(12/11/2022)
- In vista della riunione della segreteria permanente della Convenzione di Berna
(quella
che nel lontanissimo 1979 decretò il regime di super protezione a
favore del lupo), il gruppo degli esperti europei dei grandi carnivori
(LCIE - Large carnivore initiative Europe) ha redatto un report nel
quale sono costretti ad ammettere che la crescita del lupo è un
fenomeno generale in Europa, che solo in qualche paese balcanico, dove
sono comunque molto numerosi, è in diminuzioe. Che nella maggior parte
dei paesi è in atto una forte crescita, che non accenna a diminuire. Il
report è disponibile da tempo ma i media e la politica pare non se ne
siano accorti. La Convenzione di Berna e la Commissione Europea non
possono però ignorare un quadro demografico che fa venir meno i
presupposti per lo status giuridico di super protezione della specie. La spinta della lobby
a favore di una protezione "a prescindere" è fortissima e, come
testimoniano anche le prime timide e impacciate dichiarazioni dei nuovi
ministri del governo italiano, ben lungi dal riconoscere che c'è
un'emergenza e che non si può perdere tempo nell'attivare piani di
contenimento.
Il 2 settembre è stato pubblicato a Strasburgo il rapporto Assessment of the conservation status of the Wolf
(Canis lupus) in Europe (Valutazione dello stato di conservazione del lupo in Europa). Il rapporto è un'iniziativa della Convenzione di Berna e del Consiglio d'Europa
presso cui ha sede la Segreteria permanente della Convenzione stessa.
La Segreteria si riunirà tra il 28 novembre e il 2 dicembre.
Ma
ci sono speranze che quanto messo nero su bianco dagli esperti ("Il
lupo nella scala di gradi di rischio per la conservazione è al livello
più basso: nessun rischio") venga tradotta in una revisione della
Convenzione. A nostro parere nesssuna. Come abbiamo già notato in
altre occasioni, questi organismi sono parte attiva di una
governance che sfugge al controllo delle istituzioni elettive che, bene
o male, sono sotto la pressione di tutte le componenti sociali. I
trattati internazionali , che già di per sé limitano la democrazia (in
Italia il popolo non può esprimersi su di essi), diventano poi dele
nuove burocrazie permanenti, dei centri decisionali dove lobby e
tecnocrati, al riparo del controllo democratico, prendono decisioni che
poi la politica è costretta a ratificare.
Il Consiglio d'Europa è allargato a 46 stati (rispetto ai 27 della UE, la sua missione è quella di "promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa"
(ovvero l'agenda neoliberale e l'imposizione della dittatura del
politically correct, della censura in nome dell'incitamento all'odio
ecc). Con queste premesse, tenendo conto del peso delle lobby
animal-ambientaliste nell'ambito della Convenzione, le speranze
che la Convenzione di Berna sia rivista sono pressoché nulle anche se
il report del LCIE sottrae qualsiasi base di tipo scientifico al
mantenimento dello status di super protezione del lupo. In ogni
caso il rapporto è un documento scottante perché certifica che non si
sono più elementi, sulla base di considerazioni conservazioniste, per
proteggere il lupo più di altre specie selvatiche. Qualcosa di
inaccettabile per le organizzazioni animal-ambientaliste di tutta
Europa che, sul mito del lupo, hanno investito massicciamente. Mai e
poi mai poytanno ammettere che il lupo venga "retrocesso" al livello di
una volpe, di un tasso, di un cervo. Si tratterebbe di togliere
il lupo dall'elenco delle specie strettamente protette
(Allegato II della Direttiva Habitate) e spostarlo a quello delle
specie protette (Allegato V odella Direttiva Habitat) e dall'
Appendice II all'Appendice III della convenzione di Berna.
In Italia il lupo gode di uno status speciale, di un'iper-protezione che è legge non scritta ma ferrea
L'impatto
ideologico, politico, simbolico del declassamento del lupo, da specie
super-protetta a specie "normalmente" protetta, sarebbe devastante per
il "potere verde". In Italia la questione è ancora più scottante
perché, da noi, non vige il regime di super-protezione (che prevede le
famose "deroghe") che consentono ai nostri vicini francesi e svizzeri
(stiamo parlando di Convenzione di Berna, non di Direttiva Habitat che
si applica alla Ue ma che è figlia, per quanto riguarda il lupo, della
Convenzione di Berna). In Italia, come abbiamo ripetuto tante volte,
vige un regine de facro di iper-protezione in quanto la legge
consentirebbe di operare come in Francia o in Svizzera (le "deroghe"
sono previste dalla normativa di recepimento della Direttiva Habitat e
ci mancherebbe che non lo fossero), ma la vigliaccheria della politica
regionale e romana che teme l'anatema, l'interdetto, la
scomunica animal-ambientalista, si paralizza appena qualcuno osi
solo parlare di una remota possibilità di controllo del lupo. Per
rendere un'idea della rapidità dell'espansione del lupo nasti
considerare la situazione al 2016 (mappa sotto, da Boitani, 2018). Le
presenze sull'arco alpino centro-occidentale italiano erano sporadiche.
