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cultura
ruralpina
Giugno:
la magia del solstizio
(San
Giovanni Battista)
La
millenaria religiosità contadina fondeva l'esperienza quotidiana con il
mondo soprannaturale in una prospettiva di senso e di unità cosmica
senza soluzione di continuità, che si rinforzava in determinati momenti
cruciali del ciclo degli astri e della vegetazione
di
Michele Corti
(15.06.19) Nella
civiltà contadina i santi rappresentano la personificazione di
realtà soprannaturali che, pur inscritte nel quadro della religione
ufficiale, consentirono alle credenze e ai culti tradizionali di disporre
di nuovi riferimenti adeguati, garantendo una continuità religiosa con un lontano
passato, un passato che affonda nel neolitico e, in parte, in epoche
ancora più remote dell'umanità. Credenze, culti e rituali sono
legati ai cicli astrali e agli elementi primordiali che presiedono,
nella loro unione e nel loro contrasto, alla vita degli uomini, degli
animali, delle piante e del cosmo intero, concepito sempre nella sua
interdipendenza.
Nel tempo questi sistemi si impoveriscono e sopravvivono come
frammenti, rituali magici (e infine ludico-folkloristici) in cui si
perdono le connessioni e i significati originari e più ampi.
Nel caso dei rituali del solstizio d'estate si scorge una continuità
più trasparente che nel caso del Natale (sovrapposto alla festa del Solis invictus, il sole nuovo che
inizia a crescere). Nell'ambito cristiano la festa (24 giugno) di San Giovanni
Battista (il precursore, l'anello di congiunzione tra antico - il sole
che declina - e nuovo testamento) si sovrappone a quella della Fors fortuna (la dea fortuna).
La
Dea Fortuna
Ma Solis invictus e
festa di Fors fortuna, a loro
volta, si sono sovrapposti (chissà quante volte) a culti più antichi
che marcavano le due fasi cruciali dell'anno. Cosa possono avere in
comune la Dea fortuna, che protette l'ascensore sociale e la ricchezza,
con il Battista che predica penitenza e si veste di ruvido pelo di
cammello? La risposta è semplice: l'elemento che caratterizza la festa
solistiziale, ovvero l'acqua, che a sua volta rimanda alla luna (il
sole si indebilisce e prende forza l'elemento debole, lunare acqueo cui
quello solare, forte, igneo passa il testimone.
La festa romana della Fors Fortuna
era una festa dell'acqua (il tempio era oltre Tevere e si andava in barca) e implicava elementi lustrali (lavaggi di
purificazione). Quindi a quale santo poteva intestare la festa del
solstizio la chiesa cristiana se non a Giovanni che praticava un
battesimo nell'acqua del Giordano, la purificazione (provvisoria) dei
peccati in attesa del Salvatore?
La minore importanza liturgica della festa di San Giovanni ha
fatto si che la chiesa applicasse meno energia nel sovrapporre
significati spirituali ai riti tradizionali. Così si è mantenuto, sino
ad oggi un complesso formidabile di riti propiziatori e di leggende
che, attribuendo a San Giovanni (e alla sua testa mozzata che agisce
miracolosamente in autonomia) attributi e fatti (e persino
rappresentazioni iconografiche) che non hanno alcun riferimento nella
sacra scrittura. Tutto ciò rappresenta un interessante processo di
ri-paganizzazione (tollerata e mitigata) del riferimento cristiano.
Nella
tradizione ortodossa il Battista è alato e raffigurato insieme alla sua
testa. Qui, in modo caratteristico (ma questa rappresentazione ha
corrispondenze in Occidente) la testa tagliata è collocata in parallelo
con la rigenerazione delle piante capitozzate, che vedono ricrescere le
fronde. Diventa così un potente santo della rigenerazione, del ciclo
della vegetazione e dei raccolti.
Il riferimento al battesimo cristiano, la purificazione cristiana, dove
l'acqua ha valore simbolico è stata reinterpretata e ribaltata con
successo dai contadini in rito propiziatorio. Il legame tra la festa e
le erbe medicinali rimanda alla nutrizione penitenziale del Battista e
santifica la convinzione sul potere magico delle piante, erbe, fiori
raccolti nella notte del solstizio. Acqua e fiori si riuniscono nella
preparazione dell'acqua di San Giovanni (con
i fiori raccolti lasciati in un bacile all'aperto per tutta la notte). L'acqua lustrale, la rugiada di San Giovanni, purifica fuori e dentro conferendo la bellezza alla pelle muliebre (in anticipo rispetto a una nota acqua minerale). Se bevuta la rugiada di San Giovanni propizia la fertilità e
preserva da vari mali, l'esposizione di indumenti alla rugiada
della notte del santo li purifica e protegge chi li indossa. La chiesa ha lasciato fare: il Natale a me, San
Giovanni ai contadini "arcaici".
