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Articoli correlati sullo "STORICO
RIBELLE"
E'
ufficiale: lo "storico " formaggio si sposta a Morbegno
(10.07.17) Con un comunicato
ufficiale della società valli del Bitto benefit, a firma del
presidente Paolo Ciapparelli, è stato annunciato un importante
avvenimento che avrà luogo entro il 2017: l'apertura della nuova sede
dello "storico ribelle" presso lo storico Palazzo Folcher di Morbegno.
Forme
in dedica:un
fatto di costume
(14.05.17)
Assume i contorni del fenomeno di costume il successo delle forme in
dedica adottate da consumatori-coproduttori. Non solo una forma di
commercializzazione etica e creativa ma anche modalità nuove di
comunicare attraverso il cibo idee e valori
Gran
formaggio d'alpe orobico (per
una storia a tutto tondo)
(21.02.17) Riflettendo
su una storia di differenziazioni e perimetrazioni più o meno
artificiose, sovrapposizioni, scambi di identità, emerge l'esigenza di
una riconsiderazione complessiva di una vicenda casearia che ha spinto
a concentrare l'attenzione (spesso conflittuale) sulle denominazioni:
"branzi", "bitto", "formai de mut" (ma si potrebbero aggiungere anche i
cru monoalpeggio, di cui il "camisolo" è stato precursore).
Il
Dizionario del bitto ribelle (01.01.17)
Un 'regalo' di inizio anno agli amici dello 'storico ribelle' (il
bitto della tradizione).
Lo
storico ribelle che porta benefit alla società e
all'ambiente
(23.12.16)
Dal 29 novembre la Società Valli del Bitto (meglio nota come
"ribelli del bitto") è bcorp. Una formula che impegna le
società a promuovere vantaggi (in inglese "benefit") per
la società, la comunità locale, l'ambiente. Riducendo, attraverso
le sue attività (e nonla beneficienza) gli impatti negativi per le
persone e l'ambiente e determinando impatti positivi.
Valtellina
che gusto... industriale
(23.11.16) Uno
stile industriale di marketing del fasullo per promuovere un
agroalimentare industrializzato, banalizzato, omologato. Sperperando
i soldi di chi paga le tasse. Ma non basta. Dopo aver
espropriato il bitto storico del nome "bitto" la promozione
"ufficiale", continua a mimetizzare il bitto "legale"
ovvero quello "Nuovo omologato" con lo "Storico
ribelle" (il vero bitto che si fa come secoli fa).
Ribellarsi
è giusto e paga
(17.11.16)
Lo storico ribelle, liberatosi del nome "bitto" che ormai
procurava solo grane (ed esponeva alla minaccia permanente di
denuncia per "lesa dop") va meglio di prima. Chi ragiona
restando nelle coordinate della vecchia politica pensava che fosse un
salto nel buio. Invece i sostenitori aumentano e lo storico ribelle
sbarca in nuovi prestigiosi templi del gusto.
Varrone
e Biandino cuore di ferro e formaggi (28.08.16)
28.08.16
Nei giorni cruciali in cui l'ex bitto storico cambia nome
approfondiamo alcuni aspetti sinora poco messi a fuoco della storia e
della geografia di questo mito caseario
È
ormai bittexit e fa paura ai nemici del bitto storico (17.07.16)
I nemici del bitto storico
non potranno più utilizzarlo come "traino" di
una dop massificata . Non sarà più possibile giocare
sull'equivoco di due produzioni "simili".
E con la fuga del vero bitto dalla dopsi
profila una figuraccia di grandi proporzioni
per la Valtellina
(13.06.16)
Commercianti si spacciano per l'ex bitto storico
Se
si danneggiano i ribelli del bitto si può usare del
tutto impropriamente la denominazione "Bitto storico"
e illegittimanente quella "Bitto".
