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(13.02.11) La cultura urbanocentrica svuota la montagna
Riportiamo l'articolo di Tarcisio Cima pubblicato dal "Giornale del
popolo" il 21 gennaio 2011 con il titolo 'La montagna svuotata' Il
Canton Ticino gode larga autonomia ed ha un territorio al 100% montano.
Eppure si 'pensa' come un'area urbana e la tendenza è a dimenticare che
le Alpi hanno bisogno di città ma che il ruolo di queste ultime può
rafforzarsi proprio in quanto città alpine leggi tutto
(23.06.16) Nuovi montanari che vengono da lontano un fenomeno ambivalente
Apriamo con un lavoro su turismo alpino e immigrazione inviatoci da
Andrea Membretti, sociologo del territorio, un dibattito su un tema tra
i più sensibili: immigrazione neocomunitaria e extra-comunitaria nelle
Terre alte leggi tutto
(09.09.13) Lasciateci almeno delle riserve indiane
Piuttosto che essere del tutto scacciati dalla wilderness lasciateci
delle ZPS umane. A lanciare la provocazione è l'associazione Alte
Terre. Un'associazione di resistenza sociale montanara delle valli di
Cuneo. "Siamo
noi montanari in via di estinzione , creiamo delle riserve
indiane senza orsi e lupi per difendere la biodiversità culturale umana
che rischia di sparire". leggi tutto
(05.09.13) Per una politica delleTerre Alte
In
vista dell'incontro a Coumboscuro di domenica 9 presentiamo gli atti
del Convegno di Sondrio del giugno 2012 dal quale scaturitono 5 punti
su cui impostare la futura azione politica. Un contributo alla
documentazione del percorso sin qui seguito dal dibattito
politico-culturale sulle Terre Alte leggi tutto
(03.09.13) In difesa delle Terre Alte
Quest'anno Amamont organizza il suo evento annuale nelle valli Maira e
Grana all'estremo occidente alpino, incontrando due associazioni che
condividono il tema sociale. delle Terre Alte. Un'occasione per
riprendere il filo di un percorso che si snoda nelle Alpi dai tempi
dell Carta di Chivasso, che viene riproposto anche in forma
transfrontaliera e che punta a un nuovo patto tra piano e monte leggi tutto
(20.08.13) La rinascita delle comunità locali una risposta strategica alla crisi
Il sociologo territorialista De La Pierre, attento ai temi della
rinascita comunitaria e della progettualità locale autosostenibile,
invidua nella profonda crisi presente, una straordinaria opportunità di
rinascita comunitaria. De La Pierre rintraccia un filo comune in quanto
sta avvenendo nei borghi già abbandonati dell'Appennino, in Brasile,
nella Grecia che rinasce quando la crisi sembra disperata, in una inedita Lombardia leggi tutto
(13.02.12) Le montagne si parlano
Un
primo incontro a Sondrio sabato 18, un secondo a Edolo per dire che la
montagna alpina lombarda si parla senza passare dalla pianura, che
l'organizzaizone in provincie è superata. Incontri paralleli in
programma in Piemonte e poi entro la primavera un grande convegno sui
temi dell'autogoverno della montagna. Con il coraggio di guardare a
prospettive radicalmente nuove. Con la voglia di fare smettendo di
chiedere leggi tutto
(03.02.12) Montagna: crisi e recupero di autogoverno
Pubblichiamo
gli interventi del Seminario di Milano del 10 dicembre su: "La
Montagna di fronte alla crisi". Uno spunto per un dibattito aperto
che vuole arrivare alla definizione di una "Carta per l'autogoverno
della montagna" da presentare a Sondrio in un convegno da tenersi entro
la primavera di quest'anno. Oltre a commentare ogni intervento online i
lettori possono inviare loro contributi ai temi del dibattito aperto leggi tutto
(11.12.11) Milano. Parte una iniziativa politico-culturale per le Terre alte
Si
è svolto ieri presso l'Associazione consiglieri (al Pirelli) un
seminario coordinato da Robi Ronza su: "La montagna di fronte alla
crisi!". Partito da una proposta di Quaderni
Valtellinesi (Dario Benetti) e Ruralpini(Michele Corti) il
seminario era stato preparato con un incontro cui hanno partecipato
anche Ronza (Confronti), Mariano Allocco (Patto per le Alpi
piemontesi) e Giancarlo Maculotti (Incontri TraMontani). Ora si
avvia una fase di serrata discussione e confronto (via internet) per
arrivare a un Manifesto/Carta dell'autogoverno delle Terre
alte e a un convegno a Sondrio, città al centro delle Alpi. Con lo
scopo dichiarato di dare espressione politica (ma non
c'entrano i partiti tradizionali) a quel fiume carsico dell'autonomia e
libertà alpina che prese origine con la Carta di Chivasso ('44) e
proseguì con quelle di Sondrio ('86) e di Coumboscuro ('87) e, più
di recente ('06), con il Patto per le Alpi piemontesi. Con l'idea di
passare dalle "Carte" all'azione. leggi tutto
(28.05.11) Ricominciare dalla montagna?
