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Nota su
Mori: Comune della Val Lagarina
con circa 10.000 abitanti
Il nome
Mori deriva da murium (dei
Muri). Secondo le ricerche di d’Olif, nel 150.a. C si accampò una
legione romana nel luogo dell’attuale centro storico. E murium sta
ad indicare che già ai tempi c’erano i muri a secco ed i
terrazzamenti. Vicino all’accampamento sorse poi il villaggio Murium Vicus, poi
Mori vecchio.
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rischio
(20.10.17) Ruralpini contro l'IMU sui fabbricati rurali
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Una piccola Tav trentina a Mori :
devastazione del paesaggio rurale e arroganza del potere
(21.04.18)
Una
vicenda poco conosciuta fuori dal "Trentino felix" ma che riflette
tutta l'arroganza e l'ipocrisia delle forze politiche
che da decenni sono al potere nella provincia automoma. Ma anche un
coraggio non comune nel difendere la propria terra. Un esempio per
tutti.
Vogliamo far conoscere
fuori del Trentino. La brutta vicenda del vallo-tomo (un enorme vallo)
innalzato a monte dell'abitato di Mori, e alla fine rivelatosi inutile.
Quanto successo a Rovereto nel 2017 presenta tanti aspetti emblematici.
Le istituzioni hanno messo in atto una politica "muscolare", sia sul
piano delle scelte tecniche che del rapporto con i cittadini. Non solo
ha ignorato di considerare scelte tecniche alternative (meno costose e
impattanti), ma si è sottratta al confronto lasciando ai cittadini,
decisi ad opporsi a uno scempio inutile, la sola possibilità di azioni
clamorose tra il dicembre 2016 e febbraio 2017 (poi pesantemente
represse con denunce penali e richieste di risarcimenti per le spese di
vigilanza del cantiere).
La protesta
arriva in consiglio comunale
Una
vicenda che richiama la Tav e che si è conclusa con la distruzione di
un quadro paesaggistico rurale (terrazzamenti secolari) che costituiva
un elemento forte di identità per Mori. Il vallo-tomo, dopo mesi di
lotte, con presidi giorno e notte e interventi della polizia, è stato
completato nella primavera 2017 e a settembre l'enorme "diedro", il
masso (per scongiurare gli effetti della cui caduta era stato
costruito il vallo) viene fatto saltare dopo essere stato stabilizzato
e imbrigliato (prima si riteneva impossibile farlo). L'esplosione, che
ha richiesato l'evacuazione di 250 abitanti) ha causato danni al bosco
e alle fratte terrazzate. Il tutto aggravato dalla beffa di un
"ripristino" (febbraio 2018) dei muri a secco con orribili ammassi di
grosse pietre e calcestruzzo.
I nuovi
"terrazzamenti"
Nelle altre regioni
continua a essere (abilmente) diffusa l'immagine di un Trentino "verde"
rispettoso dell'ambiente. La realtà è che le pretese sensibilità
autonomiste, solidariste, ambientaliste, sbandierate da chi ha
ininterrottamente governato la provincia autonoma per decenni, sono una
foglia di fico che nasconde una politica tecnocratica particolarmente
ipocrita (che emerge bene dall'intervista al Comitato di protesta che
riportiamo sotto).
L'area delle fratte
durante i lavori del vallo-tomo. Evidente la compromissione del valore
del paesaggio culturale con la distruzione dei terrazzamenti più vicini
all'abitato.
Mori resistente: la dignità di Rosanna, la
dignità di un popolo
di Laura Zanetti
Rosanna Bazzanella
che ha fatto partire il presidio sulle antiche fratte della famiglia
Quei precedenti di scempio del territorio in nome della "somma
urgenza"
Negli anni ’60 e ’70
il
tessuto sociale del Trentino meridionale - scrive un cittadino di
Mori - era ancora rappresentato in misura maggiore da un mondo
contadino arcaico, ancorato ai valori tradizionali e all’attaccamento
alla terra e al suo cibo. Poche erano le realtà industriali che
assieme ad un’urbanizzazione selvaggia, di lì a poco,
trasformeranno radicalmente territorio, economia e salute.
