Si
avvicina la scadenza della gabella che
colpisce immobili (ex fabbricati rurali) che, nelle condizioni attuali,
non possono fornire alcun reddito. Imponendo aliquote da seconde case,
i comuni (e lo stato che ha stabilito le norme per l'imposizione)
impediscono la conservazione e il recupero di un patrimonio che ha in
molti casi un valore culturale ma che potrebbe, cambiando le
circostanze, tornare di utilità ai proprietari e alla collettività per
iniziative di sviluppo agricolo e turistico. Imponendo il pagamento
dell'IMU sulle baite e le costruzioni di cui era disseminata la
montagna si costringono i proprietarli a scoperchiarle. Torniamo,
questa volta a brevissima distanza (vedi articolo del 07.06.20),
sull'argomento per alcuni chiarimenti e, soprattutto, per incitare tutti gli interessati a
fare pressione, singolarmente e collettivamente, sui comuni perché applichino l'aliquota minima (come
loro facoltà). In attesa di una riconsiderazione da parte dello stato
della materia questa è l'unica iniziativa possibile.
diMichele Corti
(10.06.20
L' Imu come sappiamo è una gabella il cui gettito è destinato al
Comune. Lo stato ha previsto questa imposizione che i comuni non
possono non applicare. Invece di spremere ulteriormente con altre tasse
statali il cittadino lo stato centrale ha preferito ridurre i
trasferimenti ai comuni del gettito raccolto con la fiscalità generale
e far riscuotere ai comuni la gabella sulle case. I comuni, però,
hanno la possibilità di ridurre al minimo consentito dalla legge
statale l'aliquota, ovvero applicare quella del 4,6 per
mille. Lo fanno in pochi (perché anche i comuni, come lo stato, sono
spreconi con i soldi degli amministrati). Però, limitandoci alla montagna
lombarda, vi sono comuni come Grosio (scarica
il PDF con la delibera)
e di Edolo (Bs) (scarica
il PDF con la delibera)
che hanno fatto questa scelta.
Sono, purtroppo,
molto più numerosi i comuni che tassano i fabbricati rurali come le
seconde
case, applicando l’ aliquota massima del 10,6 che puo’ arrivare
al 12,6 con accorpamento Tasi. Per molti comuni l'entrata dall'Imu sui
fabbricati rurali non è certo indispensabile. Utile è invece il
mantenimento delle aree rurali con i prati sfalciati, i boschi puliti,
non solo per la valorizzazione turistica del territorio ma anche per la
prevenzione degli incendi. Al comune converrebbe rinunciare a parte
dell'introito
piuttosto che contribuire con una tassa all'abbandono e al crollo dei
fabbricati che una volta allo stato di ruderi non procurererebbero più
alcun gettito. Purtroppo, però, molto amministratori non guardano oltre ... la scadenza elettorale.
I
comuni hanno poi la facoltà di rimborsare ai proprietari degli immobili
quanto riscosso a titolo di contributi per la manutenzione delle
coperture, prevenzione del degrado,conservare il patrimonio
storico/architettonico e il paesaggio (i ruderi deturpano il paesaggio).
I
proprietari dei
fabbricati rurali che non godono delle esenzioni e che. di solito
devono
rispondere per più fabbricati (numerosi in tutti i paesi di montagna
per via delle successioni ereditarie e della disseminazione, funzionale
all'attività agricola tradizionale, delle piccole costruzioni), che
hanno la sfortuna di risiedere in comuni turistici che applicano
l’aliquota massima (ma cosa ci guadagna il proprietario di un vecchio
fabbricato rurale?) devono fare, secondo noi, l'unica cosa oggi
possibile e utile: scrivere al comune o recarsi di persona dagli
amministratori (meglio stampando copie delle delibere dei comuni che
abbiamo sopra indicato in modo che non abbiano scuse di sorta) e
spiegare loro quale danno stanno contribuendo a
infliggere al patrimonio rurale, al paesaggio. Invitandoli, se hanno a
cuore questi valori, a deliberare l'applicazione dell'aliquota minima.
