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Cultura rurale

di Giulio Gino Di Giacomo, 8 marzo, 2025



Il bastaio (jo mastaro)

Testimonianze di un mestiere scomparso


Jo mmasto in bronzo dorato a Sante Marie, un’iniziativa che considero, con umiltà, foriera e portatrice di alcuni valori e riflessioni, come ad esempio: tentare di immortalare, di cristallizzare, di fotografare, di porre all’attenzione “jo mmastaro”, detto così in dialetto abruzzese, un lavoro artigianale di tre generazioni terminato con mio padre per “lasciarlo in ricordo e in dote” alle generazioni future con l’augurio che possa accendere e risvegliare ricordi ed emozioni oppure il tentativo di provare a far capire alle nuove generazioni di oggi ” Gen Z”, Gen Y, oppure, “del tutto comodo e subito o “del telefonino sempre in mano” la fatica in generale del passato dei nostri genitori e, quindi, di provare a narrare e celebrare un’angolino di vita vissuta di una volta e, purtroppo, dimenticata con l’auspicio di lasciare piccole e umili tracce positive.



Una cosa è certa comunque vada, è quella di essere contento, orgoglioso e soddisfatto di poter far vedere agli occhi dei “viandanti” di oggi e di domani “jo masto”, il significativo monumento in bronzo dorato che rimarrà lì, in bella vista, a Sante Marie a testimoniare un lavoro e un’epoca che non c’è più che potrà trasformarsi magicamente, agli occhi delle persone sensibili, in una sorta di finestra da dove osservare le fatiche immense fatte prima della modernità, un piccolo ponte tra passato e futuro. Dicono che infilando il dito in quei buchi degli arcioni “dejo mmasto”, fatti con grande sudore e fatica sul duro legno, porti fortuna, porti fortuna solo se “si sente e si percepisce” la fatica di tutto il nostro mondo passato.



Mio padre Di Giacomo Domenico è stato bastaio in Sante Marie per tre generazioni, dopo gli insegnamenti di suo padre Giulio e suo nonno Domenicantonio. I suoi “basti” arrivavano fino in Svizzera, in Francia, in Austria, in Friuli, in Piemonte, in Veneto, in Toscana, in Calabria, ecc. ( non perché mio padre avesse una visione di commercio import-export oltre regione e internazionale, ma perché in questi posti erano andati a vivere i mulattieri di Cappadocia e paesi abruzzesi limitrofi).



I suoi erano “basti” fatti su misura, secondo la grandezza del mulo o dell’asino, per usare un termine a lui sconosciuto erano ergonomici, creati con amore e passione. Gli stessi che sono ancora usati oggi dai pochi mulattieri rimasti. “Basti” creati senza risparmiare nulla, perché potessero durare nel tempo e potessero tutelare al massimo la salute dell’animale tant’è che mi è difficile trovarne oggi qualcuno per ricordo personale… un particolare ricordo di mio padre (in giro c’è dell’altro ! ) … proprio perché sono ancora usati da qualche mulattiere.


La sella è per i cavalli, il “basto” è per il mulo e l’asino; la sella può essere anche fatta in serie, “il basto” no, va fatto su misura poiché l’animale deve “sentirsi fasciato” affinché il peso portato per ore non dia fastidio e non rechi danno.


I basti erano fatti con materiale d’eccellenza : gli “arcioni” (due per ogni basto) di legno ricurvo in maniera naturale, li sceglieva lui personalmente, scartando quelli poco affidabili ; particolari e personalissime scelte erano fatte sulla “tela”, sulla “paglia”, sulle tavole ( due per ogni basto ), rigorosamente tutte di un pezzo, che piegava lui personalmente con il fuoco e bagnandole con l’acqua.


Ulteriori e rigorose selezioni erano riservate per “il pelo animale” che faceva arrivare, in grosse balle, da Genova e che riusciva, con grande sudore, a rendere soffice e vellutato, liberandolo da impurità e residui con una speciale, originale e ingegnosa macchina con rulli che bisognava girarla mano ( peccato questa sia andata persa !!!). Stesso discorso di accurata selezione per lo spago e per “i capperoni”, grossi tubi antincendio in disuso di prima qualità che tagliava e riscaldava al sole o al tubo della stufa perché risultassero più morbidi; li prendeva a “Claudio di Celano”. Portava la stessa attenzione nella scelta di un particolare pellame nero e, addirittura, per i più umili chiodi … sì, anche questi avevano per lui una grande importanza. Le “misure” venivano prese dal mulo e dall’asino stesso, presso la sua bottega o inviate per posta dai mulattieri più lontani.



