10/4/2022 - Cibo/Multinazionali - Nonostante che, con le multinazionali, le autorità e i media
usino mille
precauzioni per non danneggiarne l'immagine (scrupoli
sconosciuti con i
piccoli produttori), sono deflagrati contemporaneamente due scandali
alimentari gravi che coinvolgono due colossi del food. Si tratta
della Buitoni-Ktaft (pizze surgelate all'Escherichia coli (con decine di
bambini che hanno presentato disturbi, due morti) e la Ferrero con
prodotti Kinder alla Salmonella
typhimurium (centinaia
di casi in Europa e Usa, alcuni con ospedalizzazione e diarrea
emorragica). La logica iper-igienista imposta a piccole imprese
che hanno possibilità infinitamente inferiori di provocare situazioni
di rischio è risltata efficientissima per far fuori le produzioni
artigianali ma, non sono certo i primi scandali (né saranno gli
ultimi), non riesce a garantire la sicurezza alimentare. Se allarghiamo
lo sguardo al terzo fattore di tossinfezioni alimentari gravi, la Lysteria monocitogenes, non
possiamo non considerare come un'indagine del Ministero della salute
mettesse in evidenza come prodotti industriali con latte pastorizzato
risultassero più frequentemente contaminati che quelli con il latte
crudo o termizzato.
L'Afsca (l'agenzia belga per la
sicurezza alimentare) ha tolto alla Ferrero la licenza per la
produzione
dello stabilimento Belga di Arlon (e il giornale di Confindustria fa
credere al lettore italiano che la sospensione è stata decisa sua
sponte dalla multinazionale). L'autorità belga anche lamentato che la
stessa multinazionale abbia fornito informazioni incomplete e con
ritardo sull'accaduto. La Ferrero ha poi ammesso che ci sono state
delle defaiance nel trasmettere in modo esauriente e tempestivo i
dati. Secondo le autorità belghe, la Ferrero aveva riscontrato
contaminazioni da Salmonella sin da metà dicembre. Il problema era
stato individuato in un filtro di un serbatoio della materia prima
(latte in polvere). Intanto sono 150 i bambini da 4 a 10 anni colpiti
dall'infezione di Salmonella. Per giorni si è parlato di "ritiro
precauzionale", di "misure cautelative", ma intanto il caso si è
allargato, con bimbi ospedalizzati, in alcuni casi con diarrea
emorragica.
Sopra e sotto, il diverso approccio
della stampa italiana e belga. Secondo il giornale di Confindustria la
Ferrero avrebbe sospeseo spontaneamente l'attività. Versione che non
trova riscontro nella stampa internazionale e belga. Duro il commento
de Le Soir: "L'agenzia per la sicurezza alimentare non ha più fiducia
della capacità della Ferrero di gestire l'incidente".
I
procedimenti industriali non sono sicuri
Va subito detto la Salmonella
può persistere a lungo nel latte in polvere, essa riesce a sopravvivere
ai processi di sprayzzazione o può contaminare il latte in polvere.
Quando quest'ultimo viene mescolato (a 40°C) con gli altri ingredienti
per la produzione del ciocolatto al latte si creano le condizioni
perché la Salmonella continui a rimanere vitale a lungo. Il caso
Ferrero non è infatti il primo scandalo alimentare che coinvolge il
ciocolatto al latte alla Salmonella. La grossa ditta di ciocolatto
inglese Cadbury, afferente alla multinazionale Usa Mondelez
International, nel 2006 fu protagonista di uno scandalo per la presenza
di Salmonella nel ciocolatto al latte (nel 2002 aveva tenuto segreto un
episodio di contaminazione del latte in polvere). Lo scandalo del
ciocolatto cosò alla società un milione di sterline di multua per la
violazione delle norme sulla sicurazza alimentare. Emerse che da un
approccio "zero Salmonella", la ditta era passata ad uno più
accomodante lche si basava sull'accettazione di una soglia di presenza
di Salmonella, ovvero sul considerare accettabile un basso livello di
contaminazione con Salmonella nel prodotto. La ragione: ridurre gli
scarti, sostenere il profitto. Dal che si deduce anche che nel ciclo di
lavorazione del ciocolatto al latte industriale il rischio di
contaminazione non è così remoto.