La raccolta di alcune erbe, a cominciare dall'Iperico, l'erba di San Giovanni, chiamata
anche "scaccia diavoli", a ricordo della sua funzione di tenere lontani
gli spiriti maligni, è parte importante dei riti del solstizio. Con
l'Iperico e altre erbe si compone il mazzetto
di San Giovanni che, collocato sotto il cuscino garantisce buon
sonno e buoni sogni premonitori. Le proprietà sono aumentate dal contatto con la rugiada di San Giovanni il che suggerisce di raccogliere i fiori all'alba. Si potrebbe continuare a lungo
nell'elencare usanze e credenze. Il racconto di Antonio
Carminati, della serie "Cultura ruralpina in valle Imagna", che abbiamo pubblicato a ruota di questo (vai a vedere), ci presenta, attraverso un vivo flash-back
autobiografico, come in un preciso contesto etnografico, potevano
sussistere vari elementi di credenze e pratiche magiche legati alla
festa di San Giovanni e a quella di San Piero (Pietro), che, cadendo il
29 giugno, va a rafforzare la cristianizzazione (nelle intenzioni
ecclesiastiche( del solstizio. Con esiti altrettanto paradossali
(ovvero creando intorno alla festa del primo papa una serie di
credenze, leggende, rituali magico-propiziatori) che confermano la
rivincita (tollerata) del solstizio agrario su quello cristiano.
Come osserva Lanternari (1) la festa di San Giovanni è stata
caratterizzata da un complesso gioco tra la chiesa e i contadini. Se
questi ultimi si sono decisamente riappropriati ai loro fini
dell'elemento acqua, potenziato dal significato conferitole dalla
chiesa, essa ha cercato di attribuire ai fuochi, accesi con significato
purificatorio e propiziatorio, il significato di omaggio al santo.
Senza successo. Saltare nelle fiamme dei fuochi di San Giovanni porta
fortuna, così le ceneri delle erbe vecchie bruciate in occasione della
festa.
A
Genova l'arcivescovo Bagnasco rivolge al mare le ceneri del Battista
per proteggere le navi dalle tempeste
Tutto ciò è stato largamente tollerato dalla chiesa che, in vari modi,
ha contribuito essa stessa a legare alla festa di San Giovanni
significati magico-propiziatori, così come quando, a Genova, la
reliquia delle ceneri del santo veniva portata sino al porto per
proteggere le navi dalle tempeste. Se Natale è saldamente diventata una
festa cristiana, quella di San Giovanni, è rimasta - fino a quando è
esistita la civiltà contadina -, una festa cosmico-agraria, con il
consenso di una chiesa attenta a non negare ai contadini, una
volta professati gli elementi della fede cattolica e fornite le
manifestazioni di obbedienza, la possibilità di praticare azioni
magico-rituali ritenute efficaci in grado di proteggerli
dall'aleatorietà dei raccolti e dalle negatività. Era un'esigenza
vitale per prevenire la disperazione in situazioni in cui avversità di
vario tipo mettevano spesso a repentaglio la sicurezza alimentare. In
questo la chiesa cattolica ha dimostrato grande saggezza. Non
altrettanto nell'ambito delle realtà ove si è imposta l'eresia
protestante, specie dove hanno prevalso congreghe e sette intolleranti.
Neo-streghe
celebrano la notte di San Giovanni
In questi contesti, più di quelli cattolici, la notte di San Giovanni è
diventata "notte delle streghe", in chiara opposizione al
cristianesimo. Nel mondo anglosassone, segnato da questi precedenti e,
oggi, dalla crisi verticale delle chiese protestanti (oltre che alla
larga diffusione di religioni e culti introdotti con le ondate
immigratorie), si segnalano fenomeni religiosi che si rifanno alle
religioni tradizionali dell'occidente europeo precristiano,
interpretati alla luce di quanto si agita, nel bene e nel male, in una
società malata di individualismo, consumismo, materialismo e angosciata
dalla crisi ecologica. Ecco allora che fioriscono religioni come la
Wicca, neo-stregoneria in chiave ecofemminista.
Gerald
Gardner, il fondatore della chiesa Wicca
Nel nostro contesto, invece, la fine della civiltà contadina, con la
perdita dell'esperienza personale di relazione personale e intima con
la realtà biologica e con la fine della dipendenza dai (e
dell'attenzione ai) cicli stagionali e astrali, ha significato anche un
depauperamento, una banalizzazione, un'artificializzazione
dell'esistenza.
