(09.11.13) La storia di Legambiente, partorita come Minerva dalla testa del padre Giove (Pci). Corrente e cinghia di trasmissione del PD ma anche macchina affaristica che lubrifica i meccanismi della greed economy all'italiana
L'imbroglio ecologico
ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali
di
Michele
Corti
(Quarta
parte)
Nella storia di Legambiente si rispecchiano i connotati di un ambientalismo di regime, apparato di controllo sociale e di "acculturazione" ad un'ideologia "green" funzionale allo sfruttamento della greed economy turbocapitalista. In nome di un "pensiero ecologico" talmente debole che non fa neppure un piccolo sforzo per emanciparsi dalla modernità, dall'ideologia scientista, tecnocratica. Un apparato che si regge su un "dispotismo in franchising" che coniuga il vecchio centralismo comunista con i meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce
Legambiente(come Minerva partorita dalla testa di Giove , alias PCI)
Legambiente negli anni '80 faceva di tutto per presentarsi come un soggetto nuovo. e l'agiografia ufficiale di Legambiente fa di tutto per sottolinearlo. Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente ricorda che negli anni '80 Legambiente era:
"sempre orientata a non farsi incasellare in questa o quella compagine, alla ricerca di posizioni autonome, magari scomode, sicuramente spiazzanti. Come quando si decise di scendere in piazza in una storica marcia per la pace organizzata da Comunione e Liberazione contro l’installazione dei missili sovietici. Una scelta considerata eretica da un movimento pacifista egemonizzato dal Pci e in anni di forti contrapposizioni ideologiche. O come quando, all’indomani di Cernobyl, si decise di convocare una manifestazione nazionale per due settimane dopo" (48).
Furono scelte tattiche e, non si può fare a meno di osservare, attentamente valutate a tavolino, sia pure lungimiranti. Scelte che comunque erano sempre decise in alto perché Legambiente può essere identificata con tutto ma non con un'organizzazione dove le scelte partono dal basso. La "cinghia di trasmissione" non è mai stata scissa. Legambiente è stata ed è un trampolino di lancio per la carriera politica, nelle multiutilty e nelle finte società private. Ovviamente in quota PD. Numerosi sono i casi di "doppia carica". Grazie al finanziamento pubblico ai partiti il PD stipenda dei funzionari che poi sono (in “coabitazione”) anche esponenti di Legambiente garantendo la cinghia di trasmissione a dispetto della proclamata "autonomia" e "trasversalità" del Cigno.
L'operazione Lega per l'ambiente nasce all'interno del PCI, per iniziativa di Giovanni Berlinguer, Giorgio Nebbia, Laura Conti e altri. Sulla base di una serie riflessione strategica che riguardava non solo il problema ambientale in sé ma i nuovi assetti che stava assumendo la società.
Nella nuova situazione sociale e nella crisi verticale delle ideologie una forma di impegno sociale soft, adeguato ai tempi, relativamente trendy, ma in alternativa rispetto al (sin troppo enfatizzato) "disimpegno" che caratterizzava gli anni '80, era rappresentata dal movimento ecologico. Così, nel 1979, nacque nell'ambito dell'organizzazione ricreativa del PCI la "Lega per l'ambiente". Era chiaro come il sole che il partito comunista stava considerando come riuscire a mantenere la sua influenza nella società in trasformazione. Da forza popolare (anche se sempre diretta da esponenti di estrazione borghese fortemente legati agli ambienti intellettuali) il PCI doveva trasformarsi in qualcosa di diverso, in grado di far presa sui nuovi ceti che in qualche modo stavano accedendo alla condizione di una "piccola borghesia di massa". I tradizionali "ceti popolari" erano residuali o comunque politicamente incapaci di farsi sentire. Sarebbero venuti a rimorchio in forza del residuo fideismo e dell'influenza dei media. Conveniva mantenere (o attirare) a sé strati sociali che potevano (o comunque cercavano di) permettersi consumi eccentrici a contrassegnare un nuovo status. Era il tempo degli yuppies e dei bobos (i bourgeois bohémien). Molti di più, però, erano coloro che pur non avendone le possibilità economiche aspiravano a quel modello di vita (49).
