Intervista
a Hafez Huraini pastore in Palestina
Laban.
Il formaggio delle colline d’Hebron
di
Laura Zanetti
LZ:
-Sappiamo del Suo impegno per creare una riconciliazione
tra palestinesi ed israeliani. Nasce anche per questo
la South Hebron Hills Committee di Hebron?
HH:
Nel ’48 con la creazione dello Stato di Israele il mio
paese Garratin fu raso al suolo. Ci ricostruimmo un
villaggio chiamato At-Tuwani dove un tempo c’era una
ampia area pascoliva.
La
gente del mio villaggio e quella dei centri a sud di
Hebron é gente semplice dedita soprattutto alla pastorizia
che assieme all’agricoltura è l’unica fonte di sostentamento.
Dopo che i coloni fondamentalisti avevano avvelenato
svariati ettari di pascoli con chicchi d’orzo bolliti
in fluoracetamide, fatto morire più di un centinaio
di pecore e l’esercito distrutto le case e i nostri
antichi sistemi idrici, c’eravamo posti il problema
di come resistere alle violazioni del diritto umanitario
da parte di Israele. Abbiamo scelto la lotta non violenta
agendo in ambito legale, con ricorso alla Corte Suprema,
ai Tribunali, ai mezzi mediatici.
Nasce
dentro questa esperienza il Movimento nonviolento dei
Pastori. Comitato delle Colline a sud di Hebron con
l’appoggio degli abitanti del luogo.
LZ:
quanti i pastori, quanti i greggi ?
HH:
siamo trenta pastori con varie greggi per un totale
di 1400 pecore di razza per lo più Baladi ossia autoctone
del luogo e Assafi cioè straniere. Mentre le capre,
che rallegrano i luoghi con il suono dei loro campanelli,
raggiungono i 350 capi tra Baladi e razza Shami, proveniente
dall’est della Siria . Ma la transumanza è scomparsa.
Siamo costretti a tenerle ferme sulle stesse colline,
mentre prima del ’48 da Garrattin le greggi transumavano
fino a Hebron, vasta zona di pascoli.
LZ:
che tipo di pascolo offrono le colline di Hebron ?
HH:
abbiamo vari tipi di essenze, fiori e cespugli di cui
si cibano le greggi grazie anche ad un sistema di irrigazione
antichissimo: conserviamo cisterne secolari scavate
nella roccia, alcune ancora di origine bizantina, per
raccogliere l’acqua piovana nei periodo delle piogge
che ha inizio tra novembre e dicembre. Abbiamo quindi
una autonomia idrica fino a maggio per uomini ed animali.
Ma pure queste sono a rischio al pari delle grotte millenarie
per via dell’esercito israeliano che le distrugge per
costruire mega aree per le proprie esercitazioni militari.
LZ:
e nel periodo di siccità?
HH:
nella secca le bestie mangiano di tutto, le pecore anche
le radici del grano. Teniamo comunque sempre da parte
una riserva di raccolto per gli animali e integriamo
con una leguminosa locale, con frumento, con orzo che
proviene dalla Francia , con mais che proviene dal Canada.
LZ:
con Mais non OGM free?
HH:
probabilmente !
LZ:
Quando cominciate a mungere e per quanto tempo?
HH:
da novembre fino a metà gennaio gli animali partoriscono.
Allattano i piccoli per 45 giorni
Dopodiché
ha inizio la mungitura che dura 70 giorni e la produzione
del Laban il nostro formaggio locale fatto dalle nostre
donne.
LZ:
El Hallabat è il loro nome vero?
HH:
si proprio così, Donne del Formaggio, sono loro che
mungono, che trasformano il latte in formaggio e mia
madre Fatma è tra le più brave, colei che insegna e
porta avanti la tradizione.
LZ:
vuol raccontarci, nei dettagli, come avviene la caseificazione
del latte di Hebron?
HH:
il latte di pecora unito a quello di capra viene versato,
subito dopo la mungitura, in un recipiente metallico
e fatto riposare per 24 ore. Poi viene immesso nella
Shraà, un’otre ricavata da pelle di pecora, in cui rimane
sempre un po’ di - madre-, ossia un po’ di latte
fermentato della precedente lavorazione. Issata su un
tre piedi di legno l’otre verrà sbattuta poi per un’ora.
Chi ha l’otre più grande, è chiaro, è più ricco!
LZ:
Un’ora quindi di pre - caseificazione?
HH:
Si, il latte così sbattuto e fermentato per un’ora ,
tolto dall’otre, viene versato in un pentolone che noi
chiamiamo tongera, e posto sul fuoco per tre minuti
a caseificare. La massa separatasi dal siero viene raccolta
in un telo di cotone e appesa a gocciolare più o meno
per 5 ore, per essere poi conservata con del sale per
10 giorni in un contenitore fatto con pelle di animale.
Successivamente
la
pasta viene mescolata con aggiunta di sale del
mar Morto e un po’ di Helby, una spezia locale.
LZ:
un formaggio capro-ovino speziato e molto saporito quindi
?
HH:
certo! Che le donne dei villaggi poi modellano con cura
in piccole forme piramidali e mettono al sole per una
settimana o 10 giorni per conservarle infine nelle Laban
Jamid, piccole borse di tela poste in armadi da formaggio,
in un apposito luogo della casa per essere poi vendute
al mercato di Yatta.
LZ:
case che un tempo erano grotte scavate nella roccia.
E’ cosi’?
HH:
si, la gente, in queste zone viveva un tempo nelle grotte
millenarie le mugaara, in totale armonia con i propri
animali . All’entrata della grotta sul battuto di terra
era possibile distinguere il percorso degli animali
e quello degli umani. Ora sono a rischio di scomparsa
perché già nel ’99 l’esercito le ha chiuse, deportando
1200 persone a nord, a At-Tuwani e Yatra.
LZ:
e il burro, c’è una qualche tradizione in Palestina.
HH:
In primavera usiamo produrre piccoli quantitativi di
burro di capra dalla pasta candida e dal sapore dolce.
LZ:
Hafez , Lei è venuto in Italia per una serie di incontri
grazie a Humanity Togheter l’ong di ispirazione
cristiana fondato da Piergiorgio Rosetti e Kristin Anderson
Rosetti che lavorerà a fianco del Comitato non violento
dei Pastori. Cosa ha chiesto a coloro che L’ascoltavano
e cosa chiede ai lettori di Carta :
HH:
semplicemente di fare conoscere la nostra storia, le
profonde ingiustizie a cui siamo sottoposti e alle quali
mai risponderemo con la violenza ma con la resistenza
attraverso idee ed esperienze attive nella cura della
nostra terra come richiamo alla solidarietà per le generazioni
future in Palestina come in Israele. A Carta* chiediamo
il sostegno morale perché il nostro formaggio millenario
possa essere riconosciuto. Sarà un primo concreto aiuto
per tutelare così le nostre famiglie, le nostre case,
i campi, l’acqua e i pascoli. La nostra terra di Palestina.
©
laura zanetti
*l'intervista
è stata pubblicata su Carta (settimanale) n. 21 del
12.06.09
http://www.carta.org/rivista/settimanale/2009/21
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