A ricordo dei tempi andati nella piazza di Cappadocia c’è oggi una statua in bronzo del mulo con “jo mmasto” e legna e a Sante Marie. Ciò che usciva fuori dall’artigianale e magico assemblaggio manuale, dopo aver usato faticosamente l’ascia, dopo aver faticosamente fatto i buchi sul duro legno “a mano” ( il trapano elettrico è stato inventato dopo e, quindi, adoperato solo negli ultimi anni ) e usato grossi aghi … ciò che usciva fuori, quindi, era il suo “mmasto”, che veniva alla fine quasi accarezzato dalle sue grosse mani, callose e indurite. Il suo “mmasto” era un mix di profumi, magici odori di sudore, di legno, di spago, di paglia, di tela, di capperoni, di pelo animale e di pelle … sembrava che anche gli stessi chiodi profumassero.

Per i mulattieri, Domenico Jo Mastaro era affidabile, perché i suoi basti non si rompevano mai, sembravano fatti con l’acciaio. Ha fatto scuola, ha insegnato a molti. Per sei mesi a Sante Marie e per sei mesi a Cappadocia, si, per sei mesi si trasferiva a Cappadocia, paese di mulattieri. A distanza di anni, emblema del mondo che cambia, d’estate la piazza di Cappadocia diventava gialla, si riempieva di taxi gialli perché molti mulattieri avevano venduto i loro muli e acquistato licenze di taxi a Roma. A ricordo dei tempi andati nella piazza di Cappadocia c’è oggi una statua in bronzo del mulo con “jo mmasto” e legna e a Sante Marie c’è una statua in bronzo del basto ( mmasto” ). Ringrazio mio padre, cui dedico queste due righe, per gli insegnamenti che mi ha dato anche con i suoi sguardi e con i suoi silenzi. Mi ha lasciato magici ricordi di profumi che non sento più. Chissà se qualche giovane di oggi possa “riconoscersi” lo stesso in queste piccole emozioni?



Articoli sulla cultura rurale

Un libro prezioso sulla vita rurale di fine '800

Antonio Carminati. Dalla nascita alla morte. Il ciclo della vita individuale nella dimensione rurale di un villaggio delle Orobie, Centro Studi Valle Imagna, Sant’Omobono Terme, 2024, pp. 414. Il volume è frutto del lavoro etnografico dell'autore all'interno della propria comunità. Frutto di una lunga e continuativa raccolta di testimonianze orali, sapientemente intrecciata con le fonti archivistiche, l'opera indava in modo puntigioso su molti aspetti, anche minori, della vita in una comunità rurale tra la seconda metà del XIX secolo e i primi del XX. Una fonte importante per chi si occupa professionalmente di ricerca etngrafica e per chi ama la storia sociale e la cultura rurale leggi tutto

Tra magia bianca e pratica terapeutica popolare: i "segnatori"
(17/08/19) I "segnatori" erano guaritori popolari che operavano (operano) su patologie di diverso tipo: slogature, ustioni, contusioni, sciatica, verruche, herpes zoster ecc. In genere i "segnatori" erano specializzati e diagnosticavano e curavano un solo tipo di male.

Ol sègn di èrem. "Segnare" i vermi come pratica di guarigione popolare
(13.08.19)  Antonio Carminati - I guaritori popolari operavano (operano) con varie modalità.  I gesti, i "segni", praticati sul malato (o su degli oggetti), sono tra quelli più caratteristiche. Una delle applicazioni più importanti dei "segni" era relativa alle verminosi, specie quelle che colpivano i bambini.

