Ruralpini 

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Cibo territoriale  /  Cultura ruralpina



Il letame:

ricchezza che circola



di Antonio Carminati


La méssa dol rüt
(la concimaia)


(07.01.19) Migliaia di stalle e fienili costellano ancora oggi il panorama rurale dell’alta Valle Imagna, presidiando i versanti montani anche alle quote più elevate. Molte di queste infrastrutture agrarie di monte non sono più utilizzate e versano attualmente in stato di abbandono, soprattutto quelle situate in aree ancora sprovviste di strada trattorale. Esse documentano la capillare occupazione del suolo e il suo sfruttamento agrario e in campo zootecnico. È sempre stato difficile, in montagna, trasportare il foraggio e, di conseguenza, ol fé, öna ölta fàcc sö, besognàa maiàl dó söl pòst (il fieno una volta pronto bisognava consumarlo sul posto), ossia consumato nel sito dove è stato prodotto, sulla cui superficie il contadino, previdente, aveva costruito una stalletta. Del resto, solamente in questo modo sarebbe stato possibile produrre il concime naturale di stalla occorrente per “ingrassare” annualmente quel terreno.




Un sistema di economia circolare che restituiva alla terra ciò che, a suo tempo, aveva ricevuto. Stallette di dimensioni ridotte, costruite su misura delle esigenze dell’antica economia di sostentamento, ossia per una o due vacche, il vitello, la pecora e, talvolta, ma non sempre, ol bèrlo per ol porsèl (l'angolo per il maiale). Un modulo semplificato, dunque, con la stàla de l’vàche (la stalla delle vacche) al piano terra, o il più delle volte seminterrato, la stàla dol fé (il fienile) al piano rialzato, dove veniva trasportato il fieno a fasì e ammassato sino a raggiungere persino il grosso caàl della capriata del tetto. Un edificio rurale proporzionato alle esigenze di tenuta del piccolo fondo. Sembrano abitazioni di gnomi e di fate di chissà quale tempo. Per conoscere se un singolo edificio rurale è ancora attivo, nelle sue funzioni originarie, l’escursionista deve accertarsi che lì appresso ci siano la méssa dol rüt e ol stalòt de la fòia (la concimaia e il deposito della foglia secca). La méssa dol rüt è quel luogo dove si raccoglie il letame, da fà marödà (per farlo maturare), destinato alla concimazione di campi, orti e prati circostanti. Di norma è adiacente alla stalla, a non più di una decina di metri dalla porta d’ingresso. A pianta rettangolare o quadrata, solitamente la concimaia viene in parte incassata nel terreno, contenuta all’intorno da muretti a secco, per delimitarne la superficie e contenere il deposito dei liquami.



Attorno a tale perimetro, a volte si piantumavano alberi di frassino, delle cui foglie le vacche vanno ghiotte. A fianco della catasta principale, poi, è facile scorgere ol zöchèr (la zuccaia), ossia un modesto accumulo di letame sopra il quale il contadino semina zucche e zucchini. La catasta di letame più consistente, però, sporge in altezza fuori terra, ma il contadino ha cura di tenere ben ordinata la mìda dol rüt, ossia le pareti laterali del grosso accumulo, le quali devono mantenere una forma squadrata e ben allineata. Ancora oggi alcune cataste di letame sembrano costruite col fil a piùmp (filo a piombo), tanto le pareti laterali sono curate e tirate a squadra. Sempre ben curata ed esemplare è la mida de la méssa dol rüt (il cumulo della concimaia) di Francesco, nella contrada Fenilgarello: un grande cumulo di letame di stalla. Gli anziani, infatti, dopo la spassàda (la pulizia, se ne compiono due al giorno, mattina e sera, in concomitanza con la mungitura), armati di ràscc, distribuiscono bene il letame fresco ai lati dol pià de la méssa (le piano della concimaia), sino a coprire regolarmente tutta la superficie tirata in piano.



