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Articoli correlati
Il
lupo causa gravi perdite a un gregge della Valbrembana
(11.08.17) A
Foppolo, in alta Valbrembana in alcuni giorni di ripetuti attacchi un
giovane lupo uccide 26 pecore. Per essere creduto il pastore deve
"beccare" il lupo con la fototrappola. Preoccupazione per i greggi ma
anche per chi frequanta la montagna a ferragosto
La
politica "verde"
gestita
da burocratiignoranti
(i lupi nel Parco Ticino)
(8.07.17) Nell'esultare per la presenza del lupo nella valle del Ticino
al direttore del Parco lombardo, Claudio Peja, è sfuggita una
bestialità. L'arch. Peja ha dichiarato: "Dal Medioevo non c’è più
stato un lupo in pianura . Per noi è una grande notizia". Peccato che
ancora all'inizio dell'Ottocento i numerosi lupi della valle del Ticino
sbranassero non solo le pecore ma anche i fanciulli.
(17.03.17) Il
lupo e la politica (a Bergamo, e alta Italia, duecento anni fa)
Come
abbiamo
già avuto di osservare in altre occasioni, l'opera di Mario
Comencini sull'antropofagia del lupo ha messo bene in
evidenza come la radicata paura del lupo nella cultura rurale
fosse assolutamente giustificata. Giustificata dalla frequenza di
aggressioni, anche letali, agli umani, specie fanciulli. Il lupo
storico è nemico dell'uomo e pericoloso. E' il lupo ideologico "da
favola all'incontrario" degli animal-ambientalisti che costituisce un
mito.
(09.03.17)
La risposta della pastora agli animalisti
Anna Arneodo replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li
rimborsano, che c...o si lamentano sti pastori"?) e ribatte: "Vi
farebbe piacere che il lupo uccidesse il vostro barboncino e
comprarvene un altro con i soldi della regione che vi arrivano dopo un
anno?
(03.03.17) Il dna inchioda il partito del
lupo. Aveva ragione l'uomo aggredito nel torinese
Grazie alla prontezza del proprietario del cane ferito e
all'intervento della Federcaccia di Torino, dopo una serie di episodi
che avevano visto gli aggrediti trattati da millantatori questa volta
il partito del
lupo non ha potuto smentire il verdetto del dna. Ad
aggredire un cane e il suo proprietario alla borgata Tora di Giaveno
(To) il 10 gennaio sono stati purissimi lupi.
(28.02.17)
Ci uccidete senza sporcarvi le mani. J'accuse di una pastora
Ci uccidete con ipocrisia, camuffando il genocidio con il pretesto di
quella natura che state distruggendo e del lupo elevato a bandiera
(12.02.17) Mantenuta
la demagogica protezione "a
prescindere" del lupo. Cosa succederà?
Ai
presidenti delle regioni, che si sono comportati come conigli impauriti
di fronte alle proteste ambiental-animaliste contro possibilità (solo
teorica) di un controllo ultraselettivo del lupo, consigliamo la
lettura di un testo storico, pubblicato nel 2002, che - sulla base di
abbondantissima e inoppugnabile documentazione - descrive la strage di
centinaia di bambini ad opera dei lupi nelle zone tra Lombardia e
Piemonte tra XV e XIX secolo
(30.12.16) Piano
lupo: gli ambientalisti vittime delle loro bugie
Le
barricate dell'ambientalismo istituzionale hanno impedito che
proseguisse il suo iter e l'approvazione entro l'anno il "Piano
nazionale di conservazione del lupo", che doveva sostituire quello del
2002. Calendarizzato per il 7 luglio alla Conferennza stato-regioni il
Piano non è più stato inserito all'ordine del giorno.
(12.09.16)
Una settimana di proteste anti lupi degli allevatori della
Lessinia
La
protesta degli allevatori della Lessinia assume forme sempre più
clamorose. Quest'anno la strage ha riguardato ben 63 capi bovini.
Alcuni allevatori sono stati ripetutamente colpiti. Come Moreno Riva un
allevatore trentenne, che - alla quarta predazione avvenuta
martedì scorso - con l'appoggio e la solidarietà di colleghi e amici
che "hanno messo la faccia" ha caricato sulla pala del trattore
l’ultima manzetta dilaniata in malga dai lupi martedì e l’ha scaricata
in piazza, davanti al monumento ai Caduti.
