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Ghiacciai alpini
gravemente inquinati dai pesticidi
CUP
= currently used pesticides = pesticidi attualmente utilizzati
di
Michele Corti
|
Il fenomeno del trasporto a media distanza dei pesticidi è ancora poco
conosciuto. Esso dovrebbe essere tenuto conto per autorizzare e
revocare l'uso dei pesticidi. I risultati di un gruppo di ricerca
dell'Università di Milano Bicocca, ricavati dallo studio delle acque di fusione
di sei ghiacciai alpini, mettono in evidenza la gravità del fenomeno.
In alcuni casi sono state riscontrate concentrazioni di pesticida poco
inferiori a quella letale per il 50% di imdividui di un piccolo
crostaceo acquatico utilizzato come test. Preoccupante anche come il
ghiaccio riveli una contaminazione costante di pesticidi, dai primi anni
'90 al 2013. I risultati dovrebbero spingere per la messa al bando di
pesticidi da tempo individuati come pericolosi per la salute e
l'ambiente e dovrebbero far riflettere chi ha fiducia
nell'ambientalismo neoliberale che fa credere che creando i parchi si
possa proteggere e ricreare una natura "incontaminata". Solo
l'ecologia integrale, attenta alla salute dell'uomo, alle comunità
delle aree interne e "periferiche", oltre che all'integrità degli
ecosistemi quale espressione del
creato, può risolvere la crisi ecologica. Non quello che proclama che
il capitalismo e il consumismo "corretti" sono capaci di risolvere i
problemi che essi stessi hanno creato.
Ruralpini si occupa
da 10 anni di pesticidi denunciando il pericolo per la salute umana e
degli ecosistemi, un pericolo spesso volutamente sottovalutato anche
dall'ambientalismo mainstream, tutto teso a creare aree protette, a
dare patenti di sostenibilità a favore delle multinazionali, a favorire
il mercato dei crediti di carbonio, dei servivi ecosistemici, dei
titoli di biodiversità in un contesto di green economy e di green
washing che vede l'ambientalismo in sempre più stretta simbiosi con le
big corporation (con le quali si scambia le cadreghe dei consigli di
amministrazione). Così le battaglie contro gli inceneritori, contro i
pesticidi sono
condotte da comitati e gruppi locali ai quali le grandi organizzazioni
"verdi" concedono, se va bene, un patrocinio (che non costa nulla),
salvo mettersi di
traverso se i comitati contestano le centrali a biomasse o i
"termovalorizzatori".
Così anche i comitati locali contro i pesticidi (senza se e senza ma)
sono stati riportati sotto l'ombrello dell'ambientalismo mainstream che
piace alle elite, accolto negli ambienti accademici, che, sul tema, è
più soft.
Pesticidi come pilastro del potere globalista
Toccare i pesticidi significa non solo andare
contro gli interessi delle multinazionali delle chimica ma mettere in
discussione un pilastro del sistema di potere mondiale che si basa sul
sistema globalizzato di produzione e di commercio internazionale di
alimenti a basso costo. Quello che ha messo fuori mercato buona parte
dell'agricoltura contadina e distrutto la sovranità alimentare dei popoli.
Ma le grandi organizzazioni ambientaliste
con il global food system ci fanno affari. Una delle operazioni più
spregiudicate di collusione tra i big dell'ambientalismo mondiale e le
multinazionali (del cibo, del petrolio, della chimica) è stata la Round
Table on Responsible Soy (vai
a vedere)
che aveva per scopo la legittimazione ambientalista della soia OGM
(quella resistente al glifosato, causa di aumento esponenziale dell'uso
di questo pesticida nel mondo). Nel programma facevano parte WWF,
Conservation International, Fauna and Flora International, the Nature
Conservancy e altre primarie ONG ambientaliste, così come Monsanto
(OGM, ora acquisita da Bayer), Cargill (la più grande azienda al mondo
non quotata in borsa, prima nel commercio dei cereali), ADM (altra
multinazionale del commrcio dei cereali), Nestlè, BP Oil e i grandi
supermercati british ASDA.
