da bruciare (creando inquinamento) e, all'opposto, hanno classificato rifiuti gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico (per dare lavoro alle ditte dei trattamenti rifiuti, per raccoglieril, trasportarli, manipolarli). Il compostaggio famigliare o comunitario andrebbe incentivato esentando dalla tassa rifiuti. Ma non si fa perché il rifiuto è un business e che si bruci e si composti in grandi impianti crea profitti.



Troppo poco si fa per efficientare gli edifici  (basti pensare alle detrazioni fiscali con crediti di imposta restituiti in dieci anni, come i generici lavori di ristrutturazione), troppo poco per ridurre gli spostamenti di persone e merci, che anzi il sistema tende a incrementare. Troppo poco si fa per la mobilità sostenibile (lo stesso Sala, che si candida a leader del partito ambientalista 2.0, è il primo a non volere lo scoperchiamento dei navigli milanesi per paura della "rivoluzione dei trasporti"). Le piste ciclabili sono poche, mal fatte, peggio curate, pericolose. Troppi ciclisti perdono la vita perché la città è stata pensata per le auto e si fa poco per cambiarla (tranne le ZTL per salvarsi la coscienza e fare immagine). Viali e piazze rimangono in gran parte spoglie di alberi che abbattono drasticamente la temperatura delle sedi stradali e degli edifici prospienti. Per ombreggiare gli edifici eistono poi tante soluzioni econoiche. Troppo economiche. Si potrebbe continuare a lungo. Non torniamo qui sui problemi dei parchi (nostrani ed esotici), delle ecoindulgenze, del neocolonialismo dipinto di verde, delle deportazioni di intere popolazioni in nome della tigre o dell'elefante (ma poi si scopre che è per ben altro) perché ne abbiamo diffusamente parlato di recente (vai a vedere qui).




Costa, animal-ambientalista di stato. Ma la Consulta lo sbugiarda

Il 16 luglio la corte costituzionale, come
prevedibile, ha inferto un bello smacco all'arroganza centralista di Conte e di Costa dopo aver esaminato in camera di consiglio i due ricorsi del Presidente del Consiglio verso le due Province autonome (a volte non si capisce dove sia Salvini).
In attesa del deposito della sentenza, l’ufficio stampa ha fatto sapere che la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, giudicando che la disciplina provinciale contestata rientri nell’ambito delle competenze legislative statutariamente affidate alle due Province autonome. Sono pertanto legittime le leggi provinciali d
i Trento (n. 9/2018) e Bolzano (n. 11/2018) che autorizzano il Presidente della Provincia ad adottare provvedimenti riguardanti il prelievo, la cattura e l’eventuale uccisione degli orsi e dei lupi, quando ricorrano le condizioni previste dalla normativa di derivazione europea in materia di conservazione degli habitat naturali [ovvero motivi di sicurezza, alterazione di equilibri di popolazioni faunistiche, gravi danni economici, conflitto sociale ecc.] Questo potere è diretto a prevenire danni gravi alle colture, all’allevamento e a garantire la sicurezza pubblica, quando non esista altra soluzione valida, ed è subordinato al parere preventivo dell’Ispra.
Il 4 luglio Costa attaccava frontalmente la Provincia di Trento dichiarando che l'ordinanza di cattura dell'orso M49 (per il punto sulla vicenda, prima della rocambolesca fuga dalla prigione per orsi del Casteller, vedi qui), ritenuto pericoloso anche dall'Ispra sulla base del protocollo vigente di gestione dei plantigradi (Pacobase)