Tutto da manuale insomma,
come nel
resto del Trentino, la provincia più verde delle Alpi, ma con un
tasso di inquinamento, per scelte di industria pesante e di agricoltura
fabbricistica (
pensiamo ai melifici della Val di Non, ai vigneti della val d’Adige),
che non teme confronti con la vicina pianura
padana.
Qui, forse più che
altrove, i
saccheggi, guidati da poteri opachi, sono fioriti ed ancora
fioriscono. A partire da quel lontano ’59, quando la ditta Farsura -
che aveva in appalto la costruzione della galleria Adige Garda - per
evitare grosse penali dovute al ritardo dei lavori, si appellò alla
somma urgenza, per svuotare il Lago di Loppio, in nome di una
sicurezza fittizia. Tutta la bellezza di un paesaggio, decantata da
Goethe nel suo Viaggio in Italia,
andata perduta
assieme alle sorgenti che davano vita al lago e al fiume Cameras,
ingabbiato in un alveo di cemento senza vita.
La vicenda del vallo-tomo
È
la somma urgenza , una sorta
di parola magica che prende corpo da un regio decreto del 25 maggio
1895, riappare, in tutta la sua inquietante dogmaticità, nel maggio
del 2016, quando il sindaco di Mori, Stefano Barozzi, convoca la
Protezione Civile e comunica alla cittadinanza la costruzione di una
gigantesca opera di protezione da caduta massi a ridosso di via
Teatro: una muraglia di circa 300 metri, alta 12 metri a valle, 5
metri a monte, che prenderà il nome tecnico di vallo-tomo, in
attesa dell’esplosione per eliminare il rischio di caduta di un
"diedro" (un grande masso).
Il giorno seguente, e siamo al 24 maggio,
alla presenza dell’Assessore alla Protezione Civile Tiziano
Mellarini (foto a fianco), che in Vallagarina ha un bacino di voti
inespugnabile, viene adottata la procedura di somma urgenza che
qui, in
sintesi, significa: reperimento immediato di fondi per far esplodere
il masso instabile, con impedimento di ogni modalità di
partecipazione e condivisione del progetto da parte della
popolazione. Che invece si mobilita, con il contributo delle
competenze tecniche necessarie, in quanto esistono metodi di
“demolizione controllata” più affidabili ed efficaci, preservando
il patrimonio paesaggistico dei secolari terrazzamenti agricoli delle
fratte. E, non ultimo, meno costosi. Perché, come si legge nel
volantino del dicembre scorso: se il progetto vallo tomo
passasse senza opposizione, diventerebbe prassi: con la scusa della
sicurezza degli abitati, sotto le pareti montane si possono imporre
procedure di “somma urgenza” con cui aggirare ogni dissenso ed
assegnare i lavori a chi si vuole. Un bel bancomat per partiti ed
imprese “ amiche".
Un problema non nuovo
Alcuni
punti della parete rocciosa
sulla costa est e sulla costa sud, sovrastante il Santuario di
Montalbano sono in pericolo di crollo da tempo. Nel 2007, considerato
che sotto ci sono agglomerati di case, campagne, sentieri, viene
affidato all’ing. Belloni l’incarico di studiare il problema,
sentito il Servizio geologico della provincia di Trento. E Belloni
imposta, con chiarezza, un progetto di massima, proponendo un insieme
di vallo tomi ( vallo tomo: termine geotecnico che sta per sorta di
dosso). È da qui che la politica di difesa del territorio rimane
fissa su queste modalità.
