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Le vittime del WWF
(parte seconda)

 


A seguito di un'inchiesta giornalistica del marzo 2019, i governi e le organizzazioni sovranazionali hanno sospeso finanziamenti a parchi africani gestiti del WWF e relativi progetti. Le denuncie delle  sistematiche atrocità commesse dalle "eco-guardie" del WWF erano note ma non erano riuscite sinora a superare la soglia dell'imbarazzo per gli stati che regalano al Panda i soldi del contribuente per finanziare "parchi fortezza" che impiegano l'80% dei fondi per la sorveglianza armata. Alla fine di novembre del 2020 è arrivato l'esito del rapporto commissionato a un panel indipendente dal WWF stesso. Che lo scagiona solo dalle responsabilità dirette, ma che ammette che i vertici del Panda, nonostante sapessero delle violazioni dei diritti umani, hanno continuato a pagare e premiare stupratori, assassini, torturatori. La responsabilità morale e politica non è penalmente perseguibile ma cosa faranno i finanziatori pubblici e privati della big corp della conservation world industry? Non succederà quasi nulla perché il conservazionismo militarizzato è sinergico al business turistico e, soprattutto, a quello della natura 2.0, mediata dalle piattaforme internet, settore trainante del capitalismo attuale.
 



Nel regime della post-verità il potere usa l'anti-razzismo come stigma per delegittimare il dissenso sociale, mentre si sente libero (decide sempre lui cosa è vero) di perseguire politiche colonialiste, razziste, militariste a danno delle popolazioni più deboli del pianeta, legittimandole con la "conservazione della natura" (a sua volta maschera di lucrosi business neoliberali).


di Michele Corti


vai alla prima parte dell'articolo


(11/01/2021) Nel marzo 2019 Buzzfeed news, un sito di informazione Usa (in Italia considerato credibile a seconda dei bersagli che colpisce), ha realizzato un'inchiesta  molto imbarazzante per gli ambienti mainstream, quelli che supportano l'ambientalismo alla WWF ma che, giusto onore di facciata, devono fingere di attenersi all'ideologia dei "diritti umani" (così utile per scatenare "guerre umanitarie", quindi da tenere nell'armadio).
L'inchiesta documenta ad abundantiam la violazione sistematica dei diritti umani nell'ambito dei parchi africani e asiatici da parte del WWF. 
Dopo un mese dal lancio dell'inchiesta la Charity Commission del Regno Unito, un organismo governativo di vigilanza sulle organizzazioni "caritatevoli" (sic), apriva un'indagine formale contro il WWF.  Nei mesi successivi l'Unione Europea, il Regno Unito, la Germania e gli Stati Uniti hanno sospeso finanziamenti per progetti e parchi gestiti dal WWF in Africa.

 
Ma l'indagine di Buzzfeedè veramente qualcosa di nuovo? Essa è risultata di difficile "digestione" da parte del Panda per due motivi: 1) oè basata su testimonianze non facilmente smontabili e, sopratutto, su una documentazione "filtrata" (leaked)  dall'interno del WWF tale da inchiodarlo (non possono dire di non aver saputo perché le carte e le date dei rapporti sepolti, non troppo bene, negli archivi di Gland...cantano); 2) il canale di informazione attraverso la quale è stata resa nota ha larga diffusione ed è considerato "liberal" (quindi non facilmente stigmatizzabile dal mainstream custode dell'ortodossia politica).



Il WWF, al seguito dell'inchiesta di Buzzfeed e alle rivelazioni del Kathmandu post (limitatamente al Nepal), ha aperto un'indagine interna affidata ad esperti "indipendenti" che è stata resa pubblica il 20 novembre scorso (ci torneremo tra poco).  Va considerato che solo le circostanze denunciate da Buzzfeed e dal Kathmandu post sono state prese in esame. Come documentato nella precedente parte di questo contributo  Esso si è però rifiutato di rispondere puntualmente alle circostanziate accuse di Buzzfeed come richiesto dal sito. Inoltre, nel frattempo si sono aggiunte altre accuse, tra cui quelle veicolate da un servizio della televisione olandese di cui abbiamo reso conto nella prima parte (vai a vedere).



Importanza e limiti dell'inchiesta di Buzzfeed

Se, da una parte, l'indagine ha avuto il merito di far filtrare per la prima volta,
anche sui grandi media, lo scabroso tema delle atrocità commesse in nome del conservazionismo , dall'altra essa ha attirato l'attenzione solo sulla punta dell'iceberg, ovvero sulle atrocità, i crimini (omicidio, tortura, strupri, pestaggi) e, al massimo, sul clima di repressione, intimidazione, delazione instaurato tra le popolazioni che vivono ai margini delle aree protette. Restano sullo sfondo le modalità con le quali i parchi sono state istituiti e vengono gestiti: assenza di consenso delle popolazioni, privazione delle loro fonti di sussistenza tradizionali, trasferimenti forzati, marginalizzazione, metta alla mercè di autorità e gruppi etnici prevaricatori con i loro gruppi armati (in Centro Africa).

