Il GGC
(gruppo grandi carnivori del Cai) fiancheggiatore di WolfAlps,
con il "bando" per
"allevatori virtuosi" (a favore della convivenza con il lupo) ha
rimediato una magra figura. Il bando (per il premio dei 30 denari,
pardon, 500 €) ha raccolto solo 23 domande in tutta Italia. Non solo,
ma per evitare di dare pubblicità alla cosa, ha fatto orecchio da
mercante quando una pastora ossolana, Nina Liebhart, ha rifiutato
il premio (dando notizia con un comunicato sullo Scarpone ma lasciando
sempre il suo nome tra i premiati sulla pagina ufficiale del Cai).
Nina, resasi conto della strumentalizzazione contro la
categoria (chi non accetta la convivenza, il messaggio è chiaro, è un
allevatore "vizioso"), ha inviato più email, riscontrate, a Davide
Berton, referente GCC, per essere tolta dalla lista dei premiati. Ma è
ancora lì. Ha voluto raccontare tutto a Ruralpini attraverso
un'intervista all'alpe Ratagina
Nina
Liebhardt e Paddy Lutz all'alpe Ratagina
con i loro ottimi formaggi d'alpe (più capra che mucca)
di Michele Corti
(19.07.20) Il diavolo
fa le pentole ma non i coperchi. La storia del premio Cai agli
allevatori "virtuosi" (gli altri che non vogliono convivere con il lupo
sono, evidentemente, trogloditi, viziosi, scansafatiche) ha risvolti
grotteschi.
Se i media non fossero
allineati alla dittatura soft che si
è instaurata da tempo, questa storia si risolverebbe in un boomerang
micidiale, non solo per il GCC (gruppo grandi carnivori) del CAI ma per
tutta la lupisteria. Ci
accontentiamo di informare i nostri quattro lettori: pastori,
montanari, gente che sta in città ma che ha capito che la TV e i
giornaloni, le grandi associazioni, non la contano giusta quando si
parla di ambiente, di natura, di montagna, di lupi. Con la speranza che
questi nostri amici condividano con altri resistenti e questi con altri
ancora. Chissà.
Basterebbe chiedersi
come sia possibile che, ad essere premiati come esempio di convivenza
con i lupi, siano dei pastori che fanno da testimonial della campagna
di difesa degli alpeggi dai lupi. Quella campagna che conduciamo con le
nostre modeste forze ricevendo reiterate minacce di morte dagli
animalisti, dagli amici del lupo. Nel
poster di Ruralpini, realizzato con il Comitato difesa allevatori
ossolani, i due che mungono sono Paddy Lutz e Nina Liebhardt.
L'ambientazione del poster è la splendida alpe Ratagina (1920 m), in
val Agarina (alta Ossola al confine con l'elvetica val Maggia)
Nina e Paddy non sono
quel tipo di "neorurali" che piacciono ai borghesi di città, all'elite
tecnocratica. Lor signori vorrebbero la
versione contemporanea del buon selvaggio, del villico docile e
ossequioso, che si scappella davanti ai sciuri di città, che accetta il
ruolo di comparsa (come certi esempi di fattorie di Heidi) in una
campagna di cartapesta gentrificata. Oggi la
docilità politica dei rurali è perseguita attraverso la sottomissione
alla visione ambientalista urbana, alle fandonie della natura
"restaurata" con l'immissione di lupi, orsi, linci, sciacalli. Se
sgarri dal politically correct sono dolori.
Ma
proprio alle alpi Ratagina e Matogno si vorrebbe far passare un nuovo
elettrodotto (che, si teme, passa arrivare - emblematicamente - insieme
ai lupi). I
montanari, anche
quelli "neo", non sono stupidi. Ci vuole poco a capire che il lupo è la
foglia di fico, il diversivo per coprire politiche ambientali
neoliberali improntate al profitto, alla neutralizzazione di chi, sul
territorio, potrebbe ancora opporsi a politiche di colonizzazione, ad
ancor più pesanti speculazioni (con o senza l'etichetta green).
