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Cultura
ruralpina
Vendesi tipica borgata alpina: Batouria,
comune
di Castelmagno
di
Anna Arneodo
(22.01.19) Non so se alla notizia
provo più rabbia, o più dolore. Vivo in valle Grana, conosco tutte
le borgate - abitate e abbandonate - di questa mia valle: ognuna ha una
storia, testimonia una cultura, la gente che con meravigliosa e
disumana fatica è riuscita a costruirla, ad abitarla…: Batouira,
come l’Eschaleto, o lou Couvent, o lou Gal, Sant’Ano de Cavouiro…
Non
mi scandalizzo perché
quel pover’uomo che per anni ha cercato con tutte le sue forze di
tenere in piedi Batouira oggi
si sia arreso e venda; mi scandalizza
il fatto che l’Umcem (Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti
Montani) si comporti da agenzia immobiliare che svende “l’anima”
della montagna: qui si può fare
impresa, produrre reddito,
sostiene il presidente Bussone (qual decadente omonimia con il
manzoniano condottiero e capitano di ventura!)
So
bene che non è il
primo caso di nuova politica colonialistica nei confronti della
montagna: è dal 2008 che l’Uncem con Lido Riba - ahimé oriundo di
questa valle - sostiene questa sua posizione un censimento dei
borghi alpini per attrarre nuovi abitanti, giovani famiglie…
piccole aziende agricole…
Ma
Batouira è situata a
1600 m. di altitudine, nella parte alta di un vallone irraggiungibile
con una strada carrozzabile in inverno, come si sono già ben accorti
altri compratori di borgate. E qui l’Uncem porterebbe famiglie
giovani con bambini in età scolare?
Negli
ultimi decenni,
Castelmagno è diventato terra di conquiste dei vari “barolisti”
ed ex industriali scopertisi all’improvviso la vocazione di fare
formaggio e venderlo… ed ora anche dei “benefattori”
dell’Uncem.
Ma
le avete già viste,
voi, queste borgate “vendute”, ristrutturate, senz’anima,
debordanti di turisti per due mesi in estate e vuote in inverno?
Avete visto che tristezza sono? È questo il futuro della montagna?
È
un nuovo colonialismo
speculativo sostenuto dagli enti pubblici, che dovrebbero difendere
la montagna: la montagna trasformata in parco da sfruttare dalle
imprese che vengono da fuori e possono investire sulle nostre
borgate, perché hanno i soldi da investire, sono appena gli scarti
dei loro profitti.
Intanto
noi - ultimi
sopravvissuti dell’antica gente di montagna - i soldi non li
abbiamo, facciamo fatica ad andare avanti giorno per giorno: ma non
contiamo, non abbiamo più peso, né demografico, né economico.
Avevo
scritto ci
uccidete pian piano, è un genocidio fatto senza sporcarsi le mani
1;
parlavo dei pastori e della gente di montagna - portatori di una
cultura e d una civiltà millenarie. Questa è un’ulteriore
conferma! I lupi sono protetti; le pecore non sono protette, i
montanari non sono protetti.
Vergognosamente
l’UNCEM
ci vende, vende la montagna più vera.
Di
queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di
tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto 2
L'Uncem interprete della "messa a
valore" neoliberale della montagna:
dalle biomasse alla gentrificazione delle borgate alpine
(04.02.19) Una notizia, apparentemente
minore, non ha lasciato indifferenti i social nei giorni scorsi (ma è
stata ripresa anche dai tiggì). Una antica borgata in valle Grana
(provincia di Cuneo) è stata
messa in vendita in blocco al prezzo di un appartamentino di città: 360
mila
euro per acquistare un complesso di edifici, baite, stalle,
magazzini, terreni, per una superficie di 500 mq e 22 ettari
di pascoli.
Quello che colpisce è che il proprietario, che l'aveva rilevata (non
per una speculazione ma per salvare un patrimonio storico), aveva
intrapreso importanti lavori di ristrutturazione (rifacimento le
coperture e opere di consolidamento statico) di fermare il degrado.
Avanti negli anni non se la sente più di proseguire nella
ristrutturazione degli interni. Così svende per liberarsi di un peso
ormai troppo gravoso. Tutto comprensibile ma fa male vedere come
funziona il mercato, come azzera il valore: abitazioni con tetti
rifatti, ettari su ettari che non valgono nulla. Eppure il valore d'uso
di questo complesso di beni era tale che diverse famiglie ci vivevano
ottenendo anche almeno in parte di che nutrirsi.