Legambiente non rappresentava un caso a sé ma la sua nascita aprì la strada ad altre nuove organizzazioni sviluppatesi sul tronco della vecchia associazione “ricreativa” della sinistra, nell'ambito dell'Arci non si sviluppò solo la Lega per l'ambiente (che se renderà autonoma nel 1986). Nel 1986 nasceva Arci Gola che, nel 1990, diventerà Slow Food, un'organizzazione ancor in di successo di Legambiente (non a caso ancor più svincolata dagli schemi della sinistra) che dalle Langhe era destinata a proiettarsi in ambito internazionale. Nel 1980 nasceva anche ArciGay, che nel 1985 diventa organizzazione nazionale.
La Lega per l'ambiente, che per un po' stentò a decollare, iniziò ad organizzare iniziative nel 1980, quando il presidente dell'Arci sollecitato da alcuni esponenti del partito come Laura Conti (e ovviamente con il placet del vertice) chiamò dalla FGCI dove era funzionario un giovane molto promettente: Chicco Testa (50). Dalla testa di Giove (PCI) nasceva una Minerva strettamente legata agli scienziati. Per un pò Chicco si limitò a proiettare documentari dell'oceanografo Jaques Cousteau poi pensò che forse era meglio cavalcare il movimento antiunucleare. Nel corso delle riunioni per organizzare la manifestazione contro la centrale di Montalto di Castro il futuro "culo di pietra" (definizione di Dario Paccino) presidente di Enel e di Assoelettrica (passato anche per il ruolo di parlamentare del PCI-PDS) incontrò un giovane studente di fisica del Comitato per il controllo delle scelte energetiche: Ermete Relacci. Realacci dal comitato scientifico passò, nel '83 (presidente Chicco), al ruolo di segretario generale. Per chi ama gli intecci è interessante ricordare che Realacci fu tra i 13 firmatari (tutti intellettuali di sinistra Doc) (51) del Manifesto che portò alla nascita di Slow Food. Oggi Realacci è comproprietario di Ambiente Italia e Azzero CO2 nonché Presidente onorario Legambiente e Vice Presidente di Kyoto Club.
A Chicco vennero lasciate dal PCI le briglie piuttosto sciolte. Si doveva inventare qualcosa di nuovo o che almeno apparisse tale e al grigiore che evocava l'apparato di partito si dovevano sostituire i colori dell'arcobaleno. Nel clima di tramonto delle ideologie e di appannamento delle appartenenze politiche consolidate il futuro presidente dell'Enel imbarcò una serie di personaggi che erano stati protagonisti del '68 e della "nuova sinistra". Tra di essi molti alla ricerca disperata di un ruolo (e di uno stipendio) altri, invece, di indubbia levatura e indipendenza intellettuale come Alexander Langer.
Sin dall'inizio Legambiente apparve il connubbio tra organizzazione di massa (che superava gli angusti limiti della dimensione "ricreativa" dell'ARCI ma che rimaneva fortemente ancorata nella tradizione delle "cinghie di trasmissione" di staliniana memoria) e un think tank di scienziati che gradualmente diventò apertamente managerial-tecnocratico. Oltre a Realacci c'era una folta "lobby dei fisici": Marcello Cini (uno degli storici fondatori de Il Manifesto, radiato dal PCI), il cav. Gianni Francesco Mattioli e Massimo Scalia, tutti legati all'antinuclearismo e alla nuova sinistra. C'erano, per bilanciare il troppo "nuovo" anche degli esponenti decisamente più ortodossi (sia in termini di legame con il PCI che di posizioni sul rapporto tra Scienza e politica) come Laura Conti (presidente del Comitato scientifico) e Giorgio Nebbia (che nell'83 venne eletto deputato).
