(12.02.10) Torniamo a parlare di latte crudo. Per fare delle considerazioni
su casa nostra ma per informare che Michael Schmidt,
l'eroe del latte crudo (chi conosce la vicenda sa che
la definizione non è esagerata) è stato assolto dai
'crimini' per cui era accusato in Ontario e che in Norvegia
è in corso un duro dibattito tra chi vuole 'aprire'
al consumo di latte crudo e i custodi dell'ortodossia
sanitaria
I cartelli della vergogna non servono a tutelare la salute ma
a dissuadere i consumatori dal consumo di latte
crudo
I cartelli a caratteri rossi cubitali, intimano perentoraiamente
al consumatore di bollire il latte crudo (danneggiandone
le proprietà nutrizionali e salutistiche) ma le
etichette del latte crudo distribuito nella GDO dicono
che 'può non essere bollito' e i consumatori del
latte alla spina continuano a non bollirlo.
Nonostante convegni, prese di posizione di addetti ai lavori
e vari azioni dei produttori, rimane l'ingiunzione ad applicare
ai dispenser automatici di latte crudo 'alla spina'
(noti anche come bancolat) i cartelli a caratteri cubitali
che intimano la bollitura. Quanto è giustificata e che
obiettivi ha questa imposizione?
In questo articolo sosteniamo che che questo provvedimento
non ha lo scopo di tutelare la salute pubblica
ma di frenare la diffusione di una interessantissima
forma di filiera corta che può potenzialmente mettere
in crisi il sistema industriale. In crisi non
tanto in termini di calo del fatturato di vendite ma di
diffusione di una cultura basata sul rapporto di fiducia
diretto con il produttore (un rapporto 'eversivo' rispetto
al potere di marchi, private label, marche). Intorno
al latte crudo si giocano opposte visioni in materia
di salute, prevenzione del rischio. Il discorso sul
latte crudo, in particolare, porta a considerazioni su
un 'immunologia popolare' opposta a quella
'ufficiale' che mettono in discussione non solo il sistema
agroindustriale ma tutto il complesso del sistema di
biopotere igienistico-sanitario.
Il consumo del latte crudo nei bambini rafforza il sistema
immunitario e contribuisce a ridurre l'incidenza di
molte patologie in forte crescita da quando il sistema
industriale (cibo, chimica, farmaco) ci costringe a
vivere in una 'campana di vetro' con la conseguenza
che il sistema immunitario non allenato e non esercitato
reagisce in modo abnorme con manifestazioni di
allergie e intolleranze che, in passato, erano di incidenza
trascurabile. Così si aumenta il consumo di farmaci,
cibi speciali, servizi medici. E' la solita logica del
'doppio guadagno' del sistema industriale: inquino e
poi lucro sul disinquinamento, mino la salute e poi
vendo farmaci. Più disinquinamento e più chemioterapici
.. e più PIL.
Upasteurisert melk er farlig
(sempre gli stessi spauracchi)
Listeriosi, E. coli O157:H7. Ecco gli spauracchi agitati contro
il latte crudo. I pochissimi casi, peraltro senza dimostrazione
certa di nesso causale con il consumo di latte crudo,
di tossinfezioni, sono stati sbandierati ad arte al
fine di applicare il 'giro di vite' contro il latte
'sovversivo'. Ma parliamo di casi che si registrano
con incidenza dell'ordine uno su centinaia di migliaia
e con mortalità molto bassa. In compenso le percentuali
di riduzione di febbri da fieno, asma e altre patologie
pediatriche sono nell'ordine del 30-40%. Come calcolano
le 'autorità sanitari' il bilancio dei rischi? Il titoletto
sopra è in norvegese e dice: Il latte crudo è pericoloso'.
Una litania che si sente recitare in tutto il mondo.
Attualmente il tema è caldo proprio nel paese scandinavo. L'Istituto per la salute popolare mette vivamente in guardia contro la proposta
dell'Ispezione ai generi alimentari di permettere la vendita di latte e panna
non pastorizzati. L'Istituto per la salute popolare teme tra l'altro il contagio
con E. coli e con la Listeria.
Sulla
Listeria è stranoto che la maggior parte dei casi sono
legati al consumo di alimenti pastorizzati mentre su
E. coli O157:H7 e altri ceppi verocitotossici
si può parlare di pseudoemergenza sanitaria pilotata
contro il latte crudo. L'infezione provoca a volte una
semplice diarrea ma in alcuni casi può comportare anche
l'insorgenza di colite emorragica. Quest'ultima che
in qualche caso degenera in SEU (Sindrome emlitico
uremica) una patologia che colpisce in particolare bambini
sino a 5 anni. La mortalità della SEU si attesta sul
2%. In Italia i casi di SEU all'anno sono meno di 20
e, dal 2004, anno di entrata in servizio dei ditributori
automatici di latte crudo non vi è stato alcun
aumento dell'incidenza di questa forma di tossinfezione.