Dopo la pronuncia della consulta il nostro ha cambiato tattica. Si è dimenticato il ruolo ministeriale e da buon animal-ambientalista (napoletano per giunta) ha iniziato a toccare le corde mielose e piagnucolose. "Al ministro lo chiamiamo Papillon". E giù la retorica disneyana dell'orso che anela alla libertà e l'accostamento con i forzati evasi (19 luglio). Prima faceva il gradasso e ha posto il problema della legittimità della cattura di M49 al Consiglio di stato pur sapendo bene che il medesimo Consiglio (e prima di esso il TAR Trento) avevano dato già ragione alla Provincia di Trento nel caso dell'orsa KJ2, abbattuta nel 2017. Tutta propaganda l'azione di governo di Costa: prima parla a vanvera di illegittimità dopo che per settimane e settimane si era rifiutato di rispondere alle lettere della Provincia che - pur forte del suo diritto - chiedeva l'assenso del ministro, poi si mette a fare l'animalista strappalacrime che proietta sull'animale sentimenti umani. Ha acquistato di credibilità? Solo presso gli animalisti ai quali sembra far riferimento in modo esclusivo, dimenticando che un ministro dovrebbe essere ministro di tutti gli italiani.
 



Jovanotti può suonare sulle spiagge ma il fratino non può nidificare nei palasport

Lipu (Lega italiana protezione uccelli) se ci sei batti un colpo. E finalmente il colpo è arrivato. Ovviamente non ha parlato Fulvio Majmone Capria , capo dello staff personale del ministro Costa
(sotto nella foto insieme) e presidente nazionale dell'associazione per la protezione degli uccelli. No non poteva parlare Majmone Capria perché il suo capo è andato in TV a dire, a proposito dei mega concerti sulle spiagge e (uno) in montagna (guarda qui) che: se c'è il WWF allora va bene. Una cosa gravissima che nessuno ha contestato ma che suona come: "non conta cosa si fa conta chi, se sono miei amici ambientalisti allora va bene". A proposito di oggettività e terzietà dell'azione politica pubblica.


L'ambientalismo a la WWF. "E' contro la plastica". 

 Per la Lipu ha parlato, condannando i concerti sulle spiagge (almeno quelle più a rischio) Danilo Selvaggi, Direttore generale dell'associazione, che ha detto una cosa di buon senso:
Jovanotti può suonare sulle spiagge ma il fratino non può nidificare nei palasport. Non solo il fratino (un piccolo trampoliere) ma anche la tartaruga marina che, in questo periodo, è ancora nella fase di di nidificazione. Ma a parte queste specie, legate all'habitat della spiaggia e delle dune, per poter preparare i mega concerti di Jova (con 50 mila fan) si devono spianare le spiagge utilizzando mezzi pesanti con grandi spostamenti di materiale dell'arenile. Di fatto, dopo i concerti, la vegetazione delle dune è azzerata.
La gente a questo punto dovrebbe ancora dire: "Ah ma è per una buona causa. E' contro la plastica"? Questi trucchetti una volta funzionavano bene alle chiese. "E' per Dio! E giù con le peggiori nefandezze". Il WWF, e l'ambientalismo più blasonato hanno sostituito le chiese (anche perché queste ultime collabrano a farsi scalzare e sostituire) ma quando la gente si accorge che il trucco è troppo smaccato, che di verginità ambientalista non c'è più nulla e che è solo business, allora diventa più difficile imbrogliarla. E' in atto perciò un processo di "secolarizzazione ambientalista". Sino ad oggi il WWF poteva fare e dire quello che voleva, e ben pochi osavano criticarlo, perché c'era una sorta di riverenzza sacrale e, più prosaicamente, si aveva paura matta dell'artiglieria pesante mediatica che esso è in grado di scatenare contro chi lo attacca. Ma quando il tabù si rompe ...




Le bacchettate di Vita.it colpiscono anche l'Ispra


Più che le critiche della Lipu e dei gruppi ambientalisti locali (ai quali si sono uniti qua e là anche i grillini, forse non sapendo cosa ha detto il loro ministro sui concerti di Jova) sono indicative di un nuovo clima quelle di Vita, il portale della sostenibilità economica e ambientale e, in generale, al mondo non profit (sostenuto da una galassia  di sigle  del mondo cattolico, dalle coop,  dal TCI e via discorrendo).  Non la stessa cosa delle punture di spillo di Ruralpini, un attacco dall'interno del sistema da interpretare in modo molto semplice: finché l'ambientalismo era riuscito a conservare una parvenza di distacco dal potere (almeno da quello politico) poteva essere immune dagli attacchi che i comuni mortali (gli interessi in gioco per la spartizione del potere) si scagliano reciprocamente. Ma a mano a mano che nella società di diffonde la chiara sensazione che l'ambientalismo entra a far parte del sistema (con ministri come Costa, con l'entrata degli ambientalisti nella maggioranza al parlamento europeo, con Sala che fa l'ambientalista, con Greta, con il papa che fa l'ambientalista e con le preghiere nelle chiese contro il cambiamento climatico e l'inquinamento), esso perde quel poco di purezza che ancora si supponeva che avesse e, con essa, la riverenza sacrale,  l'immunità dalle critiche. Deve scendere dal piedistallo e rotolarsi nel fango come gli altri. Legge del contrappasso.