Un
problema che si trascina dolorosamente da diversi anni
Ruralpini ha seguito
il problema sin dall'inizio, quando è stato imposto l'accatastamento al
catasto fabbricati urbani (sic) degli ex fabbricati rurali. Seguiro no
le intimidazioni dell'Agenzia delle entrate contro i rententi, che si
rendevano ben conto di quale stangata gli sarebbe piombata
addosso. Ora non rinfocoliamo la polemica per il gusto sterile di
farlo ma perché , dopo alcuni anni, stiamo assistendo alle pesanti
conseguenza di queste politiche fiscali cieche sulle conseguenze
sociali e territoriali.
Vessati
dall'Imu i
proprietari delle baite baite (che nei comuni dove applicano l'aliquota
piu’ alta, pagano in media 100/ 200 euro, che nei comuni turistici
arriva fino a -500 € per baita) per non essere assoggettati all’ IMU si
puo’ fare la richiesta di ruralità, sono molti i casi di esenzione. Molti fabbricati possono essere accatastati come rurali,
strumentali all’attività agricola nel caso posseggano i requisiti di
ruralità, ai sensi dell’art. 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n.
557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.
133, e successive modificazioni. Non serve
essere imprenditori agricoli per quelli non abitativi. Art. 9 – comma 3
- D.l. 557/93. Ai fini del riconoscimento della ruralità degli
immobili, che rileva ai soli fini fiscali, i fabbricati o porzioni di
fabbricati devono soddisfare congiuntamente le caratteristiche di cui
all’art. 9, comma 3, D. L. 557/93
così come convertito e successivamente modificato ed integrato: c) il
terreno cui il fabbricato è asservito deve avere superficie non
inferiore a 10.000 metri quadrati ed essere censito al catasto terreni
con attribuzione di reddito agrario. Qualora sul terreno siano
praticate colture specializzate in serra o la
funghicoltura o altra coltura intensiva, ovvero il terreno è ubicato in
comune considerato montano ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della
legge 31 gennaio 1994, n. 97, il suddetto limite viene ridotto a 3.000
metri quadrati. Pertanto si ritiene che anche chi non è IAP
(Imprenditore agricolo professionale) se la superficie dei terreni (che
sembra possano essere anche in affitto) è conforme al DL 557/93, può;
chiedere la ruralità dell'immobile rural agricolo con le conseguenti esenzioni/riduzioni Imu:
Per i fabbricati rural agricoli in sede di accatastamento all'urbano
va chiesto al tecnico, se ci sono le caratteristiche di cui all’art. 9,
comma 3, D. L. 557/93 così come convertito e successivamente modificato
ed integrato, di eichiedere la sussisteza del requisito di ruralità per i fabbricati rurali strumentali all'esercizio dell'attività agricola
(art.2, comma 6, decreto del M.E.F. 26/7/2012), anche se non siete IAP
(qualora l’ immobile sia stato accatastato senza richiedere la
ruralità, la sussistenza dei requisiti di ruralitàpuo’ essere richiesta successivamente all’ Ag. delle Entrate/Territorio, presentando i moduli di richiesta all’Ag. delle Entrate.
Per le unità immobiliari rurali a destinazione non abitativa,
strumentali all’esercizio dell’attività agricola (art. 9, commi 3-bis e
3-ter, del DL n. 557del 1993) A differenza di quanto previsto per gli
immobili ad uso abitativo, le costruzioni strumentali all’esercizio
dell’attività agricola le disposizioni di legge non prevedono
esplicitamente alcun requisito soggettivo in capo al possessore o
all’utilizzatore della costruzione stessa (ad esempio, il possesso
della qualifica di imprenditore agricolo, l’iscrizione al registro
delle imprese o la prevalenza del volume d’affari derivante da attività
agricola nella formazione del reddito complessivo).
In linea generale, le attività ordinariamente esercitate nelle
costruzioni devono essere effettivamente riconducibili all’attività
agricola, cioè deve esistere la compatibilità delle caratteristiche
tipologiche e funzionali del fabbricato con l’effettiva produzione del
fondo al quale è asservito.
Le costruzioni strumentali all’attività di allevamento e ricovero degli animali
non è necessaria l’esistenza di terreni nell’ambito aziendale. l’art.
42-bis del DL n. 159 del 2007 ha eliminato, nel comma 3-bis dell’art.
9, il riferimento all’art. 32 del TUIR e ha introdotto, come criterio
per il riconoscimento del carattere di ruralità alle costruzioni
strumentali, il riferimento al solo art. 2135 del codice civile.