I pesticidi viaggiano
L'ipocrita cupola del
mondo conservazionista, intrinseco alle elite e alla nuova classe
capitalista transnazionale, continua a focalizzare le proprie
energie sulla tutela di animali carismatici (lupo, tigre, elefante).
Per proteggerli si creano parchi a tutto spiano dai quali si
scacciano milioni di esseri umani. Comunità indigene e
tradizionali, che vivevano in modo sostenibile in simbiosi con
foreste e savane che vengono gettate nella povertà e
nell'emarginazione, per diventare manodopera a basso costo in paesi
dove i salari sono già bassissimi rispetto agli standard
occidentali. Ne abbiamo parlato di recente in occasione della sentenza
della Corte suprema indiana che condanna milioni di persone ad essere
cacciate dai parchi della tigre ( 23.2.19
Ambientalismo, colonialismo, capitalismo).
All'ambientalismo-che-piace-alle-elite torna molto comodo insistere con l'ideologia della
wilderness, della "natura incontaminata", dei "santuari della natura".
Torna comodo insistere sui "parchi fortezza" che devono essere tutelati
da ogni "disturbo antropico", difesi da confini invalicabili (spesso
materializzati).
In nome della difesa della biodiversità si cacciano
cacciatori-raccoglitori, pastori, contadini in tutto il mondo. Avevano
vissuto per migliaia di anni in quei territori conservandone la
biodiversità ma ora, in nome della "conservazione" devono
andarsene. Perché? Perché le aree protette sono un grande business: non
solo vengono perimetrate un business per l'ecoturismo (che
disturba gli animali anche se chiamato eco), un business per il mercato
dei titoli di biodiversità, per i crediti di carbonio, per i PES
(pagamenti per i servizi ecosistemici). Tolte di mezzo le comunità che
potevano rivendicare qualche diritto sui territori, il business viene
spartito tra elite locali e i nuovi colonialisti (ambientalisti in
prima fila). Ma non è finita: creati i parchi si trovano (casualmente,
ovvio) giacimenti di preziose risorse minerarie e diamanti.
I parchi non sono solo business ma anche un comodissimo alibi per
evitare di difendere la biodiversità e l'integrità degli ecosistemi su
terreni che implicano lo scontro con il potere economico. Difendere la
natura recintando un pezzo di superficie del pianeta è una
mistificazione. Non solo il cambiamento climatico ma anche
l'inquinamento non si arrestano di fronte ai limiti di un Parco.
Nel 2013 avevamo riferito (vedi
l'articolo di Ruralpini)
gli eloquenti risultati di uno studio condotto dal Servizio Geologico
degli Usa (1) sulla presenza dei pesticidi nei tessuti delle rane dei parchi nazionali della Sierra Nevada in California. Se non si cambia agricoltura i
veleni arrivano anche nei santuari della natura, persino in un parco
mitico come Yosemite, voluto dal profeta del conservazionismo: John
Muir (e che fu reso "incontaminato" cacciando con la forza gli indiani
che vi abitavano da migliaia di anni). La
contaminazione da pesticidi della neve nei parchi nazionali dell'Ovest
degli Usa era stata peraltro osservata in precedenza da Hageman e coll. (2).
Coltivazioni
intensive di frutta in California. Da qui i pesticidi arrivano sino
alla Sierra Nevada, quella dei famosi parchi nazionali, modello con Yellowstone del parchismo colonialista mondiale
Evidenze da casa nostra
Sul numero che
uscirà a maggio della rivista Environmental
pollution
è pubblicato (on line è già disponibile) un articolo (3), frutto di una
ricerca sul campo un gruppo dell'Università Bicocca di Milano, che
conferma la gravità dei fenomeni di trasporto a medie distanze dei
pesticidi e il ruolo dei massicci montani nell'intercettare, a causa
del gioco dei venti e delle abbondanti piogge, una significativa
componente di questo trasporto. I
risultati hanno suscitato un po' di interesse anche in media
abbastanza distratti su temi come questi, non troppo graditi ai grandi
interessi economico-finanziari e scomodi anche per l'ambientalismo
istituzionale mainstream (come sopra ricordato). Il fatto è che ad
essere interessati dai
risultati siano alcuni dei ghiacciai tra i più conosciuti delle nostre
Alpi e che, sul banco degli imputati vi è l'agricoltura
industrializzata
della pianura padano-veneta. In realtà noi ci metteremmo anche quella
alpina, "traviata" dai modelli intensivi come quello della monocoltura
melicola (alla Melinda) in val di Non (vedi nostro articolo). Anche perché dove c'è frutticoltura come in alcune valli alpine, c'è largo uso di Clorpirifos.