Nel servizio di Vita.it del 19 luglio (autore Lorenzo Maria Alvaro), si va al di là di  critiche generiche. L'autore è andato a vedere cosa dice il Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo  firmato a Barcellona e pubblicato dall'Italia in Gazzetta Ufficiale il 4 febbraio 2009. Il Protocollo  impegna lo stato italiano in quanto firmatario  a preservare e, ove possibile, a ripristinare in modo sostenibile le dune e i cordoni dunali e i paesaggi costieri.  I firmatari inoltre, riconoscendo il valore estetico, naturale e culturale specifico dei paesaggi costieri, a prescindere dalla loro classificazione come aree protette, adottano misure volte a garantire la protezione dei paesaggi costieri attraverso interventi di legislazione, pianificazione e gestione. Tutto quanto dichiarato circa l'organizzazione dei concerto al di fuori di aree protette non ha quindi valore ed è chiaro l'obbligo a ripristinare le dune ove danneggiate.
Ancor più interessa
nte il fatto che Vita.it mettendo il dito su una piaga (ovvero un aspetto poco edificante del potere ambientalista), solleva il caso di tre esperti dell'Ispra ( Franco Andaloro, direttore di ricerca, Domenico Gaudioso, responsabile settore pressioni ambientali e Silvestro Greco, Biologo marino e dirigente di ricerca) che fanno parte del comitato scientifico del WWF, dove siedono alti papaveri come Luigi Boitani, Luca Mercalli, Mario Tozzi oltre a un lun
o elenco di accademici e che, ha approvato la partecipazione del WWF al programma di concerti sulle spiagge (e sulla montagna) del menestrello. Cosa c'è di scandaloso? Solo il fatto che in alcuni siti interessati dai mega concerti da 50 mila partecipanti, il fratino nidifica. Solo che è l'Ispra che attesta (vai alla scheda del fratino) che la minaccia al trampoliere proviene da Degrado ambientale come ad esempio l’urbanizzazione delle coste, l'erosione dei litorali sabbiosi ed il disturbo arrecato da attività turistiche e ricreative. A causa del declino della popolazione il fratino è stato inserito nella "Lista rossa" delle specie a rischio di estinzione (IUCN, 2014) e nell’allegato II del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato I della Direttiva Uccelli. Con tutte queste premesse i nostri scienziati, conservazionisti hanno dato l'ok al programma Jova beach party/WWF. Complimenti. Negli ambienti interessati alla nidificazione di una specie minacciata dal disturbo delle attività ricreative si portano 50 mila persone in un colpo solo. A questo punto speriamo solo che aumentino coloro che si accorgono che il re è nudo e che, come il bambino della fiaba, lo gridino. 










  


Articoli ruralpini sul tema. L'ambientalismo messo a nudo

Il capitale sostituisce la sinistra con il liberal-ambientalismo?
(13.07.19) Troppi segnali indicano che il sistemacapitalista sta cambiando cavallo. La sinistra è stata utile a far ingoiare austerity e ultraliberismo ma ormai non imbroglia più nessuno. Serve un nuovo soggetto che inganni il popolo con altre storie. La catastrofe climatica ben si presta a far ingoiare bocconi ancora più amari alla plebe, non solo sul piano del lavoro e dei diritti sociali ma anche del cibo (menù: insetti e alghe). Alle manovre in corso partecipano, oltre ai burattinai, Greta, Bergoglio e, da poco, anche il sindaco Sala autocandidato leader del nuovo partito liberal-ambientalista