Il
titolo del saggio di Gianfranco Miglio (1978) è quanto mai attuale. Mai
come oggi la montagna è a un bivio. Può ispirare al resto della
società modelli utili a ripensare la gestione dello spazio, delle
risorse, comprese quelle umane o può essere cancellata come
realtà sociale. E ridotta ad un 'supporto fisico' colonizzato
materialmente e simbolicamente dalla civiltà megapolitana. In
vista di un 'ripensamento complessivo' della realtà della montagna è
utile ripercorrere le tappe della presa di consapevolezza della realtà
delle Terre alte. Una di queste è rappresentata indubbiamente dal
convegno di Sondrio dell'aprile 1986 (foto) nel cui ambito venne
redatta la 'Carta di Sondrio' che ripubblichiamo in vista di
nuove iniziative. leggi tutto
(24.11.11) Materiali. Contributi al dibattito sulle Terre alte (Incontro di Pradleves)
La
scorsa primavera si è svolto un incontro sulla "questione montana" a
Pradleves, un comune della valle Grana. In collaborazione con Mariano
Allocco, che figurava tra gli organizzatori dell'evento, pubblichiamo
gli interventi più interessanti nel contesto dell'attuale dibattito "la
montagna alpina nella crisi": quelli di Annibale Salsa, Werner Bëtzing
e quello dello stesso Allocco. Nelle prossime settimane Ruralpini
intensificherà la pubblicazione di contributi sul tema che possono
essere proposti o segnalati anche dai nostri lettori. leggi tutto
(01.10.11) Montanari dissodatori di ieri, montanari di oggi, montanari futuribili
Giancarlo
Maculotti è l'animatore degli Incontri Tra/Montani che la scorsa
settimana a Carcoforo (alta Valsesia) sono giunti alla ventiduesima
edizione. Le riflessioni che ci consegna a commento del convegno si
inseriscono nel dibattito sulla 'chiusura della montagna' innescato
dalla serpeggiante proposta di abolizione dei piccoli comuni. Vanno
però al di là delle vicende istituzionali vissute in prima persona da
Giancarlo in quanto sindaco di Cerveno, un paese di 700 abitanti nella
media Valcamonica. Toccano i temi della 'montagna triste', dei giovani
che non ci sono o che se ne vanno, della problematica venuta di 'nuovi
montanari'. Un contributo disincantato e stimolante al dibattito
che Ruralpini ha aperto su: "La montagna nella crisi" leggi tutto
(27.09.11) La montagna dentro la crisi: verso la desertificazione o un recupero di autonomia e di identità?