I ghiacciai presi in esame sono stati: quello del Lys, nel massiccio del monte Rosa,
il Morteratsch nel gruppo del
Bernina, i Forni
(Orles-Cevedale), il Tuckett
(Brenta), il Presena
(Presenella), il Giogo Alto
(Palla Bianca-Similaun). Nell'estate 2016 sono stati raccolti campioni
dell'acqua di fusione di tutti i ghiacciai elencati, in più, nel 2013,
è stato eseguito un carotaggio (102 m di profondità) nel ghiacciaio del
Lys al fine di ricostruire l'andamento storico dell'inquinamento del
ghiacciaio da parte dei pesticidi.
La tossicità dell'acqua di fusione dei ghiacciai è stata valutata con
un indice (TER) che rapporta il livello di concentrazione osservato nel
campionamento ambientale con la concentrazione del pesticida che
risulta letale per il 50% degli individui (un piccolo crostaceo Daphnia magna nel caso degli
insetticidi, micro alghe nel caso degli erbicidi).
In accordo con il regolamento europeo 1007/2009 della Commissione il
rischio di contaminazione è "accettabile" (ovviamente si tratta sempre
di una valutazione politica) se è inferiore a un centesimo di quella
che uccide il 50% delle Daphnia
e a un decimo di quella che uccide il 50% delle
alghe.
I pesticidi analizzati
Sono stati analizzati i
seguenti pesticidi: clorpirifos, terbutilazina, metolaclor,
metil-clorpirifos, desetil-terbutilazina (metabolita della
terbutilazina) alaclor, atrazina.
Va precisato che l'atrazina è stata bandita in Italia negli anni '90 e
nel 2000 dall'Europa, l'alaclor è stato bandito in Europa dal 2006.
Nessun ghiacciaio tra
quelli considerati si è rivelato esente da contaminazione di pesticidi.
Alaclor e Atrazina sono stati rintracciati solo nelle acque di fusione
del Lys. Contaminazione con terbutilazina e il suo metabolita è stata
riscontrata in tutti i ghiacciai tranne il Giogo Alto. Il Clorpirifos
metile è stato trovato nel Lys e nei Forni. In tutti i ghiacciai e in
tutti i campioni analizzati è stata riscontrata presenza di Clorpirifos,
un insetticida fosforganico ampiamente utilizzato. Mentre le
contaminazioni con gli altri pesticidi sono risultate sempre
"accettabili" (nel senso
sopra precisato, sia ben chiaro!), quelle con Clorpirifos sono sempre
risultate inaccettabili. Il primo luglio 2016 le acque di fusione dei
Forni presentava un indice TER di 1,4, ovvero molto prossimo alla dose
letale 50.
In diversi
paesi il Clorpirifos è vietato. La Puglia lo vieta sull'olivo. Ma sulle
Alpi è ampiamente utilizzato, specie sulle mele. Non solo inquinamento dalla pianura ma anche prodotto nelle stesse aree alpine
Il nuovo DDT
I dati ottenuti dai
ricercatori della Bicocca sono preoccupanti perché confermano come il
Clorpirifos si diffonde a grandi distanze e persista nell'ambiente. Era
già nota la sua presenza nelle zone artiche (4) e nelle catene
montuose (5). Il carotaggio sino a 102 m di profondità ha messo in
evidenza la presenza costante del clorpirinfos dall'inizio degli anni
'90 sino al 2013, anno del campionamento. Le concentrazioni presentano
un picco nel 1997-99 e un minimo nel 2000-2002, seguito da un rialzo
dei valori. Un fatto grave che certifica come, nonostante gli allarmi
sulla tossicità dell'insetticida in questione, non vi sia stato alcun passo indietro
da parte di chi ne consiglia l'uso (spesso uffici di consulenza
agricola pubblici).