Veniamo all'altro scandalo alimentare
in contemporanea (solo qualche giorno prima): quello della pizza
congelata all'Escherichia coli della Buitoni-Kraft che ha causato
effetti patologici (SEU, Sindrome emolitico uretica che colpisce i
reni) riconducibili al consumo del prodotto incriminato in 50 bambini
(48 infettati da E.coli O26 e due con O103).
Vi sarebbero anche due deceduti (questi ultimi da confermare).
Le pizze, fortunatamente, sono
prodotte esclusivamente per il mercato francese (150 mila pezzi alla
settimana) in uno stabilimento francese. 16 famiglie hanno già
denunciato la Buitoni e indagini con diversi capi d'accusa sono state
aperte dalla procura di Parigi. La Buitoni ha sospeso le attività dello
stabilimento ma la stampa francese ha riferito che sin dall'inizio di
aprile le autorità avavano bloccato la produzione della pizza a seguito
degli esiti due ispezioni che avrebbero rilevato la presenza di topi.
Un bel colpo per chi ritiene che i
grossi stabilimenti di grandi marchi in mano alle multinazionali
garantiscono cibo magari non proprio genuino, magari con un po' di
contaminazione chimica (di questi giorni è la notizia della presenza
del glifosate nella pasta Agnesi-Buitoni-Kraft) ma che non comporta
rischi di carattere microbiologico perché lavorerebbero in condizioni
di massima igiene.
Possiamo fidarci delle
multinazionali? Delle loro promesse (vedi sotto) in materia di
sicurezza alimentare? No. E potremo tantomeno fidarci quanto più,
grazie alla loro azione lobbystica a livello Unione Europea e delle
istituzioni italiane, riusciranno a togliere di mezzo ogni concorrenza
artigianale grazie alla morsa sempre più serrata tra igienismo e
burocrazia.
Quando
c'erano ancora le mucche, gli igienisti e i veterinari mancavano;
adesso che
igienisti e veterinari abbondano, le mucche non ci sono più.
Giorgio Ferigo
(Veterinario pubblico, Comeglians, 1949
– Tolmezzo, 2007)
Un
ripasso sulla Lysteria
L'ideologia igienista, che ha
messo alla gogna il latte crudo, e tutto quello che è in grado di
"istruire" il sistema immunitario, che predica l'uso massivo e
sproporzionato di disinfettanti (che rendono i patogeni sempre siù
resistenti), che ci rende sempre più dipendenti dai farmaci e
dall'industria medica, non ci mette al riparo dalle tossinfezioni.
Prendiamo il caso della Lysteria, un patogeno che sino a pochi anni fa
non mieteva vittime. La presenza di Lysteria è ricondotta alla mancata
competizione con un microbiota "buono". Troppo igienismo, troppa asepsi
creano condizioni pericolose. La Lysteria domostra anche che, per
quanto il latte di provenienza sia pastorizzato, nella catena di
produzione industriali possono avvenire ricontaminazioni. Lo provano i
dati di incidenza della Lysteria nei latticini, meno elevata nei
campioni di prodotti da latte crudo o termizzato che negli altri. Su
2261 campioni totali, analizzati tra il 2004 e il 2007, 96 (4,2%)
risultarono positivi. Nei 650 campioni di formaggi a latte crudo o
termizzato ne risultarono positivi solo 19 (2,9%) (Ministero del
Lavoro, della
Salute
e delle Politiche Sociali
DIPARTIMENTO PER LA SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA, LA NUTRIZIONE E LA
SICUREZZA DEGLI ALIMENTI
Segretariato Nazionale Della Valutazione Del Rischio Della Catena
Alimentare
COMITATO NAZIONALE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE
PARERE N. 3 DEL 22/04/2009
Listeria monocytogenes nei
formaggi).
Da notare che, lo scorso anno, in
Svizzera -paese dai controlli igienici massivi e dalla pastorizzazione
del latte pressoché totale - c'è stato un altro episodio di Listeriosi
dopo il caso del 2005 che aveva comportato due morti e quello "storico"
del 1987 con ben 34 morti. Sempre per gli stessi formaggi molli
pastorizzati svizzeri.