Marcello Cini era oltre che l'eretico del Manifesto anche l'autore (un libro scritto con Giovanni Ciccotti, Michelangelo De Maria e Giovanni Jona-Lasinio) di L'Ape e l'architetto un altro libro culto per ha vissuto la stagione politica degli anni '70 (52): L'Ape e l'architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico, Feltrinelli, 1976. Pur attraverso lo sclerotizzato filtro interpetativo del "materialismo storico" (del tutto in parallelo con Paccino) Cini sosteneva tesi che non erano inedite nella "nuova sinistra" ma che avevano ancora un impatto provocatorio: la Scienza non è neutrale ma un elemento come gli altri della struttura sociale per quanto gli Scienziati, analogamente ai sacerdoti che fondavano il loro potere sul rapporto con il divino, faccano di tutto per apparire i fedeli interpreti della "realtà naturale in sè". Lucio Colletti, coetaneo di Cini, in una famosa recensione sull’Espresso scrisse: “Qui la scienza e il capitalismo fanno tutt’uno. Il valore oggettivo della conoscenza scientifica è saltato. Malgrado le intenzioni è saltato anche il materialismo”. Orrore!
Colletti e Cini, da due opposte visioni del "materialismo" si ritroveranno entrambi... in Forza Italia. Oggi la non neutralità della scienza è quasi diventato luogo comune (per quanto l'establishment - ambientalisti in primis - faccia finta di non accorgersene). Bruno Latour con Politiche della natura e altre sue opere si è incaricato di dare un'ultima spallata al traballante mito (53).
La fiducia illuministica nella Scienza e negli apparati: il contributo della sinistra e dell'ambientalismo al controllo sociale tecnocratico
Gli ambientalisti istituzionalizzati appaiono tra le ultime vestali del centralismo, della gerarchia, dell'auoritarismo, del tecnocratismo. Tanto più appaiono complessi e di ampia scala i problemi e quanto più si vorrebbe far valere il principio di affidarne la soluzioni a poteri sovralocali, sovranazionali, a super esperti o organismi scientifici, agenzie tecnoburocratiche.
Ma quanto sia imprudente affidare ai politici, ai burocrati, ai tecnocrati, ai manager di stato, alla classe medica, agli scienziati le soluzioni dei problemi ci sono la Tyssen, Marghera, Taranto a testimoniarlo.
Questi apparati non solo non operano in trasparenza ma agiscono sistematicamente per occultare ai cittadini inquinati, vittime di nuove forme di sfruttamento, la realtà degli "avvelenamenti sostenibili" a cui sono sottoposti. Imperterriti gli ambientalisti continuano a riporre la loro illuministica fiducia nelle istituzioni e nel sapere scientifico ufficiale.
Da questo punto di vista è doveroso sottolineare che, ai primordi del movimento ecologista, la discussione sul rapporto tra scienza e politica, sulla neutralità della scienza e sulla sua democratizzazione, prima di pervenire ad una "normalizzazione" con l'affermazione di quale Legambiente quale principale organizzazione ambientalista, era stata vivace e aveva rappresentato un terreno discriminante tra nuova sinistra e la tradizione scientista degliortodossi del PCI. Lo stesso ambiente della "Nuova ecologia" , che rappresentò un incubatoio di idee per la nascita di Legambiente, era diviso tra chi sosteneva la tesi di una scienza non neutrale e gli "ortodossi".
Galileo, simbolo della scienza riduzionista
In altri paesi, dove il rapporto tra la sinistra (almeno quella "tradizionale") e il movimento ambientalista non è mai stato così stretto come in Italia, le tesi dell' "ecologia profonda", pesantemente critiche rispetto alla scienza riduzionista e fautrici di una visione olistica, hanno avuto un'influenza molto più ampia. In Italia, invece, l'ambientalismo si è ben guardato dal mettere in discussione il potere accademico (che presidiava solidamente Legambiente e WWF).
Entrambe le principali organizzazioni ambientaliste italiane sono ancorate ad una concezione della politica e della scienza che ferma al XIX-XX secolo. E non vi nota alcuna tendenza a rivedere questa visione che comporterebbe la messa in discussione di tutta l'impostazione verticistica e tecnocratica fortemente improntata alla legittimazione scientifica degli orientamenti della leadership delle stesse organizzazioni e del sistema capitalista in generale.
Così l'ambientalismo istituzionalizzato sconta la stessa difficoltà degli apparati e delle agenzie pubbliche nell' affrontare i problemi ambientali attuali. Invariabilmente affrontati sulla basi degli schemi dell'approccio razionale convenzionale, basato sulla definizione dei problemi, la raccolta dei dati, la loro analisi e una decisione che pare scaturire dalla stessa oggettività "naturale" del procedimento (54).