Nel
2012 l’allora sindaco Caliari,
rinuncia ai suoi doveri di sindaco, che sono quelli di tutelare la
salute e la sicurezza dei cittadini, e decide di delegare alla
Provincia il farsi carico del problema. Il 25 maggio 2015, il giorno
successivo dell’elezione a Sindaco di Stefano Barozzi, si stacca un
grande masso da una parete rocciosa a est, direzione val d’Adige,
finendo in un campo giochi, fortunatamente non frequentato. Barozzi
stimola la provincia ad intervenire. Nel 2016 cade un altro masso e
gli amministratori provinciali decidono di finanziare l’opera
prevista.
|
La
parola al comitato
(quando
la lotta era ancora in corso e oggi)
La
vicenda di Mori è fortemente connotata in senso politico perché gestita
da Tiziano Mellarini, attuale assessore alla Protezione
Civile della
Provincia di Trento nonhcé segretario del partito centrista
UPT (Unione per il Trentino). Alle elezioni del 4 marzo scorso il
centro-sinistra, l'UPT sono stati sconfitti. In particolare Mellarini,
messo fuori gioco elettoralmente nelle sue stesse roccaforti del
Trentino meridionale. Per capire il ruolo della politica, e in
particolare di Mellarini nella vicenda del vallo-tomo abbiamo
intervistato a due riprese (aprile 2017 e aprile 2018) gli attivisti
del
Comitato Davicoloavicolo (da
vicolo a vicolo) (www.vallotomomori.it)
costituitosi l’indomani della assemblea
del maggio 2016, quando i cittadini seppero della decisione di erezione
del vallo-tomo. Ci rispondeva Rosanna Bazzanella, coraggiosissima
donna di Mori,
che il 26 novembre del 2016 decide di opporsi fisicamente alla
devastazione della sua terra e di fatto blocca per un certo periodo i
lavori coinvolgendo
nel presidio, posto nel primo terrazzamento di proprietà
famigliare, cittadini di ogni età
Ci eravamo
accorti che se da una parte ci spronava a continuare nella nostra
ricerca di possibili alternative al vallo tomo, tenendo sempre
presente la sicurezza dell’abitato, dall’altra assieme agli altri
politici aveva già i giochi fatti. Ed i giochi si sono aperti con la
parola somma urgenza che significa: baipassare la gara d’appalto. E
l’assessore all’Ambiente e alle Infrastrutture Gilmozzi,
fiammazzo Doc, da una parte elogiava e dava il benvenuto all’incontro Paesaggi
Terrazzati: scelte per il futuro , tenutosi tra
Venezia e Padova dall’8 al 12 ottobre del 2016 , dall’altra
aveva ben pensato di
affidare la
distruzione del nostro territorio ad una nota Ditta Movimento Terra
della Val di Fiemme.
Pure
il PD locale, a mezzo del suo
segretario, da vita ad una manifestazione discutibile...
Si,
la settimana successiva
all’Assemblea il segretario del Partito Democratico ha
volantinato durante il giorno di mercato a favore del progetto della
Pat, denigrando i residenti proprietari dei terrazzamenti ed i loro
interessi privati. Nella seduta del 7 giugno il Consiglio Comunale
con 11 voti contrari di Pd e UPT, venivano bocciate le mozioni dei 6
consiglieri di minoranza, che invocavano degli interventi di
emergenza, tesi a bloccare la caduta del masso.
Sommo
oltraggio alle procedure
amministrative e ai diritti dei cittadini - sostiene Beppo
Toffolon -, Presidente della Sezione trentina di Italia Nostra, in
quanto non c’è il minimo dato oggettivo che quel
masso,
studiato da un decennio, stia per muoversi. E prima che il vallo
tomo, distruggendo un paesaggio irripetibile, possa proteggere il
centro storico di Mori, quel masso avrebbe tutto il tempo di
precipitare: il cantiere durerà mesi e le vaste opere di scavo
potrebbero persino provocare o accelerare il distacco; l’unica
cosa sommamente urgente per la sicurezza dei cittadini, sarebbe un
sistema di controllo delle fessure, collegato ad un allarme
automatico, in grado di far evacuare le abitazioni sottostanti, come
richiesto nell’aprile del 2016 dallo studio geologico commissionato
dal Comune. Il geologo Nardin infatti, nella dettagliata
relazione, conclude così : per comprendere la reale dinamica
del masso ed il suo possibile spostamento è necessario applicare fin da
subito nelle sue fenditure degli estensimetri per monitorare
eventuali spostamenti.
