A
Gradella di Pandino, questo fine settimana, è stata organizzata una
inedita Festa del fieno e dei prati
stabili. Un evento che si colloca nel solco delle feste del
fieno che da vari anni, vengono celebrate in località di montagna ma
che vuole tenere insieme la celebrazione della cultura rurale con la
trattazione del fieno e del prato quali elementi attualissimi di ordine
tecnico, ecologico, politico. Per il programma completo e gli approfondimenti delle varie attività previstevai
a vedere sul sito del Pastoralismo alpino
Il borgo rurale di Gradella (la stella
indica la Corte Sant'Anna dove si svolgerà la Festa)
Alla Festa, oltre alla rievocazione delle tecniche
tradizionali di fienagione,ci saranno le dimostrazioni in campo delle macchine
più moderne, con impressionante capacità di lavoro. L'attenzione, però,
sarà rivolta soprattutto alla qualità della lavorazione, ovvero del
fieno prodotto, che - a sua volta - condiziona la qualità del latte e
dei latticini da esso ottenuti. Non
ci sarà quindi una stridente contrapposizione tra la parte tecnica
attuale e quella rievocativa perché la prima sarà attenta agli aspetti
qualitativi, alla filiera, ai valori ambientali, la seconda scevra da
atteggiamenti da "presepe vivente" ma attenta a far comprendere come si
sono evolute le tecniche nel tempo, partendo dalle operazioni base,
quelle fatte a mano che aiutano a comprendere quale lavoro
facciano le macchine e come le macchine stesse si sianosviluppate.
Un'unica manifestazione quindi che aspira a risultare originale. Del
resto non avrebbe avuto senso replicare le Feste del fieno della
montagna.
Nelle condizioni attuali una logica di filiera che parta dal prato
stabile e arrivi al formaggio, che sia capace di ottenere, nel suo
complesso, una netta differenziazione di valore per unità di prodotto è
condizione per assicurare la sostenibilità economica di questi sistemi.
C'è da riflette sul fatto che il latte-fieno della Mila sia consumato
nelle scuole lombarde scalzando prodotti km zero ma con caratteristiche
qualitative diverse.
Il
paesaggio dei prati stabili lungo le sponde del fiume Tormo
Ovviamente tutto ciò ha importanza a patto che, oltre che sul lato
della remunerazione del latte, si riconosca, in termini di premialità
(pensiamo ai piani di sviluppo rurale delle regioni), che queste
pratiche agricole virtuose sono capaci - a differenza del sistemi
monocolturale maidicolo - di fornire servizi ambientali tangibili
(fissazione di CO2, depurazione delle acque, biodiversità, qualità del
paesaggio, carico di composti chimici nelle acque, conservazione della
fertilità a lungo termine dei suoli).
Nel valorizzare il prodotto fieno di prato stabile di pianura (anche
attraverso la tutela della denominazione di origine) si opera anche a
favore delle aziende zootecniche della montagna. L'ulteriore
contrazione dei prati stabili, prevedibile in assenza di iniziative,
priverebbe di un apporto indispensabile per il razionamento quelle
aziende vincolate all'uso del fieno in quanto conferenti il latte per
la produzione di formaggi tipici.
Non è difficile comprendere
come l'attuale movimento commerciale del fieno verso la montagna,
iniziato già dagli anni Sessanta con l'inizio delle trasformazioni
delle struttura agricola che avrebbero visto la rapida scomparsa delle
piccole stalle, normalmente autosufficienti per la produzione
foraggera, rappresenta una forma di complementarietà tra montagna e
pianura. In precedenza, questa complementarietà sie realizzava trasferendo in inverno le
mandrie di montagna nelle cascine della bassa: era la transumanza dei
bergamini, fenomeno plurisecolare che ha determinato il trasferimento
in pianura di un numero consistente di famiglie che stabilirono in
pianura tecniche di allevamento e caseificazione. Non a caso nel
Cremasco, nel cui ambito di colloca il Pandinasco, il formaggio tipico
è il salva cremasco dop, uno stracchino nato sulle Orobie (che si
differenzia dal taleggio per avere lo scalzo alto il doppio).