(19.12.15)
Piano lupo: i lupocrati vogliono dettare legge ai pastori
Il Piano lupo conferma, se ce ne fosse bisogno, l'arroganza della
lobby che - almeno sino ad oggi - ha potuto operare su un piano di
totale autoreferenzialità finanziandosi con 18 progetti
LIFE. L'impostazione del Piano è molto pericolosa per i
pastori e gli allevatori in quanto mira in modo ormai scoperto ad
utilizzare il lupo per imporre una gestione dello spazio rurale che
escluderà l'uomo
(19.12.15)
La convivenza con il lupo è impossibile
È quanto emerso dal convegno di Saluzzo del 17 dicembre .
Il problema del lupo non è un qualcosa di isolato rispetto alle
varie minacce contro la montagna, le sue comunità, le sue attività
tradizionali. Il lupo è parte di un progetto politico di stampo
neocolonialista e tecnocratico che fa leva sui Parchi e l'attacco alle
autonomie locali.
(04.09.15)
Pastori francesi prendono in ostaggio i vertici di un parco
Dopo le minacce di blocco del Tour de France e le manifestazioni
non si ferma la lotta dei pastori contro le stragi ad opera dei
lupi. In Savoia (a 7 km in linea d'aria dalla Val di
Susa) sequestrano presidente, e direttore del Parco del
Vanoise. Il prefetto viene incontro alle loro richieste
autorizzando l'abbattimento di sei lupi. E in Italia?
Articoli per argomenti
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Si fanno più gravi gli attacchi dei lupi nel
comasco
di Michele Corti
(20.08.17) Dopo la
Valbrembana, dove un lupo nelle scorse settimane ha ucciso in
ripetuti attacchi 26 pecore (vai
all'articolo), arrivano notizie allarmanti dal comasco. Qui in val
Cavargna, 30 capre risultano morte o disperse a seguito dell'attacco di
un branco. Insieme alle notizie che arrivano dalla montagna veneta
questi episodi indicano che è in atto una vera e propria escalation.
Che condurrà ad una conflittualità come mai si era vista prima in
Italia. Le avvisaglie si hanno già in Lessinia dove la situazione è
letteralmente scoppiata al partito del lupo e alle istituzioni (come è
successo in Trentino con Life Ursus). Ma un nuovo fronte caldo sta
nascendo in Lombardia.
L'estate 2017 segna
una svolta nella vicenda della reintroduzione del lupo sulle Alpi. I
branchi aumentano in rapidissima progressione (5 solo in Veneto, da uno
che erano - "ufficialmente" - sino a soli due anni fa. Ma come stanno
le cose in Lombardia, regione sino ad oggi solo marginalmente colpita
dagli attacchi del lupo agli animali domestici?
Il lupo in Lombardia: una presenza che risale a
decenni fa, ma che solo oggi diventa palese e impattante
Il ritorno del lupo sull'Appennino pavese
data a quarant'anni fa. I branchi, però, sono decisamente
aumentati negli ultimi anni. Hanno causato gravi danni nel 2014 a Rocca
Susella ad un
pastore transumante con la perdita di decine di pecore, per la maggior
parte cadute - per il terrore - nel torrente Staffora e
trascinate sino al
Po. I lupi appenninici si spingono sempre più spesso in
pianura dove, nel parco regionale del Ticino, tra le province di Pavia
e di Milano, si è già formato un branco (non ancora "ufficiale"
ma è ammessa la presenza di una coppia e vi sono stati avvistamenti).
Tra
le province di Sondrio, Bergamo e Brescia la presenza del lupo
(specie nella zona del Mortirolo) è segnalata dal 1999. Negli
ultimi anni gli avvistamenti si sono intensificati e, quest'anno, a un
lupo è stata attribuita, per la prima volta, una sigla (So M01,
maschio n.1 della provincia di
Sondrio) e una carta di identità genetica. Con molte probabilità sulle
Orobie il branco si è già costituito anche se, come al solito, i
parchi, le province (Bergamo e Sondrio) e WolfAlp, tengono tutto ben
nascosto secondo una prassi sistematica di "opacità" (per non dire
peggio).
