Ruralpini
Resistenza rurale |
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Abbiamo esempi di queste forme di associative per la gestione della vita della comunità? Certamente. Negli Stati Uniti ci sono città intere che non appartengono a un comune (il territorio non è tutto suddiviso in comuni) ma direttamente alla contea. Si autogestiscono in forma privata. E funziona. In Italia è citato il caso di Partigliano, una frazione di 200 abitanti di un comune della provincia di Lucca dove diverse associazioni, operando di conserva, hanno assunto la gestione dei servizi, di fatto svuotando il comune (che ha sede in pianura e che, come spesso succede, delle frazioni "periferiche" si interessa poco). E' stata la modernità, con la sua ossessione per le gestioni individuali, con la sua ossessione per organizzare ogni attività conomica in forma di impresa a fine di lucro, che ha distrutto le forme di gestione collettiva, comunitaria, delle risorse. L'istituto che rappresentava l'associazione tra gli abitanti era la Vicìnia (assume anche altre denominazione). Era limitata alle famiglie "originali" perché queste, spesso, avevano a suo tempo riscattato dai signori feudali a suon di moneta sonante i diritti di possesso di boschi e pascoli. Vi erano, però, grazie alla corresponsione di una quota e alla residenza prolungata, delle possibilità di accesso a queste associazioni. Gestite nella forma della democrazia diretta (si conservano ancora le macchine per votare in forma segreta, ovvero per inserire palle di colore diverso per approvare o respingere una proposta) queste associazioni non solo gestivano i beni silvopastorali (quelli agricoli erano stati privatizzati nell'epoca delle colonizzazioni medievali in coincidenza con l'intensificazione agricola e l'aumento della popolazione) ma anche le strutture di trasformazione e distribuzione dei prodotti: i mulini, le cantine, le osteri, le segherie. Non solo ma le Vicìnie gestivano spesso anche le scuole e delle forme di assistenza, contribuivano al mantenimento della chiesa ecc.. Lasciate che la piccola comunità si gestisca come una famiglia, senza burocrazia, senza tasse Oggi la sopravvivenza di funzioni minime per la sopravvivenza delle piccole comunità è legata alla possibilità di gestire il bar-trattoria-negozio, un centro di servizi comunitario dove poter disporre di attrezzature per lavorare i prodotti agricoli (anche dell'attività di coltivazione e allevamento "hobbistica" sia per autoconsumo che per la vendita nel bar-trattoria-negozio), dove poter praticare attività artigianali (legno, lana). Queste strutture comunitarie, come i vecchi mulini, segherie, osterie, caneve, sono il trait d'union tra la vita del paese e la rinascita delle superfici agrosilvopastorali. Tutte queste attività devono essere totalmente defiscalizzate e deregolamentate. Si deve equiparare la piccola comunità a una famiglia. Va precisato che il "quanto piccolo" non può essere definito solo in base non solo a numero abitanti ma anche a parametri di spopolamenti, distanza dai centri con servizi, perdita di superfici agropastorali. Sono a volte fuorvianti i caratteri puramente fisici, primo fra tutti l'altimetria perché da lungo tempo è noto che la fascia di maggior sofferenza è quella della bassa-media montagna. Il criterio guida di questa "rivoluzione" è che non devono essere richiesti adempimenti e requisiti diversi da quelli per lo svolgimento delle stesse attività nel chiuso dell'abitazione famigliare, del contesto "hobbystico". Ciò è un passo avanti rispetto alla semplice riduzione degli adempimenti per le aziende "contadine" (vedi le proposte di legge da due legislature attendono di essere discusse in parlamento). Qui non si parla di aziende ma di comunità che sono (o possono tornare a essere) "grandi famiglie" e che solo attraverso la cooperazione, il passaggio dalla chiusura individualistica a una dimensione mutualistica e socializzante possono recuperare motivi per volere un futuro. Ma non basta ancora. Serve poter organizzare in forma comunitaria le attività di recupero del patrimonio edificato, di manutenzione. Tornando all'esecuzione dei lavori in economia e in forma mutualistica. Anche in presenza di necessari specialisti questi ( e non solo chi ha la fortuna di avere in famiglia il muratore, l'elettricista ecc.) operando nel contesto della loro comunità, devono poter essere sollevati da oneri fiscali e adempimenti burocratici. Lo stesso per i servizi sociali, educativi, assistenziali tenendo presente che