Non mi dilungo su questi punti che ho già ampiamente trattati qui su Ruralpini (vai a vedere) se non per insistere sul fatto che le violenze sono un aspetto strutturale, connesso ad una situazione complessiva di oppressione. Le aree protette e le modalità di attuare la "conservazione" militarizzando i parchi (la "conservazione fortezza") e affidandone la protezione a forze paramilitari brutali (a volte anche corrotte), sono di per sé un crimine, una violazione dei diritti umani e quindi indignarsi per singoli episodi criminali filtrati attraverso le maglie dell'oppressione e della povertà imposte alle popolazioni native è pura ipocrisia.

I fatti penali  non possono che rimandare a responsabilità personali, all'ultimo anello della catena. E il WWF, da brava big corp, sa bene come non sporcarsi (troppo) le mani. I rapporti tra le rappresentanze nazionali dell'organizzazine, i governi dei paesi che "ospitano" i parchi, le strutture operative che gestiscono i fondi (spesso terze) e che dirigono le operazioni sul campo sono talmente complessi e poco trasparenti da impedire di risalire alle responsabilità decisionali. Lo scaricabarile è facilissimo.


Kinessa Johnson, già incursore in Afghanistan, è l'idolo degli ecoguerrafondai da tastiera, odiatori che riversano sui "bracconieri" tutte le loro frustrazioni e gioicono quando la "conservazione della natura", dell'eden pacifico del loro immaginario bipolare, si trasforma in una feroce caccia all'uomo che implica una totale disumanizzazione del  "bracconiere" o sospetto tale che, nei resoconti è "abbuttuto" come un animale.  Nota la pubblicotà del WWF è nella pagina originale dell'Indipendent. Per il suo business il WWF considera la pagina golosa. Infatti appena si toglie l'ADblock per la pubblicità appare un delirio di finestre di pop up che invitano a mettere nel carrello della spesa animali virtuali. "Regala un lupo" (residuo di campagna natalizia per "adottare un lupo", alla fine solo immagini virtuali per  gonfiare le entrate del wwf sfruttando la dabbenaggine del pubblico)

Tutto tranne il fucile e il proiettile

Dopo una fase iniziale di costituzione dei grandi parchi, infatti, le attività di sorveglianza armata delle aree protette in Africa centrale e in Asia sono state attribuite ai governi. Ma, specialmente in Africa, le strutture governative sono debolissime e corrottissime e dipendono dagli aiuti governativi e non governativi dei paesi "sviluppati". Quindi esse rappresentano una foglia di fico. In ogni caso, in Africa, solo le armi da fuoco vengono fornite alle "eco-guardie" dai governi locali, mentre il WWF finanzia tutto il resto: addestramento, equipaggiamento, automezzi, alloggi e, elemento decisivo per giudicare sulla responsabilità politica e morale, paga il soldo alla truppa.

 La gran parte del budget della gestione dei parchi gestiti (o co-gestiti con i governi) dal WWF, nei paesi dove sono state registrate le violazioni dei diritti umani, è destinata alla  sorveglianza armata e alla repressione del bracconaggio (una voce che comprende attività di vera e propria repressione delle popolazioni che con il bracconaggio speculativo nulla hanno a che fare).  Se il WWF, grazie all'abile scissione di responsabilità,  attuata mettendo le guardie alla formale dipendenza dai governi può chiamarsi fuori dalla diretta responsabilità delle atrocità, non può chiamarsi fuori dalla responsabilità politica e morale.



I vertici internazionali del Panda hanno ricevuto, da ormai non pochi anni in qua, come ha provato Buzzfeed, diversi rapporti interni che mettevano nero su bianco che le guardie del WWF (pagate, addestrate, equipaggiate dal Panda) sono, in diversi parchi, responsabili di pratiche sistematiche di tortura, oltre che della creazione di un clima di terrore e sopraffazione.



L'inchiesta basata su più di 100 interviste ma, soprattutto, su migliaia di pagine di documenti compromettenti: bilanci, email su acquisti di armi, relazioni interne. Le prove riguardavano due paesi asiatici (Nepal e India) e quattro africani: Repubblica centrafricana, Cameroon, Repubbica democratica del Congo.



In concreto le accuse hanno riguardato:

  • La pratica della tortura, strupri, omicidi da parte delle forze para-militare finanziate dal WWF;
  • Il ruolo del personale del WWF nell'ambito delle attività anti-bracconaggio con spietate truppe d'assalto;
  • L'approvazione della stategia delle esecuzioni extragiudiziarie (shoot to kill, sparare a vista) ai trasgressori, o presunti tali, colti a violare le norme di un parco (o sospettati di farlo) formulata da un direttore di parco che ha provocato dozzine di morti;
  • La fornitura da parte del WWF alle eco-guardie di addestramento, equipaggiamento, salari , coltelli, equipaggiamenti antisommossa, bastoni oltre al coinvolgimento, nella Repubblica centrafricana, in un affare di acquisto di fucili d'assalto da una milizia talmente brutale che ha sfilato per le strade sulle jeep con le teste mozzate di presunti "criminali";
  • L'organizzazione di un sistema di spionaggio e di delazione finalizzato a individuare i "sospetti bracconieri" instaurando un clima di terrore e repressione. 


