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La festa dei cani pastore a Cusio  
(28.08.17) Agosto è mese di feste in montagna e da diversi anni gli alpeggi sono protagonisti di iniziative finalizzate ad avvicinare chi fruisce la montagna per relax, sport, turismo. Tra le varie iniziative vi sono anche delle gare dedicate ai cani. Occasione per ricordare il lavoro insostituibile dei cani da conduzione questo eventi sono prima di tutto una festa della montagna, un'occasione per avvicinare pastori e malghesi di valli vicine e lontane


Modello ribelle: l'alpeggio che vive
(08.08.17)  L'alpe  Cavisciöla è sempre più  un emblema della resistenza  casearia, contadina, alpina, che guarda avanti con serenità e fermezza. Qui, almeno qui, il modello "ribelle" si è consolidato, articolato, precisato mentre altrove (anche in alpeggi vicini) il depotenziamento della pratica dell'alpeggio, ha fatto passi da gigante .

Alpe Bomino: passato e presente di uno storico formaggio 
(01.08.17) Una valle incantata, oggi isolata  e solitaria, ma in passato trafficata da carovane cariche di formaggi e di carbone di legna. Dal 2000 qui la famiglia Martinoli (Samuele e Donatella, ai quali si è affiancata gradualmente la figlia Serena) produce il bitto (ora "storico ribelle"). Una storia di vita d'alpeggio tra la val Masino e la Valgerola.


Alpeggi di Cavargna  Tra luci e ombre
(25.06.17) Di questi tempi di siccità si apprezza di più il valore degli alpeggi dove, tranne annate eccezionali, le piogge e i temporali sono frequenti. In val Cavargna, a differenza della più meridionale valle Intelvi, caratterizzata da substrato carbonatico, le sorgenti sono numerose.  "Qui c'è acqua dappertutto" dice il sindaco di Cusino, Francesco Curti, che mi ha accompagnato a visitare l'alpeggio comunale (l'alpe di Rozzo, 1480 m) che, da quest'anno, è caricato da un giovane allevatore locale.

Siglinde scappa e torna a casa 
(23.07.17) Una mucca "in fuga" per due giorni: scappa dall'alpeggio dov'era stata appena trasportata e marcia verso casa, verso il maso di Salorno (Bz) dove "abita" e dove era rimasto il suo vitellino. Con la mammella gonfia, i capezzoli sanguinanti per le punture degli insetti dei boschi di bassa quota. Ma è finita nel migliore dei modi e la sua storia diventa l'apologo di una zootecnia di montagna che sa resistere alle logiche disumanizzanti dell'agroindustria




 
 

 


Articoli per argomenti 

Storie di Alpeggi


Dalle Ande al Lagorai


di Laura Zanetti

(28.09.17) Gli alpeggi sono ormai chiusi. Ogni stagione potrebbe raccontare infinite storie. Questa parla di un'esperienza che  riguarda chi viene a lavorare sui nostri alpeggi da lontano (in questo caso da montagne molto lontane). È la storia di una calda esperienza umana che ha coinvolto la piccola comunità di lavoro della malga Cagnon de sora.

L’appuntamento è fissato per venerdì primo settembre alle ore 9.00 di un luminoso mattino, nei pascoli bassi di malga Valtrighetta.

È l’ultimo giorno di permanenza sul Lagorai di Lisbeth Palomares, la giovane peruviana arrivata a malga Cagnon de sora il 18 giugno, attraverso il servizio ideato da Michele Corti sul sito Ruralpini.it: Lavoro in Alpeggio.

Agnese Iobstraibizer, l’accompagna con il suo pulmino bianco. Dentro: due valige, tre formaggelle di queso fresco, il formaggio sud-americano, tanti pezzi di burro freschissimo da portare in dono a qualche amica e a Giovanni Barba, l’industriale lombardo che ha lasciato l’attività ai figli, per fare l’agricoltore a tempo pieno nella sua tenuta, sopra il lago Maggiore e dove la nostra andina si occuperà della grande casa.

Agnese, la decana dei Liberi Malghesi del Lagorai, di norma forte come le rocce del suo alpeggio, stenta a trattenere le lacrime. “l’anno prossimo varrai quassù in vacanza quindici giorni!”.
Si perché Lisbeth a Cagnon de Sora ha portato non solo la sua esperienza di campesina delle Ande, ma tanta allegria, una fede incrollabile nella bellezza del Creato, le sue canzoni andine, un incredibile adattamento a tutti i lavori che richiede la gestione estiva della malga. Così che l’atmosfera nella malga di Agnese è stata delle più felici.



Lisbeth Palomares nasce a Lima il 19 gennaio del 1978. Studia Agricoltura presso la Comunità Campesina di San Antonio, nel Pueblo di San Mattia, in Perù. Per dieci anni e più si occupa  della cura degli animali, della mungitura, della trasformazione del latte in formaggio, ricotta e yogurt.