I
recenti dibattiti sulla chiusura dei piccoli comuni e sui ‘costi’ del
mantenimento della popolazione montana impongono una reazione. Se la
montagna fosse libera dall’oppressiva regolamentazione burocratica e
dai vincoli che le impediscono di valorizzare le proprie risorse
(umane, energetiche, faunistiche ecc. ) potrebbe fare a meno del tutto
delle elemosina delle istituzioni ‘superiori’. Riprendere autonomia,
capacità di autogestione, identità è, per la montagna, la strada per
evitare di divenire un deserto verde e per uscire rafforzata dalla
crisi. Ruralpini lancia la proposta di un convegno su questi temi. leggi tutto
(24.05.11) Meno stato più comunità nelle Terre alte
Dalle
scuole parentali agli alberghi 'informali' delle 'donne di montagna',
ai gruppi di consumo arrivano segnali della volontà delle terre
alte alpine di voler tornare a gestirsi sulla base delle mai sopite
tradizioni di gestione comunitaria. Lo stato, la burocratizzazione e
istituzionalizzazione di ogni aspetto della vita economica e sociale,
devono fare un passo indietro. E le terre alte diventeranno un modello
vitale. leggi tutto
Articoli per argomenti
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Prospettiva Villaggio
Una proposta per lo sviluppo della montagna ticinese
di Tarcisio Cima
(07.05.18) Una volta si diceva che i politici si
ricordano delle valli e della montagna solo in occasione delle campagne
elettorali. Oggigiorno vien da dire che nemmeno più durante i periodi
elettorali i politici si ricordano delle valli e della montagna. Il
dibattito è costantemente monopolizzato dai temi e dai punti di vista
delle aree urbane. Il concetto, falso e bugiardo, di Città-Ticino viene
inculcato agli allievi di ogni ordine di scuola, dall'asilo all'USI [Università della Svizzera italiana], ed
è ormai entrato a far parte del linguaggio comune. Ora l'autorevole
Istituto delle ricerche economiche (IRE) vorrebbe spingere ancora più
in là l'ossessione urbano-centrica predicando l'urgenza di costruire,
entro il 2025, un Ticino Urbano. Fa bene il Ticino a preoccuparsi della
sua componente urbana, confrontata con i tipici problemi derivanti da
uno sviluppo quantitativo troppo spinto e disordinato. Fa male il
Ticino a trascurare il suo vasto territorio rurale e montano. Qui ci
sono potenzialità la cui liberazione, in un Ticino finalmente unito e
coeso, può contribuire a risolvere anche i problemi delle aree urbane.
Non solo ci sono potenzialità, bensì dinamiche positive in atto da
tempo, di cui un Ticino concentrato sul proprio ombelico urbano fa
fatica ad accorgersi. Potenzialità e dinamiche positive ruotano attorno
al villaggio. Il villaggio inteso quale forma specifica
dell'insediamento umano nel territorio. Da alcuni decenni i villaggi
rurali e montani del Ticino hanno avviato una «seconda vita», molto
diversa da quella tradizionale, ma non meno meritevole di essere
vissuta, per il proprio bene e per il bene dell'intera comunità
cantonale. Una nuova vita che chiede solo un po' di attenzione e di
riconoscimento per potersi sviluppare e crescere armoniosamente. In
questo consiste la Prospettiva Villaggio.
Il villaggio nel mondo
A livello planetario il villaggio quale struttura
primordiale dell'insediamento umano nel territorio è in
profonda crisi. Le statistiche dell' ONU ci
dicono che da alcuni anni la popolazione che vive in città ha
ormai superato in numero la popolazione che vive
nelle campagne. Le previsioni sono unanimi nel considerare che
l'esodo rurale e la con- centrazione in agglomerati
urbani sempre più grandi continueranno anche nei
prossimi decenni. Divergono solo nell'indicare l'intensità e la
velocità del movimento. L'umanità sta tuttora
vivendo un esodo di proporzioni gigantesche - in confronto
l'esodo biblico, l'esodo per antonomasia, ci appare come una
tranquilla scampagnata domenicale - che coinvolge
costantemente milioni di persone in cammino verso la
città, sospinte dalla speranza di trovarvi un futuro migliore (o
almeno accettabile) per sé e per i propri
