Mappa
con il percorso che ricalca la Via Priùla (in rosso)
La
guida bilingue (italiano e tedesco) delle vie storiche
da Bergamo a Coita (Via Priàla e Via Spluga) realizzata
dal MUVIS (Museo della Val S.Giacomo e della Via Spluga)
e dalla Pro Loco di Albaredo (I edizione, ottobre 2008,
pp. 224 con cartografie e ricca iconografia. info: www.museoviaspluga.it
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Le
Vie storiche rappresentano una preziosa testimonianza
culturale e una risorsa per il turismo alpino sostenibile
ma sono spesso in condizioni di degrado
Attraverso
una serie di immagini documentiamo le condizioni
in cui versano diversi tratti del tracciato
della storica Via Priùla
Sottoposte
a 'interventi di qualificazione' che ne alterano in
maniera irrimediabile le capatteristiche tradizionali
molte mulattiere di montagna sono state asfaltate e i
selciati originali distrutti; in altri casi sono cancellate
dall'abbandono
La via Priùla prende il nome da
Alvise Priuli, Podestà e Capitano di Bergamo. Egli fece
realizzare la nuova via in tempi rapidissimi, tra il
1592 e il 1593. Fu un'opera molto importante perché
consentì l'apertura di una importante via di traffico
commerciale internazionale consentendo il trasporto
con carri laddove prima potevano transitare solo i muli.
Rispetto ad oggi sorprendono i tempi rapidi di realizzazione
ma va detto che anche le ardite e modernissime ottocentesche
strade dello Slpuga e dello Stelvio furono realizzate
dal Regno Lombardo-Veneto in pochissimi anni. A
parziale consolazione va osservato che, in analogia
con le attuale italiche costumanze in materia di
opere pubbliche già ai tempi di Priuli si verificava
lo 'splafonamento' dei preventivi (da 2.000
a 8.200 ducati). Ma veniamo all'importanza storica rivestita
a lungo dalla nuova Via. La sua realizzazione corrispondeva
ad una esigenza strategica: evitare che le merci tra
il centro-Europa e Venezia transitassero attraverso
lo Stato milanese. In precedenza, data la difficile
percorrenza dei vecchi tracciati brembani (che da Averara
risalivano la Val Mora e conducevano verso
il Passo di Verrobbio), le merci da Bergamo si dovevano
dirigere verso il Lario utilizzando la comoda via d'acqua
ma sottostando alla pesante tassazione milanese per
poi proseguire per lo Spluga attraverso la Valchiavenna,
anch'essa sotto il dominio Grigione.
Alvise
Priuli curò direttamente anche la realizzazione del
tratto di strada in territorio Grigione che dal Passo
di San Marco conduceva a Morbegno. Tale opera venne
completata in tempi successivi, ma comunque brevi, dopo
il completamento del tratto brembano.
Oltre
che alle merci la Via Priùla rappresentò anche un'autostrada
delle mandrie transumanti che si spostavano ogni anno
tra la pianura lombarda e l'alta Val Brembana. I malghesi
(ovvero i proprietari delle malghe, termine tutt'oggi
utilizzato per indicare le mandrie e non gli alpeggi)
non solo poterono raggiungere più comodamente i pascoli
sul versante brembano ma approfittarono della Priùla
per affittare alpeggi anche in Val Gerola. Un capitolo
interessante della storia della transumanza e del formaggio
Bitto che vedrà i malghesi brembani caricare gli alpeggi
sul versante valtellinese ancora all'inizio del XX
secolo.
La
decadenza della via Priùla avvenne per motivi geopolitici.
Fu Napoleone e poi il Congresso di Vienna che, unificando
con quanto rimaneva dello Stato di Milano con i territori
lombardi precedentemente sotto dominio veneziano e grigione,
decretarono la fine dell'importanza commerciale della
Via. La successiva costruzione, per opera dell'Imperial
Regio Governo Lombardo-Veneto della già citata
nuova via dello Sluga (anni '20) consentì di percorrere
per la prima volta la riva orientale del Lario, diede
il colpo definitivo. Da allora in poi la Via Priùla
tornò ad essere un collegamento di interesse prevalentemente
locale. Negli anni '60 del secolo scorso la realizzazione
della strada carrozzabile del Passo di San Marco ha
ridato una certa importanza (sul piano turistico)
al collegamento tra la Val Brembana e la Valle del Bitto.
