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al sito del Movimento stop al consumo di territorio
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In allegato trovate i due
documenti relativi alla campagna contro il fotovoltaico selvaggio:
- La lettera da trasmettere al Vostro
Sindaco;
- La bozza di OdG che ciascuna
amministrazione comunale potrà utilizzare come traccia base per discutere (ed
approvare …) una delibera di vera salvaguardia
Un conto è
progettare edifici pensando al fotovoltaico e utilizzando
le enormi superfici della 'capannonicoltura', un conto
è fare un fotovoltaico a spese del terreno agricolo
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(03.07.2010)
No
al fotovoltaico pseudo agricolo e insostenibile
Le
'rinnovabili' sono spesso un alibi di coscienza pseudoecologista,
che può diventare molto pericoloso
Non
si va da nessuna parte se non si ripensa il modello
di un benessere artificale
Con molto piacere
e con altrettanta convinzione aderiamo alla campagna
'No fotovoltaico selvaggio' lanciata dal Movimento stop
al consumo di territorio (link a fianco). Tra le 'energie
rinnovabili' il fotovoltaico, almeno sulla carta, appare
la più 'rispettabile'. Però come per le altre 'rinnovabili'
il punto è: dove?, con che potenza istallata? con quali
impatti? con quale sostenibilità economica ed energetica?
E poi quali problemi si risovono e quali si creano?
Sulle Alpi
è stata sventata la maxi-centrale a biogas prodotto
con i liquami delle aziende zootecniche super-intensive
di Fiavé che mirava a perpetrare un sistema squilibrato
e insostenibile determinando dei forti impatti a livello
locale. Altre centrali del genere con autobotti che
viaggiano su e giù per le montagne per decine di km
portare liquami a un 'digestore' e riportare a casa
i 'digestati' (smaltiti come?) sono in progetto o in
cantiere. Intanto la Regione Lombardia ha dato il VIA
(nel senso di passaggio della valutazione di impatto
ambientale) ad un folle progetto con torri eoliche altre
90 (novanta) metri che deturperebbe visivamente e acusticamente
uno dei passi più belli e storicamente importanti della
Lombardia e interferirebbe pesantemente con le rotte
migratorie di diverse specie di uccelli protetti (mentre
i passi sono off- limits per le doppiette gli uccelli
finirebbero nei vortici delle maxi pale). Questo sulle
Alpi.
Ma ovunque
in Italia è scoppiata la febbre degli impianti ad energia
rinnovabile 'agricola'. Facendo balenare i cospicui
contributi ad incentivo della produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili, le ditte che vendono
gli impianti (al momento talmente cariche di ordini
da rifiutarli) inducono le aziende agricole ad imparcarsi
in progetti sovradimensioanti per arrivare al fatidico
1MWh di potenza istallata che consente di massimizzare
i vantaggi per i 'piccoli impianti'. E così si installa
una capacità eccessiva con una serie di conseguenze
prevedibili e molto negative. Per gli impianti a biomasse
una disposizione che consente di 'rastrellare' nell'arco
di 70 km le matrici ad integrazione di quelle agricole
aziendali indurra (induce già) a cercare ogni biomassa
utile con il risultato che porebbero finire nei digestori
materiali 'nobili' sottratti in modo poco etico all'alimentazione
umana o, al contrario, 'sottoprodotti' e 'scarti'
di dubbia composizione. Si dirà: si ma il fotovoltaico
è pulito.
Energie
rinnovabili come cavallo di troia per coprire speculazioni
(e falsa coscienza ambientale)
Come ha messo
bene in evidenza il Movimento stop al consumo di territorio
anche nel caso del fotovoltaico si assiste ad operazioni
poco limpide e, soprattutto, poco sostenibili. Un conto
sono i piccoli impianti per soddisfare i consumi aziendali
di elettricità utilizzando superfici quali coperture
di capannoni e altri fabbricati, un conto è destinare
ettari ed ettari (non è raro che singole aziende presentino
progetti per più di 10 ha) che vengono sottratti alla
coltivazione. Si arriva a realizzare enormi e
finte serre coperte da pannelli di (non) ultima generazione
che la luce non la lasciano passare affatto. Quello
che sa di speculazione sono i 'consigli' pelosi forniti
agli agricoltori da una 'filiera' di personaggi interessati
a 'spingere' tecnologie e impianti obsoleti sfruttando
la non adeguata informazione degli agricoltori. Una
filiera che comprende le banche, in questo caso molto
diponibili a erogare il credito. Gli agricolori, però,
non sono ben consapevoli che la continuità degli
elevatissimi contributi pubblici alla produzioen di
energia rinnovabile non è affatto garantita per il futuro.