In Francia nel 2016 si contavano 250 lupi che, oggi, sono più di 1000
(erano 921 alla fine dell'inverno scorso). In Svizzera nel 2016 i lupi
erano 34, all'inizio del 2022 ne sono stati stimati 180. Si
tratta di una crescita travolgente con il raddoppio ogni tre anni in
molti territori di recente insediamento. Come nel caso italiano i dati
dell'indagine del LCIE (maggio 2022) si riferiscono spesso a qualche
anno prima. Il dato italiano è quello relativo alla celebrata indagine
del 2020-2021 che, come ammesso nel rapporto LCIE non ha coperto tutto
il territorio realmente occupato dai lupi.
Le popolazioni che nella carta sono isolate si sono saldate o si stanno
saldando. Sulle Alpi si osservano oggi lupi di origine balcanica e
carpatica. Sui Pirenei il lupo di origine appenninica (ma sarà proprio
vero?) si sta saldando con quello del nord della penisola iberica. E'
ormai una grande metapopolazione quella dei lupi, con relativo scambio
genetico. Ora lo riconoscono anche i lupologinel rapporto ( The overall European wolf population can
be viewed as a large metapopulation with several distinct fragments, although dispersal could theoretically
connect almost all fragments, and connections are being re-established in many areas).
Ma se una specie è in forte incremento numerico, si espande su
areali sempre più vasti, vede le popolazioni un tempo separate
unite da corridoi di scambio genetico chi può ancora sostenere che è a
"rischio di estinzione"? Gli animalisti, per i quali conta solo
l'ideologia, la mistica del lupo non rinunciano, con grande sprezzo del
ridicolo a reiterare lil mantra dei lupi in via di estinzione. Solo
pochi giorni fa, azzannando un poco chiaro ministro Lollobrigida,
l'Enpa dichiarava: Siamo allibiti per
le parole del ministro Lollobrigida. La sua proposta di abbattere orsi
e lupi, particolarmente protetti dalla legge 157/92 e dalle convenzioni
internazionali, non solo è contraria alla scienza ma offende il sentire
di milioni di italiani che, come noto, sono da sempre contrari alle
uccisioni dei grandi carnivori, il patrimonio più prezioso della nostra
biodiversità, peraltro in gravissimo declino. Gravissimo
declino. Come l'ideologia (e gli interesi di bottega) riesca a dare il
coraggio di sostenere il contrario dell'evidenza è ammirevole, se non
fosse perversione.
Al
di là dei dati più o meno aggiornati e della grande varietà di metodi
adottati per i censimenti, risulta che su 34 paesi i lupi stanno
aumentando in 19 e diminuendo in soli tre, tutti balcanici: Montenegro,
Bosnia-Erzegovina, Nord Macedonia. In diversi paesi semplicemente non
ci sono dati che consentono di stabilire la dinamica della popolazione.
L'Italia, nonostante la sottovalutazione del numero di lupi, è il
paese che ha la più grossa popolazione in Europa (tolta, ovviamente la
Russia e la Bielorussia non considerate nel rapporto), superando la
Romania (dove sono stimati 2500-3000). Con 3000 lupi in Italia,
però, nel 2019, di osservavano 8400 predazioni di
ovicaprini, mentre in Francia con soli 780 di registravano 11000 casi.
I lupi italiani sono meno voraci o, piuttosto, è il "sistema" più
efficiente nel dissuadere gli allevatori dal denunciare le perdite o
nel non volerle riconoscere? Se si pensa a quelle regioni che, senza
l'esito di un tampone per l'esame del Dna, non riconoscono la
predazione e il risarcimento o se si pensa ai molti allevatori che
tacciono per paura di non essere trovati in regola (marche auricolari,
zone di pascolo c'è da optare per la seconda ipotesi). Di certo si sa
che le istituzioni competenti non agevolano gli allevatori e che,
normalmente, le procedure per le denunce e le richieste di indennizzi
sono talmente macchinose da far propendere chi ha solo pochi capi
ovicaprini predati a tacere, a fingere di aver smarrito il capo, a
sotterrarlo. Siccome i casi in tutta Italia sono migliaia è facile
capire perché l'impatto predatorio è pesantemente sottostimato.
Oltre
alla voluta sottovalutazione della predazione, la lupologia riesce
ancora a sostenere che sull'Arco alpino, nonostante la spettacolare
crescita dalle Alpi francesi al Fiuli, il lupo è ancora "quasi in
pericolo". Lo conferma il rapporto della LCIE per la Convenzione di
Berna. Che sulle Alpi con 1900 luci si consideri ancora il lupo, sia
pure al livello minimo, "a rischio" (near threatened) è spudoratamente
legato al desiderio di poter continuare a incamerare i milioni dei
progetti Life Wolf Alp che svanirebbero altrimenti. La cosa appare
scandalosa perché, nel complesso, il rapporto sostiene che in Europa
non c'è più alcun rischio per la conservazione del lupo. Come si
spieghi un'area tra quelle del continente dove i lupi sono più numerosi
e dove crescono a ritmo travolgante ci sia ancora un minimo di rischio
lo si spiega solo con il fatto che, per quanto riguarda le Alpi è
Boitani a pontificare e i colleghi europei non hanno certo il coraggio
di contraddirlo pur sapendo i motivi (la gallina dalle uova d'oro del
progetto Wolf Alp, Wolf Alp bis, Wolf Alps ter della Marucco, pupilla
di Boitani).
