Natale
Arioli, agricoltore, allevatore, già insegnante di istituto tecnico
agrario, ha dedicato lunghi anni alla ricerca delle tracce dei
bergamini transumanti, in particolare della val Brembana e della val
Seriana. Ha esplorato archivi di stato (Bergamo, Milano, Lodi) e
parrocchiali, ricostruendo i movimenti e le attività di questi
personaggi “vagabondi” (un attributo che compare in un documento del
Cinquecento) tra Quattrocento e Ottocento. La ricerca di Arioli
aggiunge elementi sostanziali alla comprensione del fenomeno bergamino
e della nascita del sistema dell’affittanza agricola nella Bassa
Lombardia.
Con a disposizione
centinaia e centinaia di documenti , ordinatamente
raccolti nella sua casa nelle campagne del basso lodigiano, Natale
Arioli avrebbe potuto scrivere un volume di centinaia di pagine. Ha
però preferito, dopo anni di "incubazione", non attendere oltre e
iniziare a consegnare al pubblico, agli amici che conoscevano e
incoraggiavano la sua fatica, un primo volume di sole 170 pagine. Un
volumetto, oltretutto, denso di citazioni di documenti che lascia molto
spazio alle fonti e dove l'autore interviene discretamente, quasi in
punta di piedi. Conseguenza dell'eccessiva modestia di Arioli, un
"difetto" che gli viene rimproverato dagli amici. In un'epoca dove, in
troppi, non riescono a fare a meno di anteporre sempre la messa al
centro del proprio, ego, Natale Arioli, in controtendenza, ha badato a
privilegiare le fonti, la storia collettiva alla quale si sente di
appartenere. Profondamente legato alle origini famigliari che riportano
a Piazzatorre, in alta val Brembana, Arioli parla degli avi di secoli
fa con una famigliarità che oggi non è più comune neppure neppure con
ascendenti molto più vicini nella catena generazionali. Gli Arioli,
però, sono citati con non più frequenza di altri ceppi. Del resto, e il
libro di Arioli ne è una conferma avvalorata da solide e abbondanti
prove documentali, i vari ceppi di bergamini erano strettamente
intrecciati, non solo quelli della stessa valle, ma anche di valli
diverse: erano proprio una tribù come, basandomi su testimonianze orali
che
risalgono ai primi del Novecento, avevo a suo tempo azzardato.
I luoghi citati da Arioli nella montagna
Di
particolare interesse tra i documenti illustrati da Arioli, un
contratto tra l'abate del monastero cistercense di Santo Stefano al
Corno (oggi Santo Stefano Lodigiano) del 1462 che concede in affitto
vasti fondi da bonificare ai bergamini. L'aspetto interessante è che
questi bergamini, oltre a condurre il fondo continuavano a fare i
bergamini. In questa terra di frontiera, esposta alle forze
costruttrici e distruttrici del grande fiume (che in epoca successiva
porteranno grandi danni alle terre del monastero), si osserva quasi
cone in un laboratorio l'evoluzione di nuove forme organizzative e
contrattuali con l'emergere dell'importanza dei sistemi foraggeri e
zoocaseari. Un'evoluzione che poi si estenderà alle terre "vecchie" e
che mette in evidenza palmare come le due forze concorrenti siano da
una parte i bergamini con le loro competenze zootecniche e casearie e
il loro capitale bestiame (produttore di latte e di letame), dall'altra
la proprietà monastica che, in parallelo, sviluppa la rete irrigua
derivata (indirettamente) dalla Muzza. Altro che grana
"invenzione dei monaci". Il grana nasce sul Po nel Quattrocento, con i
bergamini. Prima c'erano solo le pecore, i maiali e i bovini da lavoro.
I
luoghi citati da Arioli nella Bassa
Scorrendo
le pagine di Bergaminus vagabundus, specie con riferimento
ai
matrimoni e alle composizioni delle famiglie, parlare di "tribù dei
bergamini" appare molto meno bizzarro. Alcuni documenti, in particolari
quelli più antichi, risalenti al Quattrocento sono di indubbia
importanza per la ricerca storica ma indicativi di una situazione di
presenza di bergamini nella bassa lodigiana ben assestata che fa
ritenere certa l'origine del fenomeno nel tardo Trecento.
Gli
Arioli (in origine De Rivis), sono originari di Piazzatorre, per la
precisione dalla contrada di Pegherolo (nella foto i prati in alto a
destra). Buona parte delle famiglie di bergamini hanno le loro sedi
ancetrali in nuclei rurali di antica data posti in mezzo ai prati al di
sopra degli insediamenti accentrati. Tali contrade, che prendono il
nome da un ceppo famigliare erano in origine insediamenti isolati
unifamiliari.
Oltre
a riportare ampi stralci dei documenti originali, il volume riporta
alcune appendici con documenti del tardo Settecento e del primo
Ottocento che elencano cascine del lodigiano e del milanese e le
numerose famiglie bergamine nei “Chiosi” (l’area di Lodi fuori le
mura). Ne escono storie di grande intraprendenza che parlano di
bergamini che commerciano bestiame con la Svizzera e
sono impegnati, oltre che nell’allevamento e nell’attività casearia
anche in altre attività e commerci legati alle risorse della montagna
bergamasca (ferro).