Il
pericolo del Clorpirifos è grave per l'ambiente acquatico ma anche per
le api, gli animali superiori e l'uomo in quanto è un interferente
endocrino (6). Studi medici mettono in evidenza come l'esposizione al
Clorpirinfos del feto (succede nel caso di lavoratrici agricole) sia
causa di ritardi di apprendimento, problemi di memoria, sindromi
comportamentali (iperattività e incapacità di concentrazione), minor
Q.I. nei bambini (7).
Ruralpini si è occupato parecchie volte del
Clorpirifos (8).
Preferiremmo non farlo più. Ma il problema non è
superato e il far credere che con i Parchi e i lupi si ricostituisca
una natura incontaminata ostacola molto il progresso della lotta ai
pesticidi. Distratti dagli "animali carismatici", che per magia
rigenerano l'ambiente (secondo la narrazione fraudolenta degli
ambientalisti), dalle ragazzine con le trecce che fanno tremare (sic) i
potenti e da altre favole. Favoler che dimostrano solo come oggi
l'elite disprezzi il popolo e la sua intelligenza e alle quali molti
cittadini vogliono credere perché rappresentano una comoda
opzione mentale per
poter mettersi a posto a buon mercato, senza dover andare
controcorrente, senza lottare, la coscienza. Ma intanto l'avvelenamento
(sostenibile e a
norma di legge UE) prosegue e riguarda tutti noi, sin dentro le nostre
cellule.
Note
(1) K.L.
Smalling, G.M. Fellers, P.M. Kleeman, K.M. Kuivila, Accumulation of pesticides in Pacific
Chorus Frogs (Pseudacris regilla) from California’s Sierra Nevada
Mountains, USA in «Environmental Toxicology and Chemistry», 32,
9, (2013):2026-2034
(2) K. J. Hageman, W. D. Hafner, D. H.
Campbell, D.
A. Jaffe, D. H. Landers, S. L. M. Simonich, Variability in pesticide deposition and
source contributions to
snowpack in western US national parks. in «Environmental science
&
technology», 44, 12, (2010): 4452-4458; K. J. Hageman,
S. L. Simonich, D. H.
Campbell, G. R. Wilson, D. H Landers, Atmospheric deposition of current-use and
historic-use pesticides in
snow at national parks in the western United States, in «
Environmental
Science & Technology», 40, 10),(2006):3174-3180.
(3) C. Rizzi, A.
Finizio, V. Maggi, S. Villa, Spatial-temporal
analysis and risk characterisation of pesticides in
Alpine glacial streams, in «Environmental Pollution», 248
(2019): 659-666.
(4) M. H. Hermanson, E. Isaksson, C.Teixeira, D. C. Muir, K. M. Compher, Y. F. Li, K. Kamiyama, K. (2005). Current-use and legacy pesticide history
in
the Austfonna ice cap, Svalbard, Norway, in « Environmental
science
& technology», 39, 21, (2005), 8163-8169.
(5) Z. Santolaria, T. Arruebo, A. Pardo, J.M. Matesanz, A.
Bartolomé, J. Caixach, J. S. Urieta, Evaluation of airborne organic pollutants
in a Pyrenean glacial lake (The Sabocos Tarn), in «Water, Air,
& Soil Pollution», 226,11, (2015):383; C. Ferrario, A Finizio,
S. Villa, Legacy and emerging contaminants in meltwater of three Alpine
glaciers, «Science of the Total Environment», 574, (2017):
350-357; Y. de Souza Guida,
R.O.