Oggi una
dimostrazione di falciatura a mano dei prati in pianura può apparire
qualcosa di nostalgico di tempi lontanissimi. Prevenendo certe critiche
diciamo subito che nessuno pensa di proporre il ritorno al
faticosissimo lavoro del falciatore. Però non si vuole nemmeno proporre
la falciatura a mano solo come un presepio vivente, come un
"fossile". Va intanto precisato che la falciatura a mano si è
praticata anche nelle grandi aziende della bassa lombardia, sino
all'immediato secondo dopoguerra. La falciatrice operata dal cavallo
non presentava un bilancio netto tra vantaggi e vantaggi rispetto a
quella manuale da sostituire quest'ultima. E' stata solo la BCS
(Baldini . Castoldi - Speroni) nata in quel di Abbiategrasso, terra di
prati e marcite e di piccole aziende condotte da ex transumanti, a
sostituire ila falciatura a mano. Non a caso la BCS (la motofalciatrice
per antonomasia, stella fissa nell'immaginario rurale) nasce nel 1943
quando vi era scarsità di manodopera per via della guerra.
Gradualmente entrata in funzione nelle aziende più grandi, la BCS,
continua a essere usata anche in pianura qua e là. Non si è estinta
neppure la cultura della falce (della ranza),
tanto che il revival di questi tempi trova ancora disponibili a passare
il testimone delle tecniche non poche figure rurali. Sotto Angelo
Colombo dell'azienda agricola Regolè
di Cassano d'Adda (Milano) che mostra come si batte la lama della falce
(il manico l'ha appeso con una corda a un ramo di un albero che
ombreggia la postazione fissa di battitura). Niente archeologia: saperi
vivi.
La falce, in ogni caso, sia in montagna che in pianura, ha ancora un
suo spazio nel contesto di piccole aziende o di quell'attività che
viene molto erronamente definita, con sprezzo, "hobbistica" (solo
perché non c'è nessuno che se ne assuma la advocacy) ma che spesso
contribuisce alla manutenzione del residuo spazio rurale più delle
grandi aziende. Chi mantiene qualche animale (conigli, capre,
pecore) non usa certo il decespugliatore che maciulla l'erba
trasformandola in rifiuto (se non viene compostata). Senza considerare
l'inquinamento prodotto dai piccoli motori a scoppio (specie se a due
tempi) dei tagliaerba e dei soffiatori (già proibiti nelle città della
California) e il fastidio procurato ai vicini. Chi sostiene che
"falciare a mano è stupida nostalgia" dovrebbe considerare che, spesso,
le "cose morte" hanno un valore formativo. Perché studiare il latino se
è una lingua morta (non del tutto se qualcuno la vorrebbe come lingua
ufficiale europea del dopo brexit)? Perché è all'origine delle lingue
parlate, ovviamente. Il suo valore educativo non viene certo messo in
discussione (semmai si discute quanto e quando deve essere studiato,
non certo di abolirlo tout court dagli studi superiori).
Festa
del fieno a Monno in Valcamonica
Ma ciò che vale per la mente vale anche per il corpo (senza
dimenticare che ogni attività manuale complessa è al tempo stesso un
esercizio fisico e mentale). Il perdere alcune manualità che facevano
parte della formazione delle generazioni rurali del passato rappresenta
un impoverimento (vale per le tecniche di produzione alimentare, per le
tecniche di lavorazione del legno, per la realizzazione di muri), una
perdita di autosufficienza, di autonomia.
A tutte queste considerazioni si unisce il valore di emblema dei
valori e della cultura rurale che ha assunto la falciatura a mano. Se,
da noi, le manifestazioni di rievocazione della falciatura a mano sono
espressione culturale (ma anche di affermazione di un'identità sociale
minacciata, dai boschi che avanzano, dai lupi, dallo spopolamento),
altrove ha assunto anche una dimensione sportiva, agonistica con gare e
campionati. Non solo in provincia di Bolzano e sulle Alpi ma anche in
Inghilterra un paese dove le pratiche contadine sono state precocemente
sostituite dalla meccanizzazione delle farm. Ci sono anche dei
campionati europei di falce.