Pur
venendo dalla Germania (o forse proprio per quello) Nina e Paddy sono
più inseriti nell'ambiente degli allevatori locali di tanti neorurali
provenienti da città italiane.
Alpe Matogno. In lontananza l'alpe
Ratagina. In
questo paradiso si vorrebbe far passare un nuovo elettrodotto.
Nina, seppur giovane,
ha alle
spalle una lunga esperienza di casara. Come tutti coloro che
esercitano il lavoro di casaro in Svizzera, ha seguito corsi di
caseificio (alla scuola agraria cantonale grigionese di Planntahof a
Landquart). Ha una lunga
esperienza di pastora (anche transumante) in vari cantoni della
Svizzera interna, in Engadina e nelle valli del
Ticino. Può vantare ormai 11 anni di alpeggio a Ratagina.
Lo stile
di vita è quello tradizionale, basato sul ciclo delle stagioni.
L'inverno Nina e Paddy lo trascorrono a Zonca, una frazione semi
abbandonata, classico insediamento Walser di versante a 800 m in valle
Antrona (vedi mappa sopra). Durante
l'inverno tengono 50 capre. Ad aprile, restando ancora in zona, ci si
sposta
più in su, all'alpe Taià (1150 m).
Zonca,
in valle Antrona
Poi, a metà di maggio,
ci si sposta in val Agarina. Qui a Pièdelviaggio (1000 m)
si sta per due settimane per radunare la capre di 9 diversi proprietari
(anche questa è una modalità molto tradizionale di gestione pastorale).
In totale a Ratagina
si radunano 200 capre (quasi metà da mungere, sino a settembre). La
salita all'alpe quest'anno è stata effettuata il 28 maggio.
Tra i proprietari che
affidano le capre a Nina c'è Gesine Otten, la capraia che, da 18
anni, si
batte
contro la diffusione del lupo in Ossola. Tra gli allevatori di capre
ossolani, pur con tutte le difficoltà di collegamento e di
organizzazione, si sono creati legami di solidarietà e si è anche
sviluppata una capacità, rara in Italia (se si esclude la Lessinia
veronese) di reagire al lupismo in modo consapevole. Già dal
2004,
il Comitato di difesa degli allevatori (che ora punta a coinvolgere non
solo quelli di ovicaprini) organizzava incontri e
interveniva, contestandole, alle iniziative di regime di propaganda pro lupo.
Il
26 giugno scorso, all'incontro organizzato dalla regione Piemonte con
Wolfalps
a Villadossola. è andata in scena (ne abbiamo parlato diffusamente vai
a vedere)
la protesta degli allevatori e dei sindaci, sostenuta dal
presidente della provincia, Lincio, sindaco di Trasquera (paese di
capre), e dalla presidente delle aree protette, Vittoria Riboni
(allevatrice di capre). L'Ossola non è un terreno facilissimo per il
lupismo organizzato che crede che tutte le Alpi siano arrendevoli, che
tutti gli allevatori si possano infinocchiare con le loro tecniche da
orecchianti di maestro Goebbels (descritte nei loro manuali).
E' in questo contesto,
ben diverso dai casi di quelli degli allevatori-virtuosi-tipo premiati dal Cai (realtà spesso del
tutto isolate dal contesto locale), che
matura il rifiuto del premio da parte di Nina. I premi sono stati
assegnati il 28 maggio ma, come abbiamo visto, Nina e Paddy iniziano
l'alpeggio ad aprile. Sono stati gli amici allevatori della loro
cerchia, compresi quelli che affidano loro le capre, a spiegare cosa
c'era dietro il premio, una vera e propria strumentalizzazione. Tutto è
nato quando, a Natale del 2019, è arrivato Filippo.
Filippo
è un lama, un
camelide. Nina ha pensato che, in un posto come Ratagina, frequentato
dagli escursionisti e dalle persone che hanno sistemato le baite
ereditate dai vecchi (per passare qualche week-end estivo), non sia
proprio il caso di sguinzagliare dei cani guardiania a protezione delle
capre. Già abbiamo qualche problema
con i cani da conduzione, che qualche volta "pizzicano", dice
Nina.