E il
ruolo del Sindaco di Mori,
Stefano Barozzi ?
In
ogni incontro ha fatto sempre questa
premessa: “noi abbiamo la miglior Protezione Civile d’Italia
se non d’Europa e quindi qualsiasi soluzione diversa alla
realizzazione del vallo tomo è da ritenersi peggiorativa;
delegando così e definitivamente ogni responsabilità ai vertici
della Provincia.
Il
ruolo di Rossi, Presidente della
Provincia di Trento?
Abbiamo
inviato più richieste di
incontro con il presidente Rossi, anche tramite Pec. Non ha mai
risposto. E in quell’incontro occasionale di luglio ha ribadito la
fiducia assoluta nei suoi tecnici. In dicembre era venuto in visita a
Mori , ma è stato duramente contestato in quanto aveva firmato la
procedura di somma urgenza.
Vi
siete attivati, affidando uno
studio ad altri tecnici?
Come
comitato abbiamo interpellato
l’ing. Ressegotti di Torbole e successivamente il geologo di
Bergamo Augusto Azzoni. In una relazione ben articolata, Azzoni
spiega quali siano le alternative per mettere in sicurezza la parete,
salvaguardando i terrazzamenti. Pure in Vallarsa sono state fatte
opere simili. Si, i tecnici che abbiamo interpellato hanno sempre
parlato di soluzioni che possono far andare d’accordo sicurezza e
tutela del paesaggio, in considerazione anche dello studio
riguardante la strada che porta al santuario di Montalbano.E i
progetti alternativi sono contro l’esplosione. Occorre invece
partire da una demolizione controllata.
Cosa
significa demolizione
controllata?
Significa
che va controllato come
questo masso deve cadere a valle sia in termini di pezzature e di
frequenza di caduta dei massi attraverso fori a malta espansiva.
Quindi non serve più un’opera di contenimento gigantesca e
soprattutto si potrà fare a monte.
È in
questo contesto che nasce
l’idea del presidio?
Eravamo
arrivati ad un punto morto - spiega Rosanna Bazzanella – a un
senso di impotenza
e a molta
frustrazione. A metà di novembre avevano dato inizio ai lavori.
Quel mattino avevo tentato di interloquire con il progettista dei
lavori ing. Pilati e con gli operai cercando con loro di argomentare,
in modo molto umano, sull’inutilità di quell’opera che avrebbe
compromesso per sempre il nostro antico sistema agricolo terrazzato.
La mattina seguente scendendo dal bosco, stavo osservando due operai
che venivano avanti con una piccola ruspa tagliando dei cespugli,
quando sento che tecnici esprimevano perplessità di
come continuare con il tracciato, visto che improvvisamente si
trovavano davanti dei muri nascosti. Così il 26 novembre ho deciso
di piantare una tenda sul mio terrazzamento assieme a due amici, con la scritta: Questa
terra è la nostra terra. Non
mutiliamola . Con la tenda il Comitato ha ripreso vita e
si è creata in modo molto spontaneo la Tribù delle Fratte.
Come
ha risposto la popolazione?
