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(23.06.16) Nuovi montanari che
vengono da lontano un fenomeno che può sortire effetti antitetici
Apriamo con un lavoro su
turismo alpino e immigrazione inviatoci da Andrea Membretti, sociologo
del territorio, un dibattito su un tema tra i più sensibili:
immigrazione neocomunitaria e extra-comunitaria nelle Terre alte
(08.01.14)
Dalle Terre Alte un no a questa Europa
"Abbiamo bisogno di
risorse per i bimbi,
per le strade e l'Europa finanzia i lupi". E' una condanna senza
appello dell'Europa della tecnocrazia quella di Alte Terre,
associazione di Cuneo. Ma non basta denunciare; occorre un'azione
politica unitaria. E per l'occasione delle prossime europee si
potrebbe ripetere il "miracolo del '79" che vide l'unità di un largo
fronte minoranze e di gruppi autonomisti
(09.09.13) Lasciateci almeno delle
riserve indiane
Piuttosto che
essere del tutto scacciati dalla wilderness lasciateci delle ZPS umane.
A lanciare la provocazione è l'associazione Alte Terre.
Un'associazione di resistenza sociale montanara delle valli di
Cuneo. "Siamo noi montanari in via di estinzione , creiamo
delle riserve indiane senza orsi e lupi per difendere la
biodiversità culturale umana che rischia di sparire".
(05.09.13) Per una politica
delleTerre Alte
In vista dell'incontro a
Coumboscuro di domenica 9 presentiamo gli atti del Convegno di Sondrio
del giugno 2012 dal quale scaturitono 5 punti su cui impostare la
futura azione politica. Un contributo alla documentazione del percorso
sin qui seguito dal dibattito politico-culturale sulle Terre Alte
(03.09.13)
In difesa delle Terre Alte
Quest'anno Amamont
organizza il suo evento annuale nelle valli Maira e Grana all'estremo
occidente alpino, incontrando due associazioni che condividono il tema
sociale. delle Terre Alte. Un'occasione per riprendere il filo di un
percorso che si snoda nelle Alpi dai tempi dell Carta di Chivasso, che
viene riproposto anche in forma transfrontaliera e che punta a un nuovo
patto tra piano e monte
Articoli per argomenti
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Politica - Terre alte
Asimmetrie
alpine e determinismo ambientale
(13.03.2017) La nuova frattura che oppone
il "piano" al "monte" si manifesta in modo evidente nell'approccio
ambientalista e tecnocratico ai problemi ecologici e sociali del
territorio alpino. Mariano Allocco sottolinea come questa frattura è,
almeno in parte, da ricondurre a un determinismo geografico ovvero alla
separazione netta ma anche alla vicinanza (specie in Piemonte) tra la
pianura e le città. Una condizione che non esiste sugli altri versanti
dove le pianure e le città sono molto più lontane dalle Alpi
di
Mariano Allocco
Vivere
le Alpi sul versante
italiano e
su quello estero presenta differenze sostanziali. Da noi,
specialmente in
Piemonte, è
evidente l’emergere di un conflitto tra Piè e Monte, altrove
questo non succede e le vicissitudini TAV in val Susa e la
“questione lupo” sono due esempi sui quali riflettere.
Cosa
sta capitando qui?
Dalla
pianura si pone al
centro delle
politiche montane l’ambiente, mentre dal monte si chiede che la
centralità sia riportata sull’uomo che questo ambiente vive,
questione non da poco. Perché
questa differenza di
paradigma
in Italia? Quale è la differenza tra i due versanti? Se
tracciassimo una sezione
perpendicolare alle Alpi, vedremmo che il pendio in pochi chilometri
in Italia precipita in pianura, in Francia, in Svizzera e altrove
invece non c’è separazione netta tra grande pianura e montagna, le
città sono lontane, le Alpi se la prendono comoda e la pianura
non c’è. La
spiegazione va cercata
proprio lì,
nell’asimmetria dei versanti alpini, nella diversa distribuzione
delle curve di livello.
Un confine e un conflitto netti
Il
confine tra Pianura
Padana e Alpi è
netto e in Piemonte lungo di esso corre una città diffusa che fa da
confine tra due mondi che stanno allontanandosi sempre più.
Mentre
sulle Alpi si sta
affermando un
deserto verde, in basso c’è una pianura sempre più antropizzata,
con un tasso di inquinamento tra i peggiori in
Europa, con aree metropolitane che sono motore di sviluppo
industriale e una agricoltura intensiva sempre meno sostenibile.
Una
società
postmoderna, in crisi strutturale, vede nelle Alpi sempre più verdi
un alibi, senza sapere che con ogni probabilità l’anello debole
sta in basso.
Sul
versante
estero invece il declino è graduale, le città sono lontane e non
c’è quella frattura geografica, ambientale, storica e sociale che
troviamo qui.
Il
conflitto che
sta emergendo in modo evidente è per buona parte riconducibile a
questi fattori, questione da sociologi, economisti,
antropologi, a cui do una lettura da montanaro. Aggiungiamo
poi
che lo spartiacque alpino che separa gli Stati dal Trattato di
Utrecht (1713) non ha mai separato le genti montanare, che vivono
allo stesso modo l’immanenza del territorio, la stagionalità, i
problemi logistici e tutto quanto riguarda la vita. Un
approccio
maturato e vissuto nei secoli che porta le popolazioni alpine a
difendere quanto di sacro e di indispensabile è necessario per
vivere quassù: libertà e democrazia.
Un conflitto ragionevole?
Il
rapporto tra
questi due mondi andrebbe ricondotto in un contesto che
il prof. Fabrizio Barca chiama “conflitto ragionevole”, per
arrivare assieme ad un nuovo ed indispensabile “patto di sindacato” tra
Monte e Piano.
Ho
vissuto i due mondi, li
conosco, ho
visto la povertà che ha portato alla desertificazione alpina, ma era
una povertà da sempre dignitosa, che aveva una via di fuga. Nella
pianura, nelle aree
metropolitane
la povertà è in un “cul de sac” di disperazione, lì c’è la
miseria, miseria che sulle Alpi non c’è mai stata, per questo dico
che l’anello debole è in basso. Cosa si
aspetta a unire idee
e energie
per pensare assieme un avvenire possibile?
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