Sentire un politico di lungo corso,
Franceschini, che blatera di "sfida allo spopolamento" nel decantare il
Piano Nazionale Borghi è sgradevole. Il "Piano" si è tradotto in
un'operazione di facciata che prende a pretesto un tema serissino come
lo spopolamento dei piccoli centri, per giustificare gli sperperi del
PNRR. 420 milioni destinati a 20 piccoli centri di un centinaio di
abitanti, una vera lotteria. Ma, come tutte le lotterie, quando le
milionate piovono dal cielo è difficilissimo spenderle bene. Di certo
le piccole frazioni, i comuni e le stesse comunità montane non hanno la
capacità progettuale per spendere tutti quei milioni. Saranno logiche
del tutto esterne a orientare una spesa che già è fortemente incanalata
dalle linee ministeriali. Questa volta anche coloro che pure sostengono
l'ideologia urbanocentrica dei "borghi bomboniera", Uncem in testa,
contestano il finto aiuto ai piccoli centri ("Borghi belli", Italia
Nostra, Unione delle Pro Loco, Touring club, Legambiente). Il paradosso
è che a 20 centri piccolissimi vanno 420 milioni, metre ad (almeno) altri 229
solo 380. Tra qualche anno andremo a constatare gli sperperi. Intanto grande
risentimento degli esclusi e invidia, non ingiustificata, dei vicini.
Quando si parla di favorire il ripopolamento della montagna viene il
sospetto che sia solo uno slogan, una bandiera, per coprire iniziative
destinate a non incidere nulla sulla drammatica situazione attuale:
boschi che avanzano favoriti da leggi forestali obsolete che vengono
mantenute apposta per assecondare il progetto di "rewilding", lupi che
entrano ormai in casa tanti sono (ma anche gli orsi fanno la loro
parte), cinghiali che distruggono ogni cosa ma che non si possono
"depopolare" perché l'ideologia animal-ambientalista urbana non
intende arretrare di un millimetro dal regime di assurda protezione
della fauna nociva, ospedali che chiudono, strade non manutentate (vedi
la provincia di Lecco che, senza soldi, mette - come "soluzione" il
divieto di velocità di 30 km orari sulle strade di montagna). Chi
decide (ovviamente fuori dalle istituzioni elettive) ha deciso che la
montagna deve essere spopolata e divenire un grande parco.
L'agricoltura e tutte le attività economiche (piccolo commercio,
artigianato) sono strangolate da una burocrazia e da un iper
regolamentezione che favorisce le grandi realtà economiche e intende
desertificare ogni attività economica indipendente, legata alla
territorialità e alla famiglia. Quest'ultima è sotto attacco da tempo e
la denatalità, come tendenza complessiva, fa ancora di più sentire il
suo impatto in territori che vivono anche gli altri disagi. Sentire
parlare i politici di miliardi erogati "per i piccoli borghi" fa
veramente rabbia. In realtà, se si vanno a vedere bandi come quello dei
"Borghi" si capisce subito che la politica ha voglia di spendere soldi
(obbedendo agli ordini di chi poi vuole acquistare in saldo l'Italia
come ga fatto con la Grecia), ma sta bene attenda a che questi soldi
non vadano a contrastare spopolamento, rewilding, in una parola la
pulizia etnica della montagna e delle aree rurali interne.