La storia di una degustazione organizzata
in Umbria da un'incolpevole Ais con il "bitto
storico" ... senza che vi fosse l'ormai ex bitto storico
presidio Slow food
(29.04.16)
Assemblea a difesa delbitto storico il 7 maggio a
Gerola
Lo Storico formaggio
prodotto sugli alpeggi delle Orobie, da secolo noto come
formaggio del Bitto non può essere più chiamato con il
proprio nome. Dopo vent'anni le lobby
politico-burocratico-industriali sono riuscite ad espropriare i
produttori storici. Ma la società civile sta preparando la
mobilitazione
(14.04.16)
Il formaggio Storico dei ribelli del bitto da
Peck
Lo Storico formaggio
prodotto sugli alpeggi delle Orobie è in vendita
da Peck . Quello dell' estate 2015) a 92€ al
kg, quello del 2009 a 26€ all'etto. Il bitto dop dei mangimi e
dei
fermenti , prodotto senza latte di capra, a volte in condizioni
semi-industriali, continua a calare di prezzo
Bitto
storico: rivoluzione permanente (2.10.15)
A
Cheese ques'anno il tema era il formaggio dei pascoli e, complice
anche l'indignzione per il tentativo di imporre il formaggio senza
latte, il bitto storico non poteva che essere al centro
dell'attenzione in quanto "campione" della resistenza
casearia. Ma l'attenzione è stata anche per la sua "rivoluzione
dei prezzi"
(08.09.15)
Nuovi documenti storici incoronano il formaggio Vallis Biti
(bitto storico)
Cirillo
Ruffoni ci ha segnalato nuovi documenti storici che consacrano già
nel Cinquecento il formaggio delle Valli del Bitto. Già
allora riconoscibile rispetto ai formaggi prodotti in
altre zone, tanto da costituire per loro anche un termine di
paragone. Scusate se è poco
(02.09.15)
Bitto storico: un autunno di decisioni e novità
La
stagione d'alpeggio 2015 si sta chiudendo con un bilancio molto
negativo in termini di quantità prodotta, causa della
siccità
di luglio. Sul fronte dei rapporti con le istituzioni l'accordo
siglatonel novembre 2014 si sta rivelando un bluff. Stimoli per
i "ribelli del bitto" per rilanciare con forza
l'originalità delle loro esperienza facendo leva
sui suoi
punti di forza
(23.08.15)
Siccità sugli alpeggi. Colpiti i pascoli più sostenibili
La
grave siccità che ha colpito gli alpeggi a luglio non è
rimasta senza conseguenze. Ma chi soffre di più per il calo di
produzione di latte è chi non usa i mangimi, ovvero chi rispetta il
pascolo e l'ambiente. Così solo i "puristi" si sono fatti
sentire
(22.08.15)
Bitto storico rivoluzionario
Attraverso
la creatività commerciale contadina i ribelli del bitto sono
riusciti a imporre per il proprio prodotto un prezzo etico. Esso
consente un equilibrio economico compensando gli elevatissimi
costi di una produzione che va contro gli schemi della società
industriale e consumistica (che si sono imposti anche
nella produzione agroalimentare)
Articoli per argomenti
|
Tesori
delle Orobie ... dal
bitto ribelle ai vigneti
di Michele Corti
(17.07.17)
La scorsa settimana la carovana
del
"Viaggio sulle Orobie" (terminato ieri) ha fatto tappa al Centro del
bitto storico
ribelle. Uno dei tesori più preziosi delle Orobie. Una mattinata
intensa che ha veramente regalato qualcosa ai presenti.
L'ambientazione era ideale per concretizzare lo spirito del "Viaggio":
un incontro di persone di diversa estrazione unite dall'amore per la
montagna, la cultura, l'arte, il cibo autentico che racconta un
territorio, la sua anima, la sua storia. Ma ora bisogna fare qualcosa
perché questa Dorsale viva in modo continuativo.