La perdita di senso e di relazioni (con la realtà naturale e di tipo
comunitario), rispetto all'esperienza esistenziale precedente, non è
stata compensata da alcunchè di. Il razionalismo e ll
materialismo sono la religione che caratterizza la nostra forma di
pensiero e di rappresentazione del reale e di noi stessi, quale effetto
consequenziale del vivere imprigionati entro una sfera tecnologica. A
ben guardare questo pensiero è largamente superstizioso e magico, una
parodia, un succedaneo di una comprensione che in realtà ci sfugge per
via della complessità dei processi tecno-scientifici e sociali che ci
sovrastano. Solo i super-specialisti riescono a comprendere, isolandola
dal tutto, una casellina di questa complessità, ma anche ad essi -
soprattutto ad essi - sfugge come all'uomo comune il senso e la
comprensione del tutto. Così anche gli scienziati si affidano alla
superstizione scientifica e a un pensiero magico.
L'inadeguatezza del pensiero razionale, dell'esercizio della
ragione illuminista, porta a rivalutare le vecchie forme di pensiero
ma, fuori dal contesto della millenaria civiltà contadina che le ha
prodotte, del rapporto con la terra, con gli animali, con una comunità
viva impegnata a cooperare (e non a competere accanitamente gli uni
contro gli altri), cosa diventano? Qui la riflessione deve restare
aperta. Il recupero di ritualità e di pratiche rituali è solo un fatto
ludico, una moda, un nuovo consumismo o può rappresentare qualcosa di
più profondo e sincero?
Fuochi
di San Giovanni. Spesso sostituiti dai più consumisti e spettacolari
fuochi d'artificio
L'industria turistica è pronta a sfruttare il revival
tradizionale, ma,
come dovremmo aver ormai imparato, il significato di queste operazioni
è
diamentralmente diverso se esse sono messe in scena per i turisti da
delle comparse demotivate o se
rispondono a nuove esigenze sociali e psicologiche che provengono
dall'interno di una comunità.
Del tema del rituale (2) e
della festa (3), non a
caso, ci
siamo occupati più volte su Ruralpini in quanto vitale per la
rivitalizzazione della
cultura rurale.
Questi movimenti, in qualche modo sono connessi all'esigenza di
recuperare la naturalità dello stile di vita e di alimentazione, in
sintonia con l'agricoltura, bio e biodinamica, "naturale", la
valorizzazione dei saperi locali e dei patrimoni tradizionalil.
D'altra parte nella crisi della religione della razionalità
scientifica, in quella dello stesso cristianesimo, la cultura dominante
del capitalismo neoliberale è pronta a incoraggiare forme di
neopaganesimo basate sull'idolatria della natura (il totem del lupo) e
sul biocentrismo, come giustificative di biopolitiche malthusiane,
eugenetiche, cammuffate da ambientalismo e da lotta all'emergenza
climatica. Riconnettere le esigenze emergenti dalla crisi materiale e
spirituale del tardo capitalismo (della globalizzazione e del
precariato) con la nostra tradizione, che ha saputo innestare il
cattolicesimo su forme di religiosità ancestrali, oggi in qualche
modo riaffioranti quali esigenze non compresse dalla modernità e dal
suo pensiero riduzionista, appare una strada feconda, anche per evitare
quelle paurose involuzioni che il nichilismo animalista antiumano
lascia prefigurare.
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Cultura
ruralpina
El
fée(n): storia, etnugrafia, agrunumia
(25.05.18) Presentazione in lingua lombarda
Trezzo s/A 24.05.18
Capre che salvano
la vita
(15.05.17) La straordinaria vicenda di tre donne
sepolte sotto una valanga
Il
corno di San Glisente (XIV sec.) è tornato a suonare
(04.08.15) Il corno di San Glisente è tornato a
suonare il 26 luglio all'eremo alpestre del santo in occasione della
festa tradizionale. Ma questa estate sta risuonando su altre vette
della Val Camonica e delle Orobie. Un entusiasmo che sta diventando
contagioso e che lascia ben sperare su un diverso approccio (più legato
alla realtà odierna, più consapevole, attivamente culturale e
comunitario) alle tradizioni della montagna.
Il
ritorno dei riti agropastorali nella montagna lombarda. Le esperienze
si raccontano in un libro
(21.04.14) Il volume (a cura) di Giovanni
Mocchi e Manuel Schiavi su "Campanacci, fantocci e falò" segtna una
rivoluzione antropologica. Non è più l'occhio esterno
dell'etnografo che descrive brandelli di tradizioni, ma sono gli attori
che si raccontano con le parole e con ... you tube. Il rito si rinnova
sulla base di esigenze sociali nuove, diventa elemento largamente
autoriflessivo ma con tutti gli ingredienti costitutivi della ritualità
"autentica".
Lombardia
nascosta. Permanenze culturali inaspettate riemergono
(13.03.14) La regione con l'immagine
più industriale, terziaria, "da bere" nasconde insospettabili elementi
di permanenza culturale. Forse proprio perché si sono sottratti ad uno
sguardo che non voleva e sapeva vedere. Si sono ritratti incompresi e
straniti. Ora la crisi dei modelli urbani porta alla riscoperta
di un mondo di antiche credenze e i riti della società rurale
millenaria, patrimonio comune sino agli anni '60
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