Un bando che ha suscitato una
grandinata di polemiche a livello locale, regionale, nazionale
Tra i provvedimenti fuffa, truffa, specchietto per le allodole,
alibi in materia di "aiuto ai piccoli centri minacciati dallo
spopolamento" spiccal il "Bando Borghi". Si doveva concludere il 15
marzo il percorso di individuazione dei premiati ma già prima di
conoscere gli esiti della "lotteria" le polemiche erano state
fortissime. Molti hanno gridato allo scandalo, a ragione, ma proprio
loro non sono affatto estranei alla creazione di quell'humus entro il
quale il provvedimento di ennesimo sperpero dei fondi del PNRR ha
potuto maturare. Vediamo di fare chiarezza sin dalle prtemessse. Già
nel titolo questo bando "borghi" che interviene su centri abitati
mignon, a volte con meno di 100 anime, la dice tutta dell'impostazione
ideologica che vi è dietro. La cultura borghese, memore della
contrapposizione tra borghi e castelli feudali (ma anche tra borghi e
villaggi contadini), disprezza le "ville", i villici, i villaggi, sede
della volgarità, della rozzezza, dell'ignoranza, dell'idiotismo rurale
e quindi, se deve rivalutarli e appropriarseli per i propri fini ama
definire i villaggi rurali e montani "borghi" (ma solo se sono
bomboniere che riflettono la rappresentazione borghese del pittoresco e
del suscettibile di qualche forma di business). Fa fine, distinto. E'
trendy. Peccato che nella lingua italiana il "borgo" rappresenti un
centro abitato di media grandezza, una città in miniatura quindi,
spesso destinata a "diventar città" (Manzoni definiva Lecco un gran borgo al giorno d’oggi, e che
s’incammina a diventar città). Vogliamo chiarire subito che lo
scandalo del Bando Borghi del Ministero della cultura guidato da
Franceschini va inquadrato nella linea di gentrificazione dei villaggi
di montagna perseguita da anni dall'Uncem (Unione comuni e comunità
montane).
Il
termine “gentrificazione” è un’italianizzazione della parola
inglese gentrification, inventata nel 1964 dalla sociologa Ruth
Glass per descrivere quello che stava succedendo a Londra in quartieri
operai come Islington, dove a partire dagli anni Sessanta si
trasferirono molte persone delle classi più agiate. La parola
deriva da gentry, che in inglese significa “piccola nobiltà”. In
seguito il fenomeno si è esteso in vari paesi e, dalla trasformazione
di ex quartieri popolari in zone residenziali di lusso, si è passati
alla gentrificazione di aree rurali e di villaggi. Al centro del
concetto vi è il completo snaturamento dell'identità sociale dei
luoghi. Capalbio, in Italia, esemplifica bene.
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Nel 2019 eravamo intervenuti (a commento di una nota di protesta
di Anna Arneodo, battagliera ruralpina della valle Grana cuneense)
contro l'Uncem che esultava per la svendita di intere "borgate" in
quella valle (il termine "borgata", che si riferisce tanto ai villaggi
alpestri piemontesi che ai quartieri periferici romani è un "borgo
difettoso", una corruzione del "borgo" cui mancano alcune sue
proprietà, chiaramente un colonialismo linguistico, una visione
urbanocentrica). Chi fosse interessato può andare all'articolo L'Uncem
interprete della "messa a valore" neoliberale della montagna: dalle
biomasse alla gentrificazione delle borgate alpine.
Scriveva l'Arneodo:
È un nuovo colonialismo
speculativo sostenuto dagli enti pubblici, che
dovrebbero difendere la montagna: la montagna trasformata in parco da
sfruttare dalle imprese che vengono da fuori e possono investire sulle
nostre borgate, perché hanno i soldi da investire, sono appena gli
scarti dei loro profitti. Intanto noi - ultimi sopravvissuti
dell’antica gente di montagna - i soldi non li abbiamo, facciamo fatica
ad andare avanti giorno per giorno: ma non contiamo, non abbiamo più
peso, né demografico, né economico. [...] Vergognosamente l’Uncemci
vende, vende la montagna più vera.
Oggi, dietro la sottile e ipocrita patina di "interventi con
finalità sociali" si ripropongono progetti di "rigenerazione" (che
bella parola, ma quanto fuori contesto se ne si dimentica
l'implicazione concretamente sociale) di villaggi abbandonati o in via
di abbandono.