Una volta la settimana, poi, o anche più, si soffermano a pegnà la mida sui lati esterni, sempre col tridente, così da attribuire alla catasta una forma sempre più compatta e regolare. Ol Tata (capofamiglia), quando la mattina e la sera si reca nella stalla a guarnà i àche (governare le vacche), oltre a mungere e a dàga sö ol fé ai vàche en de la traìs (a somministrare il fieno nella mangiatoia), rinnova la lettiera, asportando innanzitutto tutto il letame accumulato en de la cönèta dol rüt (nella cunetta del letame), ricoprendo infine con un nuovo strato di fogliame il letto delle vacche. Tutto questo lavorio avviene ancora oggi a forza di braccia e, così facendo, giorno dopo giorno, la méssa dol rüt cresce sino a raggiungere volumi importanti. In montagna sono poche le stalle dotate di nastro trasportatore elettrico e, nella maggior parte dei casi, si fa ancora uso della carèta (carriola) per il trasporto del rüt dalla stalla alla méssa.



Sino ai primi decenni del secolo scorso erano diffuse le barèle (berelle) (ma occorrevano almeno due trasportatori), oppure, da noi, si utilizzava più semplicemente ol dèrel dol rüt (cesto del letame), appositamente destinato per il trasporto della gràssa. Molti utensili, tanto di uso domestico, quanto diffusi nelle stalle, in forza del loro possibile uso diversificato, venivano rigorosamente riservati per lo svolgimento di determinate funzioni: c’era ol dèrel dol rüt e ol dèrel de pàgn, (cesto del letame e cesto dei panni) quest’ultimo tenuto sempre ben pulito e utilizzato per trasportare i panni laàc e resentàcc (da lavare e risciaquare) dal torrente all’abitazione; c’erano inoltre, con utilizzi distinti e non intercambiabili, ol ràscc per ol rüt e ol ràscc per ol fé, ol sedèl da muns e chèl per dàga da bìf ai vedèi (il raschiatore per il letame, il raschiatore per il fieno, il secchio per mungere e quallo per abbeverare i vitelli),…




La gràssa, o rüt, è il concime di natura organica mista derivante dall’insieme di deiezioni solide e liquide delle vacche nella stalla e dalla lettiera, in genere costituita dalla fòia scoàda dó dal bosc (foglia scopata nel bosco) e dal stràm rastelàt dó dal pàscol (strame rastrellato sul pascolo). Il letame costituisce un elemento fondamentale della catena biologica locale e produce continue connessioni con diverse componenti naturali, come la foglia, lo strame, l’erba,… che confluiscono poi nel latte, il prezioso alimento della dieta dei montanari nei secoli. Ol rüt de stala, dunque, è un concime di origine animale (letame) e vegetale (fogliame e strame), il cui miscuglio di sostanze è in grado di conferire al terreno diverse sostanze organiche per favorire la crescita di erbe e fiori. Ol rüt cóld (il letame caldo), cioè quello di spassàda (pulizia), ancora fumante quando si scarica nella méssa, non è ancora concime, ma deve rimanere accatastato alcuni mesi per giungere a maturazione e sulla mìda (cumulo) si vedono i diversi gradi di invecchiamento: dal livello più basso, vicino al terreno, che si presenta dall’aspetto di terriccio nero, sino ai punti più alti, dove si intravvede ancora il fogliame non ancora decomposto.



Solo quando l’è frècc, ol rüt e l’s’è fàcc (è freddo, il letame è maturo), ossia è pronto per essere disteso nel prato. Ol rüt cóld è ancora umido, bagnato, è difficile da gestire ed è movimentato esclusivamente col ràscc, mentre chèl frècc (quello freddo), anche dopo sei-nove mesi di fermentazione nella méssa, è asciutto, assume la forma di una massa nera uniforme e si può movimentare bene anche con il badile, come si fa con la terra friabile. Ol rüt vècc (il letame meturo) è quello più ricercato per lo spandimento nei prati, ma di questo aspetto ci occuperemo in un prossimo articolo. Sino a pochi decenni or sono ogni stalla aveva la sua méssa dol rüt, comprese quelle inserite nelle contrade abitate, quando il letame costituiva una preziosa risorsa per le famiglie.

Oggi, anche quelle poche rimaste sono state isolate e allontanate ai margini dei centri abitati, rispettando le moderne norme igienico-sanitarie, molte volte sorde e insensibili alla tradizionale organizzazione sociale e zoo-casearia locale. Così i contadini con le loro infrastrutture tendenzialmente vengono "invitati" a trasferirsi altrove e, se vogliamo ancora vedere una méssa dol rüt in un centro abitato, anche in prossimità della piazza del villaggio, ci tocca andare in Svizzera o in Austria. Forse ci siamo dimenticati anche la canzone che dice: …dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori….












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