"O noi o i lupi". WolfAlps
- sempre più autority del lupo istituzionalizzata - e la Regione
Piemonte sono stati contestati anche in Valsesia (dopo la protesta in
Ossola). Nessuna fiducia nell'opportunismo della politica e delle
istituzioni. Va intensificata la protesta per rompere la cappa di
piombo di censura e menzogna
Si allarga alla Valsesia il
movimento NO LUPI
di Michele Corti
Oggi
29.07.2010, a Varallo Sesia, si è ripetuta la
protesta contro le liturgie lupiste delle istituzioni. Chi si confronta
quotidianamente con il problema non si lascia imbrogliare dalle
"soluzioni" (i pannicelli caldi) invocati dall'Uncem - che si sveglia
solo oggi dopo tanti anni che in Piemonte il problema è drammatico - e
dalla serafica Regione Piemonte (appiattita su WolfAlps). La montagna
non ci sta a fare la rana bollita e reagisce, prima di perdere del
tutto
le sue forze sociali. Il lupismo, da punta di diamante, diventa
forse così un boomerang per la politica e i poteri forti del
capitalismo finanziario (che dettano la linea anche ai media). Chi
pensava a una montagna e a un mondo rurale ormai esausti, rassegnati,
domi,
si trova a fronteggiare una inattesa attivazione contestativa da ambiti
sociali e territoriali snobbati e sottovalutati. Mentre a livello di
culture urbane
prevale il conformismo, la passività, l'anestetizzazione.
(29.07.20)
La notizia del giorno è la nuova contestazione nei confronti
degli incontri di "informazione e confronto" messi in atto dalla
Regione Piemonte con WolfAlps. Intanto ci si chiede perché, se si tratta
di confronto, WolfAlps non rappresenti solo una delle parti in causa,
alla pari di associazioni di allevatori, organizzazioni agricole,
comuni di montagna. La scelta di lasciar gestire la partita lupo a
WolfAlps da parte della giunta di centrodestra la dice lunga.
All'incontro di Varallo c'era il vice-presidente della regione,
Carosso (foto sotto), e il solito parterre degli espertoni e
"scienziati"
della lupologia che si fa lupocrazia.
Come a Villadossola, nel contesto
blindato dell'emergenza infinita, chi contesta alla base le narrazioni
sulla "convivenza", sulle misure che dovrebbero attutire il conflitto,
chi vuole testimoniare le situazioni impossibili determinate dalla
presenza dei lupi, che non si
fanno tema di predare sotto le case, è costretto al "parlare" con i
cartelli di protesta, con i campanacci. Una protesta nel solco di
quella tradizione rurale che vedeva l'organizzazione di sonore
manifestazioni di dissenso organizzate da giovani con campanacci
(chiarivari). Era una sorta di "polizia dei costumi" che sanzionava
comportamenti che potevano compromettere la riproduzione sociale della
comunità (adulteri ecc.). In tempi recenti questa tradizione si è
riproposta nelle "proteste delle pentole" che hanno assunto carattere
politico di contestazione di regimi oppressivi (da Pinochet a Maduro).
Quando il dissenso è fatto tacere si protesta così. Voi sonerete
le vostre trombe noi suoneremo i nostri ... campanacci.
Caracas: manifestazione popolare contro il dittatore Maduro
Come in Ossola, anche in Valsesia le istituzioni del territorio, quelle
più vicine alla gente del posto, sono apparse al fianco degli
allevatori. Erano presenti infatti i sindaci di Alagna e di Carcoforo e
l'assessore all'agricoltira dell'Unione montana dei comuni
valsesiani. Continuando così le cose i sindaci (ma anche i
parroci, le associazioni) dovrebbero farsi promotori di proteste di
massa. Per far capire a Torino che qui ci sono comunità intere,
piccole, ma decise a farsi sentire. Comunità non ancora liquefatte.