Filippo è costato una
cifra. Non tanto per l'acquisto (500 €)
quanto per il trasporto da Pinerolo da dove proveniva. Le regole sul
trasporto animale, limitando l'uso dei mezzi in dotazione alle aziende
al trasporto dei propri animali, imponendo patentini, requisiti dei
mezzi ecc. hanno fatto schizzare i prezzi dei trasporti, sia che si
tratti di portare al macello, trasferire un animale da una stalla
all'altra, portarlo in alpeggio. la solita tititera: con la scusa del "benessere animale" si tagliano le gambe ai "piccoli".
Così ai 500 € si sono sommati ben 950
(più la benzina) per il trasporto. Non è una follia? Ma mon è finita. Il lama era maschio (intero) e
già grandicello (un anno e mezzo). Si è reso necessario castrarlo, perché
un lama adulto di 150 kg, libero sul pascolo, può essere aggressivo.
Altri 350 € per l'operazione. Ora Filippo è docilissimo con gli umani. Viene vicino a tutti a dare un bacino.
Si spera, però, che non si comporti così con i
lupi. Ma cosa può fare un lama con i lupi? Si conta
sull'effetto sorpresa. Per i lupi è un animale nuovo, che emette
strani versi, sputa e scalcia. Ma una volta che, intelligenti come sono, avranno imparato a
conoscerlo e a capire che è molto meno pericoloso (per loro) di un
solido
mulo (capace di assestare calci da farli volare) cosa succederà? Nina non si fa
illusioni. So benissimo che contro
un lupo può servire, se sono più di uno diventa una preda. La
speranza è che, non essendoci ancora branchi in zona, vi sia ancora
qualche anno di tranquillità o, al massimo , di passaggio di qualche
individuo in dispersione. Ma tutti si rendono conto che se, in
pochissimi anni, in Ossola i branchi sono passati da zero a due (e
presto, forse già, tre), non passerà molto prima che la val Agarina entri anch'essa
nel girone infernale della predazione. Va anche detto che, nonostante
quello che si dice sull'agilità dei lama: A volte Filippo non segue la stessa strada
delle capre, specie dove si avventurano su tratti impervi.
Le 200 capre di
Ratagina sarebbero un bel supermercato di carne per i lupi. E dovrebbe chiudere. Per ora, a
Ratagina, si convive con i lupi, semplicemente perché non ci sono
(ancora).
L'elenco dei premiati sul sito Cai (20.07.20) vai a vedere
è sempre lì. C'è sempre Nina. Il Cai prendeva atto della rinuncia di
Nina con un comunicato del 19 giugno (dopo diverse richieste
dell'interessata a partire dal 1 giugno). Ma che proporzione c'è tra la
penetrazione mediatica della notizia del premio e dell'elenco e lo
striminzito comunicato de Lo Scarpone letto da 2 gatti? In ogni caso
nella pagina del premio il nome non è stato tolto (e neppure aggiunto
quello della sostituta, Nora Kravis). Nora, dopo anni di predazioni a
carico delle sue capre cachemire (allevate nel Chianti), è stata
costretta a dotarsi di recinzioni fisse e di diversi maremmani.
Convivenza
blindata. Possibile solo in determinate situazioni e con greggi di
limitata dimensione. In Toscana, ma questo gli ambientalisti e il Cai
non lo dicono, la pecora sarda e l'allevamento estensivo al pascolo si
stanno trasformando in allevamento al chiuso con mangimi (e più
antibiotici come sempre quando si costringono gli animali a produzioni
enormi) con le pecore superselezionate francesi Lacaune, vere macchine
da latte da 3-4 litri al giorno. Molto ecologico e bocolico, vero?
Queste cose i gruppi grandi carnivori non le dicono.
Ma
torniamo al premio. Era impossibile inserire una nota, una postilla,
per dire che il premio assegnato era stato rifiutato dall'interessata e
che era subentrato un altro? Cosa lo impediva? Una pagina html non è un
pezzo di carta stampato. Cosa lo impediva allora? La figuraccia.