Meire, J. P. M Torres, O. Malm, Air contamination by legacy and
current-use pesticides in Brazilian mountains: An overview of national
regulations by monitoring pollutant presence in pristine areas.
«Environmental Pollution», 242 (2018):19-30; Hageman et asl., op, cit., 2006 e 2010.
(6) Chi vuole
documentarsi su questo pesticida dal punto di vista medico può
scaricare una recente esaustiva pubblicazione: R.Turci, E.
Sturchio, J. Businaro, L. Casorri, M. Imbriani, C. Minoia, Interferenti endocrini. Schede monografiche 6. Clorpirifos e clorpirifos-metile in «Ital Med Lav Erg», 33 (2011) :149-184 (http://gimle.fsm.it/33/2/05.pdf )
(7)
V. Rauh , S. Arunajadai, M. Horton, F.
Perera, L. Hoepner, D. B. Barr, R. Whyatt, Seven-year neurodevelopmental scores and
prenatal
exposure to chlorpyrifos, a common agricultural pesticide, in
«Environmental health perspectives», 119, 8,(2011):
1196-1201; V. A. Rauh, F.P. Perera, M.K.
Horton, R.M. Whyatt, R.Bansal, X. Hao, B. S. Peterson, Brain anomalies
in children exposed prenatally to a common organophosphate
pesticide, in «Proceedings of the National Academy
of Sciences», 109, 20,(2012): 7871-7876.
(8) (04.01.15)
Clorpirifos etile = nuovo DDT ; (24.04.13)
Basta Clorpirifos. Basta veleni ;
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Ambiente
Ambientalismo,
neocolonialismo, capitalismo: violenza ed ecoingiustizia contro gli
ultimi
(23.02.19) La gestione delle aree protette nei paesi ex-coloniali
rappresenta l'ambito nel quale è più evidente la continuità con il
vecchio colonialismo. In nome della tutela della natura le grandi
organizzazioni ambientalistiche gestiscono floridi business e non hanno
esitato a scacciare con l'inganno, a volte anche con la violenza,
milioni di persone dalle loro sedi
ancestrali.
Il
lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18)
Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del
lupo sulle
Alpi
Le
radici storiche e ideologiche del beceroanimalismo
(09.12.18) L'Italia le circostanze
storico-sociali hanno prodotto
una cultura fortemente antirurale lontana anche dalla dimensione
naturale concreta. Nella realtà contemporanea su questo sfondo si è
sviluppato un animalismo ben poco ecologico, molto ideologico che
sconfina nel culto pagano e che reitera i cliché anticontadini
Animalismo,
biocapitalismo, ecototalitarismo
(30.06.15) Proseguiamo
la riflessione sul biocapitalismo e le ideologie ambientaliste
allargando la riflessione all'animalismo che in modo più esplicito e
violento nega il valore della vita umana. Esso si presenta come un
perfetto strumento per legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo
in cui l'uomo diventa una merce da fabbricare e la vita umana può
essere rliminata senza particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager)
Gli
orsi sparigliano politica e istituzioni
(01.09.14)
Le destre cavalcano l'animalismo ma rischiano di scottarsi (loro e
la sinistra) La gestione degli orsi trentini è scappata di mano.
Il conflitto sociale, ideologico, territoriale innescato dall'aver
sovraccaricato Life Ursus di valenze di ogni tipo impatta in modo
imprevedibile sulla politica
L'imbroglio
ecologico (IV e ultima parte)
(09.12.13) Nella
storia di Legambiente si rispecchia un ambientalismo di regime,
apparato di controllo sociale e di "acculturazione" funzionale
alla greed economy turbocapitalista. Con un "pensiero
ecologico" debole appiattito sulla modernità e l'ideologia
scientista, tecnocratica. Centralismo comunista accoppiato con i
meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce.