già oggi è possibile organizzare le scuole parentali e che questo modello può servire per altri ambiti. Assistenza infermieristica, trasporto ammalati (ma anche altri trasporti di persone e merci) dovrebbero rientrare nella sfera operativa di questa "società di abitanti" che autogestisce i "servizi per vivere". Per ricollegarci malle prospettive offerte dai nuovi sistemi di trasporto, l'associazione di comunità potrebbe gestire un servizio di drone-taxi (a Torino entreranno in funzione l'anno prossime e quindi non è fantascienza) che ampia enormemente le possibilità di trasporto (anziani, ammalati, urgenze "minori") rispetto all'elicottero. Utopia perché non passa dalle app? A chi obietta che si tratta di "utopie" basterebbe ricordare che in città, grazie a delle app, funzionano le banche del tempo, i servizi di sharing, di baratto e altre forme che non sono null'altro che il ritorno al mutualismo spontaneo della società contadina. Se funzionano con delle app in un ambiente dove tutti sono sconosciuti agli altri non dovrebbero funzionare dove a oliare e rinforzare i meccanismi della cooperazione vi è ancora la relazione fisica, calda di prossinità? Prossimità che diventa prigione e fonte di tensioni se c'è disgregazione, se non ci sono speranze comuni, se non c'è la prospettiva dell'aiuto reciproco sincero, ma che diventa sicurezza, sostegno, consolazione se i meccanismi di relazione sono caratterizzati da esperienze positive. E Livigno allora? Quando si avanzano proposte di defiscalizzazione della montagna in sofferenza non si attenta al bilancio dello stato, non si incita alla sovversione fiscale. La zona franca a Livigno è intoccabile e muove un gigantesco giro d'affari, Livigno è una delle migliori località turistiche alpine e prospererebbe anche senza la zona franca che alimenta attività speculative. Lo stato perde parecchio in termini di iva non riscossa ma nessuno osa eliminare un anacronismo che è privilegio. Per i piccoli centri di montagna si auspica una defiscalizzazione che aiuterebbe la sopravvivenza e stimolerebbe flussi turistici di minima entità. Nuovi insediamenti, giovani famiglie In una comunità che riesce a auto-ri-organizzarsi secondo questi modelli si può prevedere di operare al contrario rispetto al passato. Ovvero, invece di chiedere una "quota di ingresso" nella associazione si potrebbe offrire alloggi recuperati senza canoni di affitto e la possibilità di inserirsi nei circoli di autoconsumo (prodotti agricoli, legna da ardere) e autofruizione di servizi locali in cambio dell'impegno (per un numero minimo di anni) a prestare l'opera di uno o più membri della famiglia nelle attività agrosilvopastorali gestite in modo associativo e nelle altre attività di servizio (manutenzioni, servizi di megozio-bar-trattoria, servizi assistenziali) prevedendo comunque la "presa in carico" di una superficie anche piccola di terreno da coltivare direttamente. Come per tutti gli altri "soci" della comunità anche i nuovi arrivati, a fronte del sostegno ricevuto, saranno chiamati a prestare "giornate" di lavoro volontario secondo le proprie capacità o compensate altrimenti (non è del resto consuetudine del tutto abbandonata in parecchi comuni, almeno con riguardo alle strade). I rapporti con lo stato In questo schema lo stato rinuncia a tassare e sottoporre a oppressiva regolazione piccole attività che vanno poco al di là di quelle svolte nell'ambito domestico e dell' hobbismo. In compenso non è difficile valutare quale risparmio in termini di interventi per calamità naturali esso possa conseguire a seguito del mantenimento del presidio e della manutenzione di ampie superfici territoriali. Non solo, favorendo il solidarismo spontaneo, il mutualismo, la soddisfazione di molti bisogni e servizi in forma autonoma da parte delle piccole comunità, lo stato (inteso anche il comune) risparmia ingenti risorse (pensiamo solo quanto costa l'invio nei paesini di assistenti sociali, e poi il trasporto di alunni e malati, quelle manutenzioni che diverebbero superfle in un contesto edificato e silvopastorale "usato e vissuto"). In corrispettivo di tutti questi risparmi lo stato, oltre a rinunciare alle varie forme di oppressione fiscale di realtà minime (vedi il sadismo dei registratori di cassa, delle fatture elettroniche ecc.), dovrebbe riconoscere alla "società degli abitanti", attraverso il comune, un corrispettivo forfettario a titolo di "contratto di manutenzione e cura del territorio" a riconoscimento delle utilità sociali e dei servizi