(26/08/2022)
- Questa sera a Corteno Golgi è prevista una delle solite serate "informative"
organizzate dal milionario progetto Wolf Alps. Le istituzioni, purtroppo,
aderiscono al progetto e appoggiano giulive la propaganda lupista, felici di poter
lisciare il pelo a buon mercato alla "sensibilità" dell'ambientalismo
urbano da salotto (mentre, in Lombardia, continuano il consumo di suolo sfrenato e l'inquinamento
di aria e acque in Lombardia è viaggia oltre i limiti di legge). Non si rendono
conto (o fanno finta di non rendersi conto) che la prossima massiccia
presenza sul lupo su tutte le Alpi (i lupologi svizzeri prevedono la
saturazione entro cinque anni) comporterà impatti pesanti sull'economia
montana, non solo a danno di quei quattro gatti di pastori ma anche all'economia
turistica, con tutto l'indotto. Se l'atteggiamento della regione si può
almeno capire (i voti dei contadini, dei cacciatori, dei montanari
sono pochi), meno comprensibile è l'appoggio delle istituzioni locali.
Al comune di Corteno Golgi è pervenuto che questa estate in Italia una
turista lombarda in vacanza al Sud è stata morsicata dal lupo? è
pervenuto che gruppi di escursionisti in Piemonte hanno dovuto
chiamare il soccorso (alpini e VVFF) perché messi in difficoltà da mute di cagnoni che
i pastori sono costretti a utilizzare per tentare di difendere i
greggi? Pensano forse che, quando la pecora di Corteno (allevata in modo
estensivo e molto vulnerabile alla predazione) sarà estinta, il
piatto locale (il Cuz, a base di carne di pecora della razza locale)
possa essere offerto in versione vegana?
Il lupo, in primavera, è arrivato
anche a Doverio (piccola frazione in sponda sinistra della valle) e ha
sbranato alcune pecore. Doverio, nella valle di Corteno (tra l'Aprica e
Edolo in Valcamonica) è la culla dell'allevamento di una razza ovina
autoctona dell'arco alpino, una delle poche rimaste: la pecora di
Corteno. La Convenzione sulla biodiversità riconosce alle razze
autoctone a rischio di estinzione un grande valore in quanto riserve di
variabilità genetica. L'Unione Europea prevede misure di sostegno alle
razze di animali domestici a rischio.
L'importanza
dell' agribiodiversità
Se,
nel mondo, si allevassero una o poche razze di pecore, ma lo stesso
ragionamento vale per le altre specie di animali domestici, cosa
succederebbe se quelle poche razze non avessero, nel loro ambito di popolazione, delle
varianti genetiche che consentono la resistenza a nuove e gravi
malattie? Rischierebbe di sparire una specie intera. Ma un discorso simile vale anche per cambiamenti economici,
sociali, climatici. In generale le razze autoctone si sono adattate
all'ambiente in cui vivono e possono essere allevate in modo più
sostenibile delle razze esotiche (basti pensare all'adattamento al freddo,
al caldo, alla piovosità, alla ventosità: tutti fattori che, nel caso
di razze non adattate richiedono soluzioni, che sostano energia, per
proteggere l'animale). Se c'è variabilità genetica una specie può
adattarsi a nuove condizioni, altrimenti soccombe. Ci sono oltre
duecento razze di pecore nel mondo; ognuna che si perde determina una
perdita significativa di biodiversità. Più della metà della diversità
genetica delle specie domestiche è infatti legata alla pluralità delle razze.
Pecora di Corteno con gli agnelli.
La pecora di Corteno subirebbe un tracollo con l'affermazione di una
stabile presenza di branchi di lupi in ragione del peculiare sistema di
allevamento
PECORA
di CORTENO
(tratto dalla pagina dell'associazione
tutela pecora di Corteno)
Oggi si contano circa circa 500
capi ma la consistenza in passato era scesa a 300. L’associazione
Pecora di Corteno
nasce a Corteno Golgi presso la Sede Comunale, riunendo allevatori,
agricoltori, hobbisti, tecnici del settore, ristoratori e
trasformatori, cittadini del Comune con lo scopo di rilanciare una
razza autoctona definita Pecora di Corteno, patrimonio della
biodiversità della Valle di Corteno, attraverso la valorizzazione
del CUZ specialità alimentare a base di carne di pecora di Corteno.
L’Associazione si propone di
promuovere e attuare le iniziative che possono contribuire al
miglioramento, all’incremento, all’utilizzazione, alla
valorizzazione tecnico-economica ed alla promozione dell’allevamento
della Pecora di Corteno e dei prodotti da essi derivati.
I soggetti appartenenti alla
popolazione ovina di Corteno sono animali di taglia media (le femmine
presentano un’altezza media al garrese di 73 cm e un peso medio di
60 kg, mentre i maschi hanno un’altezza media di 77 cm ed un peso
medio di 70 kg) che ben si differenziano da altre razze giganti come
la Bergamasca. Il vello è bianco e la testa sempre priva di corna.
Ha poche esigenze alimentari, che
le
consentono di sfruttare pascoli magri. Gli agnelloni hanno un peso di
40 kg a dodici mesi. Peculiarità della razze è il parto gemellare
(2 volte all’anno).
Il profilo fronto-nasale è
moderatamente montonino. Le orecchie sono pendenti, con una leggera
inclinazione in avanti e non sono mai di dimensioni esagerate.
Presidente dell’associazione è la
signora Michelina Sabbadini.