L'imbroglio
ecologico (parte III)
(02.12.2013) Dalla
critica al capitalismo della prima ecologia politica alla
partecipazione all'affarismo della green economy. L'ambientalismo, nel
solco del progressismo illuminista, come supporto ideologico e
cosmetico al biocapitalismo dello sfruttamento integrale
L'imbroglio
ecologico (parte II)
(16.11.2013) La
nascita dell'ambientalismo come movimento sociale negli anni '80. I
condizionamenti sulla nascita del movimento ambientalista del travaso
dell' "eccesso di militanza" dalla "sinistra rivoluzionaria" e
dell'egemonia culturale del PCI. La divaricazione tra localismo e
ambientalismo quale occasione mancata. La necessità di andare oltre la
sinistra (e la destra) per recuperare spazi di autonomia sociale
L'imbroglio
ecologico (ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali nell'era del
capitalismo neoliberista)(I)
(07.11.2013) Oggi
l' ambientalismo è la proiezione della Green economy capitalista e i
movimenti devono imboccare con coraggio nuove strade, oltre la sinistra
e la destra e oltre l'ambientalismo per una nuova autonomia dei
soggetti e delle comunità popolari. L'imbroglio ecologico è finito
perché il ruolo dell'ambientalismo istituzionale è palesemente di
controllo sociale. Prima parte di un ampio contributo che ripercorre la
storia dei rapporti tra ambientalismo, sinistra, capitalismo e
movimenti sociali dai primordi del movimento ambientalista ad
oggi.
Per
una gestione comunitaria delle risorse e dei problemi ambientali (IV)
(08.01.13) Attorno
ai problemi, dei rischi per la salute legati alla nocività ambientale e
alla volontà di gestire in positivo le risorse territoriali sta
crescendo nel mondo un movimento post-ambientalista.
Dalla
tecnocrazia alla scienza comunitaria (III)
(02.01.13) La
tecnocrazia ha imposto un modello di scientificizzazione della politica
che svuota la democrazia. Si è imposta anche nella forma di "ecopotere"
con il pretesto della "tutela della natura dall'uomo". La riduzione del
rischio presuppone però una strada diversa, quella di una scienza
civica e comunitaria e più ampi spazi di democrazia
Ripensare
la relazione tra la natura e la società (II)
(02.01.13) L'affermazione
di una gestione partecipata dei problemi ambientali e delle risorse è
indispensabile per fronteggiare crescenti rischi e la tendenza
tecnocratica a concentrare decisioni con pesanti implicazioni sociali
nelle mani di pochi e sulla base di incerti presupposti scientifici.
Per muoversi in questa direzione, però, è necessaria una profonda
revisione di alcuni fondamenti ideologici della modernità e della
"civiltà occidentale" e dello stesso ruolo della scienza.
Oltre
l'ambientalismo istituzionale crescono nuove reti (I)
(01.12.12)
Da una ventina di anni in qua sta emergendo un post-ecologismo "di
base" non ideologico che opera nella dimensione del monitoraggio
ambientale e della stessa gestione sostenibile e partecipata delle
risorse
Il
lupo riduce la biodiversità alpina
(29.12.18)
Materiali per un manifesto pro pastoralismo, contro la diffusione del
lupo sulle
Alpi
Le
radici storiche e ideologiche del beceroanimalismo
(09.12.18) L'Italia le circostanze
storico-sociali hanno prodotto
una cultura fortemente antirurale lontana anche dalla dimensione
naturale concreta. Nella realtà contemporanea su questo sfondo si è
sviluppato un animalismo ben poco ecologico, molto ideologico che
sconfina nel culto pagano e che reitera i cliché anticontadini
Animalismo,
biocapitalismo, ecototalitarismo
(30.06.15) Proseguiamo
la riflessione sul biocapitalismo e le ideologie ambientaliste
allargando la riflessione all'animalismo che in modo più esplicito e
violento nega il valore della vita umana. Esso si presenta come un
perfetto strumento per legittimare i paradigmi del nuovo biocapitalismo
in cui l'uomo diventa una merce da fabbricare e la vita umana può
essere rliminata senza particolari scrupoli (come e peggio che nei Gulag e nei Lager)
Gli
orsi sparigliano politica e istituzioni
(01.09.14)
Le destre cavalcano l'animalismo ma rischiano di scottarsi (loro e
la sinistra) La gestione degli orsi trentini è scappata di mano.