ecosistemici forniti alla più ampia collettività dalla presenza (a questo punto non più stile dormitorio) delle piccole comunità dei territori di montagna, alta collina, zone interne svantaggiate. Non mettiamoci altri sessant'anni, però, a mettere in pratica queste (o altre) soluzioni. La montagna sta morendo velocemente e non c'è consapevolezza sufficiente, anche per colpa di distorte ideologie ambientaliste di matrice urbana, delle gravi conseguenze di questo fenomeno per tutta la società. Una graduazione Tutto o nulla? Questa "utopia" si può applicare solo alle piccole comunità di poche centinaia di abitanti. No, perché non risolveremmo il problema della montagna. Per i centri più grandi (e/o meno svantaggiati) vanno comunque avanzate proposte di semplificazione della giungla regolativa pubblica, defiscalizzazione, stimolo all'associazionismo di comunità. Posto che nei piccoli centri non può esservi l'obbligo di passare a una gestione comunitativa, in quelli più grandi ciò deve comunque essere possibile e incoraggiato. Misure di semplificazione sono state previste nella citata legge sui piccoli borghi e sono contenute in altre proposte legislative, così come misure di defiscalizzazione. Fuori da queste provvidenze va lasciata la montagna senza svantaggio, quella Istat. Qui ci sono più voti e voce in capitolo ma se non si ragiona, schematizzando, sulle "tre montagne": quella che non necessità di uno status diverso dalla pianura, quelle con maggior svantaggio, spopolamento, che necessità di un'approccio radicale, quella "intermedia", cosa succede? Che la calata a valle, verso i centri pedemontani (non importa se perimetrati nella montagna e nelle comunità montane) continuerà, che l'emorragia dei centri minori continuerà. Ecco perché ci vuole un intervento coraggioso che non guarda al consenso immediato.
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MONTAGNA
AMARA ... MA CHE NON MUORE IN SILENZIO PER NON DAR FASTIDIO AGLI
IPOCRITI CHE LA UCCIDONO Popolo
alpino... a rischio estinzione
(29.01.20) Andrea Aimar, un giovane della val Maira torna sul tema di una montagna a cui viene rubato il futuro. Le "piccole" cose che stanno uccidendo la montagna (nessuno potrà dire: "non sapevo, non ce l'aveva detto nessuno") leggi tutto Schiacciati tra lupi e registratori di cassa "Ormai è peggio di una dittatura, vogliono far chiudere tutte le piccole aziende agricole di montagna". Così conclude questo nuovo intervento Anna Arneodo. Il suo grido di dolore è circostanziato. In altre occasioni ha indicato il lupo come uno degli "strumenti" con i quali si vuole attuare la pulizia etnica della montagna. Ora indica nella burocratizzazione, nelle tante voci di costo imposte per legge (pesantissime per le piccole aziende), nell'adozione di modalità informatiche (che penalizza la montagna mal connessa) altrettante "armi di distruzione". leggi tutto
(21.12.19) Il dibattito tra montanari sul futuro della
montagna entra nel vivo. Rispondendo ad Andrea Aimar (val Maira, CN) ,
Carminati dalla valle Imagna bergamasca, mette l'accento sui
processi culturali oltre che su quelli socio-economici. Vero che
la montagna è colonizzata , che le normative la penalizzano, che è
priva di rappresentanza politica, ma il problema è anche
l'autocolonizzazione, l'esodo culturale che - altrettanto negativo
dello spopolamento demografico - rende i montanari estranei alla
montagna pur continuando a risiedervi, ma senza più legami concreti
e simbolici con il territorio, con la memoria della comunità
Transumanza
amara
(18.12.19)«Sulle strade statali, dell’ANAS, con le bestie non puoi più passare!». Ma la transumanza, patrimonio dell’UNESCO, dove passa? Su Google, sul cellulare, sullo smartphone? La transumanza che piace corre con bellissime immagini sui media, non puzza, non sporca, non porta con sé fatica, sudore, sofferenza, stanchezza. Quale transumanza vogliamo allora celebrare e sostenere con il riconoscimento Unesco? Una domanda che merita risposte franche (13.12.19) Essere consapevoli dei termini di un problema
rappresenta già un primo passo per una possibile
soluzione. Nella lettera che riportiamo, Andrea, un
giovane di una valle della provincia di Cuneo, sostiene che - al di là
dei proclami - la politica (Roma e Bruxelles) vuole lo spopolamento
della montagna. Porsi rispetto alla politica senza illusioni, con
realismo, significa poter elaborare strategie adeguate a contrastare
certi disegni. Quantomeno provarci, in un quadro di scenari aperti che
concede anche qualche chances.