In principio fu Colletta
Era il 1992 (sono passati trent'anni e ci gabellano questi modelli
come up to date) quando fu avviato il progetto di creazione di un
"villaggio cablato" a Colletta di Castelbianco in Liguria. Fu un
recupero complesso e costoso, realizzato da archistar, e ne derivò un
prodotto da mercato immobiliare "esclusivo" (foto sotto). Però, ad
attenuante per i costruttori e progettisti di Colletta (e ad aggravante
dell'Uncem e, oggi - in forma ancora più perversa - del Bando Borghi)
vi è da dire che 1) Colletta era stato completamente abbandonato dopo
un terremoto ed era costituito solo la ruderi; 2) il progetto non
pretendeva altro che di proporre residenze vacanziere (sia pure per
lunghi periodi) di lusso lontano dalla congestione edilizia e della
costa ligure.
Colletta di Castelbianco
Vi era, però, già l'idea del telelavoro e la suggestione delle
sconfinate possibilità di delocalizzazione delle "moderne tecnologie".
Su questo punto gli entusiasmi sono oggi molto raffreddati, specie dopo
l'esperienza Covid, in cui lo smart
working (neologismo itanglese che non ha riscontro nel mondo), è
apparso una condanna e a perso molto del suo appeal. Oggi che ci rendiamo conto
che il lavoro in presenza non può essere completamente sostituito, che
ci rendiamo conto dell'impoverimento relazionale e intellettuale
imposto dalle attività esclusivamente in remoto. Ma sarà ancora così
cool proporre una visione strategica per i "piccoli borghi"?
Nomadi digitali !?
Molti se la sono presa con le regioni per le scelte discrezionali
della "lotteria" con primo (e unico) premio da 20 milioni. Giusto,
perché alcune si sono mosse senza bandi, individuando a volte realtà
che non c'entrano nulla con i "piccoli borghi" (Il castello di Gorizia
cosa c'entra? E Gerace in calabria con 2400 abitanti?). Va dato
atto che la scelta di Regione Lombardia (frutto dei criteri da essa
previsti per il bando) ha comunque premiato un area di montagna
meritevole di interventi (assenza di centri di turismo di massa,
conservazione del paesaggio montano, nuclei edificati non stravolti
come nei non lontani fondivalle). Il problema è semmai nelle linee nel
bando e in qualla sciagurata concentazione della maggior parte dei
fondi miliardo disponibile in sole venti realtà. Se si va a vedere
quali fossero le linee del Bando Borghi (alle quali dovevano comunque
attenersi le regioni) c'è da restare interdetti. Innanzitutto , viene
da osservare, quali progetti di rigenerazione possono nascere dove
l'abbandono è ormai completo? Si parli onestamente e si dica che, come
a Castelbianco per iniziativa privata, si intende generare - con un
fiume di denaro pubblico - qualcosa di nuovo, ma non si gabelli per
processi di rigenerazione qualcosa che si basa solo sulla destinazione
delle pietre, di muri, di volumetrie a funzioni completamente diverse
da quelle originali. Altro inganno è quello del valore di "progetti
pilota"? Ma quale valore di esempio, di modello, possono avere delle
attività che prevedono investimenti del tutto "fuori scala"? Lo capisce
un bambino che questa lotteria è frutto della contingenza, della
necessità di sprecare rapidamente, in modi più o meno fantasiosi, le
risorse del PNRR. Stategico è ciò che mette in moto cambiamenti, che
innesca processi. Qui verranno spesi solo dei gran soldi per creare
cattedrali nel deserto. Cosa garantisce che le ambiziose strutture
realizzate (Campus universitari, centri congressi, centri di ricerca,
accademie d'arte) possano garantirsi una continuità? Chi garantirà le
risorse per il loro mantenimento? Enormi dubbi vi sono anche per le più
modeste infrastrutture turistiche come le, immancabili, piste ciclabili
con le stazioni di carica delle e-bike. Una proposta che rischia di
risultare inflazionata che si basa su una tendenza che potrebbe essere
modaiola, sulla scommessa di attirare flussi che più che da iniziative
puntuali sono attirati da realtà ben strutturate su ampia scala,
comprensori bike friendly. Fuori da una programmazione di area vasta
queste iniziative, per mancanza di risorse per le manutenzioni
ordinarie finiranno miseramente. Sul richiamo alle "moderne tecnologie"
non ci ripetiamo. Notiamo solo il richiamo provinciale e probabilmente
già obsoleto ai "nomadi digitali" compreso nel bando.