Cameroon

Sin dal 2012 (ahi, ahi) il WWF sapeva che i suoi sgherri commettevano soprusi ma una lunga serie di rapporti interni ed esterni non ha fatto cambiare la politica del Panda (tenere a mente la cronologia, perché essa inchioda il WWF e inficia il rapporto parzialmente assolutorio del 2020). Sin dal 2015 il WWF aveva nelle mani un rapporto interno, commissionato ad un esperto locale di problemi indigeni, Mochre Mwuenge, che riferiva come  il WWF in Cameroon era a conoscenza dei raid notturni contro i villaggi (a base di saccheggi e bastonature), effettuati dagli sgherri assunti dal governo ma pagati dal WWF. Interrogato da Buzzfeed, Mwenge ha riferito che il WWF non rese noto il rapporto perché rappresentava un pesante atto di accusa.

Avevamo compreso che era il WWF che mandava queste guardie, era il WWF che le pagava, era il WWF che faceva tutto ha sintetizzato Mwewnge.  Un fatto evidente se si considera che i governi africani sono evanescenti, che tutto passa per la corruzione e le clientele e che i soldi del WWF e delle altre Ong sono la sola cosa che interessa le camarille che si spartiscono il potere sotto il pallido ombrello delle strutture governative.  Nel Lobéké National Park, uno dei parchi del Cameroon oggetto del rapporto di Mwenge, le atrocità datavano ormai da parecchi anni. Da quando, nel 1999, l'area protetta era stata istituita cacciando i suoi abitanti di etnia Baka (pigmei). Da documenti di bilancio segreti emerge come il personale del WWF operasse a stretto contatto con le forze governative del dittatore Biya. Il WWF pagava stipendi, costruiva le case per gli sgherri, li dotò di radio, telefoni satellitari, mezzi 4x4, TV, battelli. I milioni impegnati per l'area protetta furono utilizzati in prevalenza per le attività di pattugliamento e per i saccheggi dei villaggi sospettati di dare accoglienza ai bracconieri. 


Nel 2012, sempre in questo parco, una ricercatrice americana, Sarah Strader, sconvolta per aver assistito a un pestaggio da parte delle guardie si recò a un ufficio da campo co-gestito con il WWF e un funzionario governativo le spiegà candidamente che : noi li torturiamo quando non vogliono raccontare la verità. La cosa fu riferita a un alto dirigente del WWF che riferì al quartier generale svizzero del WWF. Ma la collaborazione del Panda con le guardie di Lobéké continuò.


Questi fatti dimostrano che il WWF sapeva degli abusi molto prima di quanto la commissione di inchiesta (quella che a fine novembre 2020 ha concluso i suoi lavori per tamponare gli effetti dell'inchiesta di Buzzfeed) sia stata disposta ad ammettere. Va inoltre precisato che, alle accuse di Mwenge contro il WWF corrispondevano quelle, molto circostanziate di Survival international (vai a vedere)

Mwenge concluse il suo rapporto sostenendo che il WWF era da ritenersi responsabile per gli abusi. Marco Lambertini, direttore generale del WWF, un mese dopo aver insabbiato il rapporto, rispose con asprezza a Survival International, rigettando ogni responsabilità sul governo del Cameroon e sostenendo che le accuse di Survival contro il WWF in merito al trattamento dei Bakra erano "untrue end insulting" (maggio 2014).

Nel frattempo, come risulta da altri rapporti interni che Buzzfeed ha potuto esaminare,  la politica a Lobéké non subì mutamenti e il WWF continuò a sostenere i ranger aiutandoli ad organizzare le scorrerie contro i villaggi.   Nonostante le dichiarazioni del WWF circa l'attivazione di un sistema di raccolta di segnalazioni di abusi, questi sono continuati come dimostrano le testimonianze raccolte di persone di etnia Bakra da Survival e da Buzzfeed. Le vittime degli abusi hanno inutilmente fatto pervenire al WWF le segnalazioni dei maltrattamenti da essi subiti (nel 2017 e nel 2018).



Nel 2018 un team inviato dalla Banca dello sviluppo tedesca per chiarire le circostanze arrivò alle stesse conclusioni del rapporto di Mwenge. Nel 2018 un'altra inchiesta interna commissionata dal WWF al giurista esperto in diritti umani Paul Chiy, inviata a gennaio a Marco Lambertini e  Dominic O'Neill ha documentato per le foreste del sud-est del Cameroon una situazione di gravi e diffusi abusi da parte delle guardie a danno dei nativi, in connivenza con e sotto l'occhio attento del personale del WWF.