Mentre l'impostazione scientifica continua ad assumere la realtà come universale e oggettiva (e ha giocato sul dogmatismo e l'autorità) il nuovo approccio necessario a superare lo scientismo e la tecnocrazia (e le loro crescenti difficoltà ad affrontare i problemi del mondo attuale) parte, più realisticamente e più umilmente, da una considerazione della realtà come socialmente costruita e culturalmente specifica. Esso tiene anche conto che i sistemi basati sulla valutazione scientifica di pochi esperti e sulla conseguente assunzione di decisioni da parte di apparati di "controllo e comando" (tipicamente quelli statali centralizzati) sono strettamente legati ad una concezione meccanicistica della natura e ad pensiero basato su relazioni lineari tra cause ed effetti. Questo sistema "moderno" ha cercato non solo di comprendere la realtà attraverso una sua semplificazione ma anche di operare in essa riducendo la variabilità naturale, rendendo gli ecosistemi più produttivi, ma anche più prevedibili e controllabili. L'approccio degli "ambientalisti" è pertanto intrinsecamente antiecologico oltre che antidemocratico.
L'imbroglio ecologico, quarant'anni fa come oggi, consiste nel distrarre l'attenzione dagli impatti e dai rischi ai quali sistematicamente gli apparati industriali sottopongono non già l' "ambiente" che è un'astrazione ma quel determinato territorio, dove a fare le spese e a fare da cavia, c'è una determinata comunità, a far dimenticare che i problemi globali del pianeta derivano dalla sommatoria di tanti impatti locali che possono essere contrastati o risolti da azioni alla portata delle comunità locali (ovviamente senza dimenticare i complessi intrecci di potere che avvolgono ilpianeta come una ragnatela).
Coca Cola pro orsi bianchi (pro WWF in realtà).... se compri una confezione da 12 lattine
Se al posto degli impatti concreti che colpiscono soggetti sociali concreti, e che sono determinati da precise scelte e strategie economiche (avallate da una politica che fa solo il notaio degli apparati tecnocratici e delle potenti lobby) si mettono al centro il "riscaldamento globale", "la lotta ai gas climalteranti", il catastrofismo planetario qual'è il risultato? La diffusione del senso di angoscia e di impotenza. Con il risultato che i sudditi, sentendosi del tutto impotenti si persuadono che i problemi sono talmente enormi che solo gli Stati, gli Scienziati, gli Stregoni delle previsioni sul clima, le Corporation (sperando in un po' di responsabilità sociale ed etica da parte loro ....) possono affrontarli. Ai sudditi non rimane che separare la plastica dall'organico in modo che gli inceneritoristi possano bruciarli... in giusta combinazione. O risparmiare l'acqua quando ci si lava i denti. O magari dare soldi al WWF e adottare anche un orso polare. Così ci si sente la coscienza un po' a posto come quando, in occasione della Giornata Missionaria, si faceva l'obolo per i "negretti" (ma ora i "negretti" sono, per gli ambientalisti, un po' troppi ed è più trendy fare gli oboli per gli orsi, trentini, marsicani, polari, basta che siano orsi).
Deleghiamo e fidiamoci e ... stiamo quieti, fidandoci di chi ha il potere di raddrizzare le cose che, dopotutto, è anche loro convenienza fare qualcosa. Il problema è quel "qualcosa".
Gli ambientalisti fanno coscienziosamente il mestiere loro affidato: convincere ad avere fiducia nella Scienza, nelle Istituzioni democratiche, nelle imprese socialmente ed ambientalmente responsabili (che li sponsorizzano e li cooptano in organismi lobbystici). Sopratutto cercare di evitare che la gente si metta in testa di fare qualcosa da sola, di creare aggregazioni spontanee, di cercar di capire come e quanto la stanno avvelenando, quanto è inquinato quell'angolo di mondo dove vive. Tanto più se magari rifiuta il ruolo di individui isolati indifferenti al luogo dove abitano e nei confronti del prossimo. Se non si acconta di fare le comparse nella giornata della "pulizia del pianeta".
