(01.03.11) Voci ruralpine. Espressioni vive e dirette
di una cultura espressione di anziani e di giovani,
che sa di avere valore anche senza bisogno di riconoscimenti
'da fuori', che sa dare il giusto riconoscimento al passato
ma senza nostalgia.
Sull'alpe. Una poesia del casaro Emilio Del Giorgio
nota introduttiva di Guido Zuccoli
E’ sicuramente singolare che un uomo che si occupa direttamente di agricoltura e
allevamento scriva poesie. É più consueto che siano letterati e poeti,
alpinisti e turisti a riferirsi alla vita agreste, alla pastorizia, alla
campagna, alla montagna, per trarre
ispirazione al loro cantare in versi.
Invece Emilio Del
Giorgio, di Samolaco S. Pietro (So), ama scrivere poesie anche nelle pause tra le
varie attività agricole. Egli, alla soglia dei sessant’anni, svolge l’attività
presso una azienda agricola, ma segue anche la propria piccola ma qualificata
attività familiare condotta insieme alla moglie, anche nell’alpeggio di
Fondovalle a Madesimo, in alta Valle Spluga. Uno dei figli, Emanuele, ha
seguito le orme paterne, è perito agrario e lavora presso un’altra, più grande,
azienda agricola della Valchiavenna.
Emilio svolse per tre
stagioni dall’estate 1996 l’attività di pastore e poi casaro presso un grande alpeggio nel canton
Ticino, l’Alpe Manegorio Val Bedretto.
E’ in questo contesto che nasce la poesia Sull’Alpe.
Se la poesia vuole essere espressione di stati d’animo, di
sensazioni ispirate da un luogo, da una particolare emozione di un momento di
vita, il testo che segue è sicuramente poesia sincera.
Assolutamente particolari e ricche di fascino sono le
immagini del risveglio al buio della mandria sull’alpe, del richiamo del
pastore, l’incedere delle bestie con lo scampanio fino al luogo di mungitura,
l’abbaiare del cane. Sono immagini che
si materializzano attraverso il suono, quasi debbono essere intuite, interpretate. Quei suoni, quei rumori, evocano una montagna
vissuta e sentita dentro da chi ci lavora ma ne sa cogliere anche la voce e lo
spirito.
Sull’alpe
Lungi ancor è il sorgere del sole,
la valle sembra avvolta nel mistero e tutto tace.
D’un tratto qualcosa nell’aria arresta il tuo respiro.
Non è un lamento giunto dalla radura
bensì la voce del pastore che richiama la mandria alla mungitura.
Questa repente si desta e muovendo come una fiumana
si mette in marcia con passo lesto,
quasi quell’invito fosse un ultimato.
Lei sa che importante è l’appuntamento
e con premura si dirige al ricovero illuminato.
Ha così inizio il rincorrersi dei campani e l’eco dei muggiti
che riecheggiando dall’una all’altra sponda
svaniscono poi nel nulla quasi fossero impauriti.
Con occhio vigile il vecchio cane segue le giumente
dirigendo il tutto con insolito estro.
Sembra proprio di essere alla Scala
dove gli ultimi ritocchi li fa il maestro.
Non di rabbia è il suo abbaiare
e ad una ad una al posto di mungitura le accompagna.
Per lui davvero è un vanto,
per questo d’essere un cane non si lagna.
E in questo scenario tra la realtà e l’immaginazione
ha inizio la dura giornata del pastore.
Per quanti non comprendono, forse tutto questo è poco.
Ma lui di quel poco si accontenta.
E giunta ormai la sera, le stanche membra riscalda al fuoco.
Poi col pensiero all’alba nuova felice s’addormenta.
Emilio Del Giorgio
(Alpe Manegorio, Val Bedretto, Canton Ticino, 1996)
|