Siamo ancora alle veline del ventennio fascista (in realtà è un nuovo totalitarismo che avanza)
"Se mandiamo dei comunicati a certi organi di informazione locali non
lo pubblicano finché non arriva una replica lupista", ci diceva qualche
settimana fa Gesine Otten del Comitato difesa allevatori Ossola). E'
perciò
importante diffondere queste notizie con i canali dei samizdad
del XXI
secolo, con i blog, con facebook (censure permettendo). Tanti piccoli
canali, tanti piccoli gruppi alla fine riescono, con pazienza, a fare
controinformazione (un po' come i dissidenti russi che trascrivevano a
mano i loro "post" si fogli di carta).
Se si legge
cosa riportano i media di questi "incontri" ufficiali sul lupo ne esce
un quadro
idilliaco o, al massimo, di una conflittualità facilmente rientrabile.
La realtà sanguinosa, feroce, vissuta ogni giorno in certe
valli, lo strazio continuo di animali domestici, la paura per
l'avvicinamento dei predatori agli abitati, gli ululati, la rabbia per
non essere capiti, sono espurgati dalla narrazione
lupistica politically
correct.
Il regime della censura e
del pensiero unico lupista
Non si ritenga esagerato il riferimento (i samizdad,
i
dissidenti) con l'Unione Sovietica. Oggi viviamo in una dittatura
soft, capace però, non solo di oscurare la verità ma di capovolgerla.
Molto efficacemente. Non si ritenga esagerato neppure fare il confronto
con quanto avveniva nel ventennio fascista. Le "brutte notizie"
semplicemente scomparivano, tutto era edulcorato, tutto andava bene,
non c'erano conflitti. La stampa andava persino oltre in zelo
adulatorio, autocensorio, apologetico, rispetto alle stesse direttive
del PNF. Anche durante il ventennio c'erano proteste. Ma i media
tacevano e, se proprio dovevano parlarne (perché ne erano a conoscenza
in molti), le attribuivano a circostanze
assolutamente locali se non a beghe personali (anche quando si
protestava per ragioni economiche di carattere generale e con qualche
sfumatura politica). A leggere
certi articoli in tema lupo della Busiarda (ma anche di alcuni siti di
informazione locale) pare di vivere ancora nel ventennio. C'è una tesi:
"la convivenza" che nasconde con la solita ipocrisia la realtà della
insostenibilità del lupo in certe valli e quindi la certezza di effetti
di abbandono delle attività tradizionali. Nessuno dice: "Vogliamo
cacciare i montanari, le attività tradizionali". Ma l'obiettivo è
quello. Sulla
capacità di censura e di ribaltamento della verità del sistema
dovremmo, però, aver avuto già abbastanza lezioni, eppure... Ci siamo
dimenticati le guerre in Irak, nei Balcani?
Le guerre pacifiste "per esportare la democrazia e i diritti umani" a
colpi di bombardamenti di obiettivi civili (anche da parte di
aerei militari d'attacco di un paese, il nostro, che nella sua
costituzione "ripudia la guerra"). La ripudia con le bombe dei
cacciabombardieri e a colpi di proiettili a uranio impoverito? Ci
siamo dimenticati le guerre "giuste", "legittimate" dalle menzogne -
rilanciate dai TG e giornaloni italiani - delle inesistenti armi chimiche di
distruzione di massa di Saddam?
La favola della "convivenza", del lupo buono, che porta pace e amore e biodiversità per
tutti non è affatto diversa. Le azioni militari mettono in riga
chi non si adegua alla globalizzazione, al monoteismo del mercato, alla
open society dove
i prodotti finanziari tossici e ogni altra merce,
uomo compreso, devono poter
circolare liberamente su un pianeta ridotto a piano liscio, senza corrugamenti, senza
confini, senza diversità fastidiose. Il potere sul cibo delle
multinazionali deve poter
crescere e i contadini inefficienti devono togliersi di mezzo, come gli
artigiani e tutti i piccoli residui di un passato pre-tecnologico. Le
risorse naturali devono
concentrarsi (ne va dell'efficienza e della sostenibilità, dicono loro)
sempre più in poche mani ed essere gestite attraverso derivati
finanziari. I popoli tribali, i popoli indigeni, le comunità rurali
tradizionali devono levarsi
dai piedi e consentire la "libera" (per il neoliberalismo, ovviamente)
valorizzazione delle risorse da sottrarre alle forze del localismo,
dell'ignoranza, del tradizionalismo, della scarsa sensibilità
ambientalista.