La
quinta edizione del "Viaggio sulle Orobie" un trekking
ideato da Emanuele Falchetti, capo servizio della rivista Orobie, ha
avuto per tema "I tesori della DOL". Ma cos'è la Dol? La Dorsale orobica lecchese, in realtà
la Dorsale occidentale orobica
in quanto interessa tre provincie lombarde. Una "spina dorsale" della
storia e della realtà lombarde. Ideata, promossa, rilanciata da
lecchesi era però ovvio che la chiamassero così.
Sopra:
i vigneti dell'azienda Lurani Cernuschi ad Almenno San Salvatore, con
lo sfondo delle ultimi propaggini della Dorsale occidentale orobica . Al centro il monastero
gotico-rinascimentale di San Nucola, "avvolto" dai vigneti. Qui è terminato il "Viaggio sulle Orobie"
ieri 16 luglio 2016. Ad un estremo della dorsale gli alpeggi e il
grande formaggio "storico ribelle", all'altro una secolare azienda
vitivinicola e gli strepitosi monumenti di Almenno, l'antica Limania che rivaleggiava con Bergamo. In
mezzo tanta storia, tanti luoghi pieni di fascino e altri 8 formaggi
tra Dop e Presidi Slow Food (ma ce
ne sono anche altri) a caratterizzare un territorio con la più alta
concentrazione di tipologe casearie al mondo.
Un
po' di storia della Dol
La Dol nasce negli anni '90. I
padri hanno un nome e un cognome preciso: Angelo Sala (giornalista
prematuramente scomparso) e Giacomo Camozzini, dirigente della comunità
montana Valsassina, Valvarrore, Esino e Riviera. Sono passati più di
vent'anni e va precisato che allora non esistevano le app da scaricare
sugli smart-phone (non esistevano neanche gli smart-phone). Così
vennero realizzati due prodotti: una mappa e un'agile guida di piccolo
formato rilegata con una robusta costa. Questi strumenti per lo
standard dell'epoca erano innovativi ed efficaci. La mappa è ricca di
informazioni e facilmente consultabile. Per la prima volta alpeggi,
caseifici d'alpe, nuclei rurali ed edifici rurali isolati di pregio
erano inseriti nella simbologia turistica. L'ARF di Lecco (ora Ersaf)
provvide, sulla base di un finanziamento europeo (obiettivo 5b per chi
se lo ricorda), a realizzare la segnaletica e la cartellonistica (se ne
occupò Sergio Poli). La Dol era intelligentemente articolata in tre
tematismi.
1) le vie della
storia: da Colico a Premana (il riferimento è alla "Linea Cadorna". A
Nord e da Morterone alla Passata (passo sulla Dorsale nei pressi del
Resegone) con riferimento
alla frequenza in quest'ultima zona di numerosi cippi confinari
risalenti al XVIII sec.;
2) le vie del
ferro: da Premana al rif. Grassi (bocchetta del Camisolo) con
riferimento alla presenza di antiche e numerose miniere di ferro e
dell'attività di prima lavorazione nelle fucine (oggi sopravvive la
produzione di articoli quali coltelli, forbici, attrezzi da alpinismo e
campanacci a Premana);
3) le vie del latte (dai
piani di Bobbio a Morterone) con riferimento all'importanza secolare
degli alpeggi e dell'attività casearia dei bergamini transumanti
Una Dol casearia
In vista dell'Expo
il sodalizio dei formaggi "Principi delle Orobie" predispose un
progetto di valorizzazione turistica della dorsale occidentale orobica.