L'ambigua
cultura del bosco
Borgata
alpina in vendita in blocco per quattro soldi in val Grana (24.03.19) La superficie forestale ha superato nel 2018 quella agricola, rappresenta il 40% del territorio nazionale contro l'11% del 1950. L'Italia à dunque un paese ricco di boschi (di che qualità?) e gli ambientalisti da salotto (ma anche tanti esperti con il paraocchi) giubilano. leggi tutto Dalle Terre Alte un no a questa Europa (08.01.14) "Abbiamo
bisogno di risorse per i bimbi, per le strade e l'Europa finanzia i
lupi". E' una condanna senza appello dell'Europa della tecnocrazia
quella di Alte Terre, associazione di Cuneo. Ma non basta denunciare;
occorre un'azione politica unitaria. E per l'occasione delle
prossime europee si potrebbe ripetere il "miracolo del '79" che vide
l'unità di un largo fronte minoranze e di gruppi autonomisti leggi
tutto
(13.02.11) La cultura urbanocentrica svuota la montagna Riportiamo l'articolo di Tarcisio Cima pubblicato dal "Giornale del popolo" il 21 gennaio 2011 con il titolo 'La montagna svuotata' Il Canton Ticino gode larga autonomia ed ha un territorio al 100% montano. Eppure si 'pensa' come un'area urbana e la tendenza è a dimenticare che le Alpi hanno bisogno di città ma che il ruolo di queste ultime può rafforzarsi proprio in quanto città alpine leggi tutto (23.06.16) Nuovi montanari che vengono da lontano un fenomeno ambivalente Apriamo con un lavoro su turismo alpino e immigrazione inviatoci da Andrea Membretti, sociologo del territorio, un dibattito su un tema tra i più sensibili: immigrazione neocomunitaria e extra-comunitaria nelle Terre alte leggi tutto (09.09.13) Lasciateci almeno delle riserve indiane Piuttosto che essere del tutto scacciati dalla wilderness lasciateci delle ZPS umane. A lanciare la provocazione è l'associazione Alte Terre. Un'associazione di resistenza sociale montanara delle valli di Cuneo. "Siamo noi montanari in via di estinzione , creiamo delle riserve indiane senza orsi e lupi per difendere la biodiversità culturale umana che rischia di sparire". leggi tutto (05.09.13) Per una politica delleTerre Alte In vista dell'incontro a Coumboscuro di domenica 9 presentiamo gli atti del Convegno di Sondrio del giugno 2012 dal quale scaturitono 5 punti su cui impostare la futura azione politica. Un contributo alla documentazione del percorso sin qui seguito dal dibattito politico-culturale sulle Terre Alte leggi tutto (03.09.13) In difesa delle Terre Alte Quest'anno Amamont organizza il suo evento annuale nelle valli Maira e Grana all'estremo occidente alpino, incontrando due associazioni che condividono il tema sociale. delle Terre Alte. Un'occasione per riprendere il filo di un percorso che si snoda nelle Alpi dai tempi dell Carta di Chivasso, che viene riproposto anche in forma transfrontaliera e che punta a un nuovo patto tra piano e monte leggi tutto (20.08.13) La rinascita delle comunità locali una risposta strategica alla crisi Il sociologo territorialista De La Pierre, attento ai temi della rinascita comunitaria e della progettualità locale autosostenibile, invidua nella profonda crisi presente, una straordinaria opportunità di rinascita comunitaria. De La Pierre rintraccia un filo comune in quanto sta avvenendo nei borghi già abbandonati dell'Appennino, in Brasile, nella Grecia che rinasce quando la crisi sembra disperata, in una inedita Lombardia leggi tutto (13.02.12) Le montagne si parlano Un primo incontro a Sondrio sabato 18, un secondo a Edolo per dire che la montagna alpina lombarda si parla senza passare dalla pianura, che l'organizzaizone in provincie è superata. Incontri paralleli in programma in Piemonte e poi entro la primavera un grande convegno sui temi dell'autogoverno della montagna. Con il coraggio di guardare a prospettive radicalmente nuove. Con la voglia di fare smettendo di chiedere leggi tutto (03.02.12) Montagna: crisi e recupero di autogoverno Pubblichiamo gli interventi del Seminario di Milano del 10 dicembre su: "La Montagna di fronte alla crisi". Uno spunto per un dibattito aperto che vuole arrivare alla definizione di una "Carta per l'autogoverno della montagna" da presentare a Sondrio in un convegno da tenersi entro la primavera di quest'anno. Oltre a commentare ogni intervento online i lettori possono inviare loro contributi ai temi del dibattito aperto leggi tutto (11.12.11) Milano. Parte una