Sergio Costa e l'orso M49: un caso politico illuminante
(13.06.19) Da due mesi la provincia di Trento ha chiesto l'autorizzazione a catturare l'orso M49, autore di una serie di gravi predazioni (il bestiame viene aggredito dentro le stalle anche in vicinanza di case abitate). Il ministro Costa, un generale dei carabinieri forestali, da sempre organico ai Verdi, non si preoccupa neppure di rispondere in modo formale e comunque fa sapere che "non è opportuno" catturare il plantigrado. Ne fa un arma della sua battaglia politica contro la Lega e l'autonomia delle regioni del Nord


Jovanotti, montagna e mercificazione neoliberale
(09.04.19) Messner interviene contro il mega concerto estivo  di Jovanotti/ WWF sulle Dolomiti (Plan de Corones)  e gliambientalisti si offendono. Se lo fanno un cantante buonista ecomondialista e il WWF allora anche un concerto pop a 2275 m diventa sostenibile e guai a chi contesta 

L'ambigua cultura del bosco
(30.03.19) L'ideologia del bosco ha radici plurime che si richiamano a una... selva di simboli. Essa è capace di richiamare valori che si collocano agli antipodi: libertà e autoritarismo, peccato e innocenza, razionalità e irrazionalismo, individualismo e statalismo.  Come tutte le suggestioni ambigue anche il richiamo apparentemente innocente all'amore per il bosco è capace di suscitare un consenso manipolato.

Idolatria boschiva: cosa c'è dietro?
(24.03.19) La superficie forestale ha superato nel 2018 quella agricola, rappresenta il 40% del territorio nazionale contro  l'11% del 1950.  L'Italia à dunque un paese ricco di boschi (di che qualità?) e gli ambientalisti da salotto (ma anche tanti esperti con il paraocchi) giubilano. 

Ghiacciai alpini inquinati dai pesticidi
(17.03.19) I risultati di un gruppo di ricerca dell'Università Bicocca, ricavati dallo studio delle acque di fusione di sei ghiacciai alpini, mettono in evidenza la gravità del fenomeno. e dovrebbero far riflettere chi ha fiducia nell'ambientalismo neoliberale che fa credere che creando i parchi e reintroducendo il lupo si possa proteggere e ricreare una natura "incontaminata".

Ambientalismo, neocolonialismo, capitalismo: violenza ed ecoingiustiziacontro gli ultimi
(23.02.19) La gestione delle aree protette nei paesi ex-coloniali rappresenta l'ambito nel quale è più evidente la continuità con il vecchio colonialismo. In nome della tutela della natura le grandi organizzazioni ambientalistiche gestiscono floridi business e non hanno esitato a scacciare con l'inganno, a volte anche con la violenza,  milioni di persone dalle loro sedi ancestrali. 

 Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18)  Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo sulle Alpi.

Le radici storiche e ideologiche del beceroanimalismo
(09.12.18) L'Italia le circostanze storico-sociali hanno prodotto una cultura fortemente antirurale lontana anche dalla dimensione naturale concreta. Nella realtà contemporanea su questo sfondo si è sviluppato un animalismo ben poco ecologico, molto ideologico che sconfina nel culto pagano e che reitera i cliché anticontadini 

Animalismo, biocapitalismo, ecototalitarismo

(30.06.15)   Proseguiamo la riflessione sul biocapitalismo e le ideologie ambientaliste allargando la riflessione all'animalismo che in modo più esplicito e violento nega il valore della vita umana. Esso si presenta come un perfetto strumento per legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo in cui l'uomo diventa una merce da fabbricare e la vita umana può essere rliminata senza particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager) 

Gli orsi sparigliano politica e istituzioni 
(01.09.14) Le destre cavalcano l'animalismo ma rischiano di scottarsi (loro e la sinistra)  La gestione degli orsi trentini è scappata di mano. Il conflitto sociale, ideologico, territoriale innescato dall'aver sovraccaricato Life Ursus di valenze di ogni tipo impatta in modo imprevedibile sulla politica

 
L'imbroglio ecologico (IV e ultima parte)
(09.12.13) Nella storia di Legambiente si rispecchia un ambientalismo di regime, apparato di controllo sociale e di "acculturazione" funzionale alla greed economy turbocapitalista. Con un "pensiero ecologico" debole appiattito sulla modernità e l'ideologia scientista, tecnocratica. Centralismo comunista accoppiato con i meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce.
 
