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Biomasse - Politiche
In Piemonte non si bruci
foglia...
ma centinaia di migliaia di ton. di cippato nelle
centrali
La Regione Piemonte si conferma
particolarmente sorda alle esigenze della montagna: la pianura padana
soffoca di inquinamento, i boschi (non puliti) bruciano ? Come
"rimedio" si impedisce su tutto il territorio regionale di bruciare
residui vegetali in inverno, anche in assenza di rischi. E non ci
sono deroghe! Dietro vi è una mentalità ambientalista ipocrita che si
applica con rigore draconiano (quando si tratta di spostare qualche
badilata di terra o bruciare un mucchio di foglie secche), con
elasticità quando si sventra una montagna o si autorizza una grande
centrale a combustione di biomasse. Alla fine il risultato non sarà
meno incendi boschivi ma più abbandono e più incendi boschivi.
di Michele Corti
(20.12.18) Con l'entrata in vigore della nuova legge regionale
sugli incendi boschivi (dopo i grandi incendi della val Susa) e
l'approvazione del Piano sulla
qualità dell'aria nel bacino padano, le regole per l'accensione
dei fuochi e la combustione dei residui vegetali in Regione Piemonte
sono state modificate.
Dal 1 novembre al 31 marzo non è più consentito l'abbruciamento di
piccoli cumuli di materiale vegetale, neppure se ottenuto sul posto,
neppure se nel contesto delle normali pratiche agronomiche e
selvicolturali e se destinato ad uso di concime e ammendante. Non ci
sono deroghe di alcun tipo se non per le attività legate alla
tradizione culturale e a esigenze turistico-ricreative. La montagna è
equiparata alla pianura. Quantomeno la Regione Lombardia ha
concesso
al proprietario o al possessore del terreno (previa
comunicazione agli enti preposti) di poter procedere all'abbruciamento
per
due giorni all’interno del periodo invernale di divieto (dal 15 ottobre
al 15 aprile) nelle zone impervie o non raggiungibili dalla
viabilità ordinaria.
Il problema del divieto di bruciatura dei residui è particolarmente
sentito da chi con grandi sacrifici continua a coltivare i castagneti.
La pulitura dalle foglie, dai ricci, dai rametti è condizione
essenziale per poter effettuare la raccolta. Un tempo tutto questo
materiale era prezioso: la foglia serviva per il letto delle bestie,
ricci, rametti erano bruciati negli essiccatoi che sorgevano
all'interno degli stessi castagneti o presso le abitazioni del
villaggio vicino.
In tempi più recenti l'abbruciatura dei residui sul posto è stata
attuata quale profilassi per le gravi malattie che hanno colpito i
castagneti: mal dell'inchiostro, cancro batterico. Nonostante nuovi
orientamenti in proposito la letteratura tecnica in circolazione
contiene sovente raccomandazioni circa l'uso profilattico
dell'abbruciamento. Va anche sottolineato come le soluzioni alternative
(costituzione di andane e cumuli da lasciar decomporre, interramento,
trinciatura) comportano forti investimenti di manodopera, rischi di
diffusione di fitopatie, impiego di macchinari non idonei su terreni
terrazzati o comunque declivi).
Contadino non bruciare...
che la pianura padana soffoca... e le centrali a biomassa e gli
inceneritori devono incassare incentivi
Il tema della combustione delle biomasse
vegetali ha sempre trovato attento questo sito. Abbiamo anche sempre
denunciato come i principi di tutela ambientale siano applicati con
grande rigidità quando si tratta di aggiungere nuovi divieti e vincoli
alle piccole attività tradizionali e con grande elasticità quando
in gioco ci sono grandi interessi economici.
Nessuno può ragionevolmente pensare che siano socialmente neutri dei
sistemi di regole che, per autorizzare microinterventi impongono pile
di scartoffie, (debitamente firmate da "tecnici abilitati"). A fronte
del giro economico messo in movimento da grandi opere, i costi
burocratici e di certificazione tecnica sono, in proporzione,
molto più leggeri. Oggi
si sostiene di dover effettuare un giro di vite alle combustioni
all'aperto che, per unità di biomassa, sono certamente più inquinanti
di quelle effettuate in condizioni controllate di temperatura e
ossigenazione delle centrali. Ma quanto inquinamento in valori assoluti
ha comportato la bruciatura di biomasse per usufruire degli incentivi
generosissimi messi a disposizione di ogni kW di energia rinnovabile
(ma non pulita) prodotto? Non è assurdo motivare i divieti
all'abbruciatura dei residui colturali sulle Alpi per tutelare l'aria
(dalla qualità già
abbondantemente compronessa) del "catino" padano?