Va specificato che nel mondo le infezioni
attribuite a consumo di latte crudo sono pochissime
in confronto a quelle legate al consumo
di carni mal cotte e altri alimenti (vegetali contaminati
da deiezioni aminali infette, insaccati, yogurt, maionese, succo di mela) e all'acqua inquinata. Anche in Italia
le indagini eseguite in anni recenti su varie matrici
alimentari hanno evidenziato assenza di E. coli O157:H7
nel latte di massa ovino e vaccino e significativa e
costante persenza (sino al 9% dei campioni analizzati)
nella carne bovina macinata. La Seu, non a caso è nota
anche come 'sindrome dell'hamburger' ma il potere di
McDonalds' e simili è infinitamente superiore a quello
dei produttori di latte crudo ....
Nonostante il maggior fattore di rischio rappresentato dalle
carni crude o mal cotte è dilagata la moda dei 'carpacci'
e nessun paladino dell'igiene si è erto a difensore
della salute pubblica chiedendo il divieto di somministazioni di carni crude o 'al sangue'.
Riassumendo:
- la SEU chiamata in causa per giustificare
il divieto di consumo di latte crudo non rappresenta
una patologia imputabile in modo specifico al latte
crudo;
- l'osservanza
delle elementari norme igieniche che evitano il
contatto del latte con le feci è sufficiente ad
escludere il rischio di presenza di E.coli verocitotossica
nel latte;
- il
fattore di rischio associato al rischio di SEU
e di conseguente mortalità è bassissimo in confronto
ad altre 'classiche' forme di tossinfezione alimentare
non riconducibili al consumo di latte crudo.
Nel campo delle tossinfezioni di origine alimentare un fattore
di rischio ben più concreto è rappresentato dalla Salmonellosi
che continua a rappersentare il 70% delle infezioni
di questa categoria.
Alimentazione industriale fattore di sicurezza? Pseudoemergenze
sanitarie (o economiche?)
La campagna
contro il consumo di latte crudo (sostenuta da tanti
coristi pronti ad intonare lo spartito gradito alla
ricca industria alimentare) ha teso a imputare il 'ritorno
all'antico' - nell'ambito delle pratiche di consumo
alimentare - quale fattore di rischio. Ci si era messo
anche Zaia a fornire il 'consiglio della nonna' che,
col buon senso della donna di campagna di una volta, bolliva
il latte. Ma ai tempi della 'nonna' non esisteva l'anagrafe
del bestiame, la tracciabilità, l'Haccp, i metodi diagnostici
rapidi, le banche dati, la trasmissione dei dati online,
internet ecc.; non esisteva, soprattutto un servizio
di sanità veterinaria che è considerato uno dei migliori
(sicuramente dei più costosi) al mondo. Lo spauracchio
del latte crudo potenzialmente infetto e in grado di
distruggere i reni ad un bambino nasconde una ben diversa
realtà.
L'incidenza delle malattie trasmesse da alimenti dopo
una fase di regressione storica legata all'introduzione
di misure igieniche e al miglioramento delle condizioni
di produzione, trasformazione, conservazione e trasporto
degli alimenti sta subendo nei paesi 'avanzati' una
nuova recrudescenza.
Uno
dei fattori di rischio è rappresentato dalla crescente
incidenza dei 'pasti fuori casa' del catering, dell'alimentazione
industrializzata. Negli Stati Uniti i
pasti fuori casa sono ritenuti responsabili dell'80% degli episodi di tossinfezioni segnalati.
Vi è la proliferazione dei punti di 'ristoro', ma anche
la diffusione dell'uso di cibi (o comunque materie prime
utilizzate in cucina) precotti, surgelati che
richiedono attenzioni specifiche non sempre scrupolosamente
osservate da personale spesso poco qualificato e tutelato.
L'uso dei pasti pronti (in toto o parzialmente) si è
diffuso anche a casa, in relazione agli impegni extradomestici
delle donne. Spesso non è la mancanza di tempo ma l'imbesuimento
televisivo (o la navigazione nel web) che sottraggono
tempo e voglia al lavoro manuale di preparazione del
cibo. Ma i cibi pronti richiedono consumo immediato o immediata refrigerazione. Figli
lasciati soli a consumare i pasti, single (di ambo i
sessi), casalinge impigrite non dispongono delle competenze
nei confronti della manipolazione del cibo - naturali
- di cui disponevano le massaie di un tempo.
E
così si mescolano cibi cotti a cibi crudi, non si consumano
subito i cibi cotti. La riduzione del numero dei componenti
delle famiglie e la ridotta 'disponibilità di tempo',
in parte fittizia, congiurano nell'affidarsi anche a
casa, spesso in modo improvvisato, a tecniche di conservazione
non sempre sicure ed ortodosse. L'industrializzazione
dell'alimentazione non rappresenta solo un rischio
legato alla persenza di additivi e conservanti ma anche
dal punto di vista di quello delle 'classiche' infezioni
alimentari che si pretende ancora associate a stili
di consumo preindustriali.
