Grazie a soggetti forniti a prezzo
politico, alcuni cani pastore di origine calabrese, provenienti dal
nucleo di Cristina Fraquelli e da quello del pastore Massimo Verbitz, sono stati
trasferiti in alta Valtellina a Roberto Compagnoni di Valdisotto e in
provincia di Varese a Gianni Beltrami. Tutti e quattro (fornitori e
riceventi) sono allevatori di capre. Sia Compagnoni che Beltrami
dispongono ora di una coppia e le prossime cucciolate saranno a
disposizione , sempre a condizioni eque, a pastori che ne avessero
bisogno sotto l'incalzare della crescente pressione predatoria. A
questo punto, però, l'attività di questo "circolo di pastori solidali"
è supportata da un'entità creata all'interno dell'Associazione Pastoralismo Alpino
che ha preso il nome di Commissione
cinofilia (pastorale) ed è composta da veterinari, pastori
professionisti e pastori che allevano (non in forma commerciale) cani.
Questa commissione si prefigge di interloquire con le istituzioni
per sollecitare adeguamenti normativi e sostegni per gli
allevatori/pastori che necessitano di proteggere le loro
greggi/mandrie.

Cristina
Fraquelli (sopra), è un'allevatrice di capre da latte autoctone di Germasino
(frazione di Gravedona ed uniti, Como). Nell'autunno 2021, Cristina,
è stata aiutata a costituire la sua muta per la difesa delle capre dai
lupi da una fondi di Ruralpini (
vai
alla raccolta fondi). Grazie a molte piccole donazioni sono stati
raccolti 1700 € che hanno coperto anche le spese di trasporto.

Il maschio (chiaro) "Lupetto" proveniva dalla
Calabria, dall'azienda pastorale del dr. Vincenzo Sauro (sotto mentre
presenta un suo
cucciolo al dr. Roberto Nocentini, presidente dell'Associazione
italiana allevatori). Lupetto è figlio di Leone e Sciara, entrambi
registrati come cani pastori della Sila.
Qui
un'intervista al dr. Sauro sui cani pastore calabresi.

Le due femmine scure nella foto del nucleo di Cristina vengono, invece, da Massimo
Verbitz (foto sotto) un pastore friulano (che opera più spesso in
Trentino) che conosciamo non solo per la passione sua e del figlio
Sebastian nell'allevamento del pastore del Lagorai e della Lessinia
(cane da conduzione), ma anche per sostenere (da anni) la validità,
dei cani pastorali funzionali
di origine calabrese per la difesa greggi in ambiente alpino (
qui
un articolo di Ruralpini sull'impiego in Trentino dei due tipi di
cane per il pascolo delle capre).

Abituati, sin dalla nascita, al contatto con le capre o le
pecore nei rispettivi allevamenti di origine, questi cani manifestano
socievolezza nei confronti delle persone (sotto un ragazzo figlio di
conoscenti con i cani di Cristina). Per i pastori/allevatori delle
nostre zone alpine, che devono misurarsi con il problema della presenza
dei turisti, l'aggressività nei confronti delle persone è una dote
imprescindibile per dei cani da porre a difesa delle greggi. Per
quanto "morbidi" con le persone (in Calabria i cani erano a contatto
con i diversi proprietari dei greggi delle capre dello stesso
villaggio), questi cani sono efficaci con i predatori. Un loro rende
preziosi nell'ambiente alpino con varietà di vegetazione e terreni
impervi. Prova della grande agilità dei cani calabresi è la loro capacità di arrampicarsi sin
sulle cime degli alberi.

