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Politiche


Animalisti, battete un colpo!

100 vacche soffrono alle porte di Milano e nessuno interviene


Foto di oggi pomeriggio


di Michele Corti


(14.05.19) Al centro di una decennale contesa giudiziaria 100 vacche stanno soffrendo, senza che nessuno intervenga. Succede alle porte di Milano (a Cassina de'Pecchi) dove, si potrebbe pensare che una vicenda del genere non passerebbe inosservata. Invece, nonostante la proprietaria - cui sono state sottratte per sfratto -  si sia rivolta, per denunciare il maltrattamento subito dagli animali, agli animalisti dell'Ente nazionale protezione animali (Enpa), ai carabinieri forestali e persino a Strisca la notizia (sempre pronta a intervenire quando si tratta di dare la croce addosso ad allevatori, magari in difficoltà). Come mai? Cosa c'è sotto?
Ufficiale guidiziario, ATS, e la controparte addossano alla proprietaria lo stato di denutrizione degli animali. Così hanno anche preventivamente bloccato chi se ne sarebbe potuto interessare.
Ma, ammesso che la mandria non fosse in buone condizioni anche perima del 21 marzo (quando è stata consegnata dall'ufficiale giudiziario a un custode), se gli animali stanno male perché non fare qualcosa? Forse per non creare pubblicità intorno a una vicenda comunque controversa e dai contorni ambigi? Va precisato che la causa è iniziata nel 1992 e che la sentenza di primo grado, poi ribaltata da quella di appello del 2017, era favorevole agli agricoltori (famiglia Cassi). In effetti la vicenda è tutt'altro che chiara; quello che gli amici del politico "amico" del papà fecero firmare, a fronte del prestito, dicendo che era solo l'atto di garanzia era una procura a vendere. Quando il padre dei fratelli Cassi fu in grado di restituire il prestito, uno dei prestatori volle esercitare il diritto di vendita a una società cge era a sua volta controllata da un'altra società (le solite srl a scatole cinesi) dove c'era dietro il venditore. Così egli vendette, di fatto, a sé stesso a un prezzo stracciato (800 milioni di vecchie lire, invece del valore di mercatoi di 2 miliardi).  Fu, in forza di questi passaggi equivoci che il primo giudizio fu favorevole ai Cassi.


Foto di oggi pomeriggio

La situazione, almeno per alcuni capi (vi sono vacche a terra con le zampe divaricate)  è peggiorata e diversi animali non possono alimentarsi e neppure abbeverarsi normalmente. Gli animali, poi, non possono accedere al pascolo come in precedenza. Qualcuno potrebbe pensare che lasciarli morire di inedia semplificherebbe le cose alla burocrazia che, in questo modo, sarebbe sollevata dalla responsabilità di decidere gli abbattimenti e di gestire la non facile messa in vendita della mandria.  Quanto all'ATS e all' ufficiale giudizario secondo i quali gli animali stanno bene e sono ben alimentati e governati giudicate voi dalle foto.


Foto di oggi pomeriggio

Una cosa  è certa: la non visibilità, che sinora ha caratterizzato la vicenda, rappresenta un grosso vantaggio per chi vuole portare a termine lo sfratto di una famiglia di allevatori che dal 1949 operano alla Cascina Moretti di Sant'Agata Martesana (comune di Cassina de' Pecchi). Fortunatamente, anche se ormai siamo agli sgoccioli (ed è imminente anche lo sfratto dall'abitazione), la Gazzetta della Martesana ha rotto il muro di silenzio con l'edizione di ieri 14 aprile.
Ora vedremo cosa faranno - almeno per quanto riguarda la sorte dei poveri animali - gli animalisti, gli enti, i media che hanno ben pensato di non intervenire. Un intervento immediato potrebbe ancora salvare gli animali.


Il caso della cascina Moretti è emblematico della fine (che poteva essere meno ingloriosa e crudele) di un mondo che, per secoli, ha significato produzione di latte e stracchini, che ha significato la presenza di un cordone ombelicale tra questo territorio a Est di Milano e le valli Taleggio e Imagna. Ma dove sta scritto che deve finire del tutto? E per l'avvento di che cosa poi?

