Ruralpini  resistenza rurale

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Lupi in Ossola e Cusio. Allevatori e sindaci: situazione insostenibile






























































































































































































































































































Negli ultimi giorni ci sono state una serie di predazioni in valle Anzasca (che "aprono" una stagione d'alpeggio già insanguinata), dichiarazioni di allevatori che rinunciano a portare gli animali in alpeggio e che li stanno vendendo. Più un episodio particolarmente inquietante di predazione a Quarna (lago d'Orta) all'interno di una recinzione metallica fissa presso l'abitazione del giovane allevatore. A seguito di questi fatti vi sono state delle reazioni forti: la clamorosa protesta dell'allevatore di Quarna, che ha portato le sue capre in prefettura a Verbania (27 maggio), e un incontro dei sindaci della valle Anzasca (30 maggio) che ha visto la partecipazione di rappresentanti politici ed esperti, unanimi nel dichiarare la situazione insostenibile.   Intanto i cinghiali, per esporsi meno alla predazione da parte dei lupi, restano vicini ai paesi devastando campi di patate e quel poco di coltivazioni. Non c'è che dire: il lupo funziona benissimo per mettere in ginocchio la montagna (come desidera chi li usa come come pedine da muovere contro il nemico, ma non è risiko, è una guerra vera alla montagna)


di Michele Corti


(31.05.20) Dei lupi in Ossola (e nel Cusio) ce ne eravamo occupati - non solo di recente, a proposito della val Strona, vai a vedere) -  ma già nel 2011, raccontando della nascita del primo comitato di difesa allevatori, nel 2004 (vai a vedere). I lupi erano arrivati nel 2002, ma il gruppo si era poi portato nel vicino Vallese svizzero dove, a causa del numero elevato di predazioni, sono stati oggetto di controllo. La lupa rimasta per qualche anno in Ossola, è stata responsabile, da sola, di molte predazioni. Poi è sparita.


Bisogna arrivare al 2018-19 per registrare un "felice" (non certo dal punto di vista degli allevatori e degli abitanti delle valli) insediamento stabile di due branchi. Ufficialmente, ancora nel 2019, i lupi nel Cusio Ossola figuravano solo quattro. Ridicolo. Ma si sa, le "statistiche ufficiali", redatte dalla lupologia, servono a falsificare le carte in tavola, a far credere che il lupo sia sempre "in pericolo", mantenendone il regime di super-protezione e  provocando la rovina dell'allevamento pastorale in parecchie aree (non solo sulle Alpi). Ovviamente conta, non poco, il fatto che, fin quando il lupo sarà (sulla base della pesante sottostima dei dati reali), una "specie prioritaria", la lupisteria potrà accedere a canali prioritari di finanziamento europeo, che le hanno già garantito 40 milioni di finanziamenti (solo in Italia, si intende).

In Piemonte (e siamo solo a maggio, con la fortissima riduzione del traffico da covid) sono stati rinvenuti morti, quasi sempre per incidenti stradali, ben 22 lupi; alcuni contabilizzati solo perché alcuni cittadini ne hanno documentato la presenza delle carcasse sulle strade, altrimenti non se ne sarebbe saputo nulla. Alla faccia della trasparenza. Quanti saranno a fine anno?  Una quarantina probabilmente, a fronte di una popolazione ufficiale di 190 capi (stabile !?). Credere che questo tipo di mortalità per incidenti incida per il 20% dell'intera popolazione, in presenza di un continuo aumento ed espansione di areale della stessa, significherebbe accettare che le altre forme di mortalità siano trascurabili, credere di avere a che fare con lupi quasi immortali. A questa mortalità si deve aggiungere quella naturale e quella legataal controllo illegale che, di norma, comporta la sparizione dei resti. La mortalità arriverebbe al 40-50% (s e i lupi fossero quelli "ufficiali"). Un tasso che comporterebbe una riduzione vistosa della popolazione. Invece aumenta. Quindi prendono per i fondelli.

Il successo della reintroduzione dei lupi nel Cusio e Ossola coincide - guarda che caso - con gli anni 2013-2018, quelli di operatività del progetto Wolf Alp I. Dichiarata, insieme alla Lessinia e ad altre vittime designate, "area vocata prioritaria". Il tutto nel contesto di un vecchio Piano lupo nazionale (scaduto nel 2015 e mai più rinnovato per sfuggire al problema, ormai improcrastinabile, del controllo numerico) che si prefiggeva come obiettivo dichiarato  il ripopolamento dell'arco alpino, da Ovest a Est.