Pur nella focalizzazione su alpeggi e caseifici il progetto, articolato
su diversi itinerari che presuppongono anche una percorrenza
"integrata" (navette), puntava a mettere in risalto tutti gli aspetti
di attrattività della Dorsale. I materiali utilizzati per presentare il
progetto sono stati poi pubblicati in parte dalla rivista "Quaderni
brembani" (M. Corti, Sulle vie dei formaggi “Principi delle Orobie”
Appunti per un progetto di valorizzazione
multifunzionale del territorio
alle falde del “Tre Signori” in chiave Expo 2015, Quaderni brembani, n. 12, a. 2104,
pp.149-164, scarica il PDF)
Locandina dell'incontro
del 23 novembre 2013 a Gerola
L'insieme degli
itinerari e dei punti di interesse mappati su Google Earth mettono in
evidenza come la DOOR (Dorsale occidentale orobica) rappresenti
una "porta girevole" che consente di entrare e uscire da/per tre
sistemi turistici forti: Bergamo (città d'arte/ mura Unesco/terzo
areoporto d'Italia), Valtellina (Trenino del Bernina Unesco,
vigneti eroici, sistema MTB alta valle connesso reti dalla Germania),
Lago di Como (soprattutto centro lago con Bellagio, Tremezzo, Varenna
mete internazionalmente note). I sistemi degli alpeggi, formaggi miniere
storiche, antiche vie, testimonianze della storia, della fede,
dell'arte (via Priula, pittori Baschenis, "Linea Cadorna") rappresentano
di per sé un importante risorsa turistica nell'ottica di un turismo
innovativo che usa i piedi e la bici non solo come strumenti di
attività fisica e di "percorsi nella natura" ma come vettori di un
turismo culturale ed enogastronomico "slow", di scoperta, di
immersione nelle realtà oggetto di interesse, fuori dalla
superficialità e dalla compulsività dei ritmi del turismo "convenzionale" che preclude conoscenza,
esperienza non preconfezionata e relazioni umane.
Anche la Dorsale
interpretata dai Principi rappresenta un sistema articolato. A Nord le
vie "del ferro e dello storico formaggio grasso", a Sud le "vie della
pietra e dello stracchino" (con riferimento alla produzione di
"stracchino di Gorgonzola", "robiole", "quartiroli" ma anche alla
"civiltà della pietra" che a Morterone, in val Taleggio, in valle
Imagna ha prodotto una pregevole e
originale architettura rurale).
Anche nella versione "casearia" della
Dorsale in punto di snodo è rappresentato dalla bocchetta di Camisolo.
A differenza della Dol, impostata dalla Comunità montana della
Valsassina (che per ovvi motivi si arrestava ai limiti amministrativi
dell'ente), la Dorsale dei Principi supera la Costa del Pallio e scende
in Valle Imagna (a Fuipiano o a Corna).
Il link sotto rimanda alla mappa della Via n. 1 che
interessa la Dorsale con un anello ad 8 che, a differenza della Dol
(che segue in linea di massima il filo della cresta), si appoggia ai
due versanti con puntate a valle per fare tappa presso paesi,
caseifici, luoghi di interesse storico e artistico-culturale (vedi
l'attraversamento della val Biandino con l'oratorio della Madonna della
neve al monte [alpe] Sasso). Un percorso di non pochi giorni (o da
effettuare a "puntate") che vuole incitare alla scoperta di tanti
aspetti poco donosciuti della nostra Dorsale.
Cosa ne è stato della
Dol?
Come succede a tanti
progetti, una volta terminata l'operatività e i finanziamenti anche per
la Dol è subentrato l'oblio. La porzione di tracciati dalla bocchetta
di Trona verso Sud continua ad essere frequantata. I sentieri del cai
sono oggetto di manutenzione e di cura della segnaletica (potrebbe
essere più assidua). Il ramo Nord della Dol che dalla val Varrone punta
a Colico alle falde del Legnone è stato (specie nei tratti più in quota
ed espposti, lasciato all'incuria. Interi tratti sono inagibili o
pericolosi (quantomeno all'escursionista senza pratica alpinistica) . La cartellonistica ha subito le
ingiurie del tempo e l'esposizione agli agenti atmosferici. Quanto alle
"Vie dei Principi" il progetto venne
predisposto per tempo e anche pubblicizzato ma gli enti Valtellinesi
che stavano spartendosi le risorse dell'Expo adottarono la tattica
dell' "adesso è troppo presto/adesso è troppo tardi". Preferirono
sprecare non piccole risorse con iniziative effimere a Milano o
comunque di comunicazione fine a sé stessa. Una delle difficoltà di far
decollare un progetto del genere consistette anche nella logica
provincialistica, che affidava alle singole Camere di Commergio la regia
delle iniziative Expo. Quanto alle iniziative di livello regionale i
fondi vennero tagliati e non si fece quasi nulla. Così è restato tutto
sulla carta.