Innanzitutto
ho avuto l’approvazione
di tutta la mia famiglia. Il terreno è dei miei fratelli e non è
ancora delimitato dalle reti del cantiere, cosa che avrebbe
significato lo smontaggio della tenda. Ecco, la mia famiglia è stata
determinante per partire con il presidio. I miei fratelli hanno poi
creato un fuoco, mentre un vecchietto di ottant’anni ci ha
riforniti di legna. E dalla tenda al presidio resistente,
notte egiorno, il passo è stato brevissimo. Da parte dei vicini c’è
stata molta solidarietà. Chi preparava il pranzo, chi la cena, chi
accendeva il fuoco, chi portava le coperte, chi il vin brullè (
foto
n.3). È stata un un’esperienza di forte aggregazione sociale.
Staziono quassù da oltre 50 giorni, con qualsiasi tempo, tra la
partecipazione sempre più consapevole dei “moriani”, ma anche
di sostenitori provenienti da ogni parte del Trentino.
Come
ha reagito il cantiere e come
l’amministrazione ?
Dopo
un paio di giorni era uscito un
articolo che titolava: In tenda a Montalbano - Stop alle
ruspe. Il lunedì gli operai hanno proseguito con le
palizzate, ma, arrivati al nostro orto, il martedì abbiamo avuto la
solidarietà attiva di altri concittadini trentini. E questo ci ha
dato una grande forza tant’è che il giovedì 1 dicembre abbiamo
bloccato i lavori e anche le due settimane successive . Nasce
da qui la Tribù delle Fratte a fronte del
blocco del quartiere
con la creazione dei manifesti: Zo le zate da le frate
– Stop Devastazioni. Ogni mattina ,
alle ore 7.30, ci ritroviamo al presidio di Prearua
e percorriamo El senter de la resistenza, il
sentiero cioè dove abbiamo fatto opposizione al lavoro delle ruspe.
C’era
stata una presa di posizione
degli amministratori, da subito. Volevano capire chi eravamo e cosa
volessimo. Siamo stati chiari e decisi, chiedendo da subito un leale
confronto. Abbiamo subito numerose provocazioni, ma non ci siamo
caduti, portando avanti la nostra idea, che è quella di mettere in
sicurezza la montagna sopra la strada di Montalbano, salvando le
fratte.
E
così il sindaco Barozzi il 18
gennaio riunisce in via straordinaria il consiglio comunale dove
l’ing. Giovanni Barla, professore emerito del Politecnico di
Torino, incaricato dalla Protezione Civile, espone la sua relazione...
Si
mercoledì scorso - risponde Emilio Piccoli di Mori, portavoce del Comitato - viene indetto
il Consiglio comunale con la chiara strategia di elevare
l’autorevolezza del loro progetto, contestato dalla Tribù delle
Fratte , con la convalida di un grande esperto del settore. Il prof.
Barla ha fatto le cose per bene, analizzando scientificamente il
problema. In particolare Barla esibisce una verifica secondo criteri
scientifici della Scienza delle Costruzioni. Un calcolo cioè
quantitativo del pericolo di crollo del Diedro in quanto in
equilibrio instabile di moto incipiente, quantificato con un
coefficiente di sicurezza pari a 1, quindi a massimo rischio. Ancora
una volta emerge una grave manchevolezza da parte degli
amministratori: questo studio avrebbe dovuto essere fatto come prima
fase iniziale, doveva essere una valutazione da fare ancora nella
relazione del geologo Nardin. Il prof. Barla ha validato si il
progetto della Protezione Civile, ma ha fornito una nuova
informazione indiscutibile: il diedro può crollare da un momento
all’altro.
Quindi e per fortuna, la resistenza
popolare ha costretto la Provincia a commissionare uno studio serio.
Quindi
cosa ne consegue dalle
valutazioni di Barla?
Praticamente
viene dichiarato uno
stato di allarme rosso. Il diedro infatti, come esposto nella
relazione, è composto da 600 metri cubi di roccia e non si può
sapere quanti ulteriori metri cubi potrebbero distaccarsi dalla
parete retrostante coinvolti nell’evento franoso che impatterebbero
in pochissimi minuti contro l’abitato a 350 metri di distanza
dall’abitato, con pericolo per gli operai della ditta Misconel che
lavoreranno per la costruzione del vallo tomo per ben 6 mesi.