Così come si esporta la "democrazia" a colpi di bombe e di missili
sganciate e lanciati da aerei e da droni, così si deve (sono sempre tutti
imperativi categorico del sistema neoliberale) esportare il
conservazionismo e il reintroduzionismo. Il conservazionismo
euroamericano (più americano che euro, in realtà) esporta le ideologie
della wilderness e dei parchi, perfettamente speculari a quelle tarocche della
liberaldemocrazia.
Il lupo produce
la biodiversità come le bombe la democrazia
Con la scusa di elefanti e tigri e con la violenza aperta
(deportazioni, torture, omicidi) il sistema neoliberale rappresentato
dalle ong ambientaliste (vere multinazionali) esporta il
"conservazionismo" in Africa, Asia, America Latina. Con la scusa del
lupo lo esporta nelle "aree periferiche" europee da "rinaturalizzare",
operando una pulizia etnica strisciante, e
poi da sfruttare come riserve d'acqua pulita e altre risorse. La logica
neocolonialista è identica. Il fine è sempre lo stesso. In Europa è
perseguito a colpi di aggiramenti della democrazia, di colpi di mano
tecnocratici, di una governance opaca. I lupi sono uno degli strumenti
tecnici (ben poco pacifici, anzi sanguinari). Il tutto reso possibile
dall'ignavia della politica di cui sopra, dalla cooptazione dei
chierici conformisti e non disinteressati (intellettuali,
burocrati). Le montagne rappresentano un "corrugamento" che
ostacola la creazione di quel piano liscio dove far scorrere le merci,
da dove estrarre risorse, senza attriti. L'attrito è rappresentato da
comunità locali, sia pure indebolite dai processi di
burocratizzazione/perdita di
autonomia/proliferazione regolativa e dalla contrazione demografica
(genocidio silenzioso ma voluto).
La montagna che suscita indipendenza e
autonomia, come condizione necessaria dell'esser-ci, dell'essere in questo posto, è
un "corrugamento" spiacevole. Lo sapevano anche i poteri imperiali del
passato, consapevoli che il montanaro o si sottomette con la forza o lo
si elimina fisicamente o gli si concede spazi di indipendenza (a pochi
montanari è facile bloccare punti critici nelle valli e tendere
imboscate agli eserciti). Il feudalesimo ha avuto poca presa nelle Alpi e, in epoca comunale, le popolazioni alpine avevano acquisito un forte controllo sulle proprie risorse . Mentre le comunità rurali di
pianura sono
state espropriate delle terre comuni (pascoli e
boschi) già nel basso medioevo, le comunità di montagna hanno avuto il
loro momento
d'oro nel Cinquecento secolo e hanno tenacemente contrastato poi i
tentativi di
controllo e di esproprio durati secoli. Nell'Ottocento, quando lo stato
si era rafforzato enormemente rispetto all'ancient regime, era già
utilizzato
il pretesto ambientalista. Si diceva che le montagne erano state
disboscate per colpa dei montanari (non era vero) e che gli andava
tolta l'autonomia. Non importava se era stato il fabbisogno di legna e
carbone di legna (ancora nel Settecento l'unica fonte energetica
insieme all'acqua e al vento e alla forza animale) delle
proto-industrie e delle città a impoverire i boschi. Grazie
all'ideologia forestalista dominante (che incolpava le comunità del
disboscamento) le amministrazioni forestali centralizzate e le polizie
forestali
decidevano se il montanaro poteva tagliare una pianta per rifarsi il
tetto. Ieri
bisognava proteggere il bosco, sulla base di presupposti falsi, oggi
bisogna reintrodurre il lupo. Pretesti legittimati dalla potenza di
fuoco degli apparati ideologici del sistema.Paga il più debole. Vince la menzogna.