Quanto
al resto della provincia di
Sondrio (Valchiavenna, area di Tirano e Ponte) le presenze sono ancora
meno sistematiche anche se da anni vi sono avvistamenti e sporadiche
predazioni (quest'anno almeno tre denunce). Preoccupa la presenza di un
branco nel canton Grigioni (anche se non in prossimità dei confini),
formatosi tre anni fa. Intanto il lupo che ha colpito a Foppolo pare si
sia spostato in val Cervia dove avrebbe predato una decina di
ovicaprini. Non vi sono conferme ma la notizia rimbalza tra Foppolo e
Cedrasco. Silenzio tombale, anche in questo caso, da parte della
provincia di Sondrio e del
Parco. Non si vuole fare allarmismo. Popolazioni e allevatori devono
fare la fine della rana bollita: assuefarsi a poco a poco all'idea del
lupo senza reagire. Tutti (nella politica lombarda) continuano, per
ora, a inneggiare al lupo e alla biodiversità di
cui sarebbe il campione (secondo un mantra trito e ritrito che ha molto
a che fare con la propaganda di stile nazionalsocialista e poco con
l'ecologia). Quando le predazioni aumentano le banderuole
gireranno dove il vento dell'opportunismo politico suggerirà di
riorientarsi (vedi i salti mortali tripli carpiati della Regione
Veneto).
I protettori del lupo tengono il più possibile a
lungo nascosta la realtà: le vittime sono complici dei carnefici
Le istituzioni
cercano di tenere nascosta la presenza dei lupi aiutati da quegli
allevatori e pastori che pensano di "risolvere il problema in
silenzio" (o che semplicemente non hanno nessuno cui affidare gli
animali o cui far svolgere i lavori agricoli e che non possono
permettersi di perdere mezze giornate con le denunce e le
procedure). Come abbiamo avuto modo di riferire nell'articolo
della
scorsa settimana sulle predazioni a Foppolo, è stato solo grazie alle
fototrappole piazzate da un giovane pastore (che ha riferito
direttamente ai
media dell'accaduto) se gli attacchi in val Brembana sono stati resi
pubblici (prima da Ruralpini, a ruota da Eco e Bergamonews che avevano
il nostro comunicato).
Del resto
anche la presenza dei lupo nel parco del Ticino è
stata svelata solo grazie alle fototrappole posizionate da un pastore
che aveva
"beccato" la lupa a maggio e che aveva subito in due occasioni la
perdita di agnelli. Nel comasco, nella val Cavargna e
nella valle Albano (valli tra Lario e Ceresio), sporadici danni si
registrano a partire da 2012. Anche quest'anno c'è stata una denuncia a
Dosso del Liro. Il branco della val Morobbia, valle che è in
comunicazione con il Lario attraverso il passo di San Jorio, è già alla
terza cucciolata (nella foto sotto, dell'ufficio caccia e pesca del
canton Ticino, l'ultima cucciolata di quattro lupacchiotti).
Anche
ammesso che qualche giovane delle cucciolate precedenti sia morto per
cause naturali o per il controllo (un controllo "fai da te" ma reso
necessario dalla latitanza delle istituzioni), c'è da credere che i
primi nati, che hanno già raggiunta la maturità sessuale (hanno due
anni e mezzo) si stiano disperdendo e possano mettere su la loro nuova
famiglia. Quindi i guai grossi iniziano ora. Allevatore, cacciatore,
pastore avvisato mezzo salvato.
La coppia
"originaria" di lupi è stata fototrappolata dalla polizia provinciale a
dicembre 2015, dopo che nell'estate al confine tra la val Cavargna e la
Svizzera un gregge di 120 ovini aveva subito 43 perdite.
Il branco iniziale
della val Morobbia è nel suo comportamento transfrontaliero
(come, del resto,
quelli al confine tra Piemonte e Francia), ma chi impedisce ai nuovi
branchi di insediarsi stabilmente nelle valli del Lario e del Ceresio?
Nessuno
(tranne i pastori, gli allevatori, i cacciatori, ovviamente ma sempre
operando, per forza maggiore, fuori da una legalità ingiusta).