La storia della vocazione del territorio per la zootecnia e il caseificio è stata ben messa in evidenza nel libro Bergamini, vacche e stracchini, ventiquattro racconti di malghesi, lattai e fittavoli dalla Val Taleggio alle Cascine di Gorgonzola e dintorni. Il libro, curato da Antonio Carminati, direttore del Centro studi Valle Imagna, con la collaborazione di Massimo Vitali, della pro loco di Gorgonzola. Il volume ha riportato in luce la memoria di un'epopea che ha segnato la storia della Martesana, ma che rischiava di essere dimenticata. Motivo? Il brutto vezzo della cultura egemone italiana di disprezzare tutto quello che è rurale, specie se, come nel nostro caso al sent de vacch, strachin e boasce. Non importa se questa storia è stata anche storia della grande industria alimentare italiana, con i Galbani e gli Invernizzi (capitani d'industria usciti dalle file del mondo dei bergamini transumanti), se essa è parte notevole della storia di Melzo e di Gorgonzola (non a caso è più famoso il formaggio della cittadina) e di tutta la fascia tra Milano e l'Adda.


I Cassi sono originari della valle Imagna, il bisnonno era un laté (si chiamavan così i casari piccoli imprenditori autonomi , usciti da famiglie di allevatori transumanti che,  mantenendo - spesso - qualche vacca da latte e - sempre - dei maiali, affittavano il latte di bergamini e fittavoli per trasformarlo in stracchini, gorgonzole e grana). Il nonno e il padre dei Cassi attuali sono diventati agricoltori-allevatori. Sino ad oggi. 



Così la cascina Moretti  (anche questo cognome è bergamasco), edificata - come la maggior parte di quelle della pianura milanese -  nel XVII secolo, è rimasta quell'oasi di verde in un territorio sconvolto dal raccordo della Brebemi (ex rivoltana), dagli svincoli. In un territorio dove le cascine sono diventate "parchi fotovoltaici" (con la scusa delle serre o biogas farm. In cosa sarà trasformata, dalla "Futuragri" (la società di non agricoltori che sta per venirne in disponibilità)  la Cascina Moretti, emblema ed ultimo baluardo di una storia secolare?



In altri paesi la Cascina Moretti sarebbe decretata monumento nazionale, vincolata alla sua destinazione e non un mq di verde agricolo potrebbe essere sottratto. Ma in Italia? Siamo nel paese dell'ipocrisia, dell'ambientalismo e dell'animalismo che impongono con arroganza la loro volontà quando si tratta di danneggiare il mondo rurale ma, che per il resto lasciano fare ai poteri economici forti, anzi coprono le azioni contro l'ambiente (vedi, per restare all'attualità, il mega concerto di Jovanotti/WWF a ferragosto a 2275 m sulle Dolomiti). A cosa serve un Parco Sud (Cassina de' Pecchi all'interno) di fronte allo stravolgimento inarrestabile del tessuto agricolo?




E cosa dire della frazione Sant'Agata, cui appartiene la Cascina Moretti? Anch'essa è emblematica di trasformazioni profondamente negative, nascoste da "progresso". Sant'Agata era comune autonomo. Venne aggregato a Gorgonzola da Napoleone e a Cassina de' Pecchi (in modo definitivo) da Mussolini (si sa che i tiranni non amano le autonomie e le piccole comunità). Oggi ha 1600 abitanti, in crescita demografica, ma rischia di essere cancellata come comunità e di diventare un quartiere metropolitano, uno dei tanti dormitori, privi di relazioni di comunità, di elementi di aggregazione. In pochi mesi è sparito il bancomat, l'unico negozio di alimentari e se ne è andata la dottoressa. Una botta per gli anziani.
Sono dinamiche uguali a quelle della montagna ,solo che qui, con 1600 abitanti c'è "mercato" per i servizi. Eppure niente. Il modello di urbanizzazione scriteriato della Martesana (e di tutta la conurbazione lombarda), che impone di prendere la macchina per andare a fare la spesa al centro commerciale. Dulcis in fundo una chiesa in crisi (quando si rinnega sé stessi...) anche qui, come in tanti paesi, chiude la parrocchia, di San Fermo, fusa in una "zona pastorale" di tre parrocchie. Ultimo elemento di identità locale, di legame con il passato che viene meno e impone lo sprofondamento nell'anonimato delle periferie metropolitane.



Per concludere: il calvario legale della famiglia Moretti, originato tanti anni fa a causa di una difficoltà economica, che aveva costretto a ricorrere a prestiti (ma senza la volontà di cedere la proprietà), la stessa storia della Cascina Moretti, sono talmente cariche di valori simbolici, e non solo, che ci pare impossibile, per noi 
che ci occupiamo di cultura rurale, di storia, di ruralità non museificata, restare a guardare. E per quanto possibile cercheremo di tornare sulla vicenda e di smuovere chi sinora è stato inerte, dietro alibi burocratici.
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