Titolo: I nuovi contadini.
Le campagne e le risposte alla globalizzazione (ed.
or. The New Peasantries. Struggle for Authonomy
and Sustainability in the Era of Empire and Globalization,
Earthscan, London-Sterling, 2008)
Autore: Jan Douwe van der Ploeg
Editore:
Donzelli, Roma
Anno di edizione: 2009 (novembre)
Pagine: 404
Formato: 20,5x14,5 (rilegato)
Prezzo: 39.50 €
L'olandese
van der Ploeg si inserisce a pieno titolo tra i massimi teorici
mondiali della contadinità. La 'contadinistica' si è
mossa da oltre un secolo in qua a cavallo dei domini
dell'economia, dell'antropologia, della sociologia;
ne sono stati alfieri l'economista russo (morto nel
Gulag) Chayanov ('il Marx dei contadini'), antropologi
come Shanin e Wolf per non citarne che alcuni. Nel presente
il massimo esponente di questo campo è senz'altro il
sociologo di Wageningen. Fortuna vuole che van
der Ploeg abbia a lungo lavorato in Italia e che conosca
bene le agricolture dell'Emilia zootecnica come della
Campania, della Calabria e di altre regioni.
Grazie
a queste conoscenze in questa 'I nuovi contadini', che
è l'opera che riassume anni di ricerche e di studi,
l'agricoltura italiana è molto presente. Così, anche
grazie ad una sponsorizzazione ministeriale (grazie
Zaia), non si è dovuto attendere anni e anni per avere
l'edizione italiana (come avviene di solito).
Uscita
in edizione 'lussuosa' in inglese nel 2008 (costava
oltre 100 sterline) ne è uscita dopo non molti mesi
l'edizione economica inglese e, poco dopo, quella italiana.
Un'opera
così richiede ben più che una nota di presentazione
e ci ripromettiamo di scrivere e pubblicare su questo
sito una approfondito saggio di recensione.
Ci preme,
però, incitare sin d'ora la lettura perché va detto
subito che l'opera di van der Ploeg rappresenta il necessario
'armamentario' teorico per ogni campagna
e movimento per l'agricoltura contadina e l'affermazione
di una nuova ruralità. Un armamentario perché spiega
come la ri-contadinizzazione ha dalla sua non solo la
sostenibilità ecologica e sociale ma anche quella economica
a patto che si intraprendano consapevoli strategie ruraliste.
Val der
Ploeg spiga perché la dimensione contadina lungi dall'essere
'residuale' può trovare spazio nella crisi del modello
di agricoltura industrializzata, insostenibile. Le tesi
del ruralista olandese sono tutt'altro che tranquillizzanti
per il 'sistema'. Già il solo titolo originale con i
richiami alle 'lotte' e alla 'autonomia' indica che
l'opzione contadina di van der Ploeg è sì basata su
analisi scentifiche ma prevede anche implicazioni politiche.
Il sistema del world food system dominato dalle
multinazionali (l'Impero), lo stato, lo stesso establishment
scientifico sono messi in discussione. Anche se nella
edizione italiana questi riferimenti sono stati purgati
in favore di un tranquilizzante sottotitolo (le campagne
e le risposte alla globalizzazione) i contenuti 'di
rottura' nel volume sono rimasti tutti (è una traduzione,
non una nuova edizione italiana).
Rispetto
ad altre realtà in Italia vi sono ancora enormi risorse
rurali nonostante l'accanimento della tecno-brurocrazia,
dell'accademia, della regolamentazione europea (pensata
su misura per le grandi industrie agroalimentari) e
alle sue applicazione 'nostrane'. Nonostante i valori
rurali siano stati considerati sino a ieri (e da molti
ancora oggi) come disvalori. Mentre l'industria si deindustrializzava
si è continuato e si continua l'accanimento terapeutico
per industrializzarla (vedi le centrali per processare
i liquami e trasformare l'azienda zootecnica in un reparto
industriale dove entrano camionate di mangimi ed escono
autocisterne di latte e di liquami).
Val der
Ploeg dichiara nella prefazione di amare l'agricoltura
italiana ... 'per la dedizione, l'artigianalità e l'abilità
dei suoi attori. In secondo luogo per la qualità e l'eccellenza
dei suoi prodotti. Ma soprattutto amo l'agricoltura
italiana per l'eterogeneità, ossia per il suo strutturarsi
ru risorse, storia e repertori locali.
Più di
ogni altra cosa, tuttavia, sono rimasto colpito dalla
peculiare capacità degli agricoltori italiani di resistere
alle forti tendenze verso la degradazione multipla connesse
agli attuali processi di globalizzazione e liberalizzazione.
Essi tengono in vita molti dei gioielli cari alla civiltà
europea creando, allo stesso tempo, una linea di difesa
anche economica'. Forse c'è un po' di ottimismo e conoscendo
le cose dall'interno sappiamo che non è tutto oro quello
che luccica. Sulla base di queste valutazioni, però,
una cosa è chiara: chi tarocca i vini docg è un criminale,
vuole anche in Italia gli Ogm è un pazzo (o un mercenario);
chi mette in discussione capolavori come il Bitto storico
sacrificandoli sull'altare delle Dop è miope.
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