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(17.03.17) Il
lupo e la politica (a Bergamo, e alta Italia, duecento anni fa)
Come abbiamo
già avuto di osservare in altre occasioni, l'opera di Mario
Comencini sull'antropofagia del lupo ha messo bene in
evidenza come la radicata paura del lupo nella cultura rurale
fosse assolutamente giustificata. Giustificata dalla frequenza di
aggressioni, anche letali, agli umani, specie fanciulli. Il lupo
storico è nemico dell'uomo e pericoloso. E' il lupo ideologico "da
favola all'incontrario" degli animal-ambientalisti che costituisce un
mito.
(09.03.17)
La risposta della pastora agli animalisti
Anna Arneodo replica al qualunquismo animalista (quello del: "Tanto li
rimborsano, che c...o si lamentano sti pastori"?) e ribatte: "Vi
farebbe piacere che il lupo uccidesse il vostro barboncino e
comprarvene un altro con i soldi della regione che vi arrivano dopo un
anno?
(03.03.17) Il dna inchioda il partito del lupo. Aveva ragione l'uomo aggredito nel torinese
Grazie alla prontezza del proprietario del cane ferito e
all'intervento della Federcaccia di Torino, dopo una serie di episodi
che avevano visto gli aggrediti trattati da millantatori questa volta il partito del
lupo non ha potuto smentire il verdetto del dna. Ad
aggredire un cane e il suo proprietario alla borgata Tora di Giaveno
(To) il 10 gennaio sono stati purissimi lupi.
(28.02.17)
Ci uccidete senza sporcarvi le mani. J'accuse di una pastora
Ci uccidete con ipocrisia, camuffando il genocidio con il pretesto di
quella natura che state distruggendo e del lupo elevato a bandiera
(12.02.17) Mantenuta
la demagogica protezione "a
prescindere" del lupo. Cosa succederà?
Ai
presidenti delle regioni, che si sono comportati come conigli impauriti
di fronte alle proteste ambiental-animaliste contro possibilità (solo
teorica) di un controllo ultraselettivo del lupo, consigliamo la
lettura di un testo storico, pubblicato nel 2002, che - sulla base di
abbondantissima e inoppugnabile documentazione - descrive la strage di
centinaia di bambini ad opera dei lupi nelle zone tra Lombardia e
Piemonte tra XV e XIX secolo
(30.12.16) Piano
lupo: gli ambientalisti vittime delle loro bugie
Le
barricate dell'ambientalismo istituzionale hanno impedito che
proseguisse il suo iter e l'approvazione entro l'anno il "Piano
nazionale di conservazione del lupo", che doveva sostituire quello del
2002. Calendarizzato per il 7 luglio alla Conferennza stato-regioni il
Piano non è più stato inserito all'ordine del giorno.
(12.09.16)
Una settimana di proteste anti lupi degli allevatori della
Lessinia
La
protesta degli allevatori della Lessinia assume forme sempre più
clamorose. Quest'anno la strage ha riguardato ben 63 capi bovini.
Alcuni allevatori sono stati ripetutamente colpiti. Come Moreno Riva un
allevatore trentenne, che - alla quarta predazione avvenuta
martedì scorso - con l'appoggio e la solidarietà di colleghi e amici
che "hanno messo la faccia" ha caricato sulla pala del trattore
l’ultima manzetta dilaniata in malga dai lupi martedì e l’ha scaricata
in piazza, davanti al monumento ai Caduti.
(19.12.15)
Piano lupo: i lupocrati vogliono dettare legge ai pastori
Il Piano lupo conferma, se ce ne fosse bisogno, l'arroganza della
lobby che - almeno sino ad oggi - ha potuto operare su un piano di
totale autoreferenzialità finanziandosi con 18 progetti
LIFE. L'impostazione del Piano è molto pericolosa per i
pastori e gli allevatori in quanto mira in modo ormai scoperto ad
utilizzare il lupo per imporre una gestione dello spazio rurale che
escluderà l'uomo
(19.12.15)
La convivenza con il lupo è impossibile
È quanto emerso dal convegno di Saluzzo del 17 dicembre .