L'autore sottolineava come le accuse lanciate dagli abitanti dei villaggi non solo fossero fondate ma fossero anche gravemente sottovalutate. La relazione di Chiy conferma come le atrocità dei ranger anti bracconaggio fossero quindi ben note al WWF prima dell'inchiesta di Buzzfeed.

Il dossier di Chuy è uno dei quattro di cui ha potuto disporre il WWF dal 2015. Il WWF l'ha tenuto secretato sino a che Buzzfeed ha sollevato il caso. Intanto il Panda ha continuatoa finanziare le attività nell'area in questione. 


La tortura e il terrore in nome della conservazione

Tra le atrocità segnalate nel rapporto Chiy figurano, oltre allo stupro di una donna, la tortura di un uomo cui era stato legato con una corda il pene a una puleggia. La corda veniva strattonata ogni volta che l'uomo non rispondeva alle domande. In un altro caso un uomo fu costretto a dormire per quattro notti in una cella allagata sino al livello del torace del malcapitato, colpevole di esserci acquistato una motocicletta, e per questo sospetto - agli occhi degli sgherri - per la sua disponibilità di denaro.

Un contadino raccontò che la sua famiglia venne torturata ripetutamente, la moglie violentata, il padre imprigionato sulla base di false accuse di bracconaggio. Dopo la violenza la donna venne ricoverata in ospedale e le forti spese sostenute per le cure impedirono all'uomo, restato senza soldi, di promuovere un'azione legale.

Un uomo fu costretto a mangiare crudo un pezzo della carne che stava portando al mercato. A seguito di ciò si ammalò e morì.  Per raccogliere le interviste Chiy e il suo team ebbero solo una settimana di tempo dovendo spostarsi su strade precarie da un villaggio all'altro dei parchi Boumba Bek, Nki, Lobéké. Verosimilmente se avesse avuto più tempo a disposizione avrebbe potuto raccogliere più testimonianze. Ma  per il WWF era già troppo così.



Repubblica democratica del Congo

Buzzfeed ha rivelato che il WWF, nell'estate del 2018, aveva condotto un'altra inchiesta interna relativa agli omicidi e agli stupri di gruppo commessi dagli eco-sgherri nel grande parco di Salonga nella Repubblica democratica del Congo dopo che Rainforest foundation aveva denunciati ripetuti casi di atrocità. Salonga è la più grande riserva delle foreste tropicali africane e Word Heritage site dell'Unesco. Una vetrina mondiale del conservazionismo. Dal 2015, il WWF co-gestisce il parco con il governo. Il funzionario al vertice del parco, con il comando di centinaia di guardie, è un dipendente bianco del WWF (nella foto sotto mentre riceve un fucile d'assalto) da un esponente governativo congolese). 


A seguito agli scandali di Salonga alcune guardie sono state sospese e altre licenziate ma il WWF si è rifiutato di rispondere alla domanda di Buzzfeed che chiedeva se le pattuglie anti bracconaggio del parco siano o meno ancora finanziate dal WWF.


Congo: "Gli indigeni accettano il parco". Ma non è vero

Nel 2010 il WWF riuscì a persuadere il governo del Congo a istituire il nuovo parco del Messok Dja. Nel 2016 la UE finanziò il WWF con un milione di euro per la realizzazione del parco.  Esso interessa 8.000 abitanti divisi in 17 villaggi e 50 comunità. Nel 2017 il WWF inviò un consulente per raccogliere informazioni e riferire sull'accettazione del parco. La parte del rapporto che riguardava l'opposizione di alcuni villaggi, che temevano la repressione da parte dei guardia-parco, non appare nella relazione inviata dal WWF alla UE. Trasparenza.



Torniamo in Asia. Il regime di terrore instaurato nel Chitwam Park in Nepal. Il WWF  riesce a evitare il processo a torturatori assassini e li premia

Buzzfeed si è occupato anche del Nepal in collaborazione con il Kathmandu post. Nel giugno 2006, Shikharam Chaudhary stava tornando a casa dopo aver lavorato nella risaia con la moglie quando venne arrestato dagli eco-sgherri e portato nel centro di detenzione di Kasara. Acevano ricevuto una "soffiata" da un sospetto bracconiere che informava le guardie che il contadino sapeva qualcosa di un certo corno di rinoceronte.  Le leggi nepalesi consentono di arrestare chiunque sia sospettato di coinvolgimento in fatti di bracconaggio ma anche per violazioni minori quali entrare senza autorizzazione in un sacro parco. Una settimana dopo il poveretto fu portato in stato di incoscienza nel cuore della notte all'ospedale di Bharatpur e, dopo due giorni, spirò. La narrazione della polizia si attestò sul fatto che l'uomo non stesse già bene e che svenne per un malore durante l'interrogatorio. Ma la moglie e sette testimoni affermarono che l'arrestato era stato sottoposto a pestaggio e torturato ogni notte trascorsa presso il centro di detenzione. I compagni di prigione riferirono che Shikharam mostrò loro le bruciature e le ferite. L'autopsia concluse che il poveretto era morto per lo schiacciamento del torace e i conseguente impedimento della respirazione. Un polmone era completamente nero a causa delle lesioni. Bruciature e ferite furono riscontrate in varie parti del corpo, sette costole risultavano fratturate, il corpo era completamente gonfio. Gli accusati negarono ogni responsabilità  nonostante le testimonianze a loro carico e i risultati dell'autopsia.

