(29.04.11) Ieri una giovane mamma di Prazzo ha fotografato un lupo mentre passeggiava tranquillo sotto il suo balcone. Ora il bimbo di tre anni non può più giocare
Quando il lupo è
sotto casa il diritto alla
sicurezza è stato violato
di Michele Corti
Una società buonista e iperprotettiva, che garantisce a tutti sin troppi diritti (anche a chi non se li merita) condanna i bimbi di montagna agli arresti domiciliari, colpevoli di essere (ancora) nati e di ritardare la consegna della montagna a sua divinità il lupo e ai suoi adepti
Parlare di società schizofrenica, di paradossi, di ipocrisie non basta più. Qui siamo di fronte alla nuda evidenza di fatti sociali elementari che parlano della doppiezza immorale di una società dominata dalla cultura e
dagli interessi industriali e urbani. In nome della
'rivincita della natura', del risarcimento di danni inferti agli
equilibri naturali dallo sviluppo industriale ora chi ha la sfortuna di vivere
in montagna viene privato della libertà come tributo ad una 'selvaticità'
inventata e idolatrata incarnata dal lupo.
L'operazione
è cinica e astuta e conta sul fatto che i montanari sono pochi, dispersi,
privi di risorse di accesso ai media e al potere politico.
L'errore
di valutazione degli 'imprenditori politici del lupo' è però grave. Se il lupo
è in grado di suscitare forti reazioni emotive solleticando curiosità, spirito
di avventura (virtuale) dei piccolo borghesi sensibili ai richiami
ambiental-animalisti televisivi esso è altrettanto in grado di suscitare
reazioni contrarie in coloro che non vivono nei condomini cittadini ma nelle
frazioni di montagna. Reazioni che una vasta componente della società di
montagna (che non ha ancora del tutto rescisso le radici con la cultura
tradizionale) è pronta a fare proprie suscitando un movimento sociale
anti-carnivori .
Di fronte alla foto sopra non si può non reagire. Lidia Fresia questa foto
l'ha scattata davanti alla stalla, sul balcone di casa sua in frazione Ferreri
di San Michele di Prazzo (Val Maira, Cn), il lupo era sulla strada provinciale.
Lidia abita lassù col compagno e il loro bimbo di tre anni che ora - tanto per cominciare - non
gioca più in libertà, ma è la libertà di tutti ora sotto attacco. Perché in
montagna non si può più lasciare che i bambini escano di casa? Chi ha deciso
gli arresti domiciliari per i bambini montanari? Chi lo sappiamo, possiamo fare
nomi e cognomi: i direttori dei Parchi, i responsabili del Centro conservazione
dei grandi carnivori di Entraque, i dirigenti dei servizio Parchi in regione,
i responsabili del Settore faunistico della Provincia, del Progetto lupo, i dirigenti del WWF,
dell'Enpa a livello regionale e Provinciale, gli esperti accademici e i
consulenti del suddetto Progetto Lupo, i responsabili del Comitato lupo presso l'Ispra.
Perché chi abita in montagna
deve essere assediato dai lupi? Perché il bimbo di Lidia non può andare in
triciclo e non potrà usare la biciclettina? Perché non si può mandare ragazzi
anche grandicelli a far legna nel bosco da soli o a portare al pascolo le bestie.
Perché la vita di montagna non può più essere vissuta? Chi condanna agli
arresti domiciliari i bimbi vuole spegnere la vita di montagna, accelerare
la pulizia etnica. Non siamo a livello di Pol Pot (un'altro che si riteneva
illuminato e progressista) ma la differenza è solo nella minore brutalità. Pol
Pot ha sterminato 2/3 milioni di cambogiani non non voleva
trasferirsi in modo coatto dalla città alla campagna. Da noi la pulizia etnica
è al contrario: si spinge con le buone o con le cattive la gente a
concentrarsi nelle aree urbane dove è impossibile sfuggire al controllo sociale
che oggi si esercita in primo luogo attraverso la dipendenza dalle reti
complesse dela produzione e del consumo di cibo ed energia. Il lupo
è un arma perfetta. I bambini cui è vietato giocare fuori casa o sciare sulla
pista da sci (foto sopra con i resti di un banchetto dei lupi dello scorso
inverno) sono colpevoli di essere (ancora) nati, di ritardare la consegna
dell'intero spazio vitale (lebensraum) montano al lupo.