Lo stesso vale peraltro per altri dei premiati dal Cai che, con poche domande
pervenute (non molti amano fare i krumiri contro la propria
categoria per 30 denari)
non è potuto andare per il sottile. L'unica azienda, tra i "virtuosi"
premiati (con i 30 denari, ci si consenta di fare un po' di amara
ironia), che possiede un gregge consistente è quella
di Elena
Morstabilini a Parre in val Seriana. Azienda di pecore bergamasce da
carne con 400 capi e alpeggio in zona. Ma che lupi ci sono in val
Seriana? Sulle Orobie il lupo è presente ma sinora le
autorità hanno sempre escluso che le predazioni registrate in val
Seriana siano da attribuire al
lupo (i casi sospetti, non eclatanti, sono stati tutti attribuiti a
cani). Così il premio si giustifica per la presenza dei "maremmani" (di
cui peraltro sono dotati in zona diversi transumanti con greggi ben più
consistenti). Strano premio per la convivenza con il lupo... in assenza
di lupo.
Del resto non ci
vogliono grandi virtù neppure nel caso dell' azienda agricola Luisa Poto “Apitardi” di
Nevegal, BL. Hanno 10 (dieci)
capre chachemire con 4000 mq di recinto
elettrico installato dal... CAI (che così premia sé stesso). Andando
avanti nei premiati troviamo, in provincia di Parma, il "Podere dei
Bianchi Galli", a Solignano. Gestito da una coppia di istruttori
cinofili. Appassionati (lui e lei) di moto, trekking, campeggio, hanno
voluto trasformare la "passione per la natura" in un'attività. Hanno un
campo di sheepdog e il drappello di pecore serve da addestramento.
Spostandoci nella
Lessinia troviamo, sia nella parte trentina che veronese, due premiate.
Anche in questo caso si tratta di neorurali che vengono da fuori. La
malga Riondera in Trentino ha la bellezza di 4 asini 15 capre e 15
pecore (difese dall'immancabile "maremmano" ma, soprattutto dal
recinto fisso elettrificato montato dalla Provincia autonoma). La malga
Riondera è un agriturismo fattoria didattica dove gli animali vengono
utilizzati, per gruppi di 10 bimbi alla volta, per la teatralizzazione
della storia del lupo che mangia l'asino (ma non è cattivo!). I
titolari
sono ambientalisti, virtuosissimi. Sul lato veronese dei
Lessini c'è la coop "Quelle del Baito", azienda che produce formaggi
con
capre e pecore da latte, di tutto rispetto da questo punto di vista. E'
l'unica azienda pro lupo della Lessinia veronese (compattamente no
lupi, con i sindaci in testa), lavora con i Gas. Anche questa azienda è
difesa da "maremmani" e recinti fissi.
A Cuneo, sempre tra i
premiati, "Casa Frescu", a Frabosa Sottana pratica l'alpeggio con un
centinaio tra capre e pecore da latte. Hanno cani da difesa. Il
titolare è un ex ferroviere. Produzione di formaggi. Sempre in
Piemonte, a Cantalupo ligure (AL) la "Stalla dei ciuchi", un
agriturismo con 170 pecore sarde, difese dai
cani. In Toscana è stato premiato l'"Eremo", una società agricola
che gestisce un agriturismo bio con cavalli, bovini romagnoli da carne
e capre da latte. Dell'azienda agricola "Savelli Marcello" di Acquaviva
di Isernia dal web non emerge nulla oltre al premio Cai .
Il panorama dei
premiati mette in evidenza la prevalenza di greggi di modeste
dimensioni (tranne quello bergamasco dove il lupo non c'è ancora),
che puntano su agriturismo e
agrididattica e che quindi, sia per estrazione sociale dei titolari (di
provenienza cittadina e spesso di idee ambientaliste) che per la
clientela che li fa vivere, sono naturalmente portati a mostrarsi
favorevoli al lupo (il cliente ha sempre ragione, anche quando non l'ha
dice la legge del commercio).