I rappresentanti del WWF organizzarono una campagna per difendere gli assassini cercando anche di convincere la vedova e il fratello della vittima a ritirare le accuse. Ma cenza successo. Così il WWF cercò la strada della giustizia politica convincendo il primo ministro attraverso un'azione di lobbying che fece leva sui principali partiti politici. Obiettivo: chiudere d'autorità il caso senza condanne. Il WWF ha salutato la decisione come un successo nella lotta per la conservazione dei rinoceronti.  Nel 2013, un'inchiesta condotta da attivisti per i diritti umani, edita in forma di libro, concluse che Shikharam morì per inumane, crudeli e degradanti torture nelle mani delle autorità del Parco



Un sottoufficale, Meghnath Kafle, ha riconosciuto esplicitamente, nell'ambito dell'inchiesta, che la tortura è necessaria quando c'è di mezzo l'uccisione di un rinoceronte. Cinque mesi dopo la morte di Shikharam, un detenuto venne trovato impiccato nella toilet dello stesso centro di tetenzione. La famiglia non credette al suicidio ma accettò di chiudere il caso in cambio di un indennizzo. I nostri "eroi" vincono facile con i deboli.

Nonostante le ammissioni sull'uso della tortura, il WWF ha mantenuto il supporto ai ranger e gli assassini di Shikharam hanno fatto carriera. Uno di loro ha scritto un libro di memorie in cui descrive la tortura dell'acqua da lui usualmente praticata (la vittima è costretta a ingurgitarne sino al limite del soffocamento). Il WWF, dopo qualche anno, gli ha conferito un riconoscimento per aver azzerato il bracconaggio.  Sino all'uscita dell'inchiesta di Buzzfeed il torturatore, eroe vuvueffino, appariva in una pagina, oggi cancellata, del sito di WWF Nepal.




In Nepal l'indagine di Buzzfeed e Kathmandu post del 2019 ha rivelato che il WWF continua a finanziare, addestrare,  equipaggiare e sostenere le forze assusate di pestaggi, torture, stupri e omicidi a danno di numerose persone.

Un rapporto delle Nazioni Unite del 2010 riferisce di sei omicidi commessi da agenti armati di pattuglia nei parchi. In un "incidente" vennero uccise due donne e una bambina di 12 anni che raccoglievano cortecce (scambiate per bracconieri). Il rapporto delle nazioni unite riferisce che l'esercito nepalese ha nascosto o falsificato diversi casi di omicidi e torture, spesso grazie al successo delle pressioni sulle povere famiglie delle vittime.


Nel 2012 una donna che raccoglieva erba nella "zona cuscinetto" del parco Chitwam ha subito un danno permanente al menisco a seguito di ripetute bastonature sulle ginocchia e riferì anche che i soldati hanno cercato  di stuprarla. Nello stesso anno il battaglione dei soldati implicati in questo crimine è stato premiato dal WWF.  Buzzfeed in Nepal ha raccolto prove  circa l'uso di informatori prezzolati da parte del WWF e di premi per le guardie più zelanti (attrezzature, pugnali e costose mountain bike).

Nel luglio 2020 Raj Kumar Chepang, un ragazzo di 24 anni, è verosimilmente morto in seguito alle torture inflittegli dai soldati di pattuglia nel solito famigerato parco di Chitwam dopo una breve detenzione. Secondo un amico, anch'egli detenuto per essere stato trovato in possesso di un serpente commestibile, il ragazzo oltre a essere stato picchiato è stato anche costretto a sollevare 100 volte un tronco. Durante l'epidemia da Coronavirus le guardie di Chepang hanno bruciato due capanne e ne hanno distrutte altre otto con gli elefanti lasciando gli abitanti senza casa nel pieno della pandemia.



La reazione alle accuse

La Banca tedesca per lo sviluppo e il Dipartimento degli interni degli Stati Uniti,
a seguito dell'inchiesta di Buzzfeed avevano avviato indagini interne che hanno riconosciuto la fondatezza delle accuse di gravi e ripetute violazioni dei dititti umani da parte di eco-guardie pagate con i progetti dagli enti internazionali.