Quello che, attraverso il controllo sociale esercitato dall'ambientalismo istituzionalizzato, i poteri economici vogliono evitare in tutti i modi è che la massa amorfa si organizzi da sé per dire no agli imbrogli ecologici delle finte energie rinnovabili, al disboscamento planetario, al ritorno al legno come combustibile industriale in nome dell'energia pulita e della riduzione dell'inquinamento. No alle grandi opere inutili e impattanti sui territori come la Tav. No ai "termovalorizzatori" che allontanano la soluzione della gestione dei rifiuti, e contribuiscono all'aumento delle patologie oncologiche (e non solo), no alle discariche fabbriche di veleni. No alle centrali a biomasse che aggrediscono anche aree sin qui esenti dal diretto impatto degli avvelenamenti industriali e della "gestione dei rifiuti" ai fini di un esproprio di terra, salute, sicurezza, opportunità di sviluppo locale endogeno e realmente sostenibile.
Dal centralismo democratico al franchising dispotico (spregiudicatezza sinistro-capitalistica)
Se negli anni '90 l'ambientalismo istituzionalizzato ha puntato sulla gestione delle aree protette e di attività educative, divulgative, editoriali, di monitoraggio ambientale sviluppando partnership con le istituzioni pubbliche e fruendo delle risorse di progetti nazionali e comunitari negli anni 2000 Legambiente, sull'onda dello sviluppo della Green Economy e, in particolare, del boom delle energie "rinnovabili" punta alla partnership (partecipazioni azionarie, rapporti di sponsorship) con le imprese, singole o raggruppate in consorzi, fondazioni, associazioni dove l'assenza di scopo di lucro è solo una pietosa foglia di fico. Nell'ambito della stessa Legambiente sorgono società (in particolare) Esco per la progettazione, la consulenza la gestione di impianti (55).
Campo aperto a conflitti di interessi e operazioni poco trasparenti l'affarismo legambientino (gestito da una casta rappresentata negli organi direttivi e composta da amministratori di società della green economy, sindaci, parlamentari e Direttori di parchi naturali) è incorso in una serie di incidenti di percorso che hanno messo in evidenza i limiti di un gioco spregiudicato (l'associazione promuove attraverso campagne di opinione e la mobilitazione dei soci, la propria immagine "politica" certe misure, norme, progetti pubblici "su misura" per le entità imprenditoriali dell'arcipelago legambientino).
Una delle ”partecipazioni” più imbarazzanti per Legambiente è quella in Sorgenia MenoWatt dove Legambente detiene il 10% del capitale. MenoWatt è una società del gruppo Sorgenia dell'Ing. De Benedetti che ha in esercizio diverse centrali a carbone, di certo non meno inquinanti delle altre e che sostiene Legambiente (la quale, per riconosenza, se contesta le centrali a carbone si rivolge alla concorrenza di de Benedetti). Il panegirico di Legambiente contenuto nel sito di Sorgenia MenoWatt è comunque identico a quelli che sono presenti nei siti delle società della Green economy che sponsorizzano il Cigno. Il succo è sempre lo stesso: “la partecipazione di Legambiente rappresenta un “valore aggiunto” (in termini di green washing).