Con questo non si
vuole esprimere nessun giudizio
morale ma sottolineare come, tra questo campione di virtuosi premiati
dal Cai e la realtà dei pastori italiani - che devono controntarsi con
il
lupo ogni giorno - ci corra una differenza abissale.
Basterebbe una
serena valutazione di queste circostanze per giudicare
l'iniziativa del Cai come puramente propagandistica e strumentale.
Purtroppo non è
solo stupido scambiare le fattorie didattiche e qualche piccola azienda
con la realtà del pastoralismo, è anche disonesto, perché il GGC del
Cai ha strombazzato la sua iniziativa come un passo sulla "via della
convivenza". Il messaggio è: "Convivere con il lupo si può e noi ve lo
abbiamo
dimostrato". Siamo seri, se sei neorurale, se sei di fuori, se hai
clienti urbano-ambientalisti, è facile non
osservare le regole della lealtà del gruppo sociale nei riguardi dei
colleghi e
della comunità locale. Ben diverso è fare il
"lupista" dentro una comunità pastorale (come quella dei transumanti
veri, da distinguere dai proprietari di greggi) o come in certe realtà
dove gli allevatori sono tutt'oggi un cardine della comunità
locale. Quella
del Cai è una farsa che offende i pastori italiani.
Il fatto è, infatti,
che i mezzi di difesa proposti (e imposti) dal lupismo dominante (cui
il Cai si accoda) non sono efficaci. Loro lo sanno benissimo ma usano
questi mezzi come alibi: se non funzionano la colpa è dei pastori
"non virtuosi" che, ignoranti e pigri (la solita razzista "satira del
villano"
di medievale memoria) sono incapaci di usarli. Il fatto che le reti non
servano (o
servono solo fino a quando i lupi non imparano ad aggirare
l'ostacolo,
saltando dentro o facendo uscire le pecore) non lo dice Ruralpini (qui un
articolo sul tema)
ma lo dicono i fatti. Non più tardi del 13
luglio c.m. (spostiamoci un attimo dall'Ossola alla val di Fiemme),
alla Malga Agnellezza, presso il passo Manghen nella catena del Lagorai
c'è stata una strage di capre di giovani pastori. Gli animali
erano protetti da una doppia recinzione elettrica di cui una ad alta
tensione in uscita (8000 volt, necessaria per via della folta pelliccia
del lupo) collaudata dalla Forestale trentina (sotto alcune delle
vittime dell'attacco del branco composto da due lupi adulti, tre
cuccioloni e
cinque cuccioli. Serve ancora altro?
E'
ipocrisia a buon
mercato quella del Cai. Con questo non si vuole condannare in
blocco l'associazione, ma solo i vertici nazionali che, dopo la
presidenza di Annibale Salsa (che aveva corretto la deriva
ambientalista già da tempo in atto), in questi ultimi anni hanno preso
la strada della subalternità ideologica al
peggiore animal-ambientalismo . Come si fa a dimenticare che i primi
alpinisti sono stati accompagnati sulle cime dai pastori, che quando
non esistevano ancora i rifugi erano le baite degli alpeggi a
ricoverare e a sfamare alpinisti ed escursionisti? Bella riconoscenza
amici (ma se fate così mica tanto) del Cai. Chi frequenta la montagna
sa bene che se, in molte zone,
c'è ancora una rete di sentieri è perché ci sono i pastori. Anche se
passi a mettere paline e segni di
vernice ci vuol altro per mantenere percorribili i sentieri e non c'è
sistema migliore, per avere assicurata la manutenzione delle
piccole
opere (ponticelli, muretti di contenimento, protezioni) che tenere vivi
gli alpeggi, il transito degli animali.
I lupi (e gli orsi)
affascinano una minoranza di aderenti al Cai ma non sono certo visti
con piacere dalla
maggior parte degli escursionisti di mezza montagna che apprezzano la
presenza dell'uomo, un paesaggio ancora "coltivato", dei punti di
riferimento e di appoggio in caso di necessità, che non si
entusiasmano ma, anzi, si preoccupano parecchio alla prospettiva di una
montagna
"selvaggia" dove perdersi o avere un infortunio potrebbe diventare un
vero
rischio.