La "nuova" Dol. Segue rigorosamente la linea di
cresta proseguanda dal resegone a Valcava e di qui giù sino alla
Roncola in valle Imagna. Non è stato considerato il braccio a Nord (da
Premana a Colico). Sono stati toccati i rif. Falc. Grassi,
Ratti-Cassin, resegone.
Nuova vita per la Dol
Benvenuta quindi l'iniziativa di Orobie che ha riportato
l'attenzione sulla Dorsale. Nella progettazione del "Viaggi sulle
Orobie 2017" Emanuele Archetti è stato affiancato da tre personaggi
lecchesi: Ruggero Meles, Carlo Limonta, Luca Redaelli. Meles è autore
di diverse biografie di alpinisti lecchesi, coautore del volume Alpinistico
pionieristico tra Lecco e la Valsassina (con Piero Buzzoni e Giacomo
Camozzini), è anche coautore del Movis, biblioteca multimediale della
montagna. Carlo Limonta, bergamasco di nascita, da fotografo è
diventato documentarista concentrando il suo interesse sulla montagna.
Luca Redalelli è autore e attore teatrale che si è cimentato con
i classici ma è frtemente impegnato nel "teatro della favola" rivolto
ai ragazzi ma non solo. Nella
foto sotto Limonta intervista Paolo Ciapparelli (il "guerriero del
bitto") nella magica casera dove si stagionano e si conservano le forme
di storico ribelle. L'intervista è stata realizzata prima del'arrivo
della carovana de "Il viaggio sulle Orobie" e sarà utilizzata per la
realizzazione del film sul viaggio. Non solo riprese di paesaggi quindi
ma anche approfondimento dei temi che stanno dietro i "tesori della
dorsale".
Mentre le
interviste procedono la carovana è arrivata. Qui Davide Riva prova con
iòl coro. Riva è un pianista, organista e compostitore, molto attivo
nella valorizzazione dei cori scolastici (compone anche per voci
bianche). La "carovana" è composta da artisti (teatro,
fotografia, cinema, musica) e ha portato al Centro del bitto
storico ribelle presenze in assoluta sintonia con il luogo: un
posto dove insieme al formaggio si valorizzano e si scambiano le
idee e si difendono valori e amore per la montagna. Dove
si percepisce una solennità, un senso di cose vere e profonde che
induce a riflettere, che fa uscire dalla casera un po' cambiati (come
quando si visita un santuario e ci si lascia coinvolgere dalle energie
spirituali del luogo).
Una volta che i
partecipanti al "Viaggio" si sono "acclimatati" si è dato inizio a un rito
importamte: in onore della carovana viene aperta una forma di 10 anni.
In realtà la forma aveva qualche giorno di meno (era stata prodotta il
24 luglio 2007 all'alpe Ancogno soliva da Carlo Duca, un artista dello
storico formaggio). I partecipanti hanno assistito all'evento
osservando un religioso silenzio. Nessuno ha detto: "silenzio", ma tutti
hanno capito, sintonizzandosi tra loro, che i gesti che l'officante
stava compiendo erano veramente qualcosa di importante. Di
fronte a una società, ad una cultura che consuma tutto in fretta
svuotandolo di senso è un atto quasi religioso partecipare al rito
dell'apertura e dell'assaggio di un formaggio che ha "aspettato"
un'eternità (come 100 anni per un vino) a farsi gustare.