“Il valore aggiunto di Sorgenia Menowatt nella riduzione degli sprechi energetici e delle diverse forme di inquinamento, è riconosciuto dalla partecipazione alla società di Legambiente, l'associazione ambientalista più diffusa in Italia. Legambiente è l’associazione italiana che tutela l’ambiente, difende la salute dei cittadini e salvaguarda il patrimonio artistico italiano.. Sono molti i campi in cui Legambiente è quotidianamente impegnata, a livello nazionale e locale. Alle grandi battaglie si affianca infatti la quotidiana attività degli oltre 110.000 soci e degli oltre 2.000 tra circoli e classi per l'ambiente sparsi in ogni regione d’Italia: numeri che fanno di Legambiente la più diffusa associazione ambientalista italiana. Numerose sono le campagne nazionali note per la tutela del territorio: dal Treno Verde alla Goletta Verde, dall'Operazione Fiumi a Salvalarte, da Puliamo il Mondo all'Operazione Spiagge Pulite”. (56)
La vicenda dei campi solari di Cutrofiano (nel Salento) e di Manciano (in Maremma) fortunatamente bocciati attraverso ricorsi al Tar è stata emblematica a tale proposito. Se in passato la dialettica tra gruppi locali e “centro” si concentrava sulle sponsorizzazioni da parte delle industrie (57) oggi i gruppi locali (i circoli nel caso di Legambiente) contestano l'impegno imprenditoriale diretto di emenazioni del Cigno e le evidenti situazioni di conflitto di interesse. Gli impianti avrebbero dovuto essere realizzati dalla Esco AzzeroCO2 (società fondata da Ambiente Italia, Legambiente e Kyoto Club) e realizzato e gestito da Exalto, una società che ha per presidente Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e direttore responsabile della rivista QualEnergia (punto di riferimento importante della lobby delle "rinnovabili") . Silvestrini, però, è anche componente del Comitato Scientifico di Legambiente. Altro proprietario di Exalto è Mario Gamberale, che è sia in AzzeroCO2 che nel già citato Comitato Scientifico legambientino. I progetti vennero contestati da 17 circoli di Legambiente. 15 "rientrarono nei ranghi", due tennero ferma la loro dissidenza. Il 16 aprile 2011 il Circolo espulso (in realtà non c'è stato alcun procedimento perché la "centrale" romana non ha rinnovato le tessere) poteva cantare vittoria dopo la bocciatura del progetto di campo fotovoltaico (a terra) nella Maremma:
"Dopo aver testardamente sostenuto un progetto speculativo, sbagliato e impopolare ed aver espulso due suoi Circoli (Milano nord e Manciano) - spiega Andrea Mancini, ex presidente del circolo Legambiente di Manciano - che gli si opponevano apertamente da tempo, Legambiente incassa una netta sconfitta che dovrebbe mettere seriamente in discussione la qualità e le finalità della sua attuale classe dirigente." (58)
Ha fatto abbastanza scalpore anche l'epurazione di altri circoli "dissidenti" come quello di Perugia e della media valle del Tevere "sciolto" dal presidente Cogliati Dezza per "divergenze" in tema di gestione dei rifiuti "che non devono essere bruciati nei cementifici" e delle biomasse (dove erano in evidenza i "conflitti di interesse" degli esperti di Legambiente sorti nello specifico nel caso della "Maxistalla con biogas" in loc. S.Maria Rossa a Perugia) ovvero per aver osato criticare le giunte (regionalie comunali) a maggioranza PD a forte orientamento biomassista. Anna Rita Guarducci, la presidentessa del circolo epurato, così concludeva la nota con la quale rendeva conto alla stampa della vicenda:
“Da questa nostra esperienza dentro alla Legambiente abbiamo capito che l’associazione non è la “nostra” ma la “loro”, che la testa si trova a Roma mentre le braccia e le gambe sono neicircoli. Franchising è il termine che definisce, nel mondo commerciale, questo genere di rapporto, ma se questo fosse stato piùchiaro forse non ci sarebbero stati malintesi salvo decidere se starci o no dentro questa associazione. Comunque, “noi” eravamo ambientalisti prima di iscriverci a Legambiente e lo saremo anchedopo questa grottesca espulsione, più liberamente".(59).
Le vicende dei campi eolico di AzzeroCO2 a Cutrofiano e Manciano, conclusasi con un severo scacco per il Cigno, qualcosa hanno cominciato ad agitare nella pancia di un'organizzazione costituita da una base un po' ingenua ma perfettamente convinta di esplicare attraverso l'adesione a Legambiente un impegno per l'ambiente e "rabbonita" da esponenti locali interessati alla lealtà con i vertici nella prospettiva di vantaggi personali.
Pompieri e questurini delle proteste
Oggi che le organizzazioni ambientaliste hanno interessi economici diretti nel business della green economy capitalista si pongono spesso nel ruolo di "pompieri" delle proteste locali fino ad assumersi, per conto degli interessi economici e politici promotori di interventi fortemente impattanti e insostenibili, il compito di delegittimare le iniziative spontanee. Da questo punto di vista, già da tempo:
"non hanno una linea univoca verso le proteste locali: in alcuni casi sono al fianco del comitato di turno, in altri sono piuttosto fredde rispetto a manifestazioni di ostilità che considerano irrazionali e particolaristiche" (60)
Mentre negli anni '90 la maggior parte delle azioni di protesta vedevano la presenza delle organizzazioni ambientaliste nazionali (61) oggi non solo i comitati spontanei appaiono protagonisti largamente prevalenti (non solo in forza delle vicende di contrasto alla realizzazione della Tav ma della capillarizzazione del conflitto intorno a centinaia e centinaia di impianti a biomasse) ma spesso Legambiente e i comitati di protesta si trovano da oposte parti della barricata. Beppe Croce (Direttivo nazionale di Legambiente e responsabile agricoltura) dall'alto della tradizione di "rigore scientifico" (leggasi tecnocrazia) di Legambiente ha contestato da bacchettone i blog del movimento non biomasse.