Il 'troppo' successo dell'adozione di impianti ad energie
rinnovabili e il palesarsi delle distorsioni indotte
indurranno - se non altro per problemi di cassa - il
governo a ridimensionare gli incentivi (comunque legati
alle prossime leggi finanziarie). D'altra parte gli
agricoltori non sono piemamente consapevoli della redditività
degli impianti la cui efficienza dipende da una serie
di circostanze (potenziale metanigeno delle matruici
vegetali e animali nel caso di biogas, insolazione nel
caso del fotovoltaico).
Tra non molti
anni ci si troverà inoltre con una marea di pannello fv
da smaltire. Forse è un prezzo che vale la pena di pagare,
ma se le contropartite lo giustificano (se è bene ricordare che fino a ieri l'energia
fossile impiegata per produrre e smaltire i panneli
superava quella 'pulita' prodotta nel ciclo di vita
del pannello stesso). Oggi, però, il 'rinnovabile' è
di moda è gli stessi ambientalisti sono frenati dall'opporsi
a queste scelte pericolose temendo di sentirsi rinfacciare
'come non volete il solare per cui avete strepitato
tanto? Tenetevi il nucleare!). Ma è un ricatto morale
che non funzionerà a lungo, speriamo.
La
migliore risorsa: ridurre gli sprechi 'strutturali'
di energia e cambiare l'idea di benessere (dentro le
teste prima di tutto)
E'
evidente che un ricorso indiscriminato alle 'rinnovabili'
non solo non risolverebbe i problemi della 'fame di
energia' ma creerebbe una serie di impatti molto seri.
Pensando alla leggerezza con la quale molte aziende
agricole 'cedono' alla produzione di energia parti non
secondarie delle loro superfici (per produrre biocombustibili,
biomasse, o fotovoltaico) viene da riflettere sul fatto
che la continua sottrazione di terreni agricoli (per
la wilderness, per le foreste di pianura, per i campi
da golf, per le energie rinnovabili) non può che determinare
l'aumento dell'intensità agroindustriale (più energia
a per produrre alimenti per l'uomo e per il sempre più
numeroso bestiame).
Si
risparmiano energie 'sporche' da una parte per consumarle
dall'altra. Pochi ricordano che un'agricoltura meno
intensiva, ma più rispettosa degli equilibri biologici,
è produttiva (i termini di prodotto per unità di
superficie) qiasi quanto l'agricoltura drogata dalla
chimica e dai combustibili fossili (a volte lo è anche
di più) mentre comporta netti risparmi energetici. Ovviamente
per recuperare sostenibilità l'agricoltura deve tornare
ad una minor specializzazione e integrare meglio
l'allevamento con le coltivazioni e l'uso delle risorse
pascolive (meno fabbriche di bistecche e di latte insomma
- nella Padanioa siamo arrivati a stalle di 2.000 vacche
da latte!). Ovviamente il consumatore non può continuare
ad ingozzarsi di bistecche come un bue da ingrasso
un giorno si e l'altro pure e pretendere di consumare
di regola cibo fuori stagione che arriva dall'altra
parte del pianeta magari in aereo.
Se,
però, si vuole andare avanti con gli hamburger
e la 'fettina' a go-go, i SUV da 4 litri di cilindrata
(ma li vedete in giro nuovi fiammanti sempre più lunghi
e dall'aspetto aggressivo?), i 22-23 °C nelle abitazioni
(di più negli uffici pubblici dove paga pantalone),
perché la maglia di lana 'fa pauperismo', beh allora
non ci sono rinnovabili che tengano e per quanto fotovoltaico,
biomasse, eolico ecc. metteremo in cantiere (ma
a che prezzi e con quali efficienze energetiche reali?)
saremo preso nella merda perché finito il petrolio ogni
altra soluzione ha costi molto elevati. Intanto si dovrebbe
riflettere sul mito dei motori nella nostra cultura
(a partire dai deliri per la F1 e al crescente
impiego di moto d'acqua, quad, motoslitte). sarà
questa la crescita della cultura della sostenibilità?
Fa
comodo pensare in una tecnologia escatologica (scomodando
la teologia), ma più ci si ostina a pensare che le 'tecnologie
avanzate', l'industria e la scienza (sì anche
lei, altro che neutrale e innocentina) risolvano i problemi
che hanno creato più ci si allontana dalle soluzioni
e si perde tempo prezioso.
La
prima soluzione è nella testa e nel cuore della gente
perché la droga del benessere quantitativo basato
sui tanti mila kWh consumati dal cittadinio medio (per
non parlare dei flussi materiali di merci che diventano
il più velocemente possibile rifiuti per alimentare
il circuito infernale del profitto) è sempre più
un'illusione che si rincorre a caro prezzo. Benessere
è sentirsi bene , un fatto psicologico e forse anche
morale oltre che materiale. In ogni caso anche i pifferai
magici del complesso tecno-industrial-scientifico non
possono più promettere aumenti di benessere materiale,
salute, sicurezza. Anzi.
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