Lebensraum? pulizia etnica? Ogni allusione a
un progetto hitleriano non è assolutamente casuale. Ma i lupofili sono
politicamente corretti, progressisti come si fa a dire questo? A parte che in
Francia si parla da anni di ecofascismo a proposito della politica di
reintroduzione del lupo basterebbe osservare come l'ideologia lupista è
talmente progressista che, mascherata dietro formule pseudo-scientifiche c'è
una visione pre-feudale che ci riporta alle riserve di caccia dell'alto
medioevo dove i guardia-parco preso il malcapitato contadino-bracconiere
che aveva osato 'prelevare' la fiera lo impiccavano senza tanti complimenti.
La fiera in quanto 'nobile' valeva molto più della vita dei contadini.
Imporre oggi che il pastore
non possa difendersi dal lupo, impedire che al lupo si possa sparare anche
quando arriva a pochi metri dalle case non è in stretto parallelismo con la
situazione altomedioevale?
Il progetto, però, ha
successo se la montagna viene conquistata come un carciofo. Valle dopo valle. É
un po' come il lupo che, quando caccia da solo cerca di isolare le pecore più
deboli senza destare l'allarme del gregge. La forza del progetto conta
sulla capacità narcotizzante delle 'favole ecologiche' e sulla superiorità
culturale e sociale degli ambienti prolupo (spesso solo per conformismo e per
sentirsi parte della società 'che conta'). Nelle valli dove il problema del
lupo si fa sentire la preoccupazione dei Signori del lupo è quella di
minimizzare (sono 'pochissimi', le predazioni sono opera dei cani, non c'è
alcun pericolo per l'uomo). Un corollario di questa strategia è presentare il
problema come faccenda della sola componente 'professionale' agricola o come
una 'questione tecnica' da lasciare agli 'esperti della fauna'.
Dove il problema si è
fatto serio si punta sullo spirito di rassegnazione e sul fatto che,
sfoltiti i pastori e gli allevatori, attori sociali un po' più organizzati
e reattivi del resto della popolazione, la capacità di resistenza sociale è
ormai compromessa. Le scarse comunicazioni tra valle e valle facilitano il
disegno dei Signori del lupo. Fortunatamente essi hanno sottovalutato la
reazione emotiva che le notizie della sempre più inquietante presenza del lupo
suscita anche nelle popolazioni dei fondovalle e della zona pedemontana dove
può scattare un riflesso di solidarietà. Riflesso di testa ma anche di pancia,
perché l'idea che diritti elementari come la sicurezza e la libertà dei bimbi
siano sacrificati sull'altare dell'egoismo sociale della 'setta del lupo'
provoca indignazione morale ma anche mal di pancia. Ancor più lo provoca l'idea
che un bimbo potrebbe essere ghermito e sbranato dai lupi. Del resto il lupo
che va a passeggio davanti alle case cosa sta facendo? La passeggiata la può
fare ovunque se proprio vuole sgranchirsi le zampe. Se ispeziona lo spazio
abitato è perché vuole capire fin dove può spingersi, quale sia il reale
presidio umano.
Qualora il lupo valuti che
le difese umane siano deboli perché non colpire? E se ci fosse un bimbo che
gioca da solo perché non prenderlo? Al lupo non hanno ancora raccontato che la
favola di Cappuccetto Rosso va riscritta, ovvero che lui è buono. L'etica del
lupo prevede solo una valutazione di rischi, costi e benefici. Se circola in
ambienti dove i segni della presenza umana sono numerosi (e persino le
tracce olfattive) è segno che l'uomo non gli fa più paura e può diventare una
preda potenziale.
Diventata una questione di
sicurezza la strategia 'gradualista' dei Signori del lupo rischia di
saltare. Se le valli si muovessero unite consapevoli che questo problema può
essere quello che da la sveglia alla montagna e può catalizzarne le risorse
interne (e magari anche qualche alleanza esterna) l'apparente forza
soverchiante della lupofilia, basata su un sentimento lupofilo urbano vasto ma
superficiale e contraddittorio, potrebbe essere sconfitta.
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