Paolo, quasi
sorpreso e un filo imbarazzato da tanto silenzio, ha pensato di sdrammatizzare con una
battura che, in realtà, stabilendo un paragone ardito ma non fuori
luogo ha chiamato in causa vescovi, liturgie e cattedrali (ascoltate
l'audio, che è quello originale). Tra chi assiste al rito
distinguiamo (al centro) Silvia Tropea Montagnosi, esperta sul serio di tutto
quanto riguarda la cucina bergamasca, la sua storia, una vera
sostenitrice dello storico ribelle, formaggio orobico e non
"valtellinese". A sinistra, con la maglia verdina, Ruggero Meles.
Al termine della
cerimonia di apertura con la suspance (premiata) della presenza della
"goccia" c'è stato l'assaggio. Le particole sono state distribuite ai
presenti.
Che lo storico
ribelle rappresenti un "tesoro" lo dicono anche i prezzi. Non è stato
facile arrivare a questi livelli. Il formaggio non è il vino (ma prima dello scandalo del metanolo il vino era un
prodotto vile), il consumatore trova normale che ci siano bottiglie da
decine di euro anche al supermercato ma non è ancora disposto a ricompensare
le punte di eccellenza (perché non ha gli strumenti per valutare che
dietro i pressi super ci sia un prodotto super). Lo storico ribelle è però la
punta dell'iceberg di una storia e di una geografia di eccellenza
casearia. E può servire a promuovere (per trascinamento di immagine)
anche gli altri formaggi orobici. Tutti hanno quindi interesse a far
conoscere, attraverso nuove proposte turistiche la loro storia e il
loro territorio.
Nel Centro del bitto storico ribelle le perfomance si sono susseguite
in rapida
successione. Dopo il rito della forma decennale è la volta del concerto
per Alphorn di Martin Mayes. Mayes è un cornista particolare: non è
svizzero ma scozzese (e risiede a Torino), non ha uno strumento di
legno ma di fibra di carbonio. Va riconosciuto che lo strumento di
Mayes è molto versatile anche se non tradisce la discondenza sonora
dell'originale in legno. Martin, con il suo Alphorn, suona musica jazz.
Lo ha fatto anche con concerti a N.Y..
Il rivestimento in legno dello spazio e
le stesse forme vetuste di storico ribelle garantiscono un'ottima acustica.
Non solo, ma l'atmosfera risulta particolarmente congegnale ad uno
strumento nato sugli alpeggi che produce qui le sue note in presenza
delle forme del re dei formaggi d'alpeggio (re non perché fosse
migliore di altri ma perché, a prezzo di una lotta strenua ha saputo
restare il più possibile sé stesso). Alla fine Martin commenta: "ho suonato in
tanti posti ma rare volte mi è capitato di provare un'emozione come
qui". Una frase che da sola ricambia tanti sacrifici
sostenuti per creare e mantenere questo "santuario" che non è solo del
formaggio ma dei valori della montagna.
È il turno di Luca. La favola teatralizzata che recita è
una delle tantissime ispirate al mito dell'Homo selvadego, un mito che qui è
di casa. Lo ascoltano con attenzione i ragazzi del coro di Davide Riva
(qui, finalmente, di fronte con la maglia azzurra). Le vetuste forme di
storico ribelle appese alle travi del soffitto paiono ascoltare
anch'esse la fiaba. Non è, del resto, una storia di magia a favola
(costruita su materiali folklorici della val Poschiavo) quella recitata da
Luca?
Il
Selvadego è uno dei simboli dei ribelli del bitto, dell'antica sapienza
che non accetta le banalizzazioni, i compromessi che snaturano una
bella e antica realtà, come quella del bitto della storia (travisata
dalla distorsiva dop). I ribelli anni fa
erano gratificati con l'epiteto di "trogloditi" (selvatici quindi!) dai
"modernizzatori", da
coloro che sostenevano in modo presuntuoso e arrogante che gli alpeggi
erano destinati a finire e che
per l'intanto si deveva approfittare dei contributi (fin che
c'erano) pompando però le
poche vacche da latte alpeggiate con i mangimi e producendo un falso
bitto con i fermenti
industriali. Va poi ricordato che nella valle del Bitto c'è il museo
dell'Homo selvadego che ha valorizzato l'affresco del
"Selvatico",
datato1464, opera dei "bergamaschi" (ma provenienti da pochi km in linea d0'aria) Simone e Battistino Baschenis.