L'ultima predazione in val Cavagna
Sabato 19 agosto è
apparsa su la Provincia di Como
la notizia del più grave attacco da parte dei
lupi mai avvenuto (da un secolo in qua) in provincia di Como (una
trentina di capi caprini tra uccisi e
dispersi). A dare la notizia l'alpeggiatore, Carlo Panatti e il sindaco
di Cusino, Francesco Curti (anche lui allevatore di capre). Questo
attacco, a parte i numeri, è grave perché colpisce animali in
lattazione, caricati
presso l'alpe di Rozzo, il fiore all'occhiello del comune di Cusino
che, negli anni, ha effettuato importanti investimenti per il
miglioramento delle strutture e delle infrastrutture dell'alpe, Non
solo a supporto dell'attività zootecnica e casearia, ma anche in
funzione dello sviluppo ecoturistico. Ma che ecoturismo può svilupparsi
se scorazzano branchi di lupi, prevedibilmente presto contrastati da
mute di aggressivi cani mastini da difesa? Nessuno perché i fanatici
del lupo sono quattro gatti e hanno un sacco di posti in Italia e nel
mondo dove esercitare la loro spesso morbosa passione.
Dell'alpe di Rozzo,
dove sono avvenuti i recenti fatti predatori, avevo parlato meno
di due mesi fa, in occasione della visita all'alpe (vai
all'articolo).
Ovviamente colpisce maggiormente un attacco che
avviene in posti conosciuti, che provoca pesanti conseguenze a persone
conosciute. Poco o nulla colpita dalle notizie di predazione degli
animali domestici è invece l'opinione pubblica urbana. Nella
sensibilità
atrofizzata delle masse urbane la referenza animale assume la forma di
relazioni etologicamente ed eticamente discutibili con cagnolini
ridotti a peluche viventi, del consumo di pezzi di carne sotto film
plastico (se non di piatti pronti per il micro onde dove non si vede
neppure che c'è la carne), della visione - sin dalla tenera età - di
documentari e cartoon veicolanti immagini agli antipodi con la realtà.
Il risultato è che questa gente, che dice di amare gli animali, vede
nelle conseguenze della predazione solo un danno economico "tanto ve le
risarciscono, di cosa vi lamentate". Rispetto alla sofferenza degli
animali domestici predati scatta un meccanismo che blocca ogni reazione
di compassione, mentre lo stesso filtro ideologico provoca
l'amplificazione esasperata dei sentimenti a favore dei grandi predatori. Solo le immagini più crude
riescono a smuovere l'indifferenza degli "amici degli animali". Per
questo sono accuratamente censurate sui media e persino sui social.
Ecco perché è giusto far vedere le immagini che l'allevatore ha
scattato alle sue capre morte, ferite, moribonde.
L'episodio
di predazione in val Cavagna è stato reso pubblico sabato scorso,
quando le guardie della polizia provinciale si sono recate in loco per
i rilievi (hanno anche eseguito dei tamponi per ricavare materiale
biologico utile alle analisi del dna). Ma le perdite si riferiscono a
una
serie di ripetuti attacchi serali che sono inziati già alla fine
di luglio. L'allevatore ha visto scomparire per primi alcuni
capretti. I capretti, si sa, tendono facilmente a smarrirsi
seguendo degli escursionisti o perdendo il contatto con il
gregge. Così Carlo Panatti si è recato per cercarli sugli
alpeggi di Garzeno, località famosa - specie la frazione
Catasco - per l'allevamento caprino e i formaggi caprini. Garzeno è nella
valle Albano, al di là della cima del monte Bregagno.
Sopra l'area tra la val Cavagna e la
valle Albano dove si sono verificati gli attacchi dei lupi. Sotto la
sua individuazione nell'area lariana
Grande è stata la
preoccupazione di Carlo Panatti quando ha appreso dai caprai di Garzeno
che anche a loro erano spariti capretti, attribuendo la causa ai lupi.
