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(18.01.17) La Fiera delle capre di Ardesio si arricchisce di eventi culturali non "di contorno" ma finalizzati a stimolare una ripresa in forme nuove dell'allevamento caprino e di un'economia  che unisca produzioni di qualità e gestione del territorio


La capra. Una storia culturale (e sociale)

(18.12.16) La simbologia e la rappresentazione della capra si prestano a considerazioni interessanti sui rapporti tra la cultura (ideologia, credenze), economia, società e ambiente. La "demonizzazione" della capra appare moderna perché, nel medioevo, il diavolo era rappresentato nelle forme più varie. Essa ha agevolato, insieme alla supremazia del razionalismo scientista e tecnocratico, la messa al bando delle capre nel XIX secolo. Vittima della modernità la capra si è presa le sue rivincite con il declino della disciplina sociale industrialista, con l'appannarsi dei miti e delle illusioni della scienza e con la rivalorizzazione neovitalista della natura. Un vero cerchio che unisce preistoria e postmodernità.


Al Festival del pastoralismo 2016 la mostra "La vacca dei poveri"

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cultura, zootecnia

Capre ad Ardesio: tra storia e rilancio


di Michele Corti

(20.01.17) La Fiera delle capre di Ardesio si inserisce in una storia radicata di allevamento caprino, tanto che  gli abitanti - che oggi ne sono orgogliosi - hanno il soprannome di "capre" (i "becchi" sono i vicini di Gromo). Perché in alta val Seriana questo attaccamento alle capre? Non dovrebbe essere la confinante alta val Brembana, patria della capra orobica, ad avere una tradizione di capre?

Fino agli anni '70 l'alta val Brembana era una valle
dal forte allevamento bovino (per lo più transumante) ma anche dal forte allevamento caprino. A Valtorta (dove le capre resisteranno maggiormente) vi erano, secondo il censimento del 1875 (1) (che si riferisce a dati ottenuti nel 1868) 599 capre e becchi, 582 a Carona e 480 a Branzi. In suddetto Censimento riferisce che i caprai di Carona si recavano ancora a Milano a vendere il latte per le strade  come da questa stampa del 1807. Come si vede le capre erano del tipo che è oggi conosciuto come "orobico".  Nel censimento del 1875 le capre dell'alta val Brambana (oltre la Goggia) sommavano a 4200. Erano molto più delle vacche e giovenche (2200). Nel calcolo delle vacche delle valli bergamasche dell'Ottocento (e ancora all'inizio del Novecento) ha però molta importanza l'inclusione o meno di quelle dei transumanti. Nel censimento eseguito alla mezzanotte dal 13 al 14 febbraio 1881 (2) furono indubbiamente contate le vacche (tutte?) dei bergamini per arrivare alla somma di 4300 (sempre incluse le manze). Non si spiega altrimenti come in pochi anni i capi di Mezzoldo passino da 71 a 480 e a Piazzatorre da 69 a 706.

Il crollo delle capre in alta val Brembana

In alcuni comuni dell'alta val Brembana si assiste già nel censimento del 1881 a un crollo del numero delle capre. Crollo che proseguirà con il successivo censimento del bestiame del 1908 (3).

Fig. 1 - Consistenza del bestiame bovino (vacche e giovenche) e caprino (capre e becchi) ai censimenti del bestiame del 1875, del 1881 e del 1910. Le categorie riportate aggregate così nel censimenti del 1881 e del 1910, per i dati 1875 si sono aggiunte alle vacche le giovenche pregne e alle capre i becchi. L'alta valle Seriana è considerata in senso stretto (Valbondione, Gandellino, Gromo, Valgoglio, Ardesio). L'alta valle Brembana comprende tutti i comuni oltre la Goggia. La popolazione ammontava in alta val Brembana a 8988 abitanti nel 1871 e a 11985 nel 1911, quella dell'alta val Seriana a 5854 abitanti nel 1871 e a 7700 nel 1911