 L'imbroglio ecologico (parte III)
(02.12.2013) Dalla critica al capitalismo della prima ecologia politica alla partecipazione all'affarismo della green economy. L'ambientalismo, nel solco del progressismo illuminista,  come supporto ideologico e cosmetico al biocapitalismo dello sfruttamento integrale 
 
L'imbroglio ecologico (parte II)
(16.11.2013)  La nascita dell'ambientalismo come movimento sociale negli anni '80. I condizionamenti sulla nascita del movimento ambientalista del travaso dell' "eccesso di militanza" dalla "sinistra rivoluzionaria" e dell'egemonia culturale del PCI. La divaricazione tra localismo e ambientalismo quale occasione mancata. La necessità di andare oltre la sinistra (e la destra) per recuperare spazi di autonomia sociale 
 
 L'imbroglio ecologico (ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali nell'era del capitalismo neoliberista)(I)
(07.11.2013) Oggi l' ambientalismo è la proiezione della Green economy capitalista e i movimenti devono imboccare con coraggio nuove strade, oltre la sinistra e la destra e oltre l'ambientalismo per una nuova autonomia dei soggetti e delle comunità popolari. L'imbroglio ecologico è finito perché il ruolo dell'ambientalismo istituzionale è palesemente di controllo sociale. Prima parte di un ampio contributo che ripercorre la storia dei rapporti tra ambientalismo, sinistra, capitalismo e movimenti sociali dai primordi del movimento ambientalista ad oggi.  
 
Per una gestione comunitaria delle risorse e dei problemi ambientali (IV)
(08.01.13) Attorno ai problemi, dei rischi per la salute legati alla nocività ambientale e alla volontà di gestire in positivo le risorse territoriali sta crescendo nel mondo un movimento post-ambientalista. 

Dalla tecnocrazia alla scienza comunitaria (III)
(02.01.13) La tecnocrazia ha imposto un modello di scientificizzazione della politica che svuota la democrazia. Si è imposta anche nella forma di "ecopotere" con il pretesto della "tutela della natura dall'uomo". La riduzione del rischio presuppone però una strada diversa, quella di una scienza civica e comunitaria e più ampi spazi di democrazia
 
Ripensare la relazione tra la natura e la società (II)
(02.01.13)  L'affermazione di una gestione partecipata dei problemi ambientali e delle risorse è indispensabile per fronteggiare crescenti rischi e la tendenza tecnocratica a concentrare decisioni con pesanti implicazioni sociali nelle mani di pochi e sulla base di incerti presupposti scientifici. Per muoversi in questa direzione, però, è necessaria una profonda revisione di alcuni fondamenti ideologici della modernità e della "civiltà occidentale" e dello stesso ruolo della scienza. 

Oltre l'ambientalismo istituzionale crescono nuove reti (I)
(01.12.12) Da una ventina di anni in qua sta emergendo un post-ecologismo "di base" non ideologico che opera nella dimensione del monitoraggio ambientale e della stessa gestione sostenibile e partecipata delle risorse


 Il lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18)  Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del lupo   sulle Alpi

Le radici storiche e ideologiche del beceroanimalismo
(09.12.18) L'Italia le circostanze storico-sociali hanno prodotto una cultura fortemente antirurale lontana anche dalla dimensione naturale concreta. Nella realtà contemporanea su questo sfondo si è sviluppato un animalismo ben poco ecologico, molto ideologico che sconfina nel culto pagano e che reitera i cliché anticontadini 