figli. Una speranza che spesso, almeno per sé, viene poi dolorosamente
tradita. Bisogna ammettere che negli ultimi decenni si sono
intensificati, a tutti i livelli e in quasi tutte le parti del mondo,
gli sforzi per gestire meglio e rendere più vivibili le città e le
metropoli. Le migliori menti del pianeta - architetti, geografi,
ingegneri, economisti, pianificatori, sociologi, psicologi, filosofi,
scienziati di ogni campo e politici - sono lodevolmente impegnati nella
ricerca di soluzioni per i problemi ai quali sono confrontate le aree
urbane. E i risultati positivi di questi sforzi in termini di migliore
vivibilità di quelle aree cominciano a farsi vedere, credo anche nei
paesi in via di sviluppo. Calamità e guerre permettendo. L'abbandono
delle zone rurali è invece sempre stato vissuto, ad ogni latitudine,
con grande fatalismo e rassegnazione, come qualcosa che non si può
contrastare o, perfino, che non si deve contrastare perché solo nella
città ci sarebbe salvezza. Questo non solo a livello dell'azione
concreta e degli investimenti di risorse, ma già a livello del
pensiero, della riflessione e della ricerca di soluzioni. Nei paesi in
via di sviluppo ad occuparsi seriamente delle aree rurali sembra essere
rimasto ormai solo un drap- pello di eroi e di santi, generosi e
idealisti, tanto ammirevoli quanto impotenti nel contrastare il
movimento di abbandono e di fuga incessante verso la città. Anche in
India e in Cina, giganteschi labora- tori del mondo che sarà, tutto
sembra essere orientato sulle aree urbane e sulla continua espansione
delle megalopoli. Così, a livello planetario, mentre ci trastulliamo
con l'immagine - ormai abusata e quindi vuota di senso - del «villaggio
globale», il villaggio vero e concreto, il villaggio «in carne ed ossa»
si svuota, deperisce e muore. Eppure a me sembra così evidente che la
soluzione degli immani problemi che affliggono l'umanità intera, ma
anche le aree metropolitane - dai disastri ambientali alla penuria
energetica, dall'emergenza alimentare alla scarsità di acqua potabile,
dalle crisi sanitarie al degrado sociale e culturale - non possa
prescindere da un minimo di riequilibrio nella distribuzione della
popolazione sul territorio, che a sua volta può essere raggiunto solo
attraverso la promozione, la valorizzazione e lo sviluppo della
vastissima realtà non urbana, attraverso un ampio movimento a ritroso,
di pensiero e di azione, dalla metropoli verso la grande, la media e la
piccola città, il borgo, giù fino al villaggio più sperduto.
Il villaggio in Ticino
Alle nostre latitudini, in Ticino, il processo di urbanizzazione è già
da tempo molto avanzato. Si calcola che almeno l'80 % della popolazione
cantonale risiede in un contesto urbano. Anche se faccio fatica a
considerare urbane, come si fa invece nelle statistiche ufficiali, zone
come la Bassa Vallemaggia, le Terre di Pedemonte, la Valle di Muggio,
la Capriasca e ora pure... la Valcolla. Trovo anzi che questa tendenza
a gonfiare statisticamente la realtà urbana rappresenti una delle tante
forme che as- sume la prevaricazione culturale della città nei
confronti della realtà rurale e montana. Comunque sia, se non proprio
l'80%, almeno 2/3 della popolazione ticinese risiede nelle zone urbane.
Ciononostante, diversamente da quanto è successo e sta succedendo in
molte parti del mondo - anche nella progredita Europa - le nostre zone
rurali e montane non sono state abbandonate, complessivamente le nostre
valli non sono in declino irreversibile, nessuno dei nostri villaggi,
nemmeno fra quelli più discosti, è moribondo. L'agricoltura, anche se
ridotta all'osso per numero di occupati, è ancora ben presente ed ha
accentuato il suo ruolo nella cura del territorio e del paesaggio.
Credo che in Ticino non ci rendiamo ben conto della fortuna che
rappresenta il fatto di aver preservato la vitalità socioeconomica
delle valli e della montagna. Ciò che costituisce invece motivo di
meraviglia e di ammirazione per ogni visitatore esterno attento e
perspicace.