"Questi blog [con riferimento in particolare a sgonfiailbiogas.blogspot.com] ospitano documenti di medici, docenti e ricercatori universitari, la cui competenza sui processi di digestione anaerobica e sui suoi risvolti sanitari è piuttosto discutibile – testimoniata dall’assenza in genere di pubblicazioni scientifiche dei suoi promotori sul tema - ma che per il fatto di presentarsi in veste accademica attribuiscono autorevolezza alle tesi di opposizione radicale" (62)
Croce, che pure ha concesso interviste su "30 anni di Legambiente", dovrebbe conoscere come nacque Legambiente e che ruolo ebbe il dibattito sul rapporto tra scienza e modello di sviluppo. Pur essendo solo studenti o ricercatori e docenti universitari non specialisti i redattori della "Nuova Ecologia" ante normalizzazione legambientina non si autocensuravano per soggezione accademica, per una concezione oscurantista del sistema di conoscenza scientifico e del suo monopolio che il '68 aveva messo in discussione.
Per l'ambientalismo istituzionalizzato ha diritto di parola solo chi produce pubblicazioni scientifiche sull'argomento. In realtà non è difficile replicare a Croce che centrale biogas come una centrale nucleare senza che chi scrivesse avesse un curriculum di pubblicazioni scientifiche sul tema Parlava anche di inquinamento, nocività e salute. Lo specialismo accademico e il sistea di valutazioni "tra pari" delle pubblicazioni ha per altro ha dei grossi limiti come riconosciuto ormai anche fuori dall'ambito accademico (63).
Ormai Legambiente, che (da creatura partorita dal cervello del PCI) si è fatta una credibilità inserendosi nel movimento antinuclearista oggi, rispetto al movimento antibiomasse (per molti versi più popolare, radicato e spontaneo di quello antinucleare), si stia schierando dall'altra parte della barricata. Anche se Legambiente si proclama estranea al Nimby forum (la "digos dei comitati") l'organizzazione che monitora le proteste contro impianti energetici ed altre opere, sostenita da Enel, Edison, A2A, terna ecc., ha nel suo Comitato scientitico il presidente e il past-president di Legambiente. Non mancano poi casi in cui Legambiente assume un atteggiamento repressivo. Come a Pontremoli dove il 16 settembre 2013 i giannizzeri locali di Legambiente, sono corsi in aiuto della Renovo, società che ha presentato un progetto per una centrale a biomasse, organizzando un convegno pro biomasse ("Un contributo alla lotta ai cambiamenti climatici ed allo sviluppo della Green Economy in Lunigiana") e ponendo il veto alla partecipazione del locale comitato No biomasse (64). Renovo è una società mantovana che ha promosso il suo progetto di 50 inceneritori a legna "sostenibili" sul Treno Verde di Legambiente (65).
Epilogo: la green economy si fa un partito (fine dell'imbroglio)
Unnome che pare quello delle tante associazioni e fondazioni della galassia della Green economy : Green Italia. Green per lasciare intendere che i referenti sono quelli del business e che il Verde è superato. E in questa sottolineatura semantica c'è tutto il senso di un contesto ribaltato in cui non è più la “degenerazio e affaristica” che rappresenta un esito dell'istituzionalizzazione del movimento ma è il business che emana una sua proiezione politica. A questo punto, anche se i fattori inerziali e le strategie simboliche alla base del “mistero della sinistra” da tempo si stanno replicando in un “mistero ambientalsta”, è palese che non esiste più alcun “imbroglio” salvo per chi desideri mantenere gli occhi ben chiusi.