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Le
razze autoctone sono particolarmente esposte ai predatori
Con la
presenza del predatore gli allevamenti ovini locali verrebbero chiusi
in quanto gli animali si lasciano al pascolo, confinati entro un filo
elettrico, mentre l’ allevatore si reca a valle per
la fienagione, per cagliare e svolgere altri lavori. Una razza come la
pecora di Corteno non ha un'attitudine produttiva specializzata che
giustifichi ricoveri, spese di personale, impego di cani da
protezione. Fornisce un reddito integrativo e viene allevata
perché sfrutta piccoli ricoveri (vecchie stallette di vacche da latte
più che ammortizzate) e "tiene puliti" i prati-pascoli intorno ai
paesi.
Le
reti possono proteggere piccolissimi greggi. In presenza di
greggi di un minimo di consistenza il lavoro per la loro posa su
terreni scoscesi, cambiando frequentemente la superficie, diventa
impossibile
In estate utilizza i pascoli d'alpeggio,
in parte con greggi custoditi, in parte con greggi lasciati liberi
perché dove vengono caricati vi sono confini naturali e non vi sono
pericoli. Con i lupi la situazione diventerebbe insostenibile in
quanto l’allevamento già ora è
poco remunerativo.
All’ Aprica, nota località turistica con
un diluvio di seconde case (foto sopra) il bosco è a
ridosso delle case. A Corteno, grazie alla pecora di Corteno, ci sono
ancora parecchi prati falciati/pascolati. Si notano i prati in alto nella
zona del
monte Padrio (foto sotto), spunto per una meditazione sulla funzione tagliafuoco e di
area di
rifugio che essi svolgono in caso di incendio. In caso di sparizione
dei prati/pascoli gli animali
selvatici, ma anche le persone, non avrebbero più alcuna zona di
sicurezza in
cui rifugiarsi e sarebbero a rischio.
L'arrivo del lupo nelle valli
di Corteno non è nuovo. La presenza di lupi al Mortirolo risale al
2014. Oggi sia al Mortirolo e in Val Belviso (in Valtellina ma
confinante con le valli di Sant'Antonio di Corteno) vi sono
ufficialmente branchi di lupi. C'erano probabilmente già da anni, ma
sappiamo che il lupismo organizzato (ovvero Wolf Alps - Ente Nazionale
Lupi in pectore - che ha Ersaf e "pezzi" di Regione Lombardia a
reggergli la coda) rende noto solo con un ritardo di 2-3 anni
l'apparizione del canide "per non creare allarmismo", ovvero per
consentire al loro idolo di installarsi indisturbato. Se dicono che c'è
un lupo "in dispersione" state certi che c'è la coppia, se dicono che
c'è la coppia state certi che c'è il branco. Il trucco è legittimato
(in qualche modo) dal ritardo abissale con il quale arrivano le analisi
del Dna (dall'America!). Osserviamo per inciso che l'analisi del Dna è
utile per gli studi di popolazione ma non serve a sapere dove sono (oggi, non tra due anni) i lupi
(che è quello che interessa ai pastori e a chi frequanta a vario titolo la montagna). Già da diversi anni gli allevatori di pecora
di Corteno lamentavano sparizioni di pecore. Si sa che in montagna
possono avvenire incidenti e stavano zitti. Negli anni le sparizioni si
sono intensificate ma "ufficialmente" il lupo non c'era e, temendo di
essere presi per matti, tacevano. Oggi, le aree dove viene monticata in
estate la pecora di Corteno sono a grande rischio: sia quella a Nord
(il monte Padrio) che qualla a Sud (le valli di Corteno). Il monte
Padrio è prossimo ai branchi del Mortirolo/Alta Valcamonica, le valli
di Sant'Antonio a quelli delle Orobie valtellinesi orientali.
Oggi solo il WWF, nella sua spudorata campagna per raccogliere
fondi con l"adozione" dei poveri lupetti, osa sostenere che in Italia
il lupo è a rischio di estinzione. Tanto in estinzione che, sulle
Alpi,
ricerca
google 26/8/2022
E allora perché non prendere misure per
la protezione degli habitat seminaturali legati ai pascoli alpini e
agli stessi prati magri da sfalcio che la Direttiva Habitat del 1992
(quella che dice che in Europa il lupo è in estinzione e va
superprotetto) indica come Habitat
prioritari da tutelare. Il fatto è che a favore dei pascoli e
delle razze domestiche in estinzione non si muove nessuna lobby. E
siccome le valutazioni scientifiche, la vera ecologia, il senso di
equità e di giustizia sociale non contano nulla in politica, ma conta
solo il peso delle lobby organizzate (e quindi degli interessi
economico-finanziari che stanno dietro) stiamo certi che nulla
succederà, che la situazione non cambierà a breve. L'estinzione del
pastoralismo alpino, specie delle sue componenti più deboli come le
razze autoctone ovi-caprine è prossima e molto probabile. Se, invece,
si volesse riconoscere che il lupo non è più in via di estinzione e
che, per onorare gli impegni dell'Italia e dell'Unione Europea,
andrebbero prese misure per favorire le razze e hli habitat
seminaturali in via di estinzione allora si dovrebbe intervenire
per contenere (come si fa in altri paesi europei) in numero del lupi e
dei branchi, operando una selezione numerica o collocando i lupi in
grandi aree recintate.
In alta Valcamonica, non
lontano dalla valle di Corteno si riconosce la presenza di diversi
branchi ed è già iniziata la decimazione dei piccoli allevamenti che,
dopo alcune predazioni (a colte non denunciate), gettano la spugna. E
dal momento che sono più spesso le piccole aziende a dedicarsi alle
attività (pascoli di superfici vicino ai pasesi, sfalco anche di
terreni in pendenza a contenimento del bosco, pulizia di alvei) che
impediscono quello che il montanaro paventa e che, al contrario,
l'ideologo delle wilderness, dal suo ufficio con ascensore e aria
condizionata, è ansioso di instaurare: la montagna abbandonata a sé
stessa.