Il problema del lupo non è un qualcosa di isolato rispetto alle
varie minacce contro la montagna, le sue comunità, le sue attività
tradizionali. Il lupo è parte di un progetto politico di stampo
neocolonialista e tecnocratico che fa leva sui Parchi e l'attacco alle
autonomie locali.
(04.09.15)
Pastori francesi prendono in ostaggio i vertici di un parco
Dopo le minacce di blocco del Tour de France e le manifestazioni
non si ferma la lotta dei pastori contro le stragi ad opera dei
lupi. In Savoia (a 7 km in linea d'aria dalla Val di
Susa) sequestrano presidente, e direttore del Parco del
Vanoise. Il prefetto viene incontro alle loro richieste
autorizzando l'abbattimento di sei lupi. E in Italia?
Articoli per argomenti
|
La politica "verde" gestita da
burocrati ignoranti (arrivano i lupi nel Parco Ticino)
di Michele Corti
(8.07.17)
Nell'esultare per la presenza del lupo nella valle del Ticino
(documentata a sue spese da un pastore con fototrappola) al
direttore del Parco lombardo, Claudio Peja, è sfuggita una
bestialità. L'arch. Peja, classica carriera
da burocrate verde, ha dichiarato al Corriere: "Dal Medioevo non c’è
più stato un lupo in pianura . Per noi è una grande notizia". Ma meno
di 200 anni fa i lupi erano ancora numerosi nella valle del Ticino e
rappresentavano un pericolo. Altro che medioevo e "secoli di assenza".
Il lupo
ha evidentemente dato alla testa. Una tale ignoranza
sui temi faunistici da parte chi dirige un importante area protetta, in
paesi
civili comporterebbe le dimissioni immediate.
È di ieri la
notizia dell'accertata presenza di un lupo nella valle del Ticino. La
"scoperta" è merito di un pastore. Non è un caso perché i parchi
tacciono sempre quando arriva il lupo. Il caso più famoso è quello del
Marcantour in Francia nel 1991. Le autorità del Parco ruscirono per sei
mesi a tenere segreta la notizia. Succede così ovunque perché nel
decalogo della lobby del lupo sta scritto: "Fare di tutto per
ridimensionare la presenza del lupo e negare sempre anche contro
l'evidenza che possa essere pericoloso per l'uomo, tenete sempre
segrete le notizie circa le nuove presenze". La tattica si spiega con
l'esigenza di anestetizzare i portatori di interesse che hanno tutto da
temere dalla presenza del lupo. Essi devono sapere le cose quando ormai
la presenza è consolidata.
Di fronte a un pastore che, a sue spese (l'onere della prova della
presenza del lupo è sempre a carico delle vittime), documenta la
presenza con una foto-trappola il Parco, che al 100% sapeva della
presenza, ha elevato al cielo inni di gioia, peana di giubilo. Il
lupologo Meriggi, che quantomeno non è un lupologo dell'ultima ora, ha
avanzato l'ipotesi che i lupi possano essere due: un maschio e una femmina (quelo della foto-trappola sarebbe una femmina). Verosimile che
si formi presto un branco. Di qui il giubilo del direttore, ma anche del presidente
del Parco, Gian Pietro Beltrami, che si intesta il "risultato", ovvero
il "frutto del lavoro di oltre 40 anni del Parco". Ma
quale risultato? I lupi arrivano perché sono presenti numerosi
nell'Oltre Po pavese dove negli ultimi anni scendono anche in pianura e
dove hanno prodotto gravi danni alle greggi sulle prime colline. E da sempre il lupo segue le greggi nelle loro transumanze.
Le
immagini del lupo fissate a maggio dalla foto-trappola installata dal
pastore per riuscire a dimostrare la presenza del lupo (le
autorità facevano finta di non credere che le predazioni fossero opera
del lupo)
Già sognano l'autostrada dei lupi (e calcolano quanti miloni di
finanziamenti potranno gestire)
I nostri ecoburocrati, e
con loro i politicanti, esultano perché vedono nella valle del Ticino
un'autostrada per lupi: un corridoio per far passare i canidi
dall'Appennino alle Alpi accelerando la colonizzazione dell'Arco alpino
centrale e orientale. C'è da scommetere che negli uffici del
Parco, ma anche nei palazzi della regione dove allignano da decenni protervi animal-ambientalisti, stiano già pensando a un
progetto a tema (magari appoggiato dagli stessi che vogliono 200 km di autostrade,
la Tav e quantaltro). Le grandi opere inutili (tipo Pedemontana) sono un bel
business che, come corollario - frammentando il territorio - si "trascina"
il business dei corridoi ecologici. È sempre, a voler ben guardare, la solita
logica di spertizione: tanto business cementizio e poi un po' di
business pseudo-ecologico di "mitigazione". Tutte le lobby sono
accontentate. Più o meno un manuale Cencelli.