La «seconda vita» dei nostri villaggi è già cominciata da tempo, anche se pochi se ne sono accorti
Certo la realtà socioeconomica delle nostre valli è profondamente
mutata rispetto a quella che era anche solo 50-60 anni fa. I nostri
villaggi, soprattutto quelli più periferici, non sono più quelli di una
volta. Probabilmente non lo saranno mai più. Una proporzione rilevante
della popolazione che risiede nelle valli già da tempo lavora nelle
agglomerazioni urbane. Nei villaggi più discosti anche la funzione
della residenza primaria si è ridotta fino a diventare molto esigua. Ma
nel frattempo le nostre valli, i nostri villaggi, non si sono lasciati
andare, hanno saputo adeguarsi alla nuova realtà, hanno trovato nuove
funzioni, nuovi ruoli, non meno importanti per la comunità cantonale di
quelli che detenevano in precedenza. Pur fra tante difficoltà, sono
ancora ben vivi e animati. Pian piano, senza clamori e senza proclami
hanno avviato quella che mi piace definire una «seconda vita» e che
forse dovrei chiamare, per farmi ascoltare dal Ticino che conta (e che
se la tira), «a second life». Sta tutto qui la Prospettiva Villaggio:
dare forza e far crescere armoniosamente questa «seconda vita» già da
tempo avviata nei nostri villaggi. Niente di particolarmente
innovativo, bensì la prosecuzione, l'intensificazione e il
miglioramento di quanto è stato fatto con tanta buona volontà e
passione negli ultimi 30-40 anni. Un processo virtuoso che purtroppo da
una decina di anni sta segnando il passo: grossomodo da quando un'inconsistente Nuova Politica Regionale ha preso il posto della vecchia cara LIM [ Legge federale sull'aiuto agli investimenti nelle regioni montane, in vigore sino al 2007] che si è voluto anzitempo rottamare.
Una prospettiva molto concreta
Dal punto di vista concreto e operativo la Prospettiva Villaggio
si vuole concentrare sulla rivalutazione sistematica del patrimonio
costruito dei nostri villaggi. Ogni volta che mi capita di visitarne
uno qualsiasi rimango impressionato dalla quantità, la varietà e il
pregio del patrimonio architettonico esistente dentro e fuori il
perimetro delle zone edificabili. Nel corso degli ultimi trent'anni si
è investito molto, nel pubblico e nel privato, per la salvaguardia, il
risanamento e il riuso di questo patrimonio, di quello religioso come
di quello civile, dagli oggetti monumentali fino a quelli più umili e
comuni. Diversi nuclei tradizionali sono stati risanati e rivalutati in
modo esemplare. Anche nei villaggi più discosti, dove la presenza della
popolazione residente permanente si è ridotta ai minimi termini, la
qualità degli insediamenti (edifici, infrastrutture, spazi pubblici,
viabilità) è sostanzialmente migliore rispetto a quella degli anni '70
del secolo scorso.
Si può fare di più, con poco
Una parte ragguardevole del patrimonio costruito tradizionale è
tuttavia sottoutilizzato, inutilizzato o abbandonato e quindi a termine
è minacciato di deperimento e di rovina. E questo un capitale
rilevantissimo composto, ad occhio e croce, di alcune decine di
migliaia di edifici, senza considerare i rustici situati fuori dalle
zone edificabili. La Prospettiva Villaggio
si fissa proprio su questo: il recupero, il restauro, il risanamento,
la ristrutturazione di questo patrimonio che giace inutilizzato o
abbandonato, mediante interventi finalizzati al riuso nelle più diverse
direzioni: abitazione primaria, residenza secondaria, alloggio
turistico, altre attività economiche e di servizio, pubbliche e
private, ma anche per la conservazione di testimonianze storiche ed
etnografiche. Il tutto mettendo al centro dell'attenzione e dell'azione
la struttura-villaggio con le sue sapienti e complesse articolazioni
concrete sul territorio, compresi i percorsi pedonali e i sentieri che
le mettono in relazione tra di loro. Struttura-villaggio, da rivalutare
e da far rivivere, non però nell'ottica nostalgica di chi vorrebbe far
tornare «i bei tempi andati», spesso idealizzati, mediante improbabili
operazioni di ripopolamento, bensì adeguandola costantemente alle
esigenze e alle aspettative dell'oggi. Resisto alla tentazione di
adottare la formula ad effetto di «Villaggio-Ticino». Sarebbe
un'evidente forzatura speculare a quella insita nel concetto di
«Città-Ticino». Anche perché la realtà dei villaggi ticinesi è
estremamente diversificata. Si va dal villaggio montano più discosto,
abitato in permanenza da pochissime persone a quello popoloso,
cresciuto ai margini della città. Senza dimenticare le «ville» della
Val Malvaglia e le «terre» della Val Bavona, non più abitate in
permanenza ma non per questo meno vitali e preziose. Questa grande
diversificazione, che certo non riguarda solo la dimensione
demografica, fa anche la sua grande ricchezza. Direi quindi piuttosto
di un «Ticino dei villaggi» al quale vanno riconosciute pari dignità e
pari opportunità rispetto al «Ticino dei borghi e delle città».