Cosa presenta l'Ossola di attrattivo per la lupisteria? Il Verbano-Cusio-Ossola, come da documenti ufficiali Wolf Alp I, sarebbe "vocato" perché - secondo loro -  con una densità di solo 73 abitanti per kmq, con la metà della popolazione nel fondovalle".  E allora la provincia di Sondrio con 57 abitanti per kmq e il 90% della popolazione nei fondovalle principali cosa dovrebbe diventare? Un vivaio di lupi?

Va fatto anche notare che la morfologia delle valli del VCO (tranne la Formazza strette e rocciose) dovrebbe giocare semmai contro la vocazionalità del territorio, risultando impossibile, date le caratteristiche geomorfologiche ma anche socio-economiche del sistema d'alpeggio storicizzato (con le strutture da esso ereditate) ema anche di quello attuale, la tanto sbandierata "convivenza" (o "coabitazione" come si usa da un po' di tempo in qua per confondere meglio le acque).  Nel VCO i pascoli e gli alpeggi quasi ovunque piccoli e piccolissimi e non è possibile radunare greggi custoditi; è anche difficoltà di utilizzo di cani da protezione e recinzioni.  Dire che le valli ossolane sono "vocate" per il lupo equivale a confessare, da parte della lupisteria, che la "convivenza-coabitazione" è solo un mantra propagandistico, un alibi ipocrita (e immorale). Solo se si vuole eliminare la presenza delle attività pastorali, più vulnerabili in aree a morfologia accidentata, si considerano queste ultime "vocate" per il lupo. Ed è quello che il potente partito del lupo, men rappresentato nei media, nella politica, nelle istituzioni,  persegue (lupo come mezzo, un fine lo è, semmai, per gli utili idioti).

Quanto alla densità di popolazione umana, le farneticazioni lupiste ci fanno comprendere che - dal loro punto di vista - uno "sfoltimento" della popolazione umana montana risulterebbe cosa buona, giusta e desiderabile (senza considerare che per l'ideologia animal-ambientalista l'uomo è l'"unica specie nociva sulla terra").  In realtà c'è un altro obiettivo, più a portata di mano, ma comunque strategico: la fusione dei parchi del Cusio Ossola in un unico grande parco, una strategia che rappresenta solo il primo stadio della creazione del Grande Parco delle Alpi, una specie di Yellowstone europeo.Il sogno della pulizia etnica.


Nel VCO c'è il Parco nazionale delle Valgrande, (gabellato come la più grande area "wilderness" europea, in realtà punteggiato di alpeggi sono a non molti decenni orsono), il parco dell'alta valle Antrona e il parco Veglia Devero. La valle Anzasca e la val Divedro separano questi due parchi. Scopo dell'azione di desertificazione degli alpeggi per mezzo del lupo è anche la saldatura e l'allargamento di queste aree "protette".


Anche negli Usa la "natura selvaggia" era una finzione, perché per creare i grandi parchi vennero deportate tribù di nativi americani. Nel caso delle Alpi si devono scacciare milioni di persone ma, gradualmente, l'ambientalismo (che già oggi proclama, con le sue ali più radicali, di voler trasformare in parchi il 50% delle terre emerse del pianeta)  è lì che vuole arrivare. prima le valli laterali, poi quelle principali. Poi solo qualche corridoio utile allo sfruttamento e alla finanziarizzazione speculativa delle risorse naturali (divenuto agevole una volta distrutta la presenza delle comunità insediate con i loro diritti, la stessa cosa che l'ambientalismo fa in Africa).