L’annuncio, postato su una delle piattaforme leader per la
compravendita di immobili recita:
Vendesi
azienda agricola di circa 22 ettari fra pascoli, seminativi, boschi e
orti con annessa tipica borgata alpina (Batuira) parzialmente
ristrutturata. La borgata si trova nel Comune di Castelmagno (CN) sulla
strada Colletto-Valliera a 1612 mt. La strada da Colletto a Valliera è
asfaltata (1,6 km), il tratto che separa Valliera da Batuira è sterrato
e percorribile in pochi minuti con un comodo fuoristrada. |
In realtà trattasi di azienda agricola molto particolare. I seminativi
sono nel catasto e... nel ricordo di chi vi abitava. Ci troviamo a 1600 metri di altitudine, nel territorio montuoso
della Valle Grana, sulle Alpi Colze, nei pressi del paese di
Castelmagno, comune del famoso e prestigioso omonimo formaggio dop. I
terreni sono costituiti da pascoli (la foto sotto non rende merito
perché scattata in un periodo secco). Qualche intraprendente
volenteroso potrebbe però utilizzare i seminativi per coltivazioni di
piante officinali. Il valore del complesso, che - a differenza di
borgate di quote più basse non è stato inghiottito dal bosco - è legato
alle opportunità turistiche (la borgata è su importanti itinerari di
escursionismo/trekking). Ma qui si apre una discussione non facile.
Vendere, vendere
(che qualcosa reesta attaccato a qualcuno)
L'Uncem (Unione nazionale comuni e comunità ed enti montani)
caldeggia senza mezzi termini la mercificazione del patrimonio edilizio
(e paesaggistico) in perfetta linea con l'economia e la politica
neoliberale. Sosteneva anche, è bene ricordarlo, la "messa a valore"
dei boschi attraverso la proliferazione insostenibile delle centrali a
biomassa per la produzione (inefficiente e inquinante) di energia
elettrica. Una visione da green
economy (per le teste d'uovo dell'Uncem non è una parolaccia,
anzi...) ovvero: facciamo di tutto
un business speculativo. Ma quale turismo si prefigura per le
borgate alpine? Chi ragiona come l'Uncem si è lasciato suggestionare da
esempi di recupero di villaggi abbandonati come quello di Colletta di
Castelbianco in Liguria, oggetto di un famoso recupero che ne fece il
primo villaggio cablato ad alta tecnologia. Fu un recupero complesso e
costoso, realizzato da archistar, e ne derivò un prodotto da mercato
immobiliare "esclusivo" (foto sotto).
.
Un perfetto esempio di gentrificazione (ovvero di trasformazione
sociale di insediamenti popolari per realizzare costosi paesi dei
balocchi per l'upper class).
Un villaggio alpino era costruito sulle relazioni sociali tra gli
abitanti, relazioni legate all'attività agricola e pastorale, era
dotato di strutture comuni funzionali a forme di relazione,
socializzazione, cooperazione. La struttura del villaggio è un dialogo
tra spazi privati e collettivi. Qualsiasi progetto dovrebbe tenere
conto di una rifunzionalizzazione che dia senso alle strutture e
all'insieme, che presuponga nuove relazioni. Salvare solo le pietre con
l'ottica monofunzionale del turismo può portare a creare monumenti
stonati, stridenti, tristi pur nella coerenza filologica del dettaglio
architettonico. Recuperare un patrimonio quale testimonianza
storica, non musealizzata, è un sacrosanto obiettivo ma è impensabile
affidarsi come i neoliberali dell'Uncem a un dio mercato
miracolosamente in grado di trovare le vie della valorizzazione del
grande patrimonio edilizio alpino. Senza progetti quantomeno a scala di
valle, iniziative e strutture collettive, che modello di recupero
turistico è possibile? Bene censire il patrimonio abbandonato ma non
per gettarlo in pasto al mercato, bensì per individuare possibilità di
rifunzionalizzazione privilegiando quelle che ricreano connessioni con
la dimensione dell'utilizzazione del territorio e non della
residenzialità fine a sé stessa.
Forse quello della realtà d'eccellenza isolata, dove si arriva in
elicottero, un po' come i lussuosi alberghi nel cuore dei parchi
africani, isole per i ricchi turisti bianchi. Ma questo modello
quante volte può essere replicato. Basta il "riscaldamento globale" a
spingere la gente a 1600 m? No se non ci sono altri stimoli. L'Uncem
nella sua corsa a commodificare (trasformare in merce) la montagna fa
conto sulla mano pubblica, non quella che sostiene progetti che nascono
dall'iniziativa locale, con prospettive di sviluppo di valle, ma quella
che - fuori da logiche di investimento in beni comuni, si limita a
sostenere l'investimento privato. Una logica spetatamente neoliberale
che mira in modo trasparente a privilegiare l'intermediazione
immobiliare e poco più, a creare un mercato drogato. Compri la borgata
e poi arriva la Regione che ti sostiene. Magari dirottando risorse per
l'agricoltura e l'artigianato, avallando improbabili attività
produttive, per finanziare progetti privatistici di
gentrification dello spazio alpino e, pensare male è peccato ma
ci si azzecca, di pura speculazione.
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