Ma c’è dell’altro: Il prof. Giovanni Barla ricorda che
la legge della Protezione Civile prevede questo: 1) Occorre
installare un metodo di monitoraggio che consenta alla popolazione in
pericolo di mettersi in salvo in caso di crollo; 2) Se
questo non è possibile occorre evacuare.
Insomma sono in un cul de sac
perché per far partire il vallo tomo occorre fare l’intervento
strutturale di fissaggio in parete con resine e malte cementizie.
Quindi, a questo punto, si chiude la somma urgenza e si ritorna alla
democrazia.
A
pochi giorni dall’intervento
del prof. Barla, il Comitato daVicoloavicolo incarica l’ing. Giani
di Milano per una disamina sui vari progetti...
L’ing.
Giani, dello stesso livello
di Barna, durante l’assemblea pubblica del 25 di gennaio, critica
fortemente il Vallo Tomo e promuove come soluzione ottimale i
progetti dei geologi Azzoni e Nuci, sicuramente migliori di quelli
della provincia. E cioè la demolizione del masso con una modalità
estremamente controllata, che permetta la caduta di sassi della
misura di non oltre il metro cubo, mentre la metodologia Pat è la
demolizione con esplosivo. Durante l’assemblea viene chiesto al
Sindaco se sapesse qualcosa dei lavori. Risponde negativamente.
Che
invece sapeva tutto. Cosa
succede infatti la mattina del 26 gennaio?
Arriviamo
sul cantiere, come ogni
mattina, e troviamo uno schieramento militare: fuori la Digos, la
Celere schierata dietro al cantiere che ci spintona con scudi, i
manganelli in mano e i lacrimogeni pronti. Parte da qui la fiaccolata
e l’occupazione dell’Ufficio del Sindaco. Poiché il crollo
generale non può avvenire nemmeno a tomo ultimato, in quanto, come
evocato dal prof. Giani, in questo caso potrebbe scavalcare lo stesso
tomo, avevamo chiesto l’evacuazione degli abitanti.
A
distanza di oltre due mesi da
quel 26 gennaio, com’è ora la situazione?
Ora,
avendo tolto già sei o sette
terrazzamenti, realizzando uno scivolo, hanno tolto di fatto dei
freni. Io ed altre persone abbiamo inviato una lettera circostanziata
al Sindaco, nel caso in cui succedesse un crollo, non da escludere in
caso di terremoto (nel terremoto del ’76, un grosso masso era
stato fermato dalle tre fratte, proprio dove c’era il presidio).
Qual
è ora la situazione sociale
a Mori?
Tutti
i proprietari delle Fratte si
sono arresi, ma sperano che combattiamo fino alla fine. Abbiamo messo
in atto delle iniziative forti, considerate illegali, che ci
legittimano di infrangere la legge in modo non violento. È il
diritto alla resistenza.
Cos’è
il diritto alla
resistenza?
È
opporsi ad un’ingiustizia
grave a cui si è sottoposti da parte dell’autorità. In questo
caso l’infrazione grave dei principi fondamentali da parte del
primo cittadino, come la mancata sicurezza e incolumità della sua
cittadinanza. È disatteso l’art. 9 della nostra Costituzione: la
tutela del paesaggio e dei beni storici. Quindi, sintetizzando
abbiamno 2 illegalità su 2 principi fondamentali. Cosa fa la persona
, il cittadino? Deve solo subire o è legittimato a reagire. Alcune
Costituzioni ( come quella francese) prevedono il diritto
all’insurrezione. Il Diritto alla resistenza secondo Locke, il
primo filosofo che parla del principio della democrazia, del
contratto sociale, della separazione dei poteri.
Si,
quello che stiamo facendo con le
nostre azioni: il presidio sulle Fratte, l’occupazione del Comune,
lo spargimento di secchi di terra sul pavimento durante il consiglio
comunale è di un diritto: il Diritto alla
Resistenza.