Quando si trattava di
autorizzare le centrali a biomasse (anche nell'area urbana torinese "critica") non
c'erano tanti scrupoli
Questo sito ha
per anni denunciato la pericolosa speculazione sulle centrali
a biomassa che, proprio in Piemonte, vedeva protagonista Uncem
Piemonte (il PD di Riba e Borghi). Con la scusa di pulire i
boschi e dare lavoro
alle cooperative si volevano
installare decine e decine di impianti di combustione
("pirogassificatori" o semplici caldaione) finalizzati a produrre, con
efficienza bassissima, elettricità da immettere nel calderone della
rete. So di cosa parlo, ho partecipato a decine e decine di assemblee
in Italia, non poche volte sono stato a Cuneo, Torino, Biella per
contrastare (a volte con successo) le "centrali".
Per ottenere le autorizzazioni si inventavano delle forme di
"cogenerazione" (ovvero di sfruttamento contrestuale dell'energia
termica) che, spesso, erano solo sulla carta, fantasiosissime. Quando
il calore veniva
effettivamente sfruttato per il riscaldamento si sono installati
centrali e camini a fianco delle scuole esponendo gli alunni ad un
inquinamento legato più alla produzione di energia elettrica per
incassare incentivi speculativi (anche a termosifoni spenti) che per
scaldare gli edifici scolastici. Quanto alla "pulizia dei boschi" le
cose non si sono affatto rivelate così virtuose come fatto credere in
sede di autorizzazione delle centrali: si è operato dove l'esbosco è
più facile, con tagli a raso (ben poco "ecologici") lasciando
all'abbandono i boschi impervi e sostituendo l'approvvigionamento del
cippato "con quello francese o dei porti (che fanno arrivare il
prodotto del taglio delle piantagioni a rapido accrescimento che hanno
sostituito le foreste tropicali).
Fortunatamente le comunità hanno compreso in tempo la trappola e la
speculazione politico-affaristica sottesa alle manovre dell'Uncem e,
nella maggior parte dei casi, le centrali sono state stoppate. Non
tutte.
Ad Airasca tra Pinerolo e Torino c'è una centrale a legna da 49 MW che
brucia 165 mila tonnellate, a Rivarolo, nella pianura a Nord di
Torino,
una da 20 MW senza alcun teleriscaldamento e la biomassa legnosa
bruciata (70 mila tonnellate) serve a produrre solo energia elettrica
(e, ovviamente, molto inquinamento).
Nella pianura padana sono state autorizzate
decine di grosse centrali a biomasse. Il loro contributo alla emissione
di PM10 per unità di energia prodotta è venti volte quello del gas
naturale. Non solo, si autorizzano centrali termiche a pellet in centro
di Torino e Milano dove potrebbe essere utilizzato il metano e dove si
fermano (giustamente) i diesel per ridurre le concentrazioni di
particolato (sempre fuorilegge da anni).
In barba alle normative
europee
Le normative europee vengono sempre invocate per far ingoiare pillole
amare al popolo contribuente. Ma vengono rispettate? La direttiva
comunitaria 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per
un’aria più
pulita in Europa è stata assunta nella normativa nazionale con il
decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 “Attuazione della
direttiva
2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più
pulita in
Europa”. Ma è
macroscopicamente violata. Migliorare
l'aria dove è cattiva, non peggiorarla dove è buona. Questo era
il
principo guida della direttiva. I giocatori delle tre carte della
politica e della burocrazia sono riusciti ad approvare centrali a
combustione di biomasse dove i limiti di legge del partricolato erano
abbondantemente superati, peggiorando l'aria dove era già pessima o
pareggiando, con le emissioni in aumento delle biomasse, le diminuzioni
di emissioni dovute al traffico (crisi, sostituzione di vecchi motori
con quelli meno inquinanti). La salute al primo posto? No di certo.
In Italia nel 2016
(ultimo anno monitorato), si legge in una nota dell’Ue, In 28 zone di qualità dell’aria, comprese
le regioni Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto, i valori limite
giornalieri sono stati costantemente superati, arrivando nel 2016 fino
a 89 giorni. Milano, Brescia, Torino sono camere a gas (la
cancerogenità dell'aria inquinata è stata da qualche anno riconosciuta
ufficialmente dall'Organizzazione mondiale della sanità) e si calcola
una perdita di 2,5 anni di vita. Ma lo sforamento dei limiti di legge
(che non equivalgono a quelli dell'aria veramente pulita) avviene nella
maggior parte della pianura padana dove, specie in inverno, gli
inquinanti si accumulano negli strati bassi dell'aria in assenza
di vento. Quello che si vede dal satellite non è
vapor d'acqua ma micropolveri che ci precludono anche di vedere
i veri colori dei cieli, delle cose. Chi può essere così
irresponsabile si fermare centrali a metano, poco inquinanti, per
far guadagnare a dei privati profitti con il giochino delle
"rinnovabili"? I politici, evidentemente. Il tutto mentre in Cina,
India, Brasile se ne strafregano delle emissioni di CO2. Ci avveleniamo
per far finta di ridurre (forse) la CO2 nel pianeta e intanto qui e ora
respiriamo (di sicuro) più ossidi di azoto, micropolveri, benzopirene
ecc.).