La valorizzazione delle vie storiche
La
vicina Svizzera ha da tempo intrapreso la valorizzazione
delle antiche vie storiche alpine in funzione di proposte
di turismo sostenibile. Attraverso i progetti transfrontalieri
Interreg tali esperienze hanno potuto essere 'travasate'
anche in Lombardia, segnatamente nella Val Chiavenna
in provincia di Sondrio. Nell'ambito del progetto Interreg
IIIA (2000-2006) sono state intraprese diverse azioni
per far conoscere lo storico percorso tra Bergamo e
Coira (la capitale dei Grigioni). Queste iniziative
hanno promosso un interessante nuovo flusso turistico
che ha potuto avvalersi anche di soluzioni innovative
quali l'organizzazione, con la collaborazione degli
albergatori, di servizi di trasporto bagagli che consentono
ai turisti che percorrono a piedi o in MTB la Via Spluga
di ritrovare i propri effetti presso le strutture di
accoglienza della tappa successiva. Il MUVIS (Museo
della Val S.Giacomo e della Via Spluga) e la Pro Loco
di Albaredo hanno realizzato una bella pubblicazione
bilingue che descrive tutto il percorsi (scheda a fianco;
per la versione web: http://www.viapriulaegrigioni.it/).
Va da sè, però, che questa valorizzazione presuppone
il ripristino e la conservazione dei tracciati nella
loro forma originale o quantomeno nel rispetto delle caratteristiche
tradizionali della viabilità montana relativamente al
fondo stradale e alle opere d'arte e manufatti vari.
La considerazione del valore
culturale ed estetico della rete della viabilità alpina
tradizionale è ancora poco diffusa
Purtroppo
la sensibilità delle amministrazioni locali e degli
altri soggetti interessati (progettisti, ditte) nei confronti del valore storico-culturale ed
estetico delle vecchie mulattiere è ancora poco diffusa.
A volte gli antichi percorsi sono semplicemente 'cancellati'
dal bosco, dal crollo dei muri di sostegno, a volte
da discutibili 'interventi di 'riqualificazione'. Assistiamo
ad asfaltature, allargamenti, non sempre giustificati
da reali esigenze funzionali, che stravolgono le caratteristiche
di queste antiche vie di comunicazione quando non ne viene alterato
lo stesso tracciato che - ai foni di ricerca -
può essere ricostruito solo sulla base della cartografia
I.G.M. 'd'epoca' e delle mappe catastali. Un elemento
importantissimo della storia locale (che spiega forme
di insediamento, rapporti funzionali tra diverse parti
del territorio e tra diverse forme di attività) viene
fatto scomparire. A volte per pura ignoranza. Oggi la
disponibilità di mezzi meccanici consente con facilità
di cancellare in un attimo le tracce del passato. Purtroppo
la consapevolezza del valore del 'capitale storico-culturale'
è cresciuta meno rapidamente della capacità tecnologica.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Sia ben inteso
che non si vuole fossilizzare la realtà (non è mai successo
e non può essere fatto neppure oggi). Si intende solo
affermare il principio che beni culturali quali le antiche
vie di comunicazione (spesso espressione di una grande
capacità tecnica e del grande ingegno e impegno dei
nostri vecchi) che sono arrivati più o meno integri
sino a noi devono in qualche modo essere catagologati,
censiti, soggetti come tanti altri beni storici, artistici,
paesaggistici a vincoli. Con l'obiettivo di salvare
le testimonianze più significative in grado di raccontare
il passato. Questo patrimonio deve essere visto come
una risorsa per un turismo 'dolce' interessato all'utilizzo
di mezzi di trasporto sostenibili (i propri piedi, la
MTB, i quadrupedi) e non solo come una 'zavorra'. Tra
l'altro le tecniche costruttive tradizionali, utilizzando
materiali locali e 'adattandosi' alle specifiche condizioni
locali garantivano una lunga durata. Lo sgretolamento
dei muraglioni in calcestruzzo è lì da vedere.
La condizioni della Via Piùla
nel comune di Albaredo (So)
Grazie
alla disponibilità dell'archivio fotografico del ruralpino
Gianpiero Mazzoni è possibile confrontare le condizioni
attuali della Via Priùla nel tratto che interessa il
territorio di Albaredo per San Marco (So). Le cattive
condizioni in cui versa la Via in parecchi punti sono
da 'leggere' alla luce della richiamata importanza storica
del tracciato e dalla presenza di un ente di tutela
quale il Parco delle Orobie Valtellinesi. Di seguito
la parola passa alle immagini (tutte di Gianpiero Mazzoni
di Albaredo).
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