L'obiettivo di fondo della Prospettiva Villaggio
è molto semplice, quasi banale, eppure ambizioso: riuscire ad avere in
tutto il Ticino villaggi ben conservati e adeguatamente ammodernati
nelle strutture edilizie, meglio attrezzati nelle infrastrutture, più
ricchi di testimonianze del passato, più curati, ordinati e puliti,
inseriti in un territorio anch'esso salvaguardato nei suoi pregi. In
due parole, avere villaggi più belli e accoglienti. Villaggi più belli
e accoglienti vuol dire automaticamente villaggi più interessanti e
attrattivi: per mantenervi o stabilirvi la residenza primaria, per
mantenervi o avviarvi una qualsiasi attività di produzione o di
servizio, per passarvi dei periodi di vacanza come residente
secondario, come ospite di una struttura di accoglienza o come
turista-escursionista di giornata. O anche solo per gustare un caffè
sulla terrazza dell'osteria riaperta in quello che era, e che ancora è,
un incantevole mulino. A Castro per esempio.
Una prospettiva corale e partecipativa
Affinché possa essere attuata e avere un successo durevole, la
Prospettiva Villaggio non può essere calata dall'alto, ma d'altra parte
non può essere lasciata solo all'iniziativa spontanea che muove dal
basso. Deve essere il risultato di uno sforzo corale e organizzato di
tutti gli attori sociali, economici e istituzionali presenti sul
territorio.
A partire dai singoli privati cittadini che vivono e agiscono nel
territorio montano in qualità di residenti, primari o secondari, oppure
come conduttori delle più svariate attività economiche di produzione o
di servizio. Tutti questi sono chiamati ad assumere comportamenti
maggiormente compatibili e coerenti con la salvaguardia del patrimonio
naturale, ambientale e architettonico. Attraverso scelte che possono
essere molto impegnative, come ad esempio quella di riattare un
edificio esistente invece che costruirne uno nuovo occupando ulteriore
terreno vergine. Ma anche attraverso comportamenti che sono alla
portata di ciascuno, che possono perfino sembrare banali ma che invece
sono decisivi per rendere più belli e accoglienti, quindi attrattivi, i
luoghi in cui si vive, come curare l'aspetto esteriore degli edifici,
tenere pulite e in ordine le loro adiacenze, mettere dei fiori alle
finestre e sui balconi, coltivare gli orti. Non meno importante è il
ruolo che sono chiamate a giocare le Associazioni che gestiscono
attività e interventi di interesse pubblico nei più svariati campi
(sociale, culturale, ricreativo, sportivo, ecc.) e che anche
storicamente sono state un pilastro essenziale dello sviluppo
regionale. Qui mi riferisco in particolare alle associazioni che si
occupano della conservazione del patrimonio architettonico più
pregiato, promuovendo le iniziative, raccogliendo i fondi necessari,
gestendo i progetti fino al loro compimento. E impressionante vedere
quanto è stato fatto negli ultimi 30-40 anni grazie alla loro presenza,
sul patrimonio architettonico religioso come su quello civile, rispetto
agli oggetti monumentali, ma anche per la conservazione delle umili
quanto preziose testimonianze della civiltà contadina
Cantone e Confederazione: non solo belle parole
Quello che ci si può aspettare da Cantone e Confederazione per l'attuazione della Prospettiva Villaggio
è molto semplice. N o n l'istituzione di gruppi di lavoro e di
commissioni di esperti, non l'avvio di studi che durano 15 anni prima
che si batta un chiodo. Men che meno sono richiesti nuovi strumenti
pianificatori, né PUC, né PEIP, né PEPP né PIN, né PUK. I Piani
Regolatori comunali esistenti vanno bene e, se del caso, possono sempre
essere aggiornati. Non sono necessarie nuove misure edilizie e nuove
limitazioni del diritto di proprietà. Quelle che ci sono, ad esempio
per la protezione dei nuclei, sono in genere adeguate, e anch'esse se
necessario possono essere modificate. Altre misure edilizie dovrebbero
piuttosto essere eliminate o almeno sfoltite, come ad esempio quelle,
di natura vessatoria, imposte dalla Confederazione per la
trasformazione dei rustici. Certo che la nuova Legge federale sulle
residenze secondarie, appena approvata dalle camere federali in
applicazione della scellerata iniziativa Weber [finalizzata a porre un
tetto del 20% alle residenze secondarie](*), pone un enorme macigno
sulla strada della Prospettiva Villaggio.