Quando i bimbi morivano in estate
(05.08.19) Antonio Carminati - Ancora alla fine dell'Ottocento la mortalità infantile in Italia, nel primo anno di vita, era pari al 20%, senza grandi differenze tra la regioni.  Era causata in prevalenza da gastroenteriti, ma anche da affezioni respiratorie e setticemia.  I più piccini i patìa tant per ol prìm cold, soffrivano molto per le prime calure, tanto più che  - in tarda primavera - tutti soffrivano per la fine delle scorte alimentari accumulate per l'inverno

Vita e morte nella dimensione rurale
(03.08.19) Antonio Carminati - Oggi la morte è stata rimossa dalla dimensione sociale, senza per questo allontanarne l'angosciosa incombenza. Anzi. L'individualizzazione esasperata la rende inaccettabile in quanto fine di tutto, nell'orizzonte materialista e narcisista della società attuale, limitato all'io, al presente, al piacere,all'efficienza. Nella dimensione rurale, vita e morte si confrontavano tutti i giorni. I cari defunti continuavano, in varie forme, a fare parte della famiglia, della comunità, attraverso varie forme di ricordo e di rito

Quel prato al centro del mondo
(15.07.19) Antonio Carminati - Luglio è il mese della riconquista degli spazi rurali, che al termine della fienagione ritornano ad essere fruibili, con gioia soprattutto per bambini e ragazzi, che finalmente possono correre un po’ dovunque e dare spazio alla fantasia. Il prato era anche una palestra di vita, un prezioso ambito per avviare i fanciulli ai doveri e agli impegni degli adulti.

Giugno: tra intenso lavoro campestre e rito
(16.06.19) Antonio Carminati - Nel mese di giugno, non possono essere dimenticati almeno tre eventi ricorrenti e particolari, assai sentiti e vissuti nel calendario rituale dei contadini: due di essi celebravano i poteri magici della notte, solitamente frequentata dagli spiriti che si volevano propiziare. Queste notti, che cadono nel periodo del solstizio

Il fienile come granaio (in montagna)
(08.06.19) Antonio Carminati - Nella civiltà agropastorale alpina il fieno assume unaforte centralità. Dalla sua raccolta dipende la possibilità di mantenere più o meno animali durante l'inverno, animali da vendere oda utilizzare per il latte, animali produttori del prezioso letame. Dal fieno quindi dipendeva la ricchezza (o la minor povertà, per meglio dire) della famiglia contadina


Tempo di preparazione all'alpeggio
(18.05.19) Antonio Carminati - A Corna Imagna, come in tante realtà delle prealpi, l'alpeggio è praticato spostandosi su maggenghi siti a diverse quote, sino a raggiungere i 1.000 m. Si reata, però, sempre a  moderata distanza dal villaggio. Così il contadino saliva  e scendeva ogni dai pascoli e la sua attività principale continuava ad essere la fienagione. Per le bestie, ma anche per gli uomini, era comunque un periodo atteso.

Maggio: natura fiorita e culto popolare 
(10.05.19) Antonio carminati -  Quando la fede popolare umanizzava e santificava la natura in fiore, i campi, il territorio. Nel mese di maggio, oltre al culto mariano, erano importanti le preghiere e i riti di benedizione delle case, dei campi, dei raccolti ancora incerti. Lo spazio abitato, che andava ben oltre quello "urbanizzato", era presidiato da contrade e cascine e marcato da numerose presenze del sacro, prime tra tutte le  santelle per le quali transitavano le processioni delle rogazioni a marcare lo spazio simbolico della comunità da difendere dal disordine e dalla negatività

Quando la vacca deve partorire. Quand che la aca la gh'à de fà
(05.05.29) Antonio Carminati - Per la famiglia contadina tradizionale, ma anche per il piccolo allevatore di montagna di oggi, l'attesa del parto della vacca è piena di trepidazione. Si spera che nasca una femmina ma si temono le complicazioni del parto. Ancor oggi tutto quello che ruota intorno alla riproduzione bovina nelle piccole stalle è oggetto di pratiche di solidarietà orizzontale che tengono insieme la comunità degli allevatori locali.

Hanno ucciso la montagna (la fine della grande famiglia del nonno)
(15.04.19) Antonio Carminati - Nel racconto autobiografico di Antonio Carminati la "grande trasformazione" degli anni '60. L'entrata nella modernità, vista per di più come limitativa e negativa, attaverso l'esperienza di un bambino che vive il passaggio dalla vita patriarcale di contrada a quella della famiglia nucleare e dell'appartamento "stile città", una distanza di un km o poco più in linea d'aria che segna il passaggio traumatico tra due mondi.


Architettura identitaria. I tetti in piöde, bandiere di identità valdimagnina
(06.04.19) Antonio carminati - In valle Imagna  L'arte delle coperture, della posa delle piöde ha raggiunto particolare perfezione tanto da assumere i connotati di un emblema identitario. Non sono poche, però, le difficoltà nel conservare e far rivivere questo patrimonio di valori culturali (saperi, abilità) ed estetici. Un tema per un utile dibattito con il coinvolgimento delle comunità locali e non solo degli addetti ai lavori.