Il Parco, se si
concretizzasse la presenza
stabile di branchi, intravede prospettive di più visitatori e più finanziamenti . In realtà i lupi in zona ci sono da anni.
Quantomeno transitano, ma si sa che prima o poi - se la pensione è di
loro gusto (alloggio e vitto) - mettono su famiglia molto in fretta.
Nel
novembre 2012 un lupo venne investito e ferito mortalmente sulla
superstrada della Malpensa, in un'area fortemente antropizzata. Siamo
comunque certi che, se non arrivassero con le loro zampe, qualcuno
penserebbe a portarceli. Di lupi in giro pronti per lanci illegali ce
ne sono parecchi stante il numero nutrito di recinti, zoo all'aperto,
centri recupero fauna, strutture gestite da ferventi lupofili che non
ci mettono molto a lasciarsi "accidentalmente" scappare un lupo, a
"lavorare", nascondendo o inventando, nascite e morti (rischio
limitato perché chi deve controllare è spesso della lobby anche se ha
una divisa, anche se è pubblico ufficiale).
La dentatura
del lupo "incidentato" a Varese nel 2012. Non ci vuole un esperto
anatomo-patologo per capire le conseguenze dell' "assaggiato" di un
barboncino (ma anche di un cane più grosso) da parte di individui come
questo.
Pastori e allevatori, ma anche chi abita nelle cascine e ha un cane che
resta fuori nella cuccia di notte, invece, non fanno certo festa per
questo "ritorno". Siamo anche certi che al primo cane sbranato non
saranno pochi a guardare di traverso il Parco che, dopo essere divenuto
"fabbrica di cinghiali/porcastri", adesso spera di diventare anche "fabbrica di
lupi". Meglio sarebbe se fosse un bel barboncino bianco alla Dudù, del
tipico animal-ambientalista da salotto, che si fa la passeggiatina nel Parco.
Il lupo era un incubo in
pianura sino a meno di due secoli fa (ed era strage di fanciulli)
La presenza del
lupo nella pianura lombarda è documentata sino ai primi decenni
dell'Ottocento. Solo negli anni '30 di quel secolo il pericolo (non
solo per gli animali domestici ma anche per l'uomo) cessò.
La scomparsa del lupo
nella pianura lombarda fu dovuta a diversi fattori: l'intensificarsi
delle cacce organizzate, indette ripetutamente nel periodo napoleonico ma anche nel primo periodo
Lombardo-Veneto, ma ancor più dall'erogazione di premi in denaro
agli uccisori di lupi e lupicini. Aggiungasi la disponibilità di armi da fuoco
più efficienti ma, soprattutto, la scompara dei grandi boschi
planiziali.
Lo stato moderno (napoleonico prima, Lombardo-Veneto poi)
nel mentre si faceva sempre siù esigente in termini di fisco e di
regole da rispettare da parte dei sudditi, doveva in qualche modo
bilanciare la crescente invadenza nella società alleviando elementi di
insicurezza, disagio, paura, dimostrando così la sua capacità di imporre
l'ordine e le leggi e cercando di legittimarsi. Brigantaggio,
vagabondaggio, epidemie, carestie dovevano essere considerati retaggi
del passato che lo stato moderno aveva sconfitto (o stava sconfiggendo). L'ultima vera
carestia in Europa fu quella del 1816 mentre il brigantaggio (nel
Lombardo-Veneto) venne eliminato dopo qualche anno. I lupi vennero eliminati in pianura verso
il 1830 ma solo prima della grande guerra in montagna. Per le epidemie si dovette aspettare (la
"spagnola" colpì duro anche da noi ancora nel 1918). Per l'importanza politica attribuita allo sterminio
dei lupi dal regime nepoleonico si veda il nostro recente articolo su
Ruralpini (Lupi e
politica a Bergamo e il Lombardia all'inizio del XIX secolo).