Ormai che i branchi sono insediati, si cambia strategia

Sino allo scorso anno, le agenzie che gestiscono gli accertamenti delle predazioni e le pratiche per gli (eventuali) rimborsi, hanno fatto di tutto per minimizzare la presenza dei lupi e dei danni da loro provocati. In diverse occasioni gli allevatori hanno dichiarato pubblicamente di essere stati "dissuasi" dai veterinari Asl e dall'ex forestale dal presentare le denunce. Una beffa a fronte del nuovo bando regionale, aperto da pochi giorni,  che prevede, (anche per gli allevatori con iscritti al - costoso - Cosman, il consorzio per lo smaltimento delle carcasse -  l'indennizzo dei capi predati nel periodo che intercorre dal 01/06/2019 al 30/05/2020. 
Da questa primavera  gli addetti agli accertamenti non frappongono più ostacoli quando vengono chiamati e non cercano di attribuire, come avveniva sino allo scorso anno, igli attacchi ai soliti "cani". Come mai? Per due ragioni: 1) ormai il risultato di insediare branchi stabili è stato conseguito e negarne la presenza esaspererebbe solo gli animi, esponendo i "negatori" e i "dissuasori" anche a conseguenze legali; 2)  le iniziative di protesta, ma anche di mobilitazione su obiettivi di una contro-strategia, stanno ottenendo qualche successo e il filo-lupismo (anche quello di stato, dei funzionari e dirigenti pagati dai cittadini per essere imparziali) deve tenerne conto.

Cosa sta succedendo?

Nonostante il coprifuoco per covid, il problema lupi non ha cessato di tenere banco nel Cusio e nell'Ossola. Gli attacchi, in primavera, sono stati effettuati nei pressi dei paesi, da qualche giorno anche sugli alpeggi dove gli animali erano appena saliti. Di seguito qualche immagine che può "urtare la sensibilità" del cittadino bene educato (l'allevatore che deve constatare la fine dei propri animali oltretutto assalito dal tanfo nauseabondo della putrefazione è considerato, come teorizzato in passato, una razza inferiore dallo stomaco e dall'olfatto corazzati). A proposito, perché chi firma per la difesa assoluta del lupo non si sottopone spontaneamente (giusto per capire cosa comporti sul campo il "non si torce un pelo al lupetto") a  questi spettacoli dal vivo? Non ne ha lo stomaco. E allora rifletta sulla propria miseria morale.


Ci scusiamo per non potervi far sentire l'odore emanato da questi poveri resti.
Al lupista in pantofole, incantato dai lupetti che giocano nei prati fioriti, inculturato da Licia Colò e dalle riviste naturaliste patinate, farebbe bene annusare un po'
.




Sempre questa primavera, i quattro (sic) lupi sono stati ripetutamente avvistati anche in pieno giorno in diverse località. Sono veramente dotati di ubiquità. O non sono solo quattro.



Di fronte alle stragi del 2019 e ai nuovi attacchi non sono pochi gli allevatori che hanno gettato la spugna. Vogliono troppo bene ai loro animali (checché ne dicano gli animal-vegan-ambientalisti che li tacciano di seviziatori) per darli in pasto ai lupi. Tra coloro che hanno dovuto vendere i propri animali Celso Badini, di Calasca, frazione Boretta, allevatore per passione che, il 29 aprile scorso, per un malore, ha perso l'equilibrio sul sentiero che porta all'alpe Lasino dove stava conducendo i suoi asini all'alpeggio.  Rotolato sulla scarpata nella boscaglia è stato ritrovato solo dopo qualche ora dal soccorso alpino, morto.  Aveva 73 anni. Lo scorso anno le sue pecore erano state falcidiate dai lupi e aveva venduto le superstiti.



Come lui altri allevatori come Ernesto Blardone, di Pieve Vergonte che ha venduto le capre tenendosi i bovini. 




Un altro allevatore che ha rinunciato a portare al massacro le sue capre in alpeggio è Matteo Ceresa, un giovane di Quarna (sul lago d'Orta), descritto come un moderato, oltretutto è l'ex-sindaco, ma che - di fronte a un episodio sconcertante
- ha messo da parte il moderatismo e in atto una forma di protesta clamorosa.   Subìta l'ennesima predazione, questa volta dentro la rete fissa metallica e a pochi metri dall'abitazione, Matteo, il giorno dopo - seppure per soli 10 minuti, che gli sono sembrati un'eternità - non riusciva a trovare la figlia di quattro anni, che era andata nel bosco. Il pensiero dei lupi in circolazione (i lupi non mangiano i bambini solo nelle favole riscritte dai lupisti) lo terrorizzava. Così ha deciso di fare qualcosa perché non si può più andare avanti così. Ha caricato una parte delle sue capre su un rimorchio e si è diretto a Verbania, alla sede della prefettura. Lo ha accompagnato Enzo Bacchetta, della valle Anzasca, anch'egli ex-sindaco, animatore del gruppo locale di difesa degli allevatori dai lupi. Bacchetta riferisce che in Matteo, è scattata una molla e lui, un moderato, ha deciso di fare un gesto clamoroso. Così si è presentato all'ingresso di villa Taranto, sede della prefettura, nota per i suoi giardini, deciso a liberare le capre. Fermato alla sbarra, ha chiesto di parlare con il prefetto o chi ne faceva le veci.