Un aspetto del tessuto edificato di
Livemmo
Attirare
gli artisti per nutrire il loro senso estetico!?
Il sindaco di Pertica alta, di cui Livemmo, 170 abitanti, è una
frazione, beneficiaria della lotteria del Bando Borghi, con senso di
responsabilità, ammette di essere molto preoccupato, dal momento che il
premio equivale a 17 anni di bilancio. Ma a Livemmo, oltre alle
immancabili piste ciclabili è stato finanziato un libro dei sogni
troppo ambizioso, con troppi obiettivi per poter essere gestito. Anche
se vi sarà il supporto della comunità montana (la struttura del comune
è ovviamente impari rispetto alle energie e competenze progettuali
necessarie). Centro congressi, uffici, start up, Rsa, valorizzazione
dell'antico forno fusorio, riqualificazione urbana, Festival dell'arte
(accogliendo gli artisti che potranno "nutrire il loro senso estetico"
come da progetto). Un ventaglio di azioni difficili da coordinare, che sofriranno
congestione, impossibilità di seguire la fase esecutiva e di evitare errori e distorsioni.
Troppo per gestire senza sprechi. E alla fine pochissimi posti di lavoro
che costeranno come quelli delle acciaierie.
Inutile dire che il bando, tutto impostato su
cultura, turismo, servizi sociali non prende in considerazione neppure
di striscio la dimensione rurale. Il "borgo", nello spirito del bando
(che è quello colonialista delle funzioni urbane delocalizzate e della
gentrificazione) è qualcosa di avulso dal sistema di relazioni
territoriali, è un fondale pittoresco, un sito dove si respira aria
meno cattiva, dove si gode la vista delle montagne (come in cartolina).
Ma quale rigenerazione sostenibile può essere posta a modello di
un'impostazione che prescinde dalle risorse locali che non siano le
pietre e i paesaggi estetici? Oggi che ci stiamo drammaticamente
accorgendo (qualcuno, però, lo dice da decenni) che l'idea del
territorio puramente estetica e da "prodotto turistico" non è più
sostenibile, che i territori devono, nelle forme concesse dalle
caratteristiche ambientali e sociali, produrre cibo entro filiere
circolari, di fronte a un bando strategico per i "territori depopolati"
mette sul piatto un miliardo, si propone di tutto tranne che di
rilanciare l'agricoltura.
Livemmo: i
resti del forno fusorio, indubbiamente testimonianza importante della
realtà "industriale" del passato di valli profondamente caratterizzate
dalle attività siderurgiche
Impatti
sociali negativi da subito
Le polemiche contro la lotteria del Bando Borghi sono state tante e
feroci. Quando i comuni che avevano partecipato al bando si sono visti
fuori per una manciata di punti, è esploso il rancore. Come risultato è
stato immediato e notevole. peccato che è negativo. Me c'è un elemento
sociale ancora più serio da considerare: si tratta del risentimento dei
comuni vicini. Quelli lontani, spenti i riflettori e le polemiche si
dimenticheranno di questo sciagurato bando. Ma i comuni vicini e le
frazioni non beneficiate degli stessi comuni vincitori della lotteria
manterranno a lungo una forte ostilità per i vecchi e nuovi abitanti e
per le iniziative attivate con la lotteria. Con il che vi sono le
migliori premesse per garantire alle realizzaizoni progettuali un esito
da cattedrali nel deserto, di iniziative non replicabili non radicate
nel tessuto territoriale. Ma se l'obiettivo è sprecare in fretta i
soldi del PNRR cosa importa?