A presentate il nuovo partito di plastica Fabio Granata, membro del direttivo di Legambiente, già esponente di punta dei finiani (FLI) rimasto fuori dal parlamento. Insieme a Granata, ha presentato il nuovo partito anche Francesco Ferrante, ex dirigente di Legambiente ed ex senatore del Pd che ha detto: “Green Italia si presenta come un progetto condiviso da persone di diversa provenienza ed estrazione e si rivolge a soggetti attivi, come gli imprenditori della green economy e le associazioni ambientaliste, che oggi non hanno adeguata rappresentanza politica” (66). A fianco di Ferrante vi era Roberto Della Seta, un altro dei coordinatori nazionali del nuovo progetto politico e storico esponente di Legambiente. Insieme a loro un drappello di reduci (renzianamente “rottami”) delle varie formazioni Verdi succedutesi con scarsa gloria negli anni. Un "partito impresa", dove l'impresa è la holding Legambiente con le sue ramificazioni e le connessioni come le organizzazioni lobbystiche della green economy. Trasversalismo degli affari dove "andare oltre la destra e la sinistra" non è mai stato difficile.
Più difficile è realizzarlo dove non non c'è da spartire lucro ma i sacrifici, le delusioni che inevitabilmente accompagnano le lotte per un mondo più libero oltre la sinistra e la destra, oltre le Colonne d'Ercole dello sviluppo, dell'industrialismo, della modernità scientifica e capitalista.
(4 - fine, per ora)
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Note
48. D. Della Porta, M. Diani (2004) Movimenti senza protesta? L'ambientalismo in Italia, BIl Mulino, Bologna.
49. S. Venneri (2010) E l'anatroccolo divenne un Cigno. La Nuova Ecologia, maggio 2010
50. Giovani (o “giovanilisti”) professionisti colti e aggiornati, protagonisti di una vita sociale brillante e dispendiosa, spesso caratterizzata da comportamenti anticonformistici e trasgressivi (che peraltro diventano, con la velocità delle trasformazioni del costume della società tardomoderna, quasi subito conformistici).
51. Per l'origine di Legambiente cfr. R. Della Seta (2000) La difesa dell'ambiente in Italia: storia e cultura del movimento ecologista, Franco Angeli, Milano.
52. Folco Portinari, Carlo Petrini, Stefano Bonilli, Valentino Parlato, Gerardo Chiaromonte, Dario Fo, Francesco Guccini, Gina Lagorio, Enrico Menduni, Antonio Porta, Ermete Realacci, Gianni Sassi, Sergio Staino.
53. M. Cini, G. Ciccotti, M. De Maria, G.Jona-Lasinio (1976) L'Ape e l'architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico, Feltrinelli, Milano, 1976
54. Bruno Latour Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze, Milano, Raffaello Cortina, Milano, 2000
55. Questi temi sono stati affrontati in un precedente contributo (M.Corti, Dalla tecnocrazia alla scienza comunitaria, http://www.ruralpini.it/Commenti-02.01.13-Nuovo-ecologismo%283%29.htm)
56. Le Esco sono persone fisiche o giuridiche che forniscono servizi energetici, ovvero altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell'utente e, ciò facendo, accettano un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell'efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti. Le Esco sono spesso società a partecipazione di enti pubblici.
57. http://www.sorgeniamenowatt.it/chi-siamo/legambiente/
58. L. Pelizzoni L., G. Osti (2003) Sociologia dell'ambiente Il Mulino, Bologna p. 141
60. http://www.quotidianodellumbria.it/quotidiano/content/normalizzato-il-circolo-legambiente-di-perugia
61. L. Pelizzoni L., G. Osti, op. cit., p.141
62. Ibidem
63. http://qualenergia.it/printpdf/articoli/20130808-biogas-opposizione-dei%20comitati-e-opportunit%C3%A0-per-territorio
64. How science goes wrong. The Economist, Oct 19th, 2013 http://www.economist.com/news/leaders/21588069-scientific-research-has-changed-world-now-it-needs-change-itself-how-science-goes-wrong
65. http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2013/09/il-comitato-no-biomasse-non-deve.html?q=pontremoli
67. http://www.lettera43.it/politica/green-italia-granata-presenta-il-partito-verde_43675109652.htm