Qualche
giorno fa una
persona che saliva proprio a Ratagina portando verdure fresche
dell'orto a Nina
(in
cambio di formaggi) è caduta procurandosi delle fratture. Il telefono
non prende (in tutta la valle) e l'infortunato è stato trovato da dei
ragazzi. Sono passate
comunque 15 ore prima che l'elicottero del soccorso alpino, con il
vericello,
potesse recuperarlo. Con i branchi in giro per chi diventa
emozionante la presenza dei lupi? Solo per i fanatici, per i Rambo con
i telefoni satellitari. Chi non se la
farebbe sotto restando bloccato in montagna, dove non c'è campo, dove
c'è il deserto e non passa nessuno?
E' questo il futuro
del Cai? Forse è il caso che le sezioni della valli si dissocino
dalla linea politica dei vertici milanesi e delle altre grandi città
Le sezioni di montagna
del Cai non sono sulla linea del lupismo di matrice urbana del GCC.
Quando,
a gennaio, dopo l'arrivo di Filippo, Dario Turco, segretario della
sezione locale Cai di Domo, ha contattato Nina e le ha parlato del
premio di 500 €, voleva solo aiutarla. Pensava fosse un modo per
contribuiore a rendere meno gravosa la spesa per il lama. A livello
locale ossolano il fautore del lupo è Raffaele Marini, una guida
ambientale che fa parte del GGC e organizza eventi di propaganda
naturalistica pro lupo (non a caso
un genovese).
Una
volta che la
pratica per il premio è stata inoltrata al GGC, il livello locale Cai
non ha avuto più un ruolo nella vicenda, gestita direttamente da Davide
Berton. Con amarezza Nina ci ha parlato delle lettere a lui
inviate. La pastora ha cercato di far capire che, sulla base di
quello che gli esponenti locali del Cai avevano comunicato loro, non
avevano potuto
cogliere i risvolti del premio (anche perché da aprile erano in
alpeggio). Non volevano essere strumentalizzati, mettersi in qualche
modo
contro gli amici allevatori.Quindi il premio lo rifiutavano.
Ma Berton, stando a
quello che riferisce Nina, di fronte alle sue argomentazioni da
pastora,
otteneva le solite risposte. In sintesi: il lupo ci deve essere, la
montagna è il suo habitat, è giusto che ci sia e basta (ma chi l'ha
deciso?). I pastori, piaccia o non piaccia, se lo devono
tenere. Simpatico, vero? Un bel chiarimento sul senso del
premio ai "pastori virtuosi" ,che conferma quanto pensavamo noi
(insieme ai pastori
ossolani, agli allevatori della Lessinia ecc.).
Ma
lo sa Berton che,
fino a inizio
Ottocento, c'erano più lupi in pianura nei boschi in quella che oggi è
periferia di Milano e
Torino, che in montagna? E perché non cominciamo a trasformare in
boschi le città così inquinanti, così poco ecologiche, così sprecone di
acqua ed energia fossile? Perché gli ambientalisti, e il Cai con loro,
non
propongono di ripristinare
il bosco planiziale primigenio dove ci sono i centri commerciali? Ma
che ecologi siete? Gli ecologisti del kapital a quanto pare. Fate fuori
chi danneggia meno l'ambiente perché è dacile, perché sono pochi,
dispersi, senza peso
politico. Volete ripristinare una facciata di ecologia con il feticcio
del lupo a
spese
della montagna dell'uomo (che, per motivi diversi dal passato non può
comunque sostenere, neppure oggi, la pressione predatoria), fornite
alibi
a buon
mercato e di facciata all'ecocidio che prosegue in tutto il pianeta
(spesso con la complicità delle ecolabel ambientaliste), mettete
a posto la falsa coscienza ecologica del consumatore urbano a spese
altrui. Questa è la vostra moralità ecogreen neoliberale (e non
diciamo, riduttivamente, "neoliberista", altra ipocrisia, perché
non c'è di mezzo solo l'economia ma l'imposizione, da parte
capitalistica, di un sistema che riguarda i valori, la cultura, il
costume, la società nella sua totalità).