Dopo un
anno (oggi)
Siamo tornati a Mori. Nel frattempo la
devastazione delle fratte e il vallo-tomo erano stati completati e a
settembre 2017 gli artificieri hanno fatto saltare il masso,
facendo
evacuare 250 residenti, sempre a Rosanna Bazzanella chiediamo:
Come
l'avete vissuta?
Fino
che eravamo su al presidio
eravamo carichi di energia. Nel momento in cui sono entrati con la
forza abbiamo capito che la nostra forza era fatta di sentimenti e di
scientificità. I politici hanno sempre e solo usata l’arroganza e
la forza dei muscoli, che arriva dal potere.Come vedi
paesaggisticamente è un disastro assoluto. È andata persa tutta
la prima zona e l’accesso al Santuario di Monte Albano con l’antica
stradina.
Come
è stata vissuta la cosa da
un punto di vista umano?
La
gente ha avuto una forte presa di
coscienza di cosa sia il Potere e cosa sia capace di fare. Si è
stato devastante da un punto di vista umano. Successivamente c’è
stato un distacco forte tra le persone residenti e la terra sopra.
Dopo un lungo periodo di metabolizzazione con l’arrivo della
primavera, i miei fratelli sono risaliti nella parte sopra il valle
Tomo, hanno ripreso a curare quello che era rimasto, come le viti ad
esempio.
Cosa
rimane di questa esperienza
a Rosanna Bazzanella?
Sarà
incredibile, ma mi è rimasta
una grande gioia. La lotta, il presidio in cui tutti i moriani hanno
sentito forte l’appartenenza al loro territorio, è stato un
momento bellissimo della mia vita e della mia famiglia. Sono felice
perché attraverso il presidio le fratte costruite dai miei avi, dal
nonno, da mio padre hanno avuto una fine dignitosa.
La
fiera dell'ipocrisia
...e, paradossalmente,
mentre il presidente Rossi firmava la procedura di somma urgenza che
coinvolge i terrazzamenti della Val Lagarina, l’Assessore
all’Ambiente, Gilmozzi, patrocinava - negli stessi giorni - il III
Incontro mondiale sui paesaggi terrazzati ospitando a Trento la
sessione Norme e politiche, questa la presentazione dell'assessore:
I
paesaggi terrazzati sono presenti in tutto il mondo e rappresentano
l’evidenza concreta e tangibile di come la vita possa
svilupparsi fin nei declivi più scoscesi delle aree montane e
costiere di ogni parte della terra.
Il
terzo incontro mondiale
sui paesaggi terrazzati intende dare un forte impulso all’impegno
internazionale per proteggere e valorizzare questi
paesaggi nella loro polifunzionalità.
L’Alleanza
Mondiale per i Paesaggi Terrazzati, la sua Sezione Italiana, la
Regione Veneto e la Provincia autonoma di
Trento, sede di una sessione tematica danno il benvenuto all’Incontro
“Paesaggi Terrazzati: scelte per il futuro” un’occasione
unica per partecipare attivamente alla generazione di idee e
possibili scenari per il futuro dei paesaggi terrazzati
nel mondo.
Solo
il dieci per cento dell’intero territorio provinciale è
coltivabile e gran parte di questa esigua percentuale è costituita da
aree di versante, dove l’opera dell’uomo ha reso fertili e
lavorabili i terreni grazie ai “terrazzamenti”. La cura degli
appezzamenti
agricoli di montagna è quindi un valore aggiunto per tutta la
comunità sia in termini di prevenzione dai rischi
idrogeologici sia quale forma di tutela del paesaggio al quale è
strettamente legata l’economia alpina. Insieme alle
Dolomiti, alle nostre riserve naturali, ai bellissimi laghi, ai
piccoli borghi di montagna, alle città, alla nostra storia e
cultura “le aree terrazzate” fanno parte del grande patrimonio
del Trentino.