In questi giorni i mandarini dell'Uncem Piemonte hanno diffuso presso
gli enti locali un ordine del giorno tartufesco fatto delle solite
parole: "la situazione è insostenibile", "serve pensare a un
piano di contenimento". Parole ipocrite perché poi Bussone,
interpellato dalla Busiarda, mostrando il coraggio del coniglio, si
affrettava tosto a confermare il solito cerchiobottismo: "Valutiamo senza
pregiudizi e senza parlare di abbattimento". Come si vogliano contenere
i lupi senza un controllo numerico, senza il prelievo, senza gli abbattimenti, è però un mistero. Si
pensa forse di distribuire condom, spirali, pillole
anticoncezionali? Gli ignavi (gli opportunisti, quelli che non si
schierano) rappresentano una categoria sovrarappresentata presso
i nostri politici. Agli ignavi Dante - uomo che considerava la morale
del suo tempo (di impetuosa crescita economica e di sviluppo della
finanza e della crematistica) già molto "liquida" - riservava, tra i
peccatori, i giudizi e le punizioni più dure agli ignavi, collocati nel
terzo girone infernale.
Gli
ignavi corrono dietro a una banderuola che gira vorticosamente
(evidente contrappasso per chi nella vita "fa la banderuola" e va dove
spira il vento della convenienza e del potere). Sono punti ferocemente
da vespe e
calabroni e dei vermi schifosi si nutrono del sangue che
cola. Le attuali
prese di posizione dell'Uncem rappresentano solo parole. Non serve a
nulla, è aria fritta, auspicare genericamente un "contenimento",
bisogna colpire i presupposti dell'inganno lupista. Se i numeri
continuano ad essere quelli falsi di Costa, se si continua a ritenere
che la stima "cautelativa" dei lupi italiani, (sulla base del quale il
piano lupo Boitani-Galletti ammetteva una percentuale del 5% di
prelievo massimo teorico) rimane quella di 1500 lupi
(verosimilmente un quarto del numero attuale di esemplari, nel
frattempo raggiunto in forza di una crescita che si registra in molte
regioni), non ci sarà mai nessun contenimento. Osserviamo che in
Francia si applica attualmente un prelievo effettivo di oltre il 20%
(rispetto al dato verosimile di popolazione non a uno miniaturizzato) e
i lupi aumentano lo stesso.
Bisogna realizzare censimenti eseguiti da chi li sa fare, non affidati
a WolfAlps che è la parte pro lupo essendo, in origine, un progetto per
la diffusione del lupo sulle Alpi. Un "censimento" fatto
sulle direttive WolfAlps con la manovalanza del Cai (senza competenze
specifiche) è una burla. Bisogna poi cambiare radicalmente le regole
delle denunce di predazione e di liquidazione dei danni che spingono
gli allevatori a tacere, lamentarsi, imprecare e... a non segnalare le
perdite. I costi, la trafila burocratica, le clausole inserite per evitare di
riconoscere i danni provocati dal lupo, sono tali da dissuadere anche i
più decisi (specie se si tratta di uno stillicidio di pochi capi
ovicaprini alla volta). L' Italia, dove la mancanza di senso dello
stato è diffusa prima di tutto nelle istituzioni, nei politici, nella
burocrazia e nella paraburocrazia e dove il cittadino è sempre rimasto
un suddito (mentre si blaterava di democrazia "avanzata"), è l'unico
paese europeo con significativa presenza di
popolazioni lupine dove non c'è alcun dato attentibile circa i danni
reali provocati dalla specie in questione e circa la sua
consistenza.