La Commissione europea
ha deferito (anche quest'anno) alla Corte di giustizia sei Stati:
Italia, Francia, Germania, Romania, Regno Unito e
Ungheria per il mancato rispetto dei
valori limite per il biossido di azoto (NO2), e per aver omesso di
prendere le misure appropriate per ridurre al minimo i periodi di
superamento. L’Italia, insieme a Ungheria e Romania è
stata deferita alla Corte di giustizia per via dei livelli costantemente elevati
di particolato (PM10). Non solo si muore prima, non solo si
spendono cifre colossali in cure mediche, degenze, farmaci, assenza dal
lavoro per malattia, ma, oltretutto dobbiamo pagare anche le sanzioni
alla UE.
In questo contesto disastroso si utilizza il rigore per gli impianti
ternici privati di riscaldamento (che devono essere sempre più
efficienti, sempre più controllati) e si chiudono le città ai diesel
(per vendere auto elettriche o ibride). Giusto. Ma nel frattempo in
pianura padana si incoraggia a produrre e bruciare rifiuti nei
"termovalorizzatori" e si chiudono centrali a gas naturale poco
inquinante per immettere nella rete l'energia non pulita delle biomasse
(importate).
Quanto ai divieti di abbruciatura dei residui in montagna (che aumenta
e non diminuisce il pericolo di incendi) si tratta di un puro esercizio
di ecomoralismo ipocrita. Siamo sempre nel solco di un ben strano
ambientalismo, che fa pagare alla montagna la distruzione ambientale
della pianura, un ambientalismo "di principio" per il quale l'aumento
dei lupi in montagna compensa la desolazione delle lande
dell'agrobusiness.
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Articoli
ruralpini su temi connessi
Quante
vittime (di stato)delle biomasse?
(31.12.15) Il Ministero della
salute, l'Enea e ora anche il Protocollo di intesa tra governo, regioni
e comuni riconoscono che le biomasse sono una causa primaria della
grave situazione dell'inquinamento atmosferico che pone l'Italia
fuorilegge per mancato rispetto della Direttiva europea. Ma condannano
solo le biomasse "civili", quelle speculative che provocano
inquinamento per profitto sono ok
No
biomasse come espressione di partecipazione e democrazia
(26.12.14) L'azione di protesta dei
gruppi di azione locale (come i Comitati No biomasse/biogas) è
espressione di democrazia non manipolata e di cittadinanza attiva. Non
contesta solo una concreta minaccia alla vita locale ma anche il
degrado della democrazia a lobbysmo, la manipolazione e l'inganno dei
cittadini, il trionfo della speculazione contro il bene comune. Pur non
occupando le pagine dei quotidiuani nazionali il movimento no biomasse
coinvolge decine di migliaia di persone che hanno partecipato a
riunioni pubbliche e manifestazioni di proetesta di ogni tipo.
(17.03.13)
Biomasse: camini attaccati alle scuole materne
A Mello (SO) la centrale a biomasse da 0,3MW è stata
realizzata a fianco della scuola materna. Finanziata dal Piano di
sviluppo rurale per favorire il recupero dei boschi mediante il
Consorzio forestale Bosco vivo si approvvigiona di cippato sul
mercato con un'asta al ribasso. Cosa c'è di sostenibile? l
(12.03.13)
Biomasse: un boomerang per la filiera legno
Come il biogas compromette la vera agricoltura così le biomasse
legnose rappresentano un boomerang per le filiere del legno con il
risultato che i boschi di montagna saranno ancora più
abbandonati. Sul piatto anche i rischi della tecnologia non
adeguatamente collaudata dei pirogassificatori
Ad
Assisi le biomasse diventano tema etico
(09.12.2012) I comitati no biogas
biomasse sono impegnati con tutte le loro energie nel contastare
la realizzazione delle centrali. Nonostante ciò trova spazio nella
loro iniziativa anche la riflessione sulle implicazioni morali
dell'operazione "energia da biomasse": una spregiudicata
speculazione che calpesta principi di equità, trasparenza, precauzione.
Al convegno di ieri ad Assisi c'era il vicario del vescovo di
Perugia. Un segno di una attenzione al problema che speriamo
coinvolga anche altre diocesi da qui al prossimo appuntamento ad Assisi
(primavera 2013) per la Marcia per la terra contro le bioenergie
insostenibili.
contatti: Whatsapp 3282162812
redazione@ruralpini.it
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