Ancora nel
XIX secolo i bambini e le bambine venivano sbranati dai lupi, anche nel
territorio del Parco del Ticino. Lo dicono fonti governative, atti
ufficiali, supportati da testimonianze e esami autoptici di medici
legali. Altro che
"lupi estinti nel medioevo". Solo l'ideologia e il potere "verde"
arrogante possono indurre a simili menzogne.
La scomparsa del lupo in
montagna avvenne con un ritatrdo di soli 80 anni rispetto alla pianura, non "secoli dopo", come immagina
un'opinione disinformata e condizionata da una decennale campagna della
lobby del lupo. Essa da decenni è impegnata in una non disenteressata
campagna (fruttata loro decine di milioni di euro da gestire solo di
fondi LIFE europei) tendente a far credere che: il lupo non è
pericoloso per l'uomo, che il confitto tra uomo e lupo è un ricordo
del passato legato a epoche e aree remote. Quante volte sentiamo dire e leggiamo dai
propagandisti della lobby del lupo "sono secoli che non viene ucciso un
umano in Italia" (1)
Gli ambientalisti
lupofili hanno da decenni applicato religiosamente il consiglio del
capo della propaganda nazional-socialista, Goebbels, che diceva:
“Ripetete una bugia cento, mille, un
milione di volte e diventerà una verità”. Se non una verità
quantomeno una percezione ma, dal punto di vista sociologico, una
percezione è una realtà effettuale altrettanto della "realtà vera".
Sono le percezioni a guidare atteggiamenti e scelte.
In
realtà gli storici
hanno smascherato da tempo (anche in Italia) le manipolazioni degli
esperti "scientifici", di matrice naturalistica, che - per sostenere le
loro tesi ideologiche aprioristiche e per palesi interessi personali e
di lobby - hanno finto di ignorare quanto
scrivevano
i naturalisti (più
onesti) dei secoli scorsi. Ovvero che i lupi erano un grave pericolo,
un incubo che giustificava credenze e favole, frutto della saggezza
popolare (ora censurate e rescritte in nome del politically correct,
del pensiero unico buonista-ecoanimalista). Il merito dell'opera di
demistificazione, documenti storici alla mano, va al francese Moriceau
e al nostro Comincini (di Abbiategrasso, nel Parco del Ticino).
Sappiamo oggi che il conflitto uomo-lupo fu particolarmente acuto nella
tarda età moderna, molto più che nel medioevo. L'aumento delle
popolazioni umane, l'intensificazione dell'agricoltura, la distruzione
dei boschi in pianura e la riduzione della selvaggina ivi presente,
rappresentarono tutte circostanze che contribuirono ad aumentare il
numero di vittime umane tra il Seicento e l'inizio dell'Ottocento.
Solo con riferimento ai
comuni del
parco diretto dal Peja Mario Comincini (1) ha
registrato i casi (desunti da atti d'archivio) che vengono riportati
nel box in fondo alla pagina. Moltissimi casi, ricostruiti da Comincini
riguardano poi il Nord Milano e un po' tutte le provincie lombarde.
Oltre che dal dipertimento dell'Olona (provincia di Milano, Pavia,
Lodi, Varese, Monza) notizie allarmate di predazioni umane da parte del
lupo arrivavano negli anni napoleonici anche da prefetti e
vice-prefetti di altri dipartimenti (per esempio da un'altra zona di
pianura come il Trevigliese).
Oggi il
Parco si dimostra l'erede delle riserve di caccia signorili del
passato (anche nelle forme ideologiche). Non pago dei danni causati dai
cinghiali, reintrodotti da
privati negli anni '70 del secolo scorso, ma proliferati in forza del
divieto di caccia nel "sacro Parco", l'area protetta ambisce a
diventare un corridoio e una fabbrica
di lupi. Il problema non è nuovo. All'inizio dell'Ottocento Napoleone,
sovrano del Regno d'Italia (vice-re era il figliastro, nominato a 23
anni, Eugenio di Buarnehais), volle rinverdire i fasti dell'epoca
viscontea e sforzesca, introducendo molta selvaggina. Grazie
all'inviolabilità della riserva (le guardie non scherzavano allora) i
lupi "proliferavano" come lamentavano
non solo i podestà di alcuni comuni della valle del Ticino ma lo stesso
vice-prefetto di
Vigevano.
