(07.09.14) Ruralpini sostiene dal 2008 che la reintroduzione (artificiale o "assistita") dei grandi predatori sulle Alpi (e in altre aree di montagna e collina) fa parte di un disegno preciso di pulizia etnica dell'agricoltura contadina. Ora se ne stanno accorgendo in molti. Speriamo non sia troppo tardi
Dalla Francia al Trentino
orsi e lupi promuovono
l'agricoltura industriale
di Michele Corti
In un documento diffuso in questi giorni la Confédération paysanne accusa la politca a favore della diffusione dei grandi predatori e della loro ingiustificata super-protezione di volere la cancellazione del pastoralismo e degli allevamenti di piccola scala per favorire le fabbriche zootecniche senza terra. Ma anche dal Trentino, Silvano Rauzi, presidente della para-istituzionale Federazione Allevatori della provincia di Trento denuncia come il progetto Life Ursus (con 60 orsi presenti nel Trentino occidentale) stia provocando non solo l'abbandono dlele malghe ma anche la chiusura delle aziende zootecniche che nei centri più piccoli delle valli laterali ne garantiscono la vitalità sociale prevenendo l'abbandono. Quello che Ruralpini dice dalla sua fondazione nel 2008 è che orsi e lupi hanno lo scopo di favorire la "pulizia etnica" della montagna e delle aree rurali di alta collina in sintonia con i disegni di "land grabbing" del capitalismo globale.
(07.09.14) Il 3 settembre nelle Alpi Marittime, si è verificato un attacco di un branco di 7 lupi che ha provocato la caduta in un burrone di 21 pecore e ha messo in pericolo la vita dello stesso pastore. Quest'ultimo ha già subito 8 attacchi nonostante utilizzi ben 11 cani da difesa.
Nel commentare in un comunicato questo episodio la Confédération Paysanne ha lamentato come al 25 agosto le perdite subite per attacchi da lupi siano già ammontate a 4800 contro le 3800 dello scorso anno segnando un aumento senza sosta della pressione predatoria. I dipartimenti interessati alle predazioni sono diventati 30. Le misure di difesa sono inefficaci o al più possono solo ridurre il numero di perdite per singolo attacco. Il sindacato contadino sottolinea che gli attacchi avvengono in qualsiasi circostanza, di notte e di giorno, in assenza o in presenza del pastore. Esso denuncia l'assoluta mancanza di impegno nella tutela del pastoralismo da parte dei ministeri dell'agricoltura e di quello dell'ambiente. Nel 2014 è stato stabilito un prelievo di 36 lupi (sulla base dei gravi danni economici da essi provocati) ma il primo è stato abbattuto solo alla fine di agosto.
La Confédération paysanne denuncia in un documento pubblicato in questi giorni dal titolo che non lascia spazio ad equivoci sulla sua posizione: "Loups e pastoralisme, l'impossible cohabitation" come la politica a favore della diffusione del lupo porta come conseguenza il declino dell'agricoltura contadina, del pastoralismo e l'accentuazione della tendenza a trasformare l'allevamento in senso industriale, senza terra.
http://www.confederationpaysanne.fr/sites/1/mots_cles/documents/Livret_CP_Loups_Web.pdf
I
lupi, protetti in modo irresponsabile, spingono sempre più
allevatori a chiudere gli animali nelle stalle. L'Europa persegue una
politica che premia fondamentalmente l'agro-industria. Proclamare di
difendere l'ambiente ma rifiutare di comprendere la reale condizione
di pastori e allevatori alle prese con i lupi significa - ancora una
volta - promuovere l'industrializzazione dell'agricoltura.
L'allevamento senza terra non subisce alcun danno dai lupi. Sono gli
allevamenti contadini a rischio. Ci sono ancora donne e uomini che
vivono ogni giorno in un ambiente naturale, spesso dei più
difficile, e lo presidiano, lo conservano ottenendo produzioni a
chilometro zero di qualità. E' il loro lavoro che va tutelato.
In Piemonte ormai la strage di animali in alpeggio da parte dei lupi non fa più notizia. In Piemonte non ci sono sindacati e politici come in Francia o un José Bové che si schierano con i pastori, ci sono solo associazioni come Alte Terre e Adialpi, nate negli ultimi anni in buona misura proprio su questo tema. Se il tema della predazione in Piemonte ha meritato spazio sui giornali è stato solo 'grazie' ad un episodio avvenuto a Sestriere "nel mese di agosto, quando su non ci sono solo pastori, margari e abitanti della montagna, ma ci sono i turisti!" come ha commentato su Pascolovagante Marzia Verona
Passando dalle Alpi occidentali a quelle centro-orientali incontriamo situazioni analoghe. È stata un'estate caldissima per i malghesi e pastori del Trentino e delle aree confinanti dove si sono irradiati gli orsi di Life Ursus (la "fabbrica degli orsi"). Particolarmente grave la situazione sull'altopiano di Asiago dove l'orso M4 ha seminato, del tutto incontrastato) la morte di oltre 30 capi di bestiame, in prevalenza bovini (vacche da latte e manze) (vedi intervista con Gianbattista Rigoni Stern). Anche in Valtellina l'orso M25 ha colpito duro e a più riprese da giugno ad agosto in ripetute scorribande. Qui, almeno, il presidente della provincia ha preso posizione in modo provocatorio ma eloquente chiedendo alla Provincia autonoma di Trento di venire a prendersi il suo orso 'problematico'. In Lessinia (Verona) il branco già presente si è diviso e - nel giubilo generale degli ambiental-animalisti da salotto i lupi sono saliti a 11). E hanno colpito anch'essi duro attaccando i bovini da latte. Per la prima volta in provincia di Sondrio ci sono stati attacchi significativi da parte di lupi sia a Grosio (alta Valtellina) che in Valchiavenna (all'estremo opposto della provincia).