Dopo qualche giorno gli attacchi si sono verificati sui pascoli di
Rozzo, ripetuti a distanza di due giorni nelle ore serali. In alcuni
casi l'allevatore si è accorto dell'attacco in atto dai belati disperati
e dallo strepito dei campani causato da fughe precipitos ma, in
occasione dell'ultimo attacco, ha anche scorto tre sagome
di lupo. A questo punto è stata fatta la segnalazione alla polizia
provinciale e le guardie e i veterinari della Ats sono venuti a
constatare le lesioni sulle carcasse. L'allevatore
si è anche preoccupato di documentare fotograficamente la preenza di
orme e di fatte. Ma perché, se non diventi Sherlok Holmes, non sei
creduto? Che logica c'è nel mettere a capo del danneggiato l'onere
della prova? E ci si domanda anche se tutto ciò sia legittimo o un
abuso.
|
|
Le circostanze della
predazione non lasciano margine di dubbio sulla responsabilità dei
lupo. L'analisi
del dna più che confermarla tenderà semmai a individuare l'identità dei
singoli soggetti responsabili per capire come si sta evolvendo il
branco (o i branchi).
Impossibile tenere le capre rinchiuse di notte
Con estate caldi come
questa anche a quote non troppo basse si deve adottare il pascolo
serale. Di giorno le capre riposano - in luogo protetto -
all'ombra della sòstra (foto sotto di fine giugno), di sera vanno a
pascolare al fresco. Quando gli ambiental-animalisti, e i politici che
tendono a blandirli, sostengono che si può "convivere con il lupo"
dimenticano tante circostanze basilari:
1) il lupo era molto meno
spavaldo perché sapeva che attacchi aperti ai greggi potevano
concludersi male per lui, pertanto colpiva nel modo più rapido e
furtivo limitando di necessità i danni; 2) il clima era più fresco e
anche a quote
basse si poteva pascolare di giorno quando la sorveglianza è più
facile; 3) esisteva ampia disponibilità di manodopera, di caprai
giovani e meno giovani che di giorno seguivano il gregge anche
sui terreni più impervi.
Oggi, se oltre ad adottare
anche
ulteriori metodi di prevenzione (le mute di cani da difesa in aree di
frequentazione turistica, come la montagna lariana, sono comunque
problematiche) non si contiene anche la diffusione del predatore
molti pascoli sono destinati all'abbandono. Ma senza l'utilizzo
dei pascoli l'allevamento e l'agricoltura di queste valli non possono
stare in piedi.
Non mi interessa l'indennizzo
Parlando con Carlo
Panatti colpisce come egli insista nel dichiarare che, per lui,
l'indennizzo è la cosa meno importante. Pensa ad altre conseguenze, che
nessuno può compensare. Vala la pena spiegare agli animalisti ignoranti
che blaterano di "compensazioni" che l'indennizzo non compensa il
danneggiato ristabilendo la situazione precedente al danno. Per il solo
fatto che ciò è spesso impossibile. L’indennizzo consiste in un
intervento riparatore di carattere economico non necessariamente
commisurato alla
effettiva entità del danno sopportato dall’avente diritto, ma
agganciato a parametri prestabiliti per legge o per contratto. Senza
fare riferimento all'ovvio caso degli indennizzi corrisposti ai parenti
della vittima di un incidente o di un omicidio, va richiamato che -
anche nel caso degli indennizzi dovuti agli allevatori per le perdite
subite dai predatori - il tipo di "riparazione" dipende dalle clausole
del contratto che la Regione Lombardia, come altre, ha sottoscritto
tramite un brooker con una
compagnia assicurativa. Un contratto di copertura dei rischi per questo
tipo particolare di "sinistro" ma che come tutti i contratti
assicurativi mira a limitare le cifre liquidate. Va precisato che la
Regione , nel
venire parzialmente incontro agli allevatori, non fa altro che
assumersi
le responsabilità che derivano dall'essere responsabile della fauna
selvatica dal momento che essa è, per l'ordinamento italiano "proprietà
indisponibile dello stato" e che tutta la materia (fauna e agricoltura)
è di competenza esclusiva delle regioni come chiaramente stabilito
dalla costituzione e dalle leggi vigenti. I lupi sono della Regione
Lombardia, sia chiaro. Essa, però, per risparmiare aveva inizialmente
fissato un massimale di 4 mila € per gli indennizzi, elevato a 6,5 mila
€ nel 2016. Una
sottovalutazione delle conseguenze dell'aumento della presenza
dei grandi predatori.
Vi è poi una
"franchigia implicita". Il tempo
richiesto per le pratiche, per assistere alle verifiche di guardie e
veterinari non giustifica la richiesta di indennizzo per pocchi capi.