iniziativa politico-culturale per le Terre alte Si è svolto ieri presso l'Associazione consiglieri (al Pirelli) un seminario coordinato da Robi Ronza su: "La montagna di fronte alla crisi!". Partito da una proposta di Quaderni Valtellinesi (Dario Benetti) e Ruralpini(Michele Corti) il seminario era stato preparato con un incontro cui hanno partecipato anche Ronza (Confronti), Mariano Allocco (Patto per le Alpi piemontesi) e Giancarlo Maculotti (Incontri TraMontani). Ora si avvia una fase di serrata discussione e confronto (via internet) per arrivare a un Manifesto/Carta dell'autogoverno delle Terre alte e a un convegno a Sondrio, città al centro delle Alpi. Con lo scopo dichiarato di dare espressione politica (ma non c'entrano i partiti tradizionali) a quel fiume carsico dell'autonomia e libertà alpina che prese origine con la Carta di Chivasso ('44) e proseguì con quelle di Sondrio ('86) e di Coumboscuro ('87) e, più di recente ('06), con il Patto per le Alpi piemontesi. Con l'idea di passare dalle "Carte" all'azione. leggi tutto (28.05.11) Ricominciare dalla montagna? Il titolo del saggio di Gianfranco Miglio (1978) è quanto mai attuale. Mai come oggi la montagna è a un bivio. Può ispirare al resto della società modelli utili a ripensare la gestione dello spazio, delle risorse, comprese quelle umane o può essere cancellata come realtà sociale. E ridotta ad un 'supporto fisico' colonizzato materialmente e simbolicamente dalla civiltà megapolitana. In vista di un 'ripensamento complessivo' della realtà della montagna è utile ripercorrere le tappe della presa di consapevolezza della realtà delle Terre alte. Una di queste è rappresentata indubbiamente dal convegno di Sondrio dell'aprile 1986 (foto) nel cui ambito venne redatta la 'Carta di Sondrio' che ripubblichiamo in vista di nuove iniziative. leggi tutto (24.11.11) Materiali. Contributi al dibattito sulle Terre alte (Incontro di Pradleves) La scorsa primavera si è svolto un incontro sulla "questione montana" a Pradleves, un comune della valle Grana. In collaborazione con Mariano Allocco, che figurava tra gli organizzatori dell'evento, pubblichiamo gli interventi più interessanti nel contesto dell'attuale dibattito "la montagna alpina nella crisi": quelli di Annibale Salsa, Werner Bëtzing e quello dello stesso Allocco. Nelle prossime settimane Ruralpini intensificherà la pubblicazione di contributi sul tema che possono essere proposti o segnalati anche dai nostri lettori. leggi tutto (01.10.11) Montanari dissodatori di ieri, montanari di oggi, montanari futuribili Giancarlo Maculotti è l'animatore degli Incontri Tra/Montani che la scorsa settimana a Carcoforo (alta Valsesia) sono giunti alla ventiduesima edizione. Le riflessioni che ci consegna a commento del convegno si inseriscono nel dibattito sulla 'chiusura della montagna' innescato dalla serpeggiante proposta di abolizione dei piccoli comuni. Vanno però al di là delle vicende istituzionali vissute in prima persona da Giancarlo in quanto sindaco di Cerveno, un paese di 700 abitanti nella media Valcamonica. Toccano i temi della 'montagna triste', dei giovani che non ci sono o che se ne vanno, della problematica venuta di 'nuovi montanari'. Un contributo disincantato e stimolante al dibattito che Ruralpini ha aperto su: "La montagna nella crisi" leggi tutto (27.09.11) La montagna dentro la crisi: verso la desertificazione o un recupero di autonomia e di identità? I recenti dibattiti sulla chiusura dei piccoli comuni e sui ‘costi’ del mantenimento della popolazione montana impongono una reazione. Se la montagna fosse libera dall’oppressiva regolamentazione burocratica e dai vincoli che le impediscono di valorizzare le proprie risorse (umane, energetiche, faunistiche ecc. ) potrebbe fare a meno del tutto delle elemosina delle istituzioni ‘superiori’. Riprendere autonomia, capacità di autogestione, identità è, per la montagna, la strada per evitare di divenire un deserto verde e per uscire rafforzata dalla crisi. Ruralpini lancia la proposta di un convegno su questi temi. leggi tutto (24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte Dalle scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna', ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale, devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello vitale. leggi tutto
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