Il 18 settembre 2020, il vice segretario del dipartimento degli interni americano (qui il documento), con una decisione che confermava la sospensione del finanziamento al progetto CARPE (Central africa regional program for the environment), chiariva anche che la ripresa dei finanziamenti doveva essere condizionata a:

  • Ottenimento del consenso libero, informato e preventivo delle popolazioni indigene prima dell'avvio di un programma;
  • stop al trasferimento di fondi a subconcessionari (per confondere le responsabilità);
  • stop alle premialità per le attività delle eco-guardie a rischio di violazione dei diritti umani;
  • stop alla delocalizzazione volontaria o involontaria di comunità sia attuata direttamente che tramite accordi con i governi locali.


Il 17 novembre 2020  veniva rilasciato il rapporto di 120 pagine del gruppo di esperti indipendenti commissionato dal WWF (vai a vedere).
Esso sottolinea che in Nepal e in India le guardie sono sotto diretta responsabilità governativa anche per quanto riguarda la paga e tende quindi a sollevare le responsabilità del WWF.  Osserva, però, che Quando è venuto a conoscenza di presunti (sic) incidenti, il WWF Nepal ha adottato un atteggiamento per il qualsiasi accusa relativa al governo o alle forze armate riguardasse solo il governo stesso e non sembra che abbia riferito di alcuna preoccupazione al WWF USA.

Attenendosi a stretti criteri giuridici il rapporto non considera il pesante ruolo politico del WWF che agì sul governo del Nepal, almeno in un caso, per evitare il processo a torturatori assassini (senza contare i premi dhe il Panda conferì poi loro).

Quanto all'Africa il rapporto non poteva ignorare i risultati delle inchieste interne, svelate da Buzzfeed, e il ruolo più diretto del WWF. Nel caso della Repubblica democratica del Congo  il WWF non ha rispettato gli impegni in materia di diritti umani  in relazione alle attività da esso supportate nel Salonga National Park. Quanto al Cameroon  il rapporto conclude che: Sino a pochi anni fa il WWF non ha adottato le misure necessarie per assolvere le proprie responsabilità in tema di rispetto dei doritti umani. Più in particolare si evidenzia come: Almeno dal 2008  lo staff del WWF Camerun aveva sentito accuse di pestaggi fisici e violenza da parte delle guardie ecologiche nei parchi nazionali del Camerun sudorientale. Tuttavia, il WWF ha continuato a finanziare, sostenere e collaborare con le guardie ecologiche in vari modi, tra cui fornire attrezzature e supporto materiale, pagare bonus, decidere se autorizzare pattuglie particolari, occasionalmente supervisionando le pattuglie a distanza, e molto raramente partecipando alle pattuglie stesse. Come si vede, anche se il rapporto esclude la partecipazione di personale del WWF a specifici fatti criminosi, non nega che vi sia stato anche un ruolo operativo del WWF di supervisione e partecipazione alle pattuglie. Cosa potrebbe emergere da inchieste che non si limitassero a prendere in esame la "punta dell'iceberg", ovvero una serie di episodi denunciati pubblicamente da varie organizzazzioni? 

Anche se dal rapporto il WWF viene assolto per le responsabilità dirette con riferimento a specifici episodi criminali, esso non esclude affatto la responsabilità politica.

Il comunicato del WWF (vai a vedere) del 24 novembre 2020, a commento dei risultati dell'inchiesta da esso commissionata non fa, ovviamente, che metterere in evidenza che non c'è responsabilità diretta del Panda dell'armamento e nell'impiego operativo delle guardie. Ma questo lo sapevamo già.  Non una parola di autocritica, al massimo il WWF promette di "fare meglio d'ora in poi". Una delle poche cose che sono cambiate, da quando è scoppiato il caso Buzzefeed è che non si vedono più eco-guardie si automezzi con il logo del Panda (i mezzi, però sono sempre del WWF). Nei confronti delle vittime c'è, da parte del WWF c'è, al massimo, "profondo dispiacere" per gli abusi perpetrati dai suoi eco-sgherri. Non si scusa con le famiglie degli assassinati, i torturati, le donne violentate, né si sogna di risarcirli.  Di qui i duri commenti di alcune organizzzioni.


Nel comunicato del 25 novembre 2020 Raiforest foundation UK notava come Nonostante questi risultati schiaccianti, nella sua risposta pubblica il WWF International non si assume la responsabilità per le sue mancanze o scusa sinceramente le molte persone che hanno subito violazioni dei diritti umani compiute in loro nome. Il fatto che nessuno staff del WWF sia stato trovato a dirigere la violenza, come proclamato dal WWF, è di scarso conforto per le vittime.