La prima pagina del questionario
compilato da Nina per il premio "sulla via della convivenza"
Quanto alla recessione
dal premio, Berton non ha saputo/voluto dire nulla a Nina.
Evidentemente, per lui, la patata diventavava bollente. Dopo aver messo
in piedi tutto l'ambaradan, cosa si sarebbe detto se uno dei
"virtuosi",
per di più uno tra i più credibili, innovativo per giunta (aveva preso
lo strombazzato lama), si tirava indietro,
rifiutava il premio per non essere strumentalizzato da un'iniziativa
propagandistica pro lupo e anti pastori? Uno sputtanamento in
grande stile. Alla fine tra Nina e Paddy da una parte e i Berton,
gli espertoni saccenti di WolfAlps, i forestali , il business delle
associazioni ambientaliste chi sono gli
ecologisti veri?
Grazie a Nina e a
Paddy (e ai ragazzi ventenni che li aiutano) nove proprietari di capre
possono continuare ad allevare l'Ossolana, la capra autoctona che
rischia veramente l'estinzione anche perché, a differenza di altre
popolazioni autoctone del Piemonte, valle d'Aosta, Lombardia e
Trentino, non riceve alcun premio. C'era una volta la capra
"alpina comune". Ma le regioni alpine hanno riconoscito come
popolazioni a sé la Fiurinà, la Valdostana, la Vallesana, la Sempione,
la Verzaschese, l'Orobica, la Bionda dell'Adamello, la Frisa
Valtellinese, la Lariana, la Pezzata Mochena. Non esiste più l'alpina
comune... tranne in Ossola. Oltre alle razze in via di estinzione si
potrebbe parlare della varietà immensa di specie vegetali e animali che
caratterizza i pascoli, che caratterizza le superfici interessate dal
pascolamento con diversa intensità, il mosaico di piccole aree con
piccoli arbusti, grossi arbisti, erbe basse, erbe alte, orli boschivi,
boschi radi ecc. Ma cosa serve parlare di
biodiversità con coloro non vogliono sentire ragioni, per i quali
biodiversità = lupo (per dogma della nuova chiesa)?
Cosa succederà quando
arriveranno i lupi? Queste immagini di serenità, di animali che godono
di un grande benessere scompariranno. I pascoli ridenti saranno invasi
da arbusti, l'alternanza cromatica di superfici erbose (verde chiaro) e
boscate (verde scuro) scomparità. Le erbe alte non pascolate, il
mancato ricaccio, la precoce maturazione conferiscono ai pascoli
abbandonati un aspetto grigio, opaco già ad agosto.
Comincerà poi il
bollettino delle perdite. L'alpe sarà imbruttita dalle recinzioni
elettrificate e le capre dovranno passare la notte in spazi angusti,
riducendo il tempo di pascolo e aumentando il rischio di contrarre
parassitosi. Non potranno fare il pisolo pomeridiano in piena
tranquillità e "distanziamento" (o coccolandosi reciprocamente) come adesso.
I
piccoli proprietari,
dopo un po' di perdite, per evitare inutili sofferenze alle loro amiche
a quattro zampe, le venderanno (sta già succedendo nelle valli ossolane
con branchi insediati), l'alpe resterà silenziosa. Un vero peccato
perché qui si respira la "civiltà dell'alpe", la civiltà della
millenaria caseiicazione in alpe, la civiltà della capra, grande amica
dell'uomo (ancor più della donna, vedi la bella statua di Druogno nella
limitrofa val Vigezzo) di montagna. In questi alpeggi le baite
famigliari erano due: una stalla, l'altra casera e abitazione. La
stalla al livello inferiore ospitava le mucche, al livello superiore,
al quale si accedeva da una porticina con rampa sul retro, venivano
ricoverate le capre.