La cascina Abazzia di Santo Stefano
Lodigiano che sorge dove esisteva l'antico monastero cistercense
Scritto
con uno stile piano e discorsivo, il libro consente di avvicinare il
lettore, senza intimidirlo con linguaggi e apparati accademici, alla
documentazione storica di secoli fa. Una documentazione che fa emergere
una storia viva, che parla di animali, di attrezzi per la lavorazione
del latte, di formaggi, di movimenti economici non da poco, che ci
proietta all’indietro alle origini di questa storia nella quale hanno
le loro radici tante famiglie lombarde e padane (piemontesi ed
emiliane). Ritroviamo molte voci che appartengono ancora ai dialetti
lombardi rafforzando la vivacità e l’immediatezza della narrazione.
Decine di famiglie troveranno qui citati i loro avi e frammenti loro
vite, laboriose e dinamiche, tra montagna e pianura.
Dalla
prefazione del Prof. Gianpiero Fumi
Natale Arioli trasfonde alcuni risultati di anni di ricerche e di
frequentazione di archivi dove raramente gli storici di professione si
addentrano, pur ammettendo l’importanza delle fonti parrocchiali e
degli atti degli antichi notai. Non è facile seguire “l’incalzare di
nomi di notai e il gran numero di personaggi e località della
bergamasca e della Bassa”, come preavverte l’Autore. Eppure andare su
questa tipologia di documenti è un passaggio importante, se vogliamo
restituire un volto e una storia a protagonisti finora rimasti per lo
più anonimi.
Grazie a queste pazienti indagini abbiamo in questo lavoro molti
elementi che confermano il ruolo che ha giocato la transumanza dei
bergamini nella nascita dell’agricoltura in pianura, nella formazione
del suolo agricolo, nella diffusione della praticoltura, nel
consolidamento della figura del fittabile, nell’ascesa del caseificio.
Siamo di fronte a una migrazione imprenditoriale molto articolata, che
ogni anno riversava nelle pianure animali vivi (prevalentemente vacche
da latte) e prodotti, tecniche, laboriosità, professionalità, capitali.
Dai documenti traspare come dietro a questa economia vi fosse una
società fondata su forti legami familiari e di parentela,
sull’appartenenza alle “piccole patrie” (luoghi fortemente segnati
dalle famiglie originarie) nonostante la temporanea lontananza fisica. |
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Il libro
Titolo: Bergaminus vagabundus,
La
transumanza bovina tra le valli bergamasche e la Bassa (XIV- XIX
secolo),
Festivalpastoralismo editore,
Corna Imagna (Bg), data di edizione novemvre 2021, 171 pagine,
illustrazioni B/N, carta lucida, brossura - 23,5 x 16, 5. ISBN
978-88-943252-7-0 - Prezzo di copertina 13 €
Sommario
Prefazione
- p.7
Introduzione
- p. 9
Le fonti
- p.19
Capitolo 1 - Le tracce dei bergamini in alta Valle
Brembana - p.
25
Capitolo 2 - I malghesi della Valle di Mezzoldo tra Sei e Settecento - p.45
Capitolo 3 - I malghesi negli archivi della
Bassa - p.
65
Capitolo 4 - Da bergamini a fittabili -
p. 95
Capitolo 5 - La presenza di bergamaschi nella produzione
casearia della Bassa nel Settecento - p.115
Capitolo 6 - I bergamini negli archivi ecclesiastici lodigiani tra
Settecento e Ottocento - p. 121
Appendice 1
- p.131
Appendice 2
- p.139
Appendice 3
- p.159
Bibliografia
- p.169
L'autore. Natale Arioli Nasce a
Camairago (Lodi) il 7 ottobre 1949 dove la famiglia, originaria
dell’alta Valle Brembana, conduce in affitto una cascina. In casa è
ancora viva la cultura bergamina che tocca anche i più piccoli,
alimentando passione per gli animali e per i campi. Si laurea in
Scienze Agrarie all’Università Cattolica di Piacenza e poco dopo inizia
ad insegnare zootecnia all’Istituto Agrario A. Tosi di Codogno
(1977-2011). Negli ultimi
anni di insegnamento, quando cresce l’interesse per la storia
dell’agricoltura lombarda, decide di dedicarsi allo studio diretto
delle fonti archivistiche riguardanti sia la bassa pianura lombarda che
le valli bergamasche.
Ha pubblicato saggi di storia locale sulla rivista Archivio
Storico Lodigiano; il volume Le
radici di Carlo Cattaneo: Storia di una Famiglia da Valleve alla Bassa
Milanese (Corponove, Bergamo, 2012);
il saggio I malghesi dell’Alta Valle Brembana, e di alcune aree
confinanti, nelle fonti di archivio tra fine Cinquecento e fine
Settecento (in La transumanza
tra storia e presente, a cura di
Michele Corti, ed. Festival del Pastoralismo, Corna Imagna, 2019).