Nel comunicato del 30 novembre 2020 Greenpeace dichiarava: Il WWF deve assumersi la piena responsabilità degli abusi commessi da ranger o "ecoguardie" che lavorano nelle aree protette che il WWF gestisce o co-gestisce. Oltre a dare seguito a tutte le raccomandazioni del gruppo di revisione, Greenpeace si aspetta che il WWF offra scuse complete ai sopravvissuti e si assicuri che ricevano riparazioni adeguate. Fondamentalmente, il WWF e le altre organizzazioni di conservazione e i loro finanziatori devono fare i conti con un modello coloniale di `` conservazione della fortezza '' che limita l'accesso alle terre consuetudinarie e ancestrali e porta a molestie, abusi, sfratti e uccisioni di popolazioni indigene e altri membri delle comunità locali .La protezione della natura deve essere basata sul riconoscimento legale dei diritti delle persone sulla loro terra consuetudinaria e ancestrale. Le popolazioni indigene e le comunità locali, che sono esse stesse tra le meno responsabili della crisi dell'estinzione globale, devono essere riconosciute come leader nella difesa della natura dallo sfruttamento industriale e criminale. La pratica coloniale in corso di ridurli a danni collaterali di conservazione deve finire.

Come diverse organizzazioni hanno messo in evidenza (Survival international, Rainforest foundation) il problema è in un'impostazione delle politiche conservazioniste che vede le popolazioni locali come un minaccia e con come una risorsa per preservare quella biodiversità che è anche il risultato della coevoluzione di queste popolazioni, con la loro diversità culturale, e degli ecosistemi che sono stati per essi la loro casa per millenni.



Una politica che, in nome della consercazione,  "accaparra" la biodiversità, dopo averne fatta una "merce rara"  con spirito proprietario (sia che si tratti di fauna o di legname pregiato) per imporre usi che non sono sempre sostenibili e che, in ogni caso, premiano alcuni soggetti sociali privilegiati a danno della popolazioni meno tutelate politicamente. Una politica che definisce - spesso arbitrariamente - i limiti dei parchi incentivando lo sfruttamento delle risorse ai loro bordi, che favorisce la collusione con i poteri locali corrotti, a partire dalle stesse "milizie verdi", spesso implicate in vero bracconaggio, ovvero traffico commerciale illegale su vasta scala di fauna selvatica.

In questo contesto di ingiustizia, razzismo, neocolonialismo (i soldi degli "aiuti" piegano la società locale ai voleri degli ambientalisti) la narrazione della "lotta al bracconaggio" copre realtà di clamorosa oppressione come quando i villaggi delle tribù di cacciatori-raccoglitori vengono saccheggiati dalle "eco-guardie" per far saltare fuori un po' di carne di selvaggina, utilizzata per l'autoconsumo, tanto per far vedere agli sponsor che loro si danno da fare (e per coprire le loro attività di bracconaggio speculativo). Al business conservazionista va bene così. Su questi temi è molto interessante un'intervista del marzo 2020 (nel momento caldo dell'inchiesta di Buzzfeed) a  Jerome Lewis, un antrpologo britannico che ha vissuto a lungo con i Baka (vai a vedere).


Appendice: il conservazionismo nasce come ideologia razzista, le politiche dei "parchi fortezza" in Africa e in Asia sono solo la conferma


Il padre del conservazionismo, John Muir (1838-1914) è noto per la sua concezione dei parchi come ambito da "decontaminare" da ogni presenza umana. A lui si deve  l'idea della natura intatta e la fondazione del Sierra Club, la prima organizzazione conservazionsita creata a ruota dopo il successo della cerazione del celebre parco di Yosemite (1890).  La concezione assurda della wilderness) si basava su fatto che i "selvaggi", che pure erano presenti nei parchi, venivano scacciati. A Yosemite i nativi Miwok che praticavano anche l'agricoltura, "colpa gravissima" furono subito sloggiati A Yellowstone, il primo e iconico parco del mondo, creato nel 1872 fu "liberato" da diverse tribù indiane dopo qualche anno, anche attraverso battaglie sanguinose,  per favorire il turismo (allora i turisti avevano paura dei "selvaggi"). Oggi i discendenti delle tribù espulse, come "riparazione" possono entrre nel parco senza pagare il biglietto se il loro scopo è partecipare a una cerimonia religiosa. Ci sono troppe analogie con quello che succede ancora oggi: i nativi scacciati e sottoposti ad abusi per tenerli fuori dai sacri parchi, i turisti benvenuti. Le idee conservazioniste "fondamentaliste" di Muir, per quanto assurde, erano funzionali al capitalismo ed ebbero pertanto grande fortuna. Ha grande valore simbolico il fatto che il re delle ferrovie Edward H. Harriman, diede l'apporto decisivo con il suo lobbysmo per approvare, con un solo voto di scarto,  al senato americano la trasformazione di Yosemite in un parco federale (prima era in capo allo stato della California). Purezza sì, ma anche business. E per il capitalismo il conservazionismo e le "aree protette" rappresentavano anche qualcosa di più della valorizzazione turistica. La natura sublime e incontaminata che Muir e i suoi nipotini considerano un mezzo per ritemprare lo spirito consentono di far sopportare, grazie a periodiche "immersioni" i ritmi della vita urbana stressante agli abitanti delle aree urbane (che se lo possono permettere). Di più: la tutela della natura "pregiata" facilita la rimozione dei complessi di colpa per la "valorizzazione" con il cemento, l'asfalto, le reti infrastrutturali, l'agroindustria, dei territori "non pregiati" secondo una concezione da "campana di vetro" che è agli antipodi dell'ecologia e delle reti si basano le relazioni che la fondano.  Ancora nel 1964, il Wilderness Act degli Stati Uniti era basato sul concetto di "purezza" della natura incontaminata da "mani umane".