Negli
ultimi anni la Provincia autonoma di Trento ha sviluppato numerose
iniziative per la conservazione e la valorizzazione
dei paesaggi terrazzati. Le esperienze maturate fanno del Trentino un
interessante laboratorio in particolare
per approfondire le normative di settore e le politiche di gestione.
Per questo la Provincia è lieta di ospitare dall’8
al 12 ottobre la sessione tematica Norme
e Politiche della
terza Conferenza Internazionale sui Paesaggi
Terrazzati,
un’occasione unica di confronto per riflettere sul futuro di uno
straordinario patrimonio estetico e culturale.
Mauro
Gilmozzi
Assessore
alle Infrastrutture e all’Ambiente della Provincia autonoma di
Trento
|
La
parola all’Ing. Paolo Mayr
Direzione
sez. Trentina Italia Nostra
Pochi
giorni fa sono stato sui
terrazzamenti, o fratte, che sovrastano ad ovest l’antico abitato
di Mori, per portare la solidarietà della Sezione trentina di Italia
Nostra a chi fisicamente si oppone alla devastazione che
Amministratori Comunali, Provinciali e Tecnici Provinciali intendono
perpetrare sulla campagna terrazzata col famoso brutale vallo tomo.
E’
questo un territorio di grande
valore storico, tradizionale, affettivo e di straordinaria importanza
paesaggistica ed ambientale.
Un
insieme agricolo di piccole aree
coltivate principalmente a vigneto, ma con la presenza di alberi da
frutto e di ortaggi, tutte collegate all’abitato con sentieri e
scale di pietra. Proprietà indivise, aperte, non recintate.
Si
respira un’aria di sapienza
secolare, specie per la presenza di murature realizzate a sasso con
massi di dimensioni ciclopiche, ci si inerpica in microambienti che
trasudano della fatica di generazioni, stupiti per la varietà delle
coltivazioni, la pulizia, la cura, la fiducia reciproca, la presenza
di dispositivi intelligenti per la captazione dell’acqua meteorica,
di attrezzature per il riposo, l’incontro o la contemplazione. Fin
dai tempi antichi, sono state coltivate, sofferte e amate dai
cittadini di Mori, fanno parte dell’ambiente fisico e sociale del
paesaggio di Mori.
Le
visuali verso e dalla valle sono
sempre aperte e immediate, l’ambiente delle fratte si scopre invece
lentamente, percorrendo curiosi i piccoli pianori, i sentieri e le
scale, scoprendo i paesaggi ed i collegamenti in un saliscendi di
grande interesse.
Ho
potuto incontrare i cittadini di
Mori, giovani e anziani, in particolare Rosanna che coraggiosamente
ha piantato la tenda di presidio, persone preoccupate, ma serene e
determinate nella loro battaglia di salvaguardia.
Mi
sono reso conto ancor più del
valore irrinunciabile di questo ambiente e non comprendo come possano
esserci amministratori così poco attenti alla custodia del proprio
territorio e tecnici di così scarsa sensibilità.
Tanto
più
-
che la
pericolosità della parete rocciosa soprastante è tutta da dimostrare,
in quantpo la storia recente annota pochi crolli e di modesta entità ed
i recenti controlli sono stati finora negativi
-
che il
famoso diedro di sospetta stabilità si può bloccare con una potente
rete d’acciaio, di costo contenuto.
-
che se
propriosi è invaghiti del vallo tomo, questo si potrebbe realizzare
sopra i terrazzamenti, nell’sampia fascia di bosco, con successivo
rimboschimento del lato frontale del vallo e quindi con modesto impatto
paesaggistico.
Infine un
appello contro il silenzio:
Perché tace il
Servizio Provinciale di Urbanistica e Tutela del Paesaggio, la Scuola
per il Governo del Territorio e del Paesaggio ( STEP), la SAT di
Mori, la SAT centrale? |
|