Il 16 marzo scorso, a Roberto Compagnoni (sotto a destra) e Gianni
Beltrami (sotto a sinistra), il primo di Valdisotto (alta Valtellina) e
il secondo della Valcuvia (Varese), sono arrivate due cucciolone di cane
pastore funzionale di origine calabrese, emtrambe allevate da Massimo Verbitz.
Roberto si era già dotato, da una decina di giorni, di un cane maschio
di Cristina Fraquelli, Gianni è andato a prendere un maschio di
Cristina pochi giorni dopo. Una fornitura doppia

Roberto Compagnoni di Valdisotto (vicino a Bormio) porta avanti la
tradizione dell'alpeggio di famiglia lunga un secolo (all'Alpe
Cristallo). Alleva a 150 tra capre e pecore e, nel 2022, ha subito svariate
predazioni da lupo con perdita di capre, pecore e agnelli. Da
segnalare che Roberto ha dei gran bei capi di capra alpina comune
(sotto). Un vero peccato sacrificarle sull'altare del Dio lupo, in nome
della nuova religione da invasati metropolitani.
Grande la soddisfazione dell'allevatore nel ricevere la cagna che
costituirà la capostipite di un nucleo di animali adatti per le
esigenze di protezione nell'ambiente dei pascoli dell'alta Valtellina
(sotto Roberto mentre riceve il cane dal trasportatore, il calabrese Tonino, che insieme al collega Franco Parrelli, operano il servizio specializzato
di trasporto cani con precisione e tariffe contenute).

I cani si sono adattati subito alle capre e alle pecore e hanno inziato
subito il loro lavoro. Data l'età hanno ancora voglia di giocare (sotto
la femmina Scila con il maschio Tivano).

Sotto il giovane Sebastiano, figlio di Roberto e altrettanto
appassionato, con la coppia di cani. Roberto ci tiene a far sapere che
è stato costretto a dotarsi di cani pur rendendosi conto perfettamente che
la loro presenza può comportare seri problemi al turismo. Da parte sua
ha cercato cani meno aggressivi, da parte delle autorità si provvederà
a posare dei cartelli che allertano i turisti sui compoprtamenti da
osservare. Il solito modo burocratico per togliersi le responsabilità,
come nel caso dei cartelli che segnalano il pericolo di attraversamento
da parte dei cervi.

Roberto, come altri allevatori della valle, chiede che il Parco venga
incontro alle spese che si devono sostenere per mantenere i cani e per
la cura della loro salute, che si consenta di potere recarsi a sorvegliare gli
animali in quota con la moto (in deroga ai divieti), che si provveda a rifornire gli animali
con l'acqua (se devono essere rinchiusi in recinti non possono andare a
cercarla da soli). Per ora, non solo tutte le richieste degli
allevatori non trovano soddisfazione, ma è stato anche detto a Roberto che
anche le reti elettriche non possono essere fornite perché... finite.
Quando si pensa alla retorica sulla convivenza, dispensata a piene mani
ad ogni occasione da Parco, Ersaf, Regione Lombardia, alle milionate
destinate alla "convivenza" viene a chiedersi: ma dove finiscono i
soldi? Mauro Deidier, ex presidente del Parco piemontese delle Alpi
Cozie, per avere pubblicato il bilancio analitico di Life Wolf Alps I
venne preso di mira dagli ambientalisti con tanta acredine e accanimento che dovette dare le
dimissioni. Aveva toccato un nervo scoperto. (
qui
su Ruralpini ) il
j'accuse
di Deidier contro LWA).