In molti casi infatti la destinazione di un edificio a residenza
secondaria rimane l'unica alternativa all'abbandono e alla rovina.
Confederazione e Cantone sono chiamati semplicemente ad appoggiare
1'operazione Prospettiva villaggio
con adeguati finanziamenti. In primo luogo è indispensabile che dal
Cantone continuino ad arrivare ai Comuni, nell'ambito del sistema di
perequazione intercomunale delle risorse, i finanziamenti sufficienti
affinché questi ultimi siano in grado di far fronte ai propri compiti
di base e in una certa misura anche a quelli promozionali di cui si
diceva. Poi, da Cantone e Confederazione sono attesi i contributi
finanziari con i quali sovvenzionare generosamente, nel quadro di un
vasto, articolato e ambizioso programma di interventi, gli investimenti
volti alla rivalutazione del patrimonio costruito in tutte le sue
sfaccettature e articolazioni, eseguiti da chi vive ed opera sul
territorio, cioè i comuni e i patriziati, le associazioni, le singole
società e persone private.
Il Comune protagonista anche nella gestione
Assieme ai finanziamenti è necessario un minimo di apparato
amministrativo per gestirli adeguatamente e assegnarli ai beneficiari
finali. Rispetto a questo compito il Cantone dovrebbe assumere un ruolo
di coordinamento e di supervisione. La gestione operativa dell'aiuto
agli investimenti nell'ambito della Prospettiva Villaggio
dovrebbe essere lasciata il più possibile nelle mani dei Comuni. Anche
da un punto di vista più generale credo che il livello istituzionale
più adeguato per svolgere compiti di promovimento (economico,
turistico, culturale, ecc.) sia quello del Comune. Gli Enti regionali
per lo sviluppo (ERS) e le Organizzazioni turistiche regionali (OTR)
sono troppo estese sul territorio e godono di scarsa legittimazione
democratica. Il Comune ha invece tutti i requisiti, se può contare su
risorse finanziarie adeguate, per condurre un'azione di promovimento
seria ed efficace. Nelle singole valli, a partire dalla valle di
Blenio, un organismo, agile e leggero, di cooperazione tra i Comuni può
essere di grande utilità.
A mo' di conclusione
Non mi faccio molte illusioni che la Prospettiva Villaggio
venga presa sul serio dal Ticino che conta a livello politico e
istituzionale. Li vedo quasi tutti in altre faccende affaccendati. Per
carità, faccende importantissime e vitali per il futuro del Cantone, ma
quasi tutte incentrate sui problemi, i bisogni e le prospettive del
Ticino urbano. Mi voglio però illudere che queste mie riflessioni e
proposte possano contribuire a diffondere, non solo tra i politici ma
anche e soprattutto fra la gente comune, un p o ' più di attenzione
stavo per dire affetto per le zone rurali e montane del Cantone e la
consapevolezza del tesoro di inestimabile valore che costudiscono i
nostri villaggi.
(*) Ovviamente il senso dell'iniziativa legislativa non va valutato con
il metro della situazione italiana dove è stato lecito realizzare
residenze secomdarie anche nella misura dell'80-90%
Le fotografìe sono dell'autore e rappresentano tutte il villaggio di Dangio. L'articolo è stato pubblicato sulla Voce di Blenio dell'aprile 2015
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