Un trend che divide lalta val Brembana dall' alta val Seriana

La diminuzione non è omogenea tanto che, in alcuni comuni, dal 1868 al 1908 a Cassiglio e a Ornica aumentano e si riducono poco a Valtorta).  Ma a Lenna scendono da 251 a 1, ad Averara da 292 a 0,
a Santa Brigida da 209 a 5, a Olmo al Brembo da 237 a 7. Nella stessa 'capitale' delle capre, Carona, si scende da 557 a 55. Cosa successe? Che con l'annessione sabauda si passò dalla costituzione comunale di Maria Teresa (risalente agli anni '50 del Settecento) al sistema di nomina prefettizia del sindaco tra i consiglieri comunali eletti dai cittadini più ricchi. Sino al 1890 in Italia votava alle elezioni amministrative il 5% della popolazione, poi, sino alla riforma del sistema elettorale (che divenne universale maschile dal 1912), dal 10%. Nel sistema teresiano esisteva un organismo assembleare deputato all'autogoverno. Era denominato "convocato generale" e di esso facevano parte tutti i proprietari terrieri. Dal momento che in montagna quasi tutti avevano un pezzetto di terra il convocato era un organo di democrazia diretta. L'assemblea approvava annualmente il bilancio consuntivo e preventivo e ogni tre anni nominava tre deputati scelti liberamente, con il solo vincolo che uno dei tre fosse uno dei più ricchi proprietari. La deputazione gestiva autonomamente il bilancio e eleggeva segretario, agente, cursore, camparo, campanaro, e guardia comunale. Se, al livello amministrativo sovracomunale, l'ordinamento era aristocratico, a livello comunale era democratico ma, dal momento che il comune aveva larga autonomia di entrate e di uscite, vi era un forte autogoverno e molta più libertà con l'Austria che con i Savoia.
Con l'annessione sabauda del 1859 e l'applicazione della legge piemontese (napoleonica), i piccoli contadini non poterono più votare il consiglio comunale e, in alcuni comuni, i ricchi favorirono la politica "anti-capre". Essa consisteva nel rimboschimento dei terreni comunali e nel divieto di pascolo delle capre ed era finalizzata a ridurre le tasse comunali ai ricchi grazie alla vendita del legname da parte del comune
. Riducendosi il numero delle capre aumentava poi il numero di coloro che vedevano in esse solo un fastidio, e che premevano per imporre la riduzione. Essa era conseguita elevando le tasse comunali di pascolo e introducendo divieti. Dove il consiglio comunale era "filo-capre", le pressioni dall'alto degli Ispettorati forestali erano ignorate, dove l'orientamento del comune era "anti-capre" non era difficile eliminarle con i molti strumenti offerti dalle norme statali e dalla burocrazia.

E in val Seriana?

L'alta val Seriana è molto meno vocata alla selvicoltura dell'alta val Brembana. La parte più alta della valle (Valbondione, Gandellino presenta forti pendenze e versanti molto rocciosi e la vera vocazione è il pascolo ovicaprino. Diversa, però la situazione ad Ardesio e Valgoglio e in parte a Gromo  più adatte all'allevamento bovino (erano numerosi i bergamini)  Questa forse è una spiegazione per la "resistenza delle capre". Esse (vedi il grafico) dal 1860 al 1881 in alta val Seriana aumentarono e poi calarono leggermente nel 1908. Neppure la legge fascista che introduceva la "tassa progressiva speciale" sulle capre del 1927 (cha in provincia di Bergamo raggiunse un effetto superiore a quello di altre provincie) riuscì ad estirpare le capre dall'alta val Seriana che rimase la "ridotta caprina" della provincia di Bergamo. 

Tabella - Andamento del patrimonio caprino in alcune provincie (migliaia di capi)

1880
1910
1930
1970
2000
2010
Trento
40
28
25
3
5
6
Brescia
33
29
10
3
10
9
Bergamo
14
9
2
2
7
10
Sondrio
32
33
15
2
15
10
Co-Lc-Va 19
19
14
7
14
18
Vc-No-Vb 42
43
26
14
11
7

Tabella - Alcune statistiche relative ad Ardesio

1868
1881
1908
caprini
451
515
492
vacche e giovenche
1179*
611
565
abitanti
1998 (1871)
2673 (1911)
* viene il sospetto che fosse computato bestiame dei bergamì

Ad Ardesio il numero delle capre tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento ha tenuto egregiamente. Forse per questa ragione gli abitanti sono stati chiamati "capre".  Un soprannome tutto sommato molto positivo  se è vero che un parroco utilizzava questa filastrocca per elencare i soprannomi delle comunità valligiane: "Tra capre (Ardesio), becchi (Gromo), patate (Gandellino) e ladri (Fiumenero) son venuto in mezzo ai lupi (Valbondione) a predicar la legge ai porci (Lizzola). E quelli di Valgoglio? Erano i tafani.