Al capo di gabinetto, che ha preso nota di tutto e promesso di trasmettere  tutto il cahier de doléhance alla Regione, Matteo - un giovane con moglie e due bimbe piccole (che aveva lasciato l'ufficio per tornare all'agricoltura) - ha spiegato che in tre anni i lupi gli hanno falcidiato metà del gregge, per di più senza ottenere il minimo rimborso (come pèarecchi altri). Oltre tutto, ha spiegato, non potendo andare più in alpeggio per il troppo pericolo, dovrei alimentare anche in estate gli animali con il fieno. Ma i cinghiali, che restano vicino al paese per paura dei lupi, hanno devastato i prati e non è più nemmeno possibile raccogliere il fieno. Non è comprensibile l'esasperazione? 


I lupi (o meglio chi li ha reintrodotti sulle Alpi) stanno distruggendo i sogni di tanti giovani che in questi anni hanno cercato di ritornare ad allevare animali, caricare gli alpeggi, fare fieno. Probabilmente i lupisti ne vanno fieri perché, stroncando le ultime speranze della montagna affidate ai giovani, essi possono pensare di avere buone chance per imporre la "soluzione finale". La protesta di Matteo, per quanto in forma individuale, motivata anche dalla paura per la propria bimba, ha fatto sentire in modo diretto agli "uomini delle  istituzioni" (che troppo spesso "cadono dalle nuvole" quando si racconta che il lupo sta facendo fallire le aziende), la voce di tanti allevatori. Ben fatto.


Alla protesta di Verbania è seguita ieri, sabato 30 maggio 2020, un'altra iniziativa di taglio più istituzionale, ma non meno incisiva. Il sindaco di bannio Arzino, Pierfranco Bonfadini, sensibile alle grida di dolore dei suoi allevatori (in consiglio siede Davide Titoli che anima, insieme al già citato Bacchetta, il gruppo valligiano di difesa degli allevatori), si è fatto parte diligente nell'organizzazione di un incontro tra i sindaci della valle Anzasca (sei in totale) alcuni esperti e politici. Tema, ovviamente, il lupo.


L'incontro di ieri a Bannio Arzino


All'incontro erano presenti gli europarlamentari Fiocchi e Panza, il presidente della provincia, Arturo Lincio, sindaco di Trasquera, un paese di capre di cui abbiamo parlato anni fa su ruralpini, vai a vedere), il consigliere regionale Bongiovanni (collegato in videoconferenza). Gli amministratori e i politici sono andati all'incontro per ascoltare. Hanno ascoltato i rappresentanti degli allevatori. Silvio Pella di Macugnaga ha riferito che due allevatori della valle Anzasca hanno già chiuso per via dei lupi. Oltre agli allevatori, e ai rappresentanti del gruppo di difesa, hanno parlato degli esperti, ma - una volta tanto - non i solit esperti pro lupo, curiosamente sempre allineati (come se facessero parte di una congrega). C'erano Aurelio Perrone, esperto di gestione faunistica, il prof. Enzo Ferroglio dell'Università di Torino, Aldo Girlanda presidente del Comprensorio alpino di caccia VCO3. Estremamente significative, in quanto avanzate da un rappresentante delle istituzioni, le accuse di Lincio, il presidente della provincia: I dati sono il punto focale ma sono riservati. Un assurdo perché nessuno ci fornisce i dati sui lupi per una questione di riservatezza. Ma è anche grave che arrivino a dissuaderti dal fare le segnalazioni. Purtroppo il lupo è diventato un business a livello nazionale che porta con sé ingenti finanziamenti. Sono accuse gravi ma che possono essere circostanziate. E che un magistrato potrebbe raccogliere se vivessimo in paese normale.