Per riuscire a sostenere che sulle Alpi c'è ancora un tantino di rischio, Boitani deve arrampicarsi sugli specchi Dispersion over a large range, fragmentation among several countries, and the first signs of hybridisation
(North-East in the western Alps of Italy and France, and eastern Alps of Italy) justify its assessment in category
Near Threatened.
Ma se gli ibridi li hanno lasciati scorazzare per anni? Se solo
quest'anno hanno iniziato a catturarne e sterilizzarne qualcuno? Se il
"biondo" che era stato avvistato in Val d'Ossola per essere tolto di
mezzo ha dovuto commettere l'errore di espatriare in Svizzera dove è
stato prontamente sparato? E che motivo di rischio è per i lupi
la "divisione in diversi paesi"? Forse che ai lupi si nega l'ingresso
in quanto clandestini? Non possono circolare liberamente?
Per
quanto riguarda gli Appennini dove gli stessi lupologi ammettono che è
stata raggiunta la saturazione (infatti li si trova ovunque nelle
vicine pianure, città, aree costiere) la spudoratezza di Boitani non è
da meno. The Italian peninsula wolf
population is estimated to number 2020-2645 individuals. The shape of
the range is narrow and elongated, mainly restricted to the Apennines
mountains. In spite of the recent increase in numbers and range, the
Italian peninsula wolf population is locally vulnerable to local
extermination from human pressures (poisoning, shooting) and the
locally high prevalence of wolf-dog hybridisation. The stochastic
nature of these events suggests that the current positive status of the
population may easily be reversed. [La popolazione di lupi della
penisola italiana è stimata in 2020-2645 individui. La forma della
catena è stretta e allungata, ristretta principalmente alle montagne
dell'Appennino. Nonostante il recente aumento del numero e
dell'estensione, la popolazione di lupi della penisola italiana è
localmente vulnerabile allo sterminio locale per pressioni umane
(avvelenamento, fucilazione) e alla prevalenza localmente elevata
dell'ibridazione cane-lupo. La natura stocastica di questi eventi
suggerisce che l'attuale stato positivo della popolazione può essere
facilmente invertito]. Lo stivale è lungo e stretto (ma va?), i lupi
sono confinati nelle montagne appenniniche (balle!), localmente la
popolazione è vulnerabile per via dello "sterminio" (applausi per la
comicità) con armi da fuoco e veleno. Tartufesca l'osservazione che per
una probabilità statistica lo status positivo possa essere facilmente ribaltato.
Ma chi ci crede. C'è una certa probabilità possa cadere addosso un
asteroide sull'Italia. Ma quale persona di buon senso può ritenere che
oggi in Italia i lupi possano rapidamente tornare a diminuire? Non è
esaltata la capacità di adattamento della specie? E poi ancora il
mantra degli ibridi, la cui diffusione è responsabilità delle politiche
animaliste e del regime di super-protezione che ha consentito ai lupi
di frequentare impuniti le aree antropizzate e di entrare in contatto
con i cani.
In
conclusione, però, il rapporto, che è opera anche di esperti più onesti
di Boitani, con riferimento all'Europa intera conclude che ... the magnitude of the numbers and the changes in the last decades allow the
conclusion that wolf numbers in Europe have increased during the last decade and the overall positive trends
appears to be stable or increasing. The conservation status at European scale is undeniably positive and the
species can be classified as “Least Concern” in the IUCN Red List system when the assessment is made at the
continental scale
[ l'entità dei numeri e delle dinamiche negli ultimi decenni consentono
di concludere che il numero di lupi in Europa è aumentato nell'ultimo
decennio e che le tendenze complessivamente positive sembrano essere
stabili o in aumento. Lo stato di conservazione a scala europea è
innegabilmente positivo e la specie può essere classificata come “Least
Concern” nel sistema della Lista Rossa IUCN quando la valutazione è
effettuata a scala continentale].
Resta
solo una speranza: che anche sulla base di queste conclusioni, sempre
più paesi facciano pressione sulla Convenzione di Berna e sulla
Commissione europea per adeguar lo status giuridico alla realtà dello
stato di conservazione. Una volta modificata la Convenzione e la
Direttiva, l'Italia - il paese con più lupi in Europa - si troverebbe
in difficoltà a mantenere un regime i iper-protezione che è solo
motivato dall'ideologia e dagli interessi delle lobby.