Il segnale che il livello di guardia è stato superato e che l'impatto predatorio è insostenibile è venuto da un'organizzazione para-istituzionale come la Federazione Allevatori di Trento che attraverso Silvano Rauzi, storico presidente, attraverso un'intervista a Il Trentino, ha dato voce alla base degli allevatori che non ne possono più degli orsi, che hanno in non pochi casi dovuto abbandonare precocemente le malghe.
Io dico che è meglio prevenire, fare pressione su Roma e sull’Unione europea. Così non si va avanti, la gente ha paura soprattutto nei piccoli centri, nelle frazioni di montagna. Ormai in molti hanno incontrato l’orso nei boschi. Ci sono pastori soli nelle malghe che sentono l’orso graffiare sulla porta della cascina. O si trovano un asino o una manzetta squartati, ma ancora vivi. Sono animali anche quelli da rispettare, come l’orso!
Rauzi ha anche detto quello che in Trentino pensano tutti ovvero che presto ci scapperà il morto.
Per chi vive in montagna, andare in montagna è un piacere. Ora per molti non lo è più. E se si va avanti di questo passo prima o poi succederà qualcosa di brutto. Bisogna aspettare che succeda l’irreparabile per intervenire?
Del resto se a ferragosto ad attaccare il fungaiolo ci fosse stata un'orsa giovane e gagliarda e non una di 18 anni di taglia contenuta che si è scontrata con un omone dal fisico da culturista il morto ci sarebbe già scappato.
Un'eventualità che i cinici apprendisti stregoni del progetto Life Ursus hanno considerato (tanto che c'è anche l'assicurazione per 250 mila euro in caso di aggressione mortale da parte dei loro orsi) ma che hanno ritenuto accettabile a fronte dei "vantaggi". Rauzi denuncia senza mezzi termini come la diffusione incontrollata degli orsi ("E quando saranno 100, e 200? Con tutti questi cuccioli, entro 5 o 6 anni raddoppieranno. Dobbiamo decidere adesso cosa fare.") Lo stillicidio delle predazioni con tutto quello che comporta (ansia, fatiche, costi "indotti" che non vengono minimamente compensati da un sistema che riversa milionate a ripetizione sui progetti pro lupi e pro orsi) sta minando la tenuta dell'allevamento di montagna. Quello legato al sistema di malga, quello delle valli laterali, dei paesini dove - se molla una o due famiglie di allevatori - chiude il paese. "C’è chi dalle malghe se n’è già andato. E il pericolo è per le piccole frazioni, dove se due se ne vanno, gli altri li seguono. Ma così si rischia che la montagna si spopoli".
A differenza della Confédération paysanne la Federazione allevatori di Trento è un'organizzazione 'allineata' non solo con il potere politico ma anche con un modello di agricoltura e di zootecnia fortemente integrate con l'agroindustria. La Federazione "ci mette del suo" attraverso la selezione del bestiame di razza Brown Swiss, una razza che di montagna ha solo lontane e parziali origini svizzere ma che è una macchina da latte che si vuole ancora più produttiva (Centro Super Brown). Di qui la 'mangime-dipendenza' di quella parte della zootecnia trentina (rappresentata da Rauzi) che si è ridotta ad utilizzare sempre meno le risorse foraggere locali (pascoli alpini, prati-pascoli di mezza montagna, prati).
Forse però Rauzi si rende conto che il sistema agroalimentare globale gestito dalle multinazionali vuole eliminare tutto ciò che non è da esse direttamente controllato. Si comincia dalle valli laterali, dagli alpeggi e si finirà per cancellare del tutto la zootecnia di aree come il Trentino dove le stalle da 1000 vacche non hanno possibilità di esistere.
L'orso e il lupo, così come il biogas - che accentua l'industrializzazione zootecnica - e le mega stalle sono in relazione. La Confédération paysanne, che esprime una linea politicamente consapevole a sostengo senza se e senza ma all'agricoltura contadina e al pastoralismo, se ne è accorta.
Manca ancora un passaggio, però. Nelle denunce del sindacato contadino d'oltralpe si individua nel ruolo di orsi e lupi a favore dell'industrializzazione agricola un elemento oggettivo. Non si arriva a denunciare un disegno. Ma se si pensa al ruolo dell'ambiental-animalismo anche su altri terreni (e quello del biogas e delle biomasse è uno dei più emblematici) è difficile non attribuire tutto ciò a un ruolo organico (ideologico ma non solo) di sostegno ad un progetto capitalistico di esproprio, controllo e sfruttamento integrale di spazi territoriali, di cancellazione di forme sociale ed economiche non completamente sussunte al sistema globale di produzione agroalimentare. La prudenza della Confédération paysanne da questo punto di vista è forse dovuta anche alla differente posizione assunta in Francia dai movimenti "verdi" dove , a fianco di posizioni integraliste pro lupo e pro orso - analoghe a quelle dei loro corrispettivi italiani - vi sono anche posizioni più aperte e la figura di José Bové che riesce - almeno per ora - a conciliare il ruolo di politico "verde" con il sostegno senza se e senza ma ai pastori tanto da rivendicare il loro diritto a sparare ai lupi.
La lobby dei grandi predatori, però, non opera a livello nazionale ma mondiale e al fine di un suo efficace contrasto a difesa delle comunità rurali è importante fa crescere la consapevolezza di come essa, con la sua ideologia, la sua influenza e le sue iniziative faccia parte di una strategia complessiva. Non a caso le fondazioni, espressione delle grandi corporation, finanziano i movimenti ambientalisti istituzionalizzati