Una situazione dolosa perché ha consentito di continuare a incassare
in modo surrettizio finanziamenti per progetti a volte ripetitivi, a volte pretestuosi, con
il canale privilegiato della specie "a rischio di estinzione", della
specie "prioritaria". Finanziamenti investiti in larga misura per
campagne di disinformazione e indottrinamento ideologico dell'opinione
pubblica (oltre che favendo fluire denaro ad associazioni, enti, singoli esperti).
Bastano i cani e le reti,
poi l'agnello e il lupo convivono
Ora l'Uncem, resasi conto della crescente esasperazione in tutte le
provincie piemontesi, finge di attivarsi sul tema lupo ma, sino ad oggi,
era schierata dall'altra parte della barricata. Era allineata e coperta
con il politically correct che impone lo slogan ipocrita e beffardo
(nei confronti degli allevatori e della gente di montagna e delle aree
rurali) della "pacifica convivenza". L'Uncem ha avallato per anni le menzogne
della propaganda lupista: "Bastano i cani e le reti per risolvere il
problema, chi ha ancora predazioni è un incapace".
Ecco cosa ha detto
per anni l'Uncem: i cani sono una buona soluzione.Un po' di
autocritica no? La convivenza delle pecore con l'agnello? Ma quella è
solo una metafora escatologica biblica. C'è da vergognarsi a scrivere
certe cose.
La politica della banderuola (che va dove
gira il vento)
Per par condicio
dobbiamo anche dire qualcosa sulla Lega. Oggi, a commento delle
prese di posizione dell'Uncem, la Lega in regione, ha rilanciato il
tema del "contenimento del lupo". Ma le regioni hanno il
diritto-dovere, confermato da sentenze della Consulta di attivare la
procedura di controllo. Il piano lupo è scaduto nel 2015. Ma vale
sempre quanto previsto dalla Direttiva Habitat: in caso di danni
economici gravi e di pericolo per la sicurezza pubblica ecc. scatta la
deroga e, previa autorizzazione Ispra, le regioni possono attuare gli
abbattimenti. Il piano inquadrava a livello nazionale la situazione ma,
considerata la gravità della situazione in alcune regioni essa potrebbe
essere affrontata già da subito. Vi sono tutti gli strumenti legali.
In
passato, quando il Ministero ha risposto niet alle richieste di
abbattimenti di Piemonte e Toscana, non aveva detto: "non potete
chiedere l'autorizzazione". Se l'avesse fatto sarebbe stato allora
facile il ricorso. Ha dovuto, invece, accampare "motivazioni" farlocche
che potevano essere comunque anch'esse contestate. Di fatto il gioco
sporco consisteva nel dire: "Non possiamo abbattere alcun lupo in
Piemonte perché non sappamo quanti lupi ci sono in Italia e c'è una
opinione pubblica che teme per una specie in via di estinzione". Le
regioni usano il tema della mancata approvazione (per colpa loro che
hanno fatto le voltagabbana!) del Piano lupo perché, per palese
vigliaccheria, non osano fare il necessario passo della richiesta
dell'attivazione del controllo. Hanno paura per le conseguenze delle
reazioni isteriche animaliste. Vogliono parararsi le terga con il
"Piano nazionale". Comunque debbono sempre autorizzare l'ISPRA e il
Ministero dell'ambiente ma il solo fatto che siano loro ad attivare la
procedura e ad esporsi le fa recedere. Chiamasi opportunismo. Codardia.
L'ex ministro Galletti (centrosinistra) aveva fatto scrivere
il piano a Boitani (lupologo maximo) che, molto astutamente, contemplava - ma solo in teoria gli
abbattimenti (quil'analisi
del piano). Si sarebbe dato un contentino alle organizzazioni
professionali agricole che avrebbero potuto dire: "Ecco vi abbiamo
tutelati". Sarebbe stato solo sulla carta, ma a loro bastava così.