Ave. Contrada oggi disabitata in inverno. Sino a pochi anni fa risiedeva un contadino che ha continuato sino ad ottant'anni a lavorare come un tempo. "Perché non usi l'asino a portar giù il fieno?" gli dicevano. E lui "Ci metto più tempo a portarlo su che a portar giù io il fieno in spalla". Le pendenze di vedono nella foto.
 
Ma come era organizzato l'allevamento della capra? Innanzitutto il numero di capi per proprietario era molto modesto. Nel 1881 la media era di 4,5 capre per proprietario che, per i tempi (date le restrizioni all'allevamento) era piuttosto alta. Va anche detto che Ardesio ha numerose contrade e le capre si concentravano lì, non certo nel centro comunale. Sia le contrade del versante destro (come Cerete, Bani) che di quello sinistro (Piazzolo, Ave) della valle allevavano capre. In alcune "quasi tutte le famiglie le avevano". Concordano su questo gli abitanti di Piazzolo che non si tirano indietro a raccontare il passato (la contrada è molto in ordine e ben tenuta,  la gente è molto cordiale e ti invitano a parlare in casa).
 "Ogni famiglia aveva qualche capra e 1-3 mucche, ma c'era anche chi non aveva né terreni né mucche come le "pie", sei sorelle Fornoni, la maggiore era la Pia, che avevano solo capre. Ne tenevano una quindicina e dovevano raccogliere l'erba lungo le strade e la facevano seccare sulla lobbia di casa. Poi sono andate in stabilimento".
Gli animali erano affidati ai bambini. Ogni famiglia affidava a un ragazzino, che spesso saltava la scuola, le capre e le portava a pascolare di giorno su delle coste molto ripide. Dove non arrivavano le capre si faceva il fieno magro". Franco ricorda che a sette anni andava a fare fieno magro con la slitta e confessa che una capra, che lo faceva tanto disperare, un giorno l'ha fatta precipitare da un dirupo.
C'era anche chi possedeva 15-20 capre e anche qualche mucca. Anche chi aveva la mucca (o più mucche), infatti teneva volentieri almeno 1-2 capre. Un privilegio che  che le "capre" di Ardesio hanno saputo difendere dall'egoismo di classe dei ricchi proprietari e dei tecnocrati - che gli tenevano boldone con la scusa della protezione dei boschi (che volevano tagliare). La storia si ripete. Oggi i verdi e gli "scienziati" fanno lo stesso. Solo che ai boschi, che hanno dilagato e che proteggere non ha senso, hanno sostituito orsi e lupi, ma il fine è lo stesso: fregare la gente di montagna, i contadini e i pastori e crearsi spazi di potere e di gestione di risorse. Quando i lupi e gli orsi saranno inflazionati troveranno qualche altro pretesto.
Le capre servivano per dare il latte ai bambini piccoli e per metterlo nella minestra, ma se era un po' di più si lavorava. Bortolo Bergamini ,di Cerete, ha fatto da ragazzo la transumanza (che era praticata dalle famiglie delle contrade della sponda destra della valle). Anche lui racconta di bambini che dopo la scuola portavano le capre al pascolo ("ma giocavano anche tra di loro"). Il latte veniva spesso mischiato a quello di mucca per fare delle formaggelle ma si facevano anche dei formaggini bassi (2-3 cm) di solo latte caprino. È la tipologia (formaggino presamico basso) che troviamo sul Lago di Como (alto Lario occidentale), in alta Valtellina (l'originale scimudin) e altrove. Il caglio si dava a 35-36°C e dopo mezz'ora (i tempi, però, non saranno stati cronometrici) si rompeva abbastanza fine (a chicco di frumento) con il tri (fragicagliata rudimentale ottenuto da un ramo triforcuto). Salati con sale grosso un giorno sì e uno no, erano maturi in un mese o poco più.


Flaminio, il "regista" del Zenerù. Tesse personalmente i vestiti che indossa. Vive allevando, coltivando, utilizzando il legno come energia e materiale. Quello che non può procurarsi da solo lo ottiene con il baratto. La lana è quella delle sue pecore. Fila con un ingegnoso filatoio e tesse con un telaio a mano. Non ricorre alla tecnologia e all'energia elettrica ma i suoi macchinari sono molto efficaci, realizzati con inventiva ma anche ricorrendo a manuali di meccanica applicata Hoepli e a  tanta capacità di recuperare materiali di scarto. Potrebbe dare lezioni di "vita e tecnologia sostenibile" a tanti sapientoni.