Pecà fò mars . Il rito della definitiva cacciata della cattiva stagione
(31.03.19) Antonio Carminati - Dopo il carnevale, ancora una volta, per cacciare la brutta stagione, soprattutto la sua pazza coda di marzo, occorre produrre altro rumore, diffondere suoni anche strani nell’aria, insomma fare chiasso e… tanto baccano.  La funzione è sempre stata duplice: da un lato allontanare gli spiriti del male, dall’altro richiamare ad alta voce la bella stagione, facilitando così il risveglio della natura.

Omaggio ai boscaioli emigranti (eroi del bosco, martiri del lavoro)
(25.03.19) Antonio Carminati -  Una vita di sacrifici durissimi, di frugalità, di duro lavoro quella dei boscaioli bergamaschi che emigravano abbandonando le loro valli e le loro famiglia a marzo per recarsi in Svizzera e in Francia. Doveroso ricordarla.

Lgestione del letame nell'economia agropastorale montana

(20.03.19) Antonio Carminati - Lo spargimento del letame nei prati e campi di montagna, utilizzatonaturale. Almeno così era nel passato.  quale fertilizzante, è forse una delle attività maggiormente faticose, ma anche più importanti, sul piano della conclusione di un ciclo.

La stalla e gli altri manufatti dell’edilizia tradizionale

(03.03.19) Una stalla, un prato, un pascolo, una vacca, quando sono in grado di accogliere relazioni generative con la popolazione locale, e quindi di esprimere i caratteri di una visione, rappresentano dei valori, più che dei beni o delle merci. Francesco, Ugo e tanti molti agiscono come tante api operaie, ossia contribuiscono in modo determinante a sostenere l’ossatura e il futuro del “sistema montagna” delle Orobie, presidiando il territorio e difendendo l’insieme delle sue caratteristiche naturali e antropiche.

La distillazione della grappa (una tradizione di libertà)
(23.02.19) Antonio Carminati - Oggi molti possono permettersi di acquistare la grappa (e il mercato ne offre per tutti i gusti) ma distillare in casa frutta o vinacce gratifica con quel senso di indipendenza, di libertà e, diciamo pure, di sfida. La sfida a uno stato che per non perdere le accise sostiene di vietare la distillazione casalinga per "tutelare la salute", disconoscendo un sapere contadino secolare (l'alambicco si diffonde dal Cinquecento).

La caccia alla volpe (e al lupo) nella realtà contadina
(15.02.19) Antonio Carminati - Nel periodo più freddo e nevoso dell’anno, quando cioè gli uomini avevano tempo a disposizione, öna ölta (una volta) i cacciatori più sfegatati, ma anche i contadini meno provetti all’uso dell’archibugio, i vàa a vulp (andavano [a caccia] di volpi).

L'economia delle uova nella società contadina
(05.02.19) Antonio Carminati - Loaröi e loaröle(venditori e venditrici di uova) erano protagonisti di una economia integrativa per il sostentamento del gruppo familiare, sia sotto il profilo alimentare, che per quanto concerne l’introito di qualche pur modesta somma di denaro...

In morte di un complesso rurale di pregio
(22.01.19) Antonio Carminati - La triste parabola di una contrada a oltre 900 m di quota in valle Imagna. Un tempo abitata tutto l'anno, poi alpeggio, oggi consiste solo di prati e di fabbricati in rovina. Quelli ristrutturati trasformati a "uso vacanza". 



La méssa dol rüt
(08.01.19) Antonio Carminati - La méssa dol rüt  (la concimaia) era l'elemento chiave di un paesaggio ordinato che nutriva animali e persone senza inquinare e sprecare risorse

Il Natale dei contadini. Un rito che non scompare: la macellazione del maiale (cupaciù)
(23.12.18) Antonio Carminati - Riti che rivivono, pieni di significato. Ancora oggi la macellazione del suino è occasione per aiutarsi tra giovani allevatori.  Quella che sembrava una pratica da amarcord da vecchie foto in bianco e nero possiamo documentarla come un fatto attuale e in ripresa. La sequenza della macellazione con qualche immagine di insaccatura.