Niente più
l'allegro scampanio del gregge che cala dai pascoli verso la baita per
la mungitura, niente mascherpa fresca, niente più formaggini "fior di
latte" (a coagulazione
lattica), niente più formaggette di capra (ottime), niente più
formaggio d'alpe misto : 80% capra, 20% mucca (l'inverso di quanto si
fa nella vicina val Maggia ticinese perché a Ratagina ci sono poche
mucche e tante capre). Niente più squisito burro d'alpe color oro
(conferito dai carotenoidi).
la
zangola (va con il motore di una vecchia lavatrice,
perfetto stile contadino)
Ma perché vogliono questo? Credi proprio
che vogliano che la montagna sia abbandonata? Nina me lo chiede
ma la risposta se la da da sola. Ha il grande timore che di questo
alpeggio, come è adesso, con l'arrivo del lupo, resti solo il ricordo.
Lei, Paddy, Nori, (una dei proprietari delle capre, amica di Nina che
mi ha accompagnato da Montecrestese su sino a Ratagina), tutti parlano
di questo posto come di un paradiso. Ne sono ovviamente
entusiasti anche i ragazzi che aiutano Nina e Paddy: Aaron e Lorenzo.
Oggi qui viene gente,
proprietari delle capre, proprietari delle baite, amici, escursionisti.
Su questi sentieri sono stati organizzate di recente le "camminate
degli spalloni" a ricordo dell'epopea degli sfrosatori. Non è la
montagna di un tempo ma è pur sempre viva, vissuta da una
comunità. Una montagna per la quale ha senso abitare qui e non in
pianura, nelle città.
E' una montagna curata e amata quasi come una volta (mentre camminiamo
sui sentieri Nori toglie pietre e rami caduti, come facevano i vecchi).
Ben diversa e più brutta sarà la montagna dei tecnocrati, sia pure
dipinti di verde. di progressismo, di buonismo, di politically
correctness e - soprattutto - innalzanti la bandiera del lupo
(per nascondere la sostanza delle spietate biopolitiche neoliberali di
esproprio della montagna).
In Ossola
tanti no alla convivenza con i lupi (28.06.20)Gli
allevatori ossolani: "O noi o i lupi". La Regione Piemonte "Vi siamo
vicini ... ma stiamo con WolfAlps". Ampio resoconto dell'incontro
sull'emergenza lupo nell'Ossola e Vco di venerdì scorso 26 giugno a
Villadossola. La protesta - civilissima - degli allevatori e dei
sindaci ha accompagnato l'evento. Molte le critiche ma anche le
proposte da parte degli allevatori e delle istituzioni rappresentative
del territorio, schierate decisamente contro i lupi. Utile lettura
per
tutte le realtà alle prese con il problema.
Impongono
i cani da difesa, poi vietano di usarli (22.06.20)
Quando un comune turistico come quello di Alagna Valsesia prevede
pesanti limiti all'uso dei cani da difesa, scaricando sui pastori gli
oneri della gestione del conflitto cani-turisti, non possiamo non fare
a meno di riflettere che la "coabitazione" tra lupo e pastoralismo è
solo l'ipocrita formula per togliere di mezzo uno dei due "coabitanti":
il pastore e i suoi animali. Così come vuole il piano capitalistico di
esproprio della montagna.
Lupi
in Ossola e Cusio. Allevatori e sindaci: situazione insostenibile (31.05.20)
La clamorosa protesta dell'allevatore di Quarna, che ha portato le sue
capre in prefettura a Verbania (27 maggio). Un incontro dei sindaci
della valle Anzasca (30 maggio) con la partecipazione di rappresentanti
politici ed esperti (non i soliti pro lupo), unanimi nel dichiarare la
situazione insostenibile.
Exorcizo
vos pestiferos lupos (13.03.20)
In una piccola valle della provincia di Verbania è stata ripristimata
la messo contro i lupi che si celebrava, il giorno di San Valentino,
dal 1762. L'evento ha raccolto un forte consenso da parte della
popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso della gravità
della minaccia legata alla proliferazione del lupo che minaccia il
completo abbandono della montagna.