Il
6
gennaio 1810. Il podestà di Vigevano chiedeva che si possa cacciare
anche nella
riserva reale, nei boschi della valle del Ticino poichè "una quantità
straordinaria di lupi infesta le campagne circostanti, tanto che non passa
giorno che siano avvistati anche presso la città; di notte divorano i
cani a guardia delle cascine della periferia". Questa e molte altre
notizie sono riferite da Comincini e Oriani (2). Tali testimonianze,
rese da
autorità pubbliche importanti, non possono essere liquidate come fantasie
dai moderni lupologi; di più sono di grande interesse perché
mettono in discussione l'assunto che vorrebbe il comportamento
antropofago del lupo legato a contingenze particolari, nella
fattispecie alla mancanza di prede selvatiche.
Nella riserva reale di
caccia di Vigevano la selvaggina, specie dopo le immissioni di
Napoleone, abbondava. Eppure i lupi si avvicinavano agli abitati con
intenti predatori. Un fatto che induce a ritenere che, qualora il lupo
avesse la possibilità di predare senza rischio gli umani (come avveniva
per i bambini soli al pascolo nei secoli passati) e qualora si riabituasse a farlo in modo ricorrente, tornerebbe a
diventare un serio pericolo. Avvisaglie di aggressioni alle persone (adulte),
veri campanelli di allarme, sono state registrate in Italia negli
ultimi anni (significativo il caso di un uomo che non lontano da
Torino, a gennaio di quest'anno, è stato aggredito da un lupo mentre
difendeva il suo cane vai all'articolo di Ruralpini).
Di seguito riportiamo le "microstorie" ricostruite da Comincini e
Oriani riferite ai soli comuni dell'attuale parco del Ticino, quello
diretto dal
"fenomeno" Peja, che retrodata di ben 3-4 secoli la scomparsa del lupo
nel "suo" parco (della serie quando l'ideologia gioca
brutti scherzi, ovvero quando la "percezione" del lupo è plasmata da
decenni di brainwashing dal "progetto San Francesco" del WWF in avanti
con venti, dicasi venti, progetti LIFE pro lupo, ciascuno con varie
milionate).
Peja
percepiva (dopo questo articolo si spera non più) il lupo come un animale
mitico del passato. Non molto ferrato in storia, si direbbe, ha identificato questo
passato mitico e remoto, con un medioevo idealizzato (i "secolo bui"), senza documentarsi
sul fatto che, in quel tempo, il lupo faceva molto meno paura che nei secoli successivi e non rappresentava un grosso problema.
Abbiategrasso.
1655. Il tenente generale delle cacce organizzò delle
battute in seguito all'uccisione di 17 persone da parte dei lupi.
Besate.
13 dicembre 1787. I fratelli Brusati chiedono di incassare il
premio per l'uccisione di un lupo.
Robecchetto con
Induno.
4 giugno 1801. Funzionari pubblici e un
chirurgo visitano il cadavere di un bambino di 9 anni attaccato da un
lupo mentre rientrava dal pascolo
Besnate.
9 giugno 1809. In un avviso a stampa il prefetto di polizia
del dipartimento dell'Olona segnala che un lupo ha divorato un
giovinetto.
Gallarate.
1801-1805. Nella zona tra Casorate e Arsago i lupi
sbranarono una bambina.
25 giugno 1812. il viceprefetto ordina ai
sindaci del distretto di Gallarate una caccia generale: "al fine di
esterminare i feroci lupi che anidano ne' boschi circonvicini e che
infestano le campagne sbranando alcuni fanciulli".
3 agosto 1812. Il
prefetto di polizia del dipartimento dell'Olona iatituisce premi
straordinari e invia 50 copie di avvisi a stampa relativi dal momento
che: "è infestato questo dipartimento [provincie di Milano, Monza,
Pavia e Varese] e specialmente il distretto di Gallarate da lupi che
attentano alla vita de' fanciulli parecchi de' quali caddero già
vittima della loro voracità".