Theodore Roosvelt (1858-1919) fu il presidente americano (il 26°), lui stesso naturalista,  che creò, appoggiando Muir, cinque National Parks e una lunga serie di riserve e foreste federali aveva delle idee molto chiare sui "selvaggi", non proprio secondo il politically correct di oggi (correttissime per quello del tempo):

  La più giusta fra tutte le guerre è quella contro i selvaggi, sebbene si presti anche a essere la più terribile e disumana. Il rude e feroce colono che scaccia il selvaggio dalla terra rende l’umanità civilizzata debitrice nei suoi confronti... È d’importanza incalcolabile che America, Australia e Siberia passino dalle mani dei loro proprietari aborigeni rossi, neri e gialli, per diventare patrimonio delle razze dominanti a livello mondiale T. Roosevelt, The Winning of the West: Book IV (Putnam, New York 1896:57).

 


T. Roosvelt e J. Muire a Yosemite


Lo stesso Muir che pure non voleva l'espulsione dei nativi amerindi in quanto tali ma in quanto "disturbo umano" , nei loro confronti non aveva certo un concetto positivo, giudicandoli in più occasioni "sudici e pigri" (ma questo è quello che pensano in genere gli anglosassoni dei popoli indigeni". Sostenere, come cercano di fare oggi alcuni conservazionisti che il razzismo dei primi conservazionisti non fosse intrinseco alla loro ideologia è veramente un'impresa difficile. Un altro "padre" del conservazionismo è stato Madison Grant. Da direttore dello zoo di New York, nel 1906, per dimostrare le sue teorie razziste, espose Ota Benga, un Batwa del Congo in una gabbia con le scimmie. La WCS, potente organizzazione conservazionista statunitense che negli Usa rivaleggia con il WWF è sorta nell'ambito dello zoo del Bronx e sulla scia di Madison. 



Oggi i Batwa sono una delle etnie più penalizzate dalle politiche eco-colonialiste del conservazionismo. Spesso costretti a esibirsi per i turisti, marginalizzati, impoveriti e quasi schiavizzati dai Bantù. Non c'è stato un grande cambiamento nelle politiche conservazioniste, solo formale ossequio per il politically correct. Madison Grant, come altri conservazionisti degli inizi del Novecento era non solo razzista ma anche un sostenitore dell'eugenetica (in chiave, ovviamente, razzista). Julian Huxley, biologo, è stato il principale ispiratore della fondazione del WWF, insieme alle teste coronate (con i loro interessi petroliferi) e, si sospetta, i servizi britannici che attraverso i parchi e il WWF miravano a mantenere il controllo di ampi territori "decolonizzati".

Il manifesto di Morges  del 1961 in due paginette e mezzo mette bene in chiaro a cosa serviva il WWF: raccogliere soldi, raccogliere soldi. Tra altre finalità più generali i soldi sarebbero dovuti servire per pagare le guardie dei parchi del Congo.  Huxley, membro della Eugenetic society, che auspicava la castrazione delle persone "difettose", valutate in Gran Bretagna alcune centinaia di migliaia. Fu presidente della Eugenetic society nel 1962, dopo la fondazione del WWF. Direttore dell'Unesco non rinnegò le idee eugenetiste, proclamando però apertamente la necessità di politiche malthusiane per il controllo della popolazione. Tra i co-fondatori del WWF vi era il principe Filippo di Edimburgo, famoso per quella che fu definita "gaffe" ma che esprimeva bene il pensiero di quello che è stato un presidente del WWF: Nel caso mi reincarnassi vorrei tornare nella forma di un virus mortale in modo da contribuire al problema della sovrapopolazione. Le attuali politiche del WWF di sterilizzazione forzata delle popolazioni (espulse dai parchi) che "premono" ai loro confini, vengono da lontano e non fanno affatto ridere.

Da giovane Huxley, questo padre del WWF e dell'Unesco aveva manifestato anche idee apertamente razziste. Nel 1924, dopo un viaggio negli Usa scrisse da scienziato sul "problema negro":  Mettendo un poco della mente dell'uomo bianco nel mulatto [con i matrimoni misti] , non solo lo si rende più capace e ambizioso (non ci sono casi accertati di negri puri saliti a qualche eminenza), ma si accresce il suo scontento e si crea un'ovvia ingiustizia continuando a trattarlo come un africano purosangue. Il nero americano è turbolento a causa del sangue bianco americano che è in lui.