Il Selvadego è anche un simbolo della
Dorsale, della fondamentale unità di genti e cultura tra i tre versanti
che convergono nella mole del Pizzo dei Tre Signori. Un altro
Baschenis (la dinastia dei pittori di Santa Brigida) affrescò qualche
anno dopo un'altro Selvadego. Trattandosi di un affresco di una chiesa
(quella antica di Santa brigida) venne "cristianizzato" identifico il
nostro con Sant'Onofrio. Ma, sotto la tenue "copertura", la natura
druidico-sciamanica di questo Selvadego (corruzione della divinità
celtica Dagda, il dio della clava magica) è più che palese: lo denuncia
il rosario di funghetti allucinogeni (per il "viaggio" sciamanico).
Funghetti che peraltro si trovano sui pascoli (Psilocybe) non così
rari.
Come se non bastasse il Selvadego ha una
cintura di rami di quecia (i druidi erano gli "uomini della quercia") e
un bastone (nodoso) a tau che simboleggia gli eremiti. Ma chi erano gli
eremiti? Gli uomini della grotta, laddove la grotta è la struttura per
il "passaggio" negli altri mondi, quelli dove gli sciamani viaggiavano
incontrando gli spiriti che interrogavano per potevano rispondere alle
esigenze poste dalla comunità che si rivolgeva loro.
Nella casera dello storico ribelle molto
parla del Selvadego, vero nume protettivo invocato dai ribelli del
bitto (che ne hanno tanto bisogno avendo tutte le lobby e i poteri
forti contro di loto). Non molti giorni fa un giovane grafico, gabriele
Pino, dopo aver visitato il Museo dell'Homo
selvadego e gli alpeggi ha elaborato la sua visione del
Selvadego aggiungendo una nuova favola: quando un bambino destinato/a a
divenire casaro dello storico ribelle nasce, il Selvadego gli consegna
alcuni regali magici e lo inizia con la formula magica "Avrai spalle di
roccia e un cuore caldo come il latte". Così nascono le favole, sulla
radice di antichi miti. Questo Selvadego ha anche le corna (emblema di
forza, fertilità e sovranità, ma anche antenna capace di captare i
segnali di una dimensione spirituale superiore). La modernità, che
esalta il basso, l'interesse immediato, la conoscenza per far soldi (e
non per elevare lo spirito e accumulare sapienza), ha ribaltato il
significato delle corna legandolo a storie di mariti traditi e squallori
simili. Un
meccanismo trasparente di discredito di ciò che era elevato e sacro. Ma non si dia però la colpa al cristianesimo perché
Mosé e San Pietro sono stati raffigurati cornuti.
Dopo
questa divagazione torniamo alla bella mattinata del 13 luglio. Al
santuario dello storico ribelle sono arrivati con la carovana di Orobie
anche altri personaggi. Tra questi non possiamo non citare Mario Curnis,
il decano degli alpinisti bergamasci (che a 80 anni è ancora impegnato
in notevoli scalate e che ha passato una vita tra le Orobie e
l'Himalaya).
Poi
Carlo Mazzoleni cui si devono i più bei ritratti di casari e alpigiani
delle Orobie (basti pensare a quelli di Guglielmo Locatelli scompardo
da poco e vero "monumento" delle Orobie casearie).
Ora, grazie alla visibilità offerta dal
Viaggio (e dai suoi prodotti) si tratta di lavorare per riannodare i
fili dispersi. Remando sincronizzati (ovviamente nella medesima
direzione). Servono una (o più) associazioni con la mission di far vivere
la Dorsale raccordando tutti gli attori, promuovendo continue
iniziative. Gli spunti non mancano, le intelligenze e le passioni
nemmeno. E allora? Cosa aspettiamo?
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