Lascia il Perù lo scorso anno per recarsi in Italia alla ricerca di un lavoro che le permetterà di pagare gli studi universitari del figlio maggiore.

Arriva sul Lagorai grazie al servizio "Lavoro in alpeggio" di ruralpini.it

 

L'intervista

LZ: Lisbeth cosa porti via da questa esperienza sulle nostre montagne?

LP: la cosa più bella è di aver conosciuto persone che mi hanno aiutata, giorno dopo giorno. La signora Agnese, una persona meravigliosa che mi ha trattata come una figlia, Thomas che era come aver vicino mio figlio Ismael, Luigi che quando mi vedeva piangere , mi portava a camminare, mi coinvolgeva in qualche lavoro, così che sentivo meno la nostalgia dei miei figli, di casa.



LZ: raccontaci di Agnese. Cosa ti ha insegnato?

LP: lei mi ha insegnato tutto su come fare il formaggio, la ricotta e il burro. Dopo qualche giorno mi ha detto : “ora lo puoi fare da sola”. Del resto anche lei cinquant’anni fa imparò da un malghese, che le spiegò tutto in un solo giorno. Poi dovette arrangiarsi, sperimentare.

LZ: i tuoi rapporti con gli animali?

LP: mi piacciono tutti tutti, ma ho una predilezione per i maiali. Quando portavo loro il siero del latte, li chiamavo parlando loro in spagnolo. Loro accorrevano felici  ed Agnese diceva: “ ma come è possibile che capiscano la tua lingua!”.



LZ: chi si alza per primo a Cagnon de Sora?

LP: sempre Agnese, alle 4.30. Poco dopo la raggiungevo in cucina, preparavo il caffè per Luigi; poi tutti insieme si iniziava la giornata: Luigi e Thomas in stalla per la mungitura, io nel caselo (luogo del latte), a spannare il latte del sera prima, versare la panna nella zangola di legno, metterla in azione, e, nel frattempo che si forma il burro, accendere il fuoco sotto la calgera di rame,versarvi il latte scremato, al quale Luigi e Thomas aggiungono quello appena munto. Una veloce colazione tutti insieme poi via ad aprire i portoni del barco ( stallone), togliere la catena agli animali e dirigerli verso i pascoli.



LZ: Lisbeth anche il burro è stato per te una bella scoperta!

LP: si noi lo chiamiamo mantequa, però non fa parte della nostra tradizione alimentare. Il nostro formaggio è fatto con latte intero. Quando ritornerò in Perù lo farò anch’io. È troppo buono! Intanto ho inviato alla mia mamma campesina la ricetta della ricotta. La nostra è muy fea, cioè tanto brutta, perché la facciamo cuocere anche quattro ore. L’ho chiamata giorni fa, laggiù, vedi, dove c’è il formicaio e prende il cellulare. Era così contenta: “ sono riuscita a fare la ricotta più buona del Perù!”




LZ: abituata al formaggio fresco, ti sei poi abituata al nostro?

LP: i primi tempi ho faticato a mangiarlo. Era troppo forte. Ma dopo quindici giorni mi ero abituata al suo sapore ed il mio non mi diceva più niente!


LZ: torniamo ad Agnese che ha una gran bella curiosità. Però quella delle persone intelligenti che desiderano imparare cose nuove, come ad esempio il tuo idioma.

LP: ah si! Ha imparato subito a dire alla gente la mia età, con una pronuncia perfetta. E poi ogni mattina ci salutava con il  buenas dias, ripetuto poi da tutti noi!




LZ: nostalgia del Perù a parte, nessuna difficoltà in questi due mesi e mezzo di Lagorai?

LP: è stata una esperienza umana meravigliosa. Per quanto riguarda il lavoro non c’è nulla che mi fa paura. Anzi! A me piace mettermi alla prova anche con lavori considerati maschili. Sai la soddisfazione quando, guidata da Luigi, sono riuscita a tagliare un tronco a caricarlo insieme  sul trattore.


LZ: ora, Lisbeth, ti aspettano due anni di lavoro. Giusto il tempo per pagare gli studi di Jordan. E poi?

LP: poi ritorno nella mia terra, a Rio Blanco. Ho delle terre giù, ereditate da una bisnonna. Con la mamma e i miei figli creerò un’azienda agricola. Coltiverò las papas, le patate. Ne abbiamo più di 3000 specie! E poi i carciofi, i piselli, la lattuga , e tanti altri ortaggi. Tutti senza la chimica. Alleverò vacche da latte. L'erba non manca. E trasformerò il latte come mi ha insegnato Agnese





 

 

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