Piena soddisfazione per i nuovi cani è stata espressa anche da Gianni
Beltrami che alleva capre all'Alpe di Duno (a bassa quota ma isolata).
Il lupo da Gianni c'è già eccome ma, come da
cliché, i soliti ordini dall'alto
(di dubbia legittimità), la polizia provinciale nega, mentisce sistematicamente. Del resto anche a
Sondrio solo la massiccia predazione in val Fontana costrinse la
provinciale ad ammettere, nel 2021, la presenza del lupo (
qui
su Ruralpini). E lo stesso dicasi della polizia provinciale di
Bergamo che solo oggi (nonostante le predazioni dello scorso
luglio,
qui
su Ruralpini) ammette la presenza di una coppia di lupi in alta val Seriana dopo che le
fototrappole dei cacciatori l'hanno dimostrata in modo schiacciante.
Per dare supporto a queste iniziative "dal basso" è stata costituita la
Commissione cinofilia pastorale dell'Associazione pastoralismo alpino.
Scopo della Commissione, costituita da veterinari, pastori
professionisti utilizzatori di cani, pastori che allevano, oltre a capre e pecore, anche cani (ma al di fuori di mire speculative), è
quello di supportare, con consigli e scambi di informazioni, i pastori
circa l'utilizzo e la reperibilità di cani. Oltre a ciò si intende anche sollecitare le
regioni a dotarsi di una normativa sui cani pastorali e a prevedere,
quale condizione di accesso a contributi, non tanto il pedigree (che
attesta la conformità degli standard di razza e di "bellezza") quanto
l'accertamento dell'attitudine funzionale, sia sul piano morfologico che comportamentale.
Nello schema del "circolo" di allevatori che si scambiano cani e
forniscono a chi ne ha bisogno cani collaudati a prezzi calmierati,
siamo gli antipodi dai modelli "dall'alto" della gestione della
"convivenza con il lupo" promossi dalle organizzazioni lupiste anche con
riferimento ai cani da guardiania. Tali organizzazioni, che dispongono
di milioni di Euro e dell'appoggio acritico (e scandaloso) delle
istituzioni, hanno agito in ben altro modo. Da una parte si costringono i pastori a dotarsi di cani, condizionando alla loro adozione i
contributi e gli indennizzi per i danni da predazione, dall'altra si limitano i cani "ammissibili" a determinate razze pretendendo anche il pedigree. Dal punto di vista della
funzione pastorale il pedigree è solo un onere (il cane deve essere
pagato di più per il solo fatto di averlo) mentre non garantisce
l'attitudine.
La fornitura di cani da difesa, in anni recenti, ha dato vita a una
serie di iniziative molto discutibili. Innanzitutto forme di odioso
paternalismo con il quale la donazione di cani (o delle crocchette
Almo Nature) veniva condizionata ad accettare il ruolo di testimonial
della convivenza (
qui
per un esempio). Con pastori costretti a recitare la viscida e servile
parte imposta dai lupisti, a dichiarare che "convivenza di può,
convivere è bello, convivere è facile". Tutto ciò per
avallare le narrazioni lupiste che puntano a sostenere che chi non vuole convive è un pastore
incapace, ignorante, ostinato, lazzarone. Pastori trattati a scapito della dignità
personale loro e di quella della categoria, ovvero come pagliacci o,
peggio, come krumiri al servizio del padrone (
qui
su Ruralpini). Ovviamente tutto questo avviene perché le
organizzazioni di categoria non solo non difendono i pastori ma sono anche partner dei progetti lupisti. Così nel caso di Pasturs (Eliante, WWF, Coldiretti, Parco delle Orobie bergamsche) che, dalla
Lombardia, viene oggi esportato in altre regioni nel quadro delle iniziative
lupiste. Da notare che, sotto la regia della coop (marca WWF) Eliante, viene parallelamente esportato dalla Toscana il format di Difesa attiva (tutto meno che un'associazione spontanea).

La gestione lupista, spesso nell'ambito dei famigerati progetti LIFE,
quelli che dispensano senza pause milionate di qui e di là, ha
significato anche business per allevatori di cani che, dotandosi di
cinque pecorelle, si sono improvvisati fornitori "pastorali" di cani da
guardiania. Gli intrecci tra alcuni veterinari-cagnari e Life Wolf Alps
sono noti. Alcuni pastori, non vedendo vie di scampo, e non trovando sostegno da nessuna parte, hanno accettato i
consigli pelosi dei lupisti che, per tale scopo, hanno messo in piedi la già citata pseudo
associazione Difesa attiva dove i pastori sono succubi sotto la direzione
di tecnici lupisti come la Vielmi (laureata in ululati). Così i tapini si sono
dotati di mute di 10-15 "maremmani" (i cani con il pedigree, per
distinguerli dagli abruzzesi pastorali, cani collaudati ma senza
pedigree). Poi si sono accorti quanto costa mantenerli e quanti
conflitti possano creare. La conflittualità con le autorità locali,
presente anche in Toscana, nel senese in particolare, è molto più aspra sulle Alpi dove l'escursionismo è diffusissimo e
dove si è arrivati alle ordinanze sindacali che vietano di utilizzare i
cani guardiani di giorno (
vedi
qui su Ruralpini). Il classico caso dell'incudine e del martello:
un modo palese per cancellare le attività pastorali. Furbi i lupisti.