Il conflitto sociale, ideologico, territoriale innescato dall'aver
sovraccaricato Life Ursus di valenze di ogni tipo impatta in modo
imprevedibile sulla politica
L'imbroglio
ecologico (IV e ultima parte)
(09.12.13) Nella
storia di Legambiente si rispecchia un ambientalismo di regime,
apparato di controllo sociale e di "acculturazione" funzionale
alla greed economy turbocapitalista. Con un "pensiero
ecologico" debole appiattito sulla modernità e l'ideologia
scientista, tecnocratica. Centralismo comunista accoppiato con i
meccanismi delle corporation. Ma il dissenso cresce.
L'imbroglio
ecologico (parte III)
(02.12.2013) Dalla
critica al capitalismo della prima ecologia politica alla
partecipazione all'affarismo della green economy. L'ambientalismo, nel
solco del progressismo illuminista, come supporto ideologico e
cosmetico al biocapitalismo dello sfruttamento integrale
L'imbroglio
ecologico (parte II)
(16.11.2013) La
nascita dell'ambientalismo come movimento sociale negli anni '80. I
condizionamenti sulla nascita del movimento ambientalista del travaso
dell' "eccesso di militanza" dalla "sinistra rivoluzionaria" e
dell'egemonia culturale del PCI. La divaricazione tra localismo e
ambientalismo quale occasione mancata. La necessità di andare oltre la
sinistra (e la destra) per recuperare spazi di autonomia sociale
L'imbroglio
ecologico (ambientalismo, sinistra, trasformazioni sociali nell'era del
capitalismo neoliberista)(I)
(07.11.2013) Oggi
l' ambientalismo è la proiezione della Green economy capitalista e i
movimenti devono imboccare con coraggio nuove strade, oltre la sinistra
e la destra e oltre l'ambientalismo per una nuova autonomia dei
soggetti e delle comunità popolari. L'imbroglio ecologico è finito
perché il ruolo dell'ambientalismo istituzionale è palesemente di
controllo sociale. Prima parte di un ampio contributo che ripercorre la
storia dei rapporti tra ambientalismo, sinistra, capitalismo e
movimenti sociali dai primordi del movimento ambientalista ad
oggi.
Per
una gestione comunitaria delle risorse e dei problemi ambientali (IV)
(08.01.13) Attorno
ai problemi, dei rischi per la salute legati alla nocività ambientale e
alla volontà di gestire in positivo le risorse territoriali sta
crescendo nel mondo un movimento post-ambientalista.
Dalla
tecnocrazia alla scienza comunitaria (III)
(02.01.13) La
tecnocrazia ha imposto un modello di scientificizzazione della politica
che svuota la democrazia. Si è imposta anche nella forma di "ecopotere"
con il pretesto della "tutela della natura dall'uomo". La riduzione del
rischio presuppone però una strada diversa, quella di una scienza
civica e comunitaria e più ampi spazi di democrazia
Ripensare
la relazione tra la natura e la società (II)
(02.01.13) L'affermazione
di una gestione partecipata dei problemi ambientali e delle risorse è
indispensabile per fronteggiare crescenti rischi e la tendenza
tecnocratica a concentrare decisioni con pesanti implicazioni sociali
nelle mani di pochi e sulla base di incerti presupposti scientifici.
Per muoversi in questa direzione, però, è necessaria una profonda
revisione di alcuni fondamenti ideologici della modernità e della
"civiltà occidentale" e dello stesso ruolo della scienza.
Oltre
l'ambientalismo istituzionale crescono nuove reti (I)
(01.12.12)
Da una ventina di anni in qua sta emergendo un post-ecologismo "di
base" non ideologico che opera nella dimensione del monitoraggio
ambientale e della stessa gestione sostenibile e partecipata delle
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redazione@ruralpini.it
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