Non si può non solidarizzare con un sindaco di montagna che, essendo anche presidente di una provincia di montagna, combatte per disporre di miserrime risorse in un contesto che non consente neppure - visto come sono state massacrate le provincie - di mettere in sicurezza le strade di montagna, mentre il lupismo sguazza nelle milionate facili spese in propaganda faziosa e i giochi alla stima dei lupi che portano ai risultati di cui sopra.
Hanno perfettamente ragione coloro che sostengono che, in presenza di stime farlocche sulla presenza dei lupi, le istituzioni locali si devono attivare. Sta succedendo in Piemonte, in val Pellice, dove il monitoraggio è stato affidato al dr. Scungiu, medico veterinario esperto faunista, coadiuvato dai cacciatori, gli unici che conoscono il territorio e sanno come operare, dovendo svolgere censimenti faunistici e avendo precisa nozione della presenza del lupo (causa di rarefazioni e spostamenti di popolazioni di ungulati selvatici).  Gli altri - in confronto - sono dei dilettanti, la cui mancanza di effettiva esperienza nell'operare sul campo è coperta da elecubrazioni teoriche (buone per le pubblicazioni).




Ora si tratta di mettere nero su bianco alcuni punti. Alcuni comuni hanno già approvato l'Odg in materia di lupi che è stato elaborato in alcuni incontri promossi dal comitato difesa allevatori, svoltisi sin dallo scorso dicembre. Dopo l'arresto forzato per il contagio, le iniziative per difendere la montagna e non rassegnarsi alla strategia dei suoi nemici stanno ripartendo con più vigore in provincia di Verbania. Ci si augura che spingano anche altre realtà a muoversi.


Exorcizo vos pestiferos lupos
(13.03.20) In una piccola valle della provincia di Verbania, il parroco, pressato dalle richieste dei fedeli, ha ripristinato nella forma originale la "messa contro il lupo" che si celebrava, il giorno di San Valentino, dal 1762.  L'evento ha raccolto un forte consenso da parte della popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso della gravità della minaccia legata alla proliferazione del lupo che minaccia il completo abbandono della montagna. leggi tutto

Il contadino italiano senza difesa
(03.03.2020) Le organizzazioni agricole in Italia non svolgono un ruolo efficace di tutela politico-sindacale. Condizionate dal loro incarnare altre funzioni, spesso in conflitto di interessi con quella che - in teoria - dovrebbe essere principale.  Erano - la Coldiretti in particolare - organizzazioni di massa, funzionali al consenso politico; sono diventate centri di servizi, in ultimo organizzazioni para-commerciali. leggi tutto

La Lessinia e i lupi
(11.05.20) Dal 2014 il problema dei lupi, e delle interferenze di questo predatore con le attività umane della gente della Lessinia, è diventato oggetto di ampio e acceso dibattito fra montanari e cittadini. Questo articolo di Giuliano Menegazzi e del professor Ugo Sauro descrive la prima fase seguita alla reintroduzione del predatore nel parco dei Lessini) leggi tutto

 
Popolo alpino a rischio di estinzione
(29.01.20) Andrea Aimar, un giovane di 25 anni dell'alta val Maira, in provincia di Cuneo torna sul tema del futuro della montagna. Se, per gli anziani, riflettere su questo è motivo di rimpianto o sordo risentimento, per un giovane può portare a due atteggiamenti: rinuncia e fuga o ribellione. E infatti dal Veneto al Piemonte non si odono più solo voci di rassegnazione. Non è più il mondo dei vinti senza voce. leggi tutto

(02.05.20) E' successo il 29 aprile mattina in valle Anzasca (Ossola). Celso Badini, di Calasca, frazione Boretta, allevatore per passione ("hobbista" lo dicano ai fighetti, non a questi uomini veri), ha perso l'equilibrio per un malore sul sentiero per salire all'alpe Lasino dove portava i suoi asini all'alpeggio.  Rotolato sulla scarpata nella boscaglia è stato ritrovato solo qualche ora dopo dal soccorso alpino, morto.  Aveva 73 anni. Sino alla scorsa estate aveva anche pecore, vendute - come altri piccoli allevatori della valle - perché la convivenza con il lupo è possibile solo per i vigliacchi che la predicano dai loro uffici. Qualche giorno prima era salito a sistemare il sentiero. Questi uomini sono eroi che combattono per tenere viva la montagna, Davide contro Golia, è una guerra impari perché Golia ha dalla sua tutte le armi (soldi, istituzioni, "intellighentsia", leggi ingiuste). Ma loro non mollano. Onore ai caduti della montagna rurale. RIP

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