Così molte predazioni passano inosservate. Spesso anche perché - come
già sopra osservato, il
pastore preferisce cercare di risolvere il problema da solo, senza
clamore. Ma così fa il gioco della lobby del lupo.
Procedure e linguaggi burocratici
La presenza di un
massimale in caso di attacchi a bovini e a un numero consistente di
ovicaprini, non può coprire il semplice danno della perdita dei
capi. Non vi è poi alcun considerazione per le perdite produttive, gli
aborti, la morbilità indotta, le cure veterinarie. Viene
aggiunto, oltre ai costi di smaltimento (obbligatorio) delle
carcasse, un 15% del "costo di acquisto" .. quale “contributo” per il disagio ed il
disappunto degli animali al recepimento del nuovo contesto. Un
modo un po' singolare e arzigogolato per indicare un "disagio" che è
certo degli
animali (che, però, dei soldi non sanno cosa farsene), ma anche degli
allevatori, per i quali è certamente meno semplice accudire animali non
nati nel gregge.
Per molti
allevatori, che curano
amorevolmente i loro capi, li selezionano accuratamente, studiano i
migliori accoppiamenti, nutrono e curano con particolare scrupolo i
giovani animali destinati a dar vita a "linee di progenitori", la
perdita dei animali per loro unici, non è compensabile in termini
monetari . Un fatto che vale poco o nulla nelle stalle dei grandi
numeri gestite da automatismi e operai e dove la riporoduzione è
pianificata dal computrer, ma che conta molto nelle
aziende famigliari dove vi è un rapporto personale e affettivo con gli
animali. Quando Carlo Panatti sottolinea di non essere
interessato all'indennizzo fa presente che "ci vogliono due anni per
allevare una capra". Gli animali non sono pezzi di ricambio
intercambiabili, pupazzi, delle macchinette come suppone la mentalità
urbana condizionata dalla civiltà industriale e consumistica.
Il danno alla
produzione di latte e formaggi ... e alla famiglia
Le capre
sopravvissute, alcune ferite leggermente e curate con antibiotici (con
i loro tempi di sospensione che costringono a gettare via il atte), ma
anche le altre, fortemente stressate, hanno ovviamente calato la
produzione di
latte. Venendo meno il latte degli animali uccisi e dispersi, mancando gli
animali di
alcuni piccoli proprietari che, spaventati, hanno riportato a valle le
loro capre, calata la produzione delle capre rimaste (un calo che, dopo
la metà di agosto, non potrà più essere recuperato), il
latte da lavorare è crollato e la produzione di formaggi anche. Un
danno serio per la piccola azienda di Carlo Panatti e della moglie
Simona Maffioli che, tutte le settimane, partecipa ai mercatini
contadini
della provincia di Como. Per una piccola azienda che si regge sulla
vendita diretta restare con poco prodotto significa perdere clienti.
Tutte conseguenze "collaterali" che le assicurazioni, la regione, gli
ambiental-animalisti da salotto e da tavolino ignorano. Un attacco
predatorio ad un'azienda
famigliare porta anche ad altre conseguenze, scompiglia programmi e
abitudini. "Dopo due anni che non andiamo volevo portare le bambine al
mare qualche giorno, ma come faccio in questa situazione a lasciare su
mio suocero e l'aiutante straniero?".
Lo sguardo triste ma dolce di una capra
ferita. Il lupo non è riuscito ad approfondire le zanne nel collo
limitandosi a lacerare la pelle e il "pendente". Pare che dica: "Perché
voi che dite di amare gli animali mi odiate tanto? Perché godete se mi
sbranano i lupi per i quali fate tranto il tifo. Non sono anch'io un
animale, non ho diritto di vivere, di pascolare senza il terrore del
lupo?".
E ora?
Dopo tanti "assaggi"
sanguinosi l'estate 2017 segna l'escalation degli attacchi da lupo
sulle Alpi centro-orientali.