Questo (ma c'è ancora molto da raccontare) è il passato. Il presente è la Fiera delle capre (che è alla diciottesima edizione) e che è nata dalla fantasia creativa di Flaminio Beretta (l'eremita di Ardesio), "regista" dell'evento più sentito di Ardesio: il Zenerù, il rito "scaccia inverno" del 31 gennaio che interpreta in modo originale un'antichissima tradizione.  Flaminio  racconta di una cena  da un oste della contrada Bani (anche lui capraio), di un ragazzo  (Fabio) con quattro capre che raccoglie al volo le idee di Flaminio che progettava un evento divertente e ironico ma anche capace di aggregare i tanti caprai per passione di Ardesio e dintorni, giocato su uno scambio tra "capre" di Ardesio e "becchi" di Gromo. "Il giorno dopo quel ragazzo, doveva fare ancora la patente, viene con un altro e mi dice: «Dobbiamo fare la fiera delle capre
»".


E così è stato. Nata per gioco è oggi un'evento che attira migliaia di persone e anche un importante punto di riferimento per allevatori e appassionati, anche oltre i confini regionali e non solo provinciali. Flaminio racconta di come si prese l'incarico dlel'organizzazione che implicava la non facile "messa in regola" di tanti piccoli proprietari ("tanti avevano quattro capre") ai fini delle norme di polizia veterinaria. "Arrivarono trecento capre, sessanta di un solo allevatore. Qualcuno, mi ricordo un giovane ingegnere, per partecipare acquistò una capra da un cugino". E qui l'eremita - che è persona saggia - lascia andare una frecciatina: "Era un gioco, quelli lì vogliono fare i seri" (forse con riferimento ai "concorsi" e alle "valutazioni tecniche", che a volte rischiano di essere un rito un po' vuoto). "Non c'era il concorso, facevamo la gara delle corma più lunghe".



Il fermento cresce ma non si è ancora indirizzato

Da quel "gioco", però, sono nate delle realtà interessanti; i caprai sono aumentati e la passione nei giovani è cresciuta (anche se vi è solo un'azienda a tempo pieno ad Ardesio).  In valle non c'è ancora un indirizzo comune relativo alla tipologia da allevare (né sul tipo di prodotto e di sistema pastorale).

Nella foto sopra belle capre "alpine comuni" di Michele Fornoni, uno dei volontari della Fiera (le capre sono una passione e lavora nell'edilizia). Ha usato dei becchi orobici acquistati in Fiera su capre nostrane. Chi munge ha la Saanen o anche le Bionde dell'Adamello (a Valcanale). A Valgoglio puntano sulle orobiche (il comune confina con la val Brembana). Dal punto di vista caprino l'alta val Seriana, incastrata tra la val di Scalve (terra di Bionda) e la val Brembana che (con la Valtellina) è terra di Orobica (anche se in Valtellina c'è anche la Frisa), è una specie di crocevia. Quanto alle aziende e ai formaggi caprini prodotti ad Ardesio ne parleremo la prossima puntata.


Una scultura di Flaminio Beretta. Notare le mammelle (sacchetti di iuta pieni di sabbia), il manto (autentico), i "pendagli" realizzati con denti. E il tocco lieve dell'ironia e della critica ai "veterinari" (la marca auricolare in plastica). Tutto geniale.

Note

(1) Ministero di agricoltura, industria e commercio. Censimento generale del bestiame del 19 marzo 1908 : (legge del 14 Luglio 1907, n. 535), Roma, Stabilimento tipografico G. Civelli- 1910

(2) Ministero di agricoltura, industria e commercio : Direzione dell'agricoltura. Censimento del bestiame : asinino, bovino, ovino, caprino e suino eseguito alla mezzanotte dal 13 al 14 febbrario 1881, Tipografia E. Sinimberghi - 1882

(3) Ministero di agricoltura, industria e commercio. Statistica del bestiame : animali equini, bovini, ovini, caprini e suini, Roma, Tipografia Cenniniana, 1875.





 

 

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