Oggi
il Piano verrebbe ancora steso con lo stesso criterio. Appellarsi al
Piano è menare il can per l'aia, far credere agli allevatori, alle
popolazioni che il Piano possa risolvere i problemi. No. I problemi si
affrontano a monte, con monitoraggi seri del lupo e dei danni da lupo
perché solo su questa base possono essere avanzate richieste precise e
motivate di autorizzazione dei prelievi. Se il ministro resiste e,
senza il supporto di motivazioni tecniche, rigetta le richieste delle
regioni, si va alla Corte Costituzionale e alla Corte europea.E Roma deve cedere.
Va aggiunto che qualora, in Italia, emergesse che le cifre della
consistenza del lupo sono state per decenni tenute artificialmente
basse, qualora emergesse la vera consistenza in Italia della specie e
la vera consistenza dei danni, il fronte in Europa a favore della
revisione dello status di super protezione del lupo (Convenzione di
berna e Direttiva Habitat) avrebbe un argomento fortissimo dalla
propria parte in un contesto europeo in movimento (in Germania e Olanda
stanno rafforzandosi le posizioni "revisioniste").
Gli animal-ambientalisti, imprenditori politici
astuti e disinvolti dell'emotività e dell'ignoranza naturalistica,
hanno già stoppato Boitani e Galletti (quiper
le vicende tragicomiche del piano lupo, proprie di un paese in
situazione drammatica ma non seria). E stopperebbero anche oggi un
piano che contempla, sia pure in teoria, l'abbattimento legale dei
lupi. Sul feticcio del
lupo intoccabile hanno costruito campagne che hanno fruttato tessere e
finanziamenti. La Regione Piemonte, presidente Chiamparino
(centrosinistra) guidava il fronte delle regioni che, dopo aver
approvato il piano Galletti-Boitani, si rimangiavano la parola in
modo imbarazzante
sotto la pressione delle rumorose minoranze animaliste. Ridere o
piangere? E pensare che il primo a chiedere l'abbattimento dei
lupi
era stato l'assessore piemontese all'agricoltura del PD, Taricco.
Il quale poi si era velocemente riorientato alla "convivenza".
Nel 2010 la
Lega, con Sacchetto, contestando la giravolta di Taricco, fece campagna
contro la politica del centrosinistra, che aveva finanziato il
"Progetto Lupo" (briciole rispetto a WolfAlps, 334 mila €).
Il neo assessore
Sacchetto (Lega), vinte le elezioni, non solo non fece ripartire
il Progetto lupo ma attivò un Progetto pastore. Ma verso la fine della legislatura Sacchetto e l'assessore ai parchi e
alla montagna di AN (Casoni) approvarono il primo progetto WolfAlps, un
vero terno al lotto vinto per la lupisteria organizzata, firmato e presentato
dal presidente del Parco Alpi Marittime (un falegname di Entraque messo lì dalla Lega). A Entraque, dove ha sede il Centro uomini e
lupi (recinto con lupi, museo)
anche il sindaco è stato acquisito alla causa del lupo che in paese
porta un po' di turismo. Insomma per qualche piatto di
lenticchie, per non scontrarsi con la burocrazia e qualche
lobby, il centrodestra fece il più grande regalo al partito del
lupo in Italia. Con WolfAlps ha hanno avuto impulso il Centro uomini e
lupi e il Centro grandi carnivori
(il lupo non ci basta!) di Entraque divenuto quartier generale di
WolfAlps e autority che in Piemonte tende a gestire il lupo per delega
istituzionale de facto (esautorando i competenti assessorati). Nel
frattempo
Taricco, che era andato a Roma (alla camera dei deputati), presentava
interrogazioni sul problema lupo per chiedere interventi a favore degli
allevatori e per sapere quanti lupi ci siano realmente in Italia.