Violentissima in Veneto, seria anche in Lombardia. Le conseguenze
politiche non saranno indolori: la regione Veneto annaspa tra dietro
front, annunci di ritiri da WolfAlp, dichiarazioni
contraddittorie
di Zaia, pose di recinzioni alte 120 cm che fanno ridere i polli. Zaia
riesce, nella stessa dichiarazione, a dire che "i lupi stanno
distruggendo l'ecosistema della montagna veneta" ma anche che "sono
intoccabili", facendo finta di dimenticare che questa primavera la
Regione Veneto, rimangiandosi il parere favorevole precedentemente
espresso, ha bocciato (per via delle pressioni
animal-ambientaliste) il piano lupo redatto da Boitani e sostenuto
dalla lupologia meno estremista che prevedeva un limitatissimo
controllo del predatore. La regione a guida leghista questa volta non
può prendersela con Roma , con un ministro dell'ambiente che continua a
sostenere che la fine della protezione assoluta del lupo è necessaria
perché ci sono aziende zootecniche che stanno chiudendo per una
pressione predatoria insostenibile. Le istituzioni vanno in tilt e
scontentano tutti (come avvenuto per il progetto Life Ursus in
Trentino).
Zaia sul lupo non sa più che pesci
pigliare
In Veneto e Lombardia il
lupo può impattare molto più pesantemente del Piemonte. Considerazioni
estranee alla lupologia "scientifica" che astrae completamente da
considerazioni territoriali, sociale, economiche e vede solo nelle Alpi
un territorio "vocato". A livello di
singole aziende, che in Piemonte soffrono numerose il problema,
l'impatto è forte ma a livello di
sistema non provoca reazioni al di sopra della soglia di
criticità. A Cuneo e Torino le lunghe valli alpine sono spopolate
e
poco comunicanti tra loro e molta della zootecnia estensiva e
d'alpeggio è indirizzata alla carne non coinvolgendo filiere e, per sua
sfortuna, godendo di accrediti politici blandi. Conta moltissimo, però,
anche la gradualità e la mancanza di trasparenza con la quale si è
accompagnata l'affermazione della presenza del lupo in Piemonte .
Le Alpi
centro-orientali, al contrario, sono un sistema territoriale più
denso e connesso, più antropizzato, dove la "rinaturalizzazione"
imposta dell'ecototalitarismo comporta conflitti sociali più acuti e
mette in campo forze molto più agguerrite a difesa di economie
zoocasearie e turistiche. In più c'è l'esperienza del Piemonte (e dalla
Francia) che ammonisce a non accettare passivamente la proliferazione
dei branchi auspicata e favorita da WolfAlp. Per il partito del
lupo la
conquista delle Alpi può rappresentrare una dura guerra di posizione e
un boomerang. Di certo oggi tutta la montagna veneta è in
allerta e quella lombarda sta allertandosi. L'avanzata del predatore
sarà contrastata e comporterà prezzi da pagare per la lobby del lupo,
prezzi
che possono mettere in forse anche le posizioni acquisite, le rendite
di posizione conquistate quando il lupo era ancora una realtà
appenninica e la "campagna delle Alpi" era ancora limitata al Piemonte.
Aumentano peraltro anche le spaccature interne al fronte
"conservazionista" (o per meglio dire "espansionista") che, nelle sue
componenti meno estremiste, si rende conto dei pericoli per lo stesso
lupo di un'avanzata troppo trionfale (vedi la crescente ed estesa
ibridazione con il cane domestico e la prospettiva della perdita di
identità genetica del lupo italico, ormai non più isolato dalla
popolazione lupina balcanica ed ell'Est Europa.
Le lobby ecototalitarie
hanno forti interessi alle spalle, desiderosi
di desertificare le montagne e di operare un nuovo colonialismo per il
controllo del petrolio del futuro, ovvero l'acqua dolce pulita sempre
più scarsa, e le altre risorse naturali. Hanno scatenato una guerra
per la pulizia etnica di cui gli orsi e i lupi sono solo un tassello,
insieme alla burocrazia e al crollo - indotto dalla globalizzazione
- dei prezzi dei prodotti agricoli, zootecnici e forestali.
Ma a differenza degli anonimi meccanismi della burocrazia e della
finanza globale i lupi e i loro sostenitori sono attori ben
riconoscibili e la mobilitazione contro la diffusione dei grandi
predatori può diventare catalizzatore di una resistenza alpina e rurale
più ampia. Per questo la partita è così importante.
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