Lonate Pozzolo.
1676. I lupi hanno sbranato tre bambini rispettivamente
di 9, 10 e 11 anni.
Somma lombardo.
24 luglio 1792 il magistrato politico camerale [sorta
di ministro dell'economia] ordina, qui come altrove, la realizzazione di
fosse per intrappolare e uccidere i lupi e, per ogni esemplare catturato,
promette un premio di 150 zecchini.
5 agosto 1802. Nei boschi di Somma
un lupo uccide Pasquale Oriboni di 7 anni. Il vice prefetto di Varese
descrive le ferite riscontrate in sede di autopsia del cadavere e
scrive che i lupi hanno attentato anche alla vita di altri fanciulli.
Vizzola Ticino.
7 febbraio 1648. Carlo Balino, di 23 anni, muore in seguito ad un attacco
di lupi.
8 maggio 1650. Giovanna Pasquina, di 8 anni, viene uccisa e quasi
completamente divorata dai lupi.
19 luglio 1650 Stefano de Borini, di 8 anni, viene ucciso dai lupi. La
parte anteriore del corpo è divorata.
26 aprile 1655. Ambrogio de Zocchi di sei mesi viene ucciso da un lupo.
19 giugno 1808. Giuseppina Boretti di 13 anni mentre al pacolo giocava
con le compagne e raccoglieva funghi lungo il Ticino viene portata via
e divorata da "una bestia". Il cadavere è ispezionato dall'autorità
giudiziaria.
Garlasco.
12 novembre 1809. Il podestà ritiene difficile lo sterminio dei lupi
causa le limitazioni legate al regolamento sul porto d'armi e la
presenza della riserva reale.
9 settembre 1813. Il podestà segnala al vice prefetto di Vigevano che
sono stati avvistati tre lupi e altri lupicini.
1 ottobre 1813. Il viceprefetto di Vigevano informa il prefetto che nei
boschi della riserva reale vi sono grandi quantità di lupi che di notte
si spingono nelle camnpagne vicine.
Pavia. 1811.
Si ricordano "stragi fatte dai lupi" in un
testo sulla fauna italiana del 1872 (E.Cornalia)
Vigevano.
28 orttobre 1808. Il viceprefetto valuta troppo dispensiosa una caccia
generale poiché vi sono troppi boschi nella zona e suggerisce di puntare sui premi
agli uccisori, dal momento che "robusti paesani sacrificherebbero di
buon grado molte notti per guadagnarseli".
6 gennaio 1810. Il podestà chiede che si possa cacciare anche nella
riserva reale, nei boschi della valle del Ticino, poichè una quantità
straordinaria infesta le campagne circostanti, tanto che non passa
giorno che siano avvistati anche presso la città; di notte divorano i
cani a guardia delle cascine della periferia.
14 agosto 1813. Il podestà informa il prefetto che una "prodigiosa"
quantità di lupi si annida nella valle del Ticino e che quasi tutti i
giorni attaccano le cascine predando bestiami e pollami con il rischio
che siano vittime anche i fanciulli.
Zerbolò. 10 ottobre 1807. Il vice-prefetto di Vigevano segnala la
presenza dei lupi nell'alta costa e nella valle del Ticino. Ipotizza
che i branchi seguano i greggi transumanti ma sostiene che si
riproducono in pianura pur non potendo prolificare a causa della caccia
condotta dai contadini "che in gran numero sanno bene adoperare il
fucile". |
Note
(1)
A volte i lupofili azzardano anche: "in Europa". In realtà è
documentato che ai primi dell'Ottocento furono ancora sbranati bambini
in Lombardia (due secoli fa) mentre in Abruzzo e in altre parti
d'Italia si registano vittime del lupo ancora nel periodo tra le due
guerre mondiali (molto mneo di un secolo fa). Quanto all'Europa
occidentale sono noti i casi di uccisioni di bambini d aparte dei lupi
in Spagna ancora negli anno '70 del secolo scorso.
(2)
M. Comincini, A.Oriani, "Microstorie", in M. Comincini (a cura di)
(2002). L’uomo e la “bestia
antropofaga”. Storia del lupo nell'italia settentrionale dal XV al XIX
secolo, Unicopli, Milano, pp. 193-253
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