Alla Festa del fieno a Pandino
le dimostrazioni di falciatura a mano (che daranno anche la possibilità
a chi fosse interessato di apprendere i primi rudimenti dell'arte) si
inseriscono in un percorso di attività rievocative dal vivo finalizzate
a illustrare l'evoluzione delle tecniche. Nell'ambito di queste
dimostrazioni ci sarà spazio per gli "anelli intermedi" della
meccanizzazione con l'uso delle BCS d'epoca e dei motoranghinatori. Non
mancherà l'altro elemento che insieme al lavoro manuale e a quello
meccanizzato hanno costituito la storia dei sistemi di fienagione:
l'uso del cavallo. Oltre che per le operazioni di andanatura il cavallo
sarà impiegato per il trasporto, esattamente come nella foto sopra di
un secolo fa. Alle operazioni di rastrellatura e spandimento del fieno
(che non richiedono l'uso di un attrezzo da taglio da maneggiare con
attenzione) potranno partecipare anche ragazzi ed adulti. I rastrelli
saranno di plastica (più leggeri e meno pericolosi di quelli di
ferro), i forconi rigorosamente di legno., preparati per l'occasione
dall'artigiano camuno Gianmaria Fontana, che realizza anche manici da
falce. Il forcone a due denti di legno, utilizzato sino a non
molti anni orsonono in montagna, sarà anche in vendita. Poi una volta
completate le operazioni pomeridiane, rimesso il fieno in mucchi e
andane ai ragazzi sarà data la possibilità di fare la corsa ad ostacoli
tra le andane e di fare le capriole sui mucchi di fieno. Altri giochi
con il fieno ed altri materiali saranno possibili in un'area all'ombra
della Corte Sant'Anna.
La siccità, mai così grave a memoria degli anziani, non consente di
presentare i prati al meglio. La scarsissima irrigazione e le
scarsissime piogge hanno consentito solo la crescita di una rada coltre
di loietto. Anche il prato della corte contigua (sotto), una volta
tagliato ha l'aspetto secco della foto sotto. Nello spiazzo, dove c'era
l'aia, verrà montata la tesnsostruttura per i convegni e per la
ristorazione. Nell'area a prato, all'ombra degli alberi funzionerà
anche il bar.
Per il programma dei convegni (vai
a vedere) e per il menù (vai
a vedere) si rimanda sito Pastoralismo alpino. Qui ci limitiamo a
sottolineare come il menù sia realmente a tema: dalla carne ovina di
greggi che, in inverno, frequentano le aree tra Serio e Adda (potendo
disporre oltre alle stoppie e superfici marginali soprattutto dei prati
stabili), al prosciutto dell'alta val Seriana stagionato sul fieno (il
"Botto").
Tra i formaggi quelli della tradizione della montagna (val Brembana,
val Taleggio, Valsassina): Branzi FTB, strachitunt dop, robiola di
monte della Valsassina (formaggi di latte di montagna con alimentazioni
con importante base di fieno di prato stabile) e una innovazione in
tema: il formaggio con i fiori (coltivati in montagna all'ombra della
Grigna). Questi fiori, accuratamente preparati (foto sotto) sono
inseriti nella pasta del formaggio e la profumano in modo particolare.
L'alimento più "in tema" con la Festa del fieno è sivuramente il
gelato
al fieno, preparato appositamente per la Festa da Giovanni della
Cremeria Unika di Crema (un laboratorio che usa solo materie prime
fresche e bio). Fieno tagliato a mano (ecco un uso della falce) con
cura, accuratamente essiccato e manipolato (sotto un sacchetto nel
laboratorio di Crema). Fieno di montagna, nato in alta val Seriana e
sceso a Crema lungo il Serio e qui immersosi nel latte (fresco e bio).
Per i dettagli della storia del gelato al
fieno vai
a vedere.
Chiudiamo sperando di aver trasmesso un po' delle suggestioni che
hanno spinto a realizzare la Festa. A chi deve fare fieno su grandi e
piccoli appezzamenti, a mano, con la bcs, con l'ultimo modello di
falciacondizionatrice, auguriamo di avere acqua per bagnare in pianura
e sole in montagna.