Altrimenti per sfuggire alla tassazione l'immobile deve
presentare dissesti strutturali, pericolose crepe nelle murature, solai
che crollano. Per la stragrande maggioranza dei vecchi fabbricati
rurali, che non erano adibiti ad abitazione, non basta che non ci siano
impianti (allacciamenti acqua, gas e luce) perché la loro presenza è
requisito legato alle abitazioni. Molti optano per la trasformazione
del fabbricato in un rudere (senza copertura) Ma è una soluzione? Si
uccide il malato perché c'è una malattia. Perché è un grave errore,
perché le condizioni possono cambiare e il fabbricato che aveva perso
valore e che "serviva" solo a pagare tasse potrebbe recuperarlo.
Fantascienza? No. Le dimostrazioni non mancano.
Nella foto sopra
vediamo dei vecchi fienili della borgata Campofei di Castelmagno in val
Grana (Cuneo). Indipendentemente da ogni altra considerazione
sull'intervento, la borgata è stata recuperata e trasformata - mediante
un restauro conservativo che ne ha mantenute le caratteristiche
architettoniche in un agriturismo di lusso.
Purtroppo sono spesso società straniere o comunque investitori da fuori
che credono in questi recuperi. Considerato, però, che molto fabbricati
minacciati di trasformazione in ruderi si trovano spesso in località di
valore paesaggistico, storico, ambientale (basti pensare alla miriade
di muunt che si dispiegano lungo la via del Lario, con i suoi panorami
(veramente) mozzafiato sul lago). Ma quante sono le valli legate a
qualche aspetto che una "sana" valorizzazione potrebbe riportare in
vita comiugando rinascita agricola e un turismo non invasivo,
consumistico, impattante, congestionante? E' un vero peccato lasciare
andare alla malora un enorme patrimonio che rappresenta un aspetto
peculiare della realtà delle montagne e delle capmpagne italiane
(altrove, anche in Europa, non vi è questa capillarità, varietà di
strutture, tutte armonicamente integrate con il paesaggio). Salvando i
fabbricati rurali si getterebbero le premesse per un turismo diffuso
capace di porsi come attrattiva mondiale. Concludiamo con qualche
numero che formisce l'idea dell'immensità di questo patrimonio storico
. Novant'anni fa vennero censite le case rurali in Italia.
Esistevano allora 3,6 milioni di case rurali, case d'abitazione
non fienili, baite ecc. Il CNR intraprese allora un grande progetto di
studio di queste dimore che si protrasse nel dopoguerra sino agli anni
'80. Il risultato fu una serie di monografie "Ricerche sulle
dimore rurali in Italia", 30 volumi pubblicati dall'editore Olschki di
Firenze. Un patrimonio di una ricchezza senza paragoni al mondo.
Conservarlo dovrebbe essere un dovere per tutti.
Edilizia
rurale lo stato la vuole distruggere (07.06.20)
Lo stato, con l'Imu sui fabbricati, non vuole solo fare cassa, vuole
distruggere un pezzo importantissimo della cultura rurale (per non
pagare una tassa pesante si scoperchiano gli edifici). Alla faccia
delle convenzioni e delle leggi che tutelano il paesaggio, i valori
materiali e immateriali della cultura rurale, alla faccia del registro
nazionale dei paesaggi rurali. Parole, parole, parole. Intanto
qualche consiglio per evitare la "patrimoniale dei poveri"
(01.01.12)
La spremi tura fiscale si abbatte anche sull'agricoltura, in
particolare su quella di montagna. Un settore che potrebbe
generare nuova occupazione se sgravato da burocrazia e fisco viene
sottoposto a nuove forme di tassazione. L'agricoltura di montagna
paga in modo particolare a seguito della riduzione del differenziale
delle aliquote contributive e del peso particolare della consistenza
dei fabbricati rispetto alla capacità di produzione di reddito.
(20.10.17)
Un'altro colpo
al cuore per l'agricoltura contadina. Un patrimonio cultrurale a
rischio . Ruralpini lancia un appello ai responsabili dell'agricoltura
(ministro e assessori regionali) perché non stiano alla finestra di
fronte alla gravissima situazione determinata dall'applicazione agli ex
fabbricati rurali delle nuove catastali.