È con
grande soddisfazione che presentiamo un
libro importante per chi, come noi, opera per la divulgazione e la
valorizzazione della cultura rurale alpina. A differenza di altri paesi
alpini, non esiste in Italia un volume dedicato ai campanacci.
Non è un caso perché in Italia la cultura dominante guarda ancora
con sufficienza alle espressioni della cultura materiale legate al
mondo rurale, alpino o mediterraneo che siano. È merito di
Giovanni Mocchi aver valorizzato in Italia, in particolare sulle Alpi,
le profonde valenze culturali , simboliche, identitarie, celebrative,
dei campanacci da pascolo, oggetti che, (come sa anche chi si accosta
superficialmente alle culture agropastorali), sono non solo macchine
del suono - finalizzate a ben precise funzioni nell'uso pastorale -, ma
anche macchine rituali, con tutte le loro valenze archetipiche, usate
come si sa in tanti riti legati al ciclo stagionale. Non si
spiegherebbe, senza queste premesse, che caricano di valore e
significati il campanaccio, la passione smisurata di molti allevatori
per "le belle campane", per gloriarsi del loro sfoggio al collo
delle più belle mucche (ma vale anche per le pecore e le capre). A
tutti gli appassionati allevatori, ai collezionisti, agli esperti di
beni demoetnoantropologici, ai curatori dei musei è dedicato questo
volume che rappresenta un punto d'arrivo di un lungo e paziente
lavoro condotto da Mocchi, di cui Ruralpini ha dato conto sin dal
lontano 2009.
Per acquistare online
direttamente dall'editore QUI
Il libro
Campanacci d’Italia. Le
origini e l’arco alpino di Giovanni Mocchi, 288 pagg. e 800
immagini distribuite in un grande formato, edito nell’ottobre 2021,
risponde a una esigenza molto sentita tra gli allevatori e i
collezionisti che hanno una accesa passione per questi strumenti sonori
che punteggiano i pascoli alpini. Il libro ne ricostruisce la storia
dalle origini dell’Età del Bronzo fino alle ultime produzioni. Da un
lato è un catalogo dei modelli, dei forgiatori, dei loro marchi che si
sono succeduti nei secoli, così da poter dare un luogo, una data di
nascita e una paternità a ciascun campano. Dall’altro racconta un mondo
di tradizioni, di comunità e di mestieri di cui può così rimanere viva
la memoria.
I campani per il mondo degli allevatori hanno un grande valore
simbolico: con le loro sgargianti sonorità e con i collari finemente
decorati raccontano agli occhi e alle orecchie della comunità la
fierezza e l’orgoglio della famiglia, soprattutto nell’epoca delle
transumanze durante le quali gli animali attraversano i paesi e le
vallate.
L’accurata scelta dell’insieme di campanacci, a volte anche la loro
accordatura, è specificata già nella letteratura dell’Antica Roma. Lo
stesso termine
Sampugn –
che deriva dall’antico aramaico
Sympunia,
insieme armonico di suoni – ancora oggi è usato in alcune vallate
alpine (dalla Provenza alla Lombardia) per denominare il campanaccio,
un'usanza che racconta della cura nel selezionare i suoni e
nell’accordarli tra loro. Si può dire che i pastori che hanno il
migliore orecchio, sono paragonabili a veri e propri direttori
d’orchestra. Dal canto loro anche gli animali incampanati eseguono
nell’arco della giornata svariate variazioni sul tema: il mattino
all’avvio verso i pascoli il concerto è un brillante allegro
molto, che inizia a placarsi in un adagio soltanto quando gli
animali si sono saziati. La notte poi hanno la funzione di radar sonori
che avvertono il pastore del loro umore, segnale indispensabile per
intervenire in caso di pericoli. Gli armenti stessi usano i suoni per
orientarsi, raggrupparsi o iniziare a mettersi in cammino dietro al
campano guida, quando avvertono che si sta avviando. Gelosi gli
allevatori dei propri campani, che vengono tramandati per generazioni,
ma gelose anche le bestie che iniziano a litigare se si dovessero
scambiare i campanacci, che per loro costituiscono un preciso segnale
gerarchico.
Siamo di fronte a un mondo nascosto che il libro disvela attraverso
immagini, interviste e testimonianze raccolte negli anni dall’autore.
Ne scaturisce uno spaccato di artigianato e di tradizioni
incredibilmente vario: ogni area ha i propri modelli e i propri
forgiatori, le proprie tradizioni fortemente radicate. Sembrerebbe un
mondo al tramonto, con la fine dell’arte fabbrile, la scomparsa dei
mastri ferrai con i quali si estinguono saperi plurimillenari (la
tecnica dei campanacci in ferro è rimasta immutata dall’epoca romana ad
oggi e quella della fusione delle campanelle addirittura dall’Era del
Bronzo), se non fosse per la grande passione di una nuova generazione
di giovani che con le tecnologie di oggi si sono reinventati le
modalità costruttive nel rispetto delle sonorità locali, alle quali
mandriani e pastori rimangono fortemente legati. Così può succedere che
i suoni considerati meravigliosi in una valle, in quella a fianco
vengano disdegnati. Il libro segue questo filo di tradizioni,
sconfinando negli Stati d’oltralpe dove, per ragioni storiche sono
cambiati i confini ma non i costumi. La storia dei campanacci dimostra
infatti che le creste spartiacque sono per i valligiani valichi e non
barriere.
Il libro.
Campanacci d'Italia,
Vol. I Le origini e l'Arco alpino, Festivalpastoralismo editore,
Corna Imagna (Bg), data di edizione ottobre 2021, 288 pagine, 800
fotografie, a colori, carta lucida, brossura. Formato 27 x 22,5
ISBN 978-88-943252-9-4. Prezzo di copertina 24 €
La mostra
Campanacci d’Italia
(contattare gmocchi@libero.it) si affianca al libro con l’esposizione
di pezzi storici e modelli usati nelle varie regioni dell’arco alpino.
Una serie di post consentono di scoprirne la storia e le tradizioni.
Uno spazio è riservato poi alle libere scampanate.
L'autore. Giovanni Mocchi.
Entomusicologo,
già Docente di Storia e Filosofia nei licei e Docente incaricato
presso l’Università degli Studi di Pavia in ambito
pedagogico-musicale, ha dedicato diverse pubblicazioni agli strumenti
sonori del mondo agro-pastorale. Tra gli ultimi volumi: Campanacci
fantocci e falò. Riti agro-pastorali di risveglio della
Natura e Al suono del corno. Storia, tradizioni e modalità
costruttive dei corni naturali. È coautore di diverse
pubblicazioni etnografiche sui temi organologici e musicali. Sua è
la ricostruzione dei paesaggi sonori agresti dell’Antica Roma
attraverso uno studio di testimonianze archeologiche e letterarie
dell’epoca: I Tintinnabula. Il suono ritrovato in Academia. È
fondatore del gruppo facebook Campanacci d’Italia che conta
14.000 iscritti.