Animalismo, biocapitalismo, ecototalitarismo

(30.06.15)   Proseguiamo la riflessione sul biocapitalismo e le ideologie ambientaliste allargando la riflessione all'animalismo che in modo più esplicito e violento nega il valore della vita umana. Esso si presenta come un perfetto strumento per legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo in cui l'uomo diventa una merce da fabbricare e la vita umana può essere rliminata senza particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager) 

Gli orsi sparigliano politica e istituzioni 
(01.09.14) Le destre cavalcano l'animalismo ma rischiano di scottarsi (loro e la sinistra)  La gestione degli orsi trentini è scappata di mano. Il conflitto sociale, ideologico, territoriale innescato dall'aver sovraccaricato Life Ursus di valenze di ogni tipo impatta in modo imprevedibile sulla politica

 
L'imbroglio ecologico (IV e ultima parte)
(09.12.13) Nella storia di Legambiente si rispecchia un ambientalismo di regime, apparato di controllo sociale e di "acculturazione" funzionale alla greed economy turbocapitalista. Con un "pensiero ecologico" debole appiattito sulla modernità e l'ideologia scientista, tecnocratica. Centralismo comunista accoppiato con i meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce.
 
 L'imbroglio ecologico (parte III)
(02.12.2013) Dalla critica al capitalismo della prima ecologia politica alla partecipazione all'affarismo della green economy. L'ambientalismo, nel solco del progressismo illuminista,  come supporto ideologico e cosmetico al biocapitalismo dello sfruttamento integrale 
 
L'imbroglio ecologico (parte II)
(16.11.2013)  La nascita dell'ambientalismo come movimento sociale negli anni '80. I condizionamenti sulla nascita del movimento ambientalista del travaso dell' "eccesso di militanza" dalla "sinistra rivoluzionaria" e dell'egemonia culturale del PCI. La divaricazione tra localismo e ambientalismo quale occasione mancata. La necessità di andare oltre la sinistra (e la destra) per recuperare spazi di autonomia sociale 
 
 L'imbroglio ecologico (ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali nell'era del capitalismo neoliberista)(I)
(07.11.2013) Oggi l' ambientalismo è la proiezione della Green economy capitalista e i movimenti devono imboccare con coraggio nuove strade, oltre la sinistra e la destra e oltre l'ambientalismo per una nuova autonomia dei soggetti e delle comunità popolari. L'imbroglio ecologico è finito perché il ruolo dell'ambientalismo istituzionale è palesemente di controllo sociale. Prima parte di un ampio contributo che ripercorre la storia dei rapporti tra ambientalismo, sinistra, capitalismo e movimenti sociali dai primordi del movimento ambientalista ad oggi.  
 
Per una gestione comunitaria delle risorse e dei problemi ambientali (IV)
(08.01.13) Attorno ai problemi, dei rischi per la salute legati alla nocività ambientale e alla volontà di gestire in positivo le risorse territoriali sta crescendo nel mondo un movimento post-ambientalista. 

Dalla tecnocrazia alla scienza comunitaria (III)
(02.01.13) La tecnocrazia ha imposto un modello di scientificizzazione della politica che svuota la democrazia. Si è imposta anche nella forma di "ecopotere" con il pretesto della "tutela della natura dall'uomo". La riduzione del rischio presuppone però una strada diversa, quella di una scienza civica e comunitaria e più ampi spazi di democrazia
 
Ripensare la relazione tra la natura e la società (II)
(02.01.13)  L'affermazione di una gestione partecipata dei problemi ambientali e delle risorse è indispensabile per fronteggiare crescenti rischi e la tendenza tecnocratica a concentrare decisioni con pesanti implicazioni sociali nelle mani di pochi e sulla base di incerti presupposti scientifici. Per muoversi in questa direzione, però, è necessaria una profonda revisione di alcuni fondamenti ideologici della modernità e della "civiltà occidentale" e dello stesso ruolo della scienza. 

Oltre l'ambientalismo istituzionale crescono nuove reti (I)

(01.12.12) Da una ventina di anni in qua sta emergendo un post-ecologismo "di base" non ideologico che opera nella dimensione del monitoraggio ambientale e della stessa gestione sostenibile e partecipata delle risorse

 

contatti:  redazione@ruralpini.it'.


 

 

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