Il
caso del latte crudo e dello spauracchio della SEU si
presta anche a più generali considerazioni sulla manipolazione
industrial-mediatica delle pseudoemergenze sanitarie.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescendo
di allarmismi sgonfiati. Il caso ultimo dell'influenza
'suina' è stato, però, tanto clamoroso da iniziare a
far sorgere anche nel pubblico più apatico più di un
dubbio sui criteri di 'gestione del rischio' da
parte di autorità sanitarie, politici, scienziati. La
Francia che svende le dosi di un vaccino inutile e il
rifiuto di massa (anche in Italia) della vaccinazione
hanno incrinato non poco la fiducia in un sistema che
crea emergenze sanitarie più o meno fittizie per precisi
interessi e non troppo coperti interessi economici ed
industriali.
Prescrizioni ufficiali disattese, poco
coerenti e poco credibili
Il
'pubbico' dimostra sempre meno fiducia nel sistema ufficiale
di prevenzione e gestione dei rischi sanitari. Al rifiuto
della vaccinazione per l'influenza A corrisponde anche
la 'disobbedienza civile' nei confronti dell'ingiunzione
a bollire il latte crudo. Da una nostra indagine preliminare
se 8 distributori automatici installati nelle provincie
di Como e di Lecco (da dove è partito poi il fenomeno
della diffusione nazionale dei Bancola) abbiamo potuto
constatare 8 (su un campione di 200 consumatori) quanto
segue. Il 49,7% di coloro che hanno risposto al
questionario dichiara di 'non far mai bollire il latte
crudo'; solo il 23,1% lo fa bollire sempre mentre il
2,5% lo fa bollire solo per il consumo dei bambini e
il 24,6% qualche volta lo fa bollire e quanche volta
no. Si tratta di risultati che vanno confermati da una
più ampia indagine da effettuarsi anche con altre metodologie
demoscopiche ma il risultato è abbastanza esplicito.
Se
questi risultati venissero confermati ne deriverebbero
importanti conseguenze. Se moltissimi consumatori
utilizzano il latte crudo, somministrandolo anche a
figli in età prescolare senza bollirlo e non sono più
stati segnalati casi 'sospetti' di SEU legati a questa
'pratica', significa che la caccia alle streghe,
era immotivata, che la 'guerra al latte' crudo,
aveva in realtà l'obiettivo - come sostenuto da
non pochi che sono intervenuti nel dibattito - di fare
la 'guerra ai produttori' (in nome degli interessi di
Granarolo e di altri gruppi minori). Riteniamo impossibile
che le autorità sanitarie non siano consapevoli che
una parte più o meno consistente dei consumatori di
latte crudo non sottoponga a trattamento di bollitura,
o quantomeno riscaldamento a 70°C, il prodotto.
Siamo costretti a pensare che l'obiettivo della circolare
che ha imposto i 'cartelli a lettere scarlatte' non
fosse quello della tutela della sanità pubblica ma dell'industria
ora soddisfatta del calo di vendite del latte crudo
e dello 'scampato pericolo'.
Una
parte dei consumatori si è spaventata, si è allontanata
dal consumo del latte crudo ('se va bollito vuol
dire che è pericoloso, che è infetto' ). Se ci fosse
vi fosse un reale rischio sanitario (supportato
da dati epidemiologici e da risultati indicati presenza di
campioni di latte infetti) il Ministero dovrebbe
disporre la chiusura dei distributori una volta
accertato che la maggior parte dei consumatori, comunque
una quota significativa di essi, non adotta la
'precauzione' che secondo il Ministero stesso risulterebbe
indispensabile.
Ma
poi, se è la mancata pastorizzazione in sè ad
essere un pericolo potenziale perché il latte crudo
confezionato in bottiglie (disponibile alla vendita
anche nei supermercati), può recare sull'etichetta la
precisazione 'può essere bevuto senza bollire'.
Un elemento in più che mette in discussione l'oggettività
della gestione del rischio da parte delle autorità sanitarie.
Il criminale spacciatore di latte crudo
prosciolto
Intanto
in Ontario Michael Schmidt
è stato prosciolto dalle accuse (link
a sito Terra madre).
Era accusato di 19 capi di imputazione, per 'terribili
crimini contro la salute pubblica'. Reo di
aver spacciato latte crudo a consumatori che erano diventati
soci della sua stessa azienda acquistando quote di mucca
pur di poter aggirare il proibizionismo. Per i sostenitori
del latte crudo è un eroe, per gli industrial-igienisti
un bioterrorista. Festeggiamo con un buon bicchiere
di latte crudo non bollito.
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