Ovviamente senza ottenere risposte. Il suo
collega di partito, Chiamparino, come già visto, scavalcando i suoi
assessori, da presidente della regione si metteva alla testa del
partito pro lupo. Ora,
dopo tutte queste giravolte chi può credere alla politica?
Per un esponente
della cultura urbanocentrica più arrogante e della sinistra bancaria
come Chiamparino, evidentemente, i pastori, la montagna, gli
animali d'allevamento NON SONO in patrimonio del paese e NON VANNO
tutelati
Chi
protesta sa che
otterrà qualcosa dalle banderuole della politica solo
costringendo i media a parlare del problema anche dalla parte
degli allevatori, della montagna del territorio rurale. Sa che i
politici si smuoveranno sul serio e non solo a parole solo facendo
arrivare le proprie ragioni a un pubblico poco informato, sollecitato
emozionalmente a senso unico dalle macchine propagandistiche di
WolfAlps e delle istituzioni (dove la burocrazia, il deep state, è in
toto lupista). Con l'obiettivo dello spostamento dell'opinione pubbica
generale (dove pesa la componente urbana) da posizioni sia pure
superficialmente lupiste a posizioni più aperte rispetto alle esigenze
di tutela degli allevatori e della montagna. Un riequilibrio di questo
tipo toglierebbe molta dell'acqua in cui nuotano gli animalisti e, di
conseguenza, spunterebbe di molto la loro capacità di influenzare la
regione. In ogni caso, i voti degli allevatori della montagna,
dei territori
rurali, che pure sono pochi, in
condizioni, come il Piemonte, dove c'è da decenni un equilibrio tra gli
schieramenti, potrebbero avere anch'essi un loro peso influenzando gli
assetti politici locali ma non solo.
Sullo
stesso argomento
(lupi e
impossibile
convivenza)
In Ossola
tanti no alla convivenza con i lupi
(28.06.20)Gli allevatori ossolani: "O noi o l
lupi". La Regione Piemonte "Vi siamo vicini ... ma stiamo con
WolfAlps". Ampio resoconto dell'incontro sull'emergenza lupo
nell'Ossola e Vco di venerdì scorso 26 giugno a Villadossola. La
protesta - civilissima - degli allevatori e dei sindaci ha accompagnato
l'evento. Molte le critiche ma anche le proposte da parte degli
allevatori e delle istituzioni rappresentative del territorio,
schierate decisamente contro i lupi. Utile lettura per tutte le realtà
alle prese con il problema.
Impongono
i cani da difesa, poi vietano di usarli (22.06.20)
Quando
un comune turistico come quello di Alagna Valsesia prevede pesanti
limiti all'uso dei cani da difesa, scaricando sui pastori gli oneri
della gestione del conflitto cani-turisti, non possiamo non fare a meno
di riflettere che la "coabitazione" tra lupo e pastoralismo è solo
l'ipocrita formula per togliere di mezzo uno dei due "coabitanti": il
pastore e i suoi animali. Così come vuole il piano capitalistico di
esproprio della montagna.
Lupi
in Ossola e Cusio. Allevatori e sindaci: situazione insostenibile (31.05.20)
La clamorosa protesta dell'allevatore di Quarna, che ha
portato le sue capre in prefettura a Verbania (27 maggio). Un incontro
dei sindaci della valle Anzasca (30 maggio) con la partecipazione di
rappresentanti politici ed esperti (non i soliti pro lupo), unanimi nel
dichiarare la situazione insostenibile.
Exorcizo
vos pestiferos lupos (13.03.20)
In una piccola valle
della provincia di Verbania è stata ripristimata la messo contro i lupi
che si celebrava, il giorno di
San Valentino, dal 1762. L'evento ha raccolto un forte consenso
da parte della popolazione e ha trasmesso anche all'esterno il senso
della gravità della